1
INTRODUZIONE
Oggi in Europa vivono approssimativamente 5.5 milioni di immigrati in
posizione irregolare
1
. L‘elemento che accomuna questa categoria di persone
corrisponde al fatto di non possedere, o non possedere più, un valido titolo per poter
entrare e risiedere in uno Stato membro dell‘Unione europea
2
. Tuttavia queste
persone possono ritrovarsi in situazioni molto diverse fra loro che corrispondono ai
casi di scadenza del visto o del permesso di soggiorno (cd. over stayers), di ritiro del
visto o permesso per ragioni di ordine pubblico o sicurezza nazionale, di mancata
accoglienza della domanda di asilo. Inoltre un cittadino di paese terzo potrebbe
trovarsi da sempre in posizione irregolare nell‘Unione europea nel caso di
attraversamento irregolare delle frontiere.
Qualora i cittadini dei paesi terzi non lascino volontariamente il territorio in cui
si trovano senza diritto, l‘autorità pubblica procede coattivamente alla loro
espulsione al di fuori dell‘Unione europea. Il presente lavoro intende analizzare la
disciplina comunitaria in materia di rimpatrio concentrandosi sulla Direttiva
2008/115 recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al
rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, cd. Direttiva
Rimpatri
3
.
Diverse espressioni sono utilizzate, sia a livello comunitario che a livello
nazionale, in riferimento alle persone che non soddisfano o non soddisfano più le
condizioni per l‘ingresso e il soggiorno in uno Stato membro dell‘Unione europea:
―non autorizzati‖, ―irregolari‖, ―illegali‖, ―clandestini‖. Non essendovi una
definizione univoca di questi termini, in questo lavoro si è preferito utilizzare il
termine ―irregolare‖. Tuttavia sarà riportato anche il termine ―illegale‖, spesso
criticato per la marcata connotazione negativa, qualora questo sia menzionato dai
documenti oggetto di studio. Inoltre, al termine ―rimpatrio‖ si affiancano altre
1
Data la situazione di irregolarità di questo gruppo di persone è estremamente difficile raccogliere
dati affidabili e solo stime approssimative sono disponibili. Cfr. Risoluzione 1568/2007 del Consiglio
d‘Europa ―Regularisation programmes for irregular migrants‖: ―Some estimates indicate that there
may be as many as 5.5 millions irregular migrants in the European Union alone‖.
2
Il presente lavoro non si occupa degli spostamenti dei cittadini comunitari all‘interno del territorio
dell‘Unione europea, fenomeno a cui si fa riferimento con il diverso termine ―mobilità‖.
3
GUCE L 348 del 24 dicembre 2008.
2
espressioni, come ―espulsione‖, ―allontanamento‖, ―ritorno‖ e ―rimozione‖, il cui
significato varia notevolmente a seconda dello Stato membro considerato. Il termine
―rimpatrio‖ sarà pertanto qui preferito per coerenza con il testo legislativo in
oggetto
4
.
La Direttiva Rimpatri è stata presentata nel settembre 2005 ed è stata adottata
alla fine del 2008 dopo tre anni di difficili negoziazioni. Lo studio di questa misura è
particolarmente interessante perché si tratta della prima proposta legislativa in
materia di immigrazione a cui è stata applicata la procedura di codecisione.
Tale procedura, prevedendo una posizione di parità fra Parlamento e Consiglio,
e non più quest‘ultimo come unico detentore del potere legislativo, viene considerata
più ―democratica‖. Infatti il Parlamento europeo, istituzione particolarmente attenta
al tema della protezione dei diritti fondamentali, non è più solamente consultato ma
riveste il ruolo di co-legislatore. Sarà dunque interessante studiare, attraverso
l‘analisi comparativa del testo proposto e del testo finale della Direttiva tenendo
conto anche degli obiettivi di protezione dei diritti fondamentali fissati negli atti
comunitari che ne hanno preceduto la presentazione, se e come l‘applicazione di
questa procedura influenzi la redazione di norme comunitarie che riguardano i diritti
e lo status dei cittadini dei paesi terzi nell‘Unione europea
5
.
La Direttiva Rimpatri rappresenta altresì il test case per valutare il
funzionamento di questa procedura dal punto di vista della composizione degli
interessi contrastanti. La codecisione, infatti, prevedendo la regola della
maggioranza, viene considerata più adatta, rispetto al meccanismo vigente basato
sull‘unanimità, al rapido raggiungimento di un accordo per l‘adozione di misure
vincolanti sui temi più dibattuti e oggetto di forti contrastati in sede europea
6
.
4
Cfr. commenti dettagliati che accompagnano la Proposta di Direttiva, SEC/2005/1175 del 4.10.2005,
p. 3-4: ―In the context of return, the term ―expulsion‖ is frequently used. This proposal does not seek
to define this term for two reasons. The current understanding of ―expulsion‖ differs widely between
Member States. For some Member States, expulsion is an act which declares entry, stay or residence
to be illegal; for other Member States, expulsion is an act which terminates the legality of a previous
lawful residence e.g. in cases of criminal offences. Annex I to the 2002 Council Return Action
Programme reflects this ambiguous ―dual‖ understanding of the term expulsion and does not arrive at
a common definition‖.
5
Il presente lavoro non si occupa direttamente dei diritti dei richiedenti asilo, dei rifugiati e delle
persone che beneficiano di protezione internazionale data la loro situazione specifica che
richiederebbe uno studio approfondito e separato.
6
La Commissione stessa si è così espressa nella Comunicazione COM/2004/401, p. 4: ―In primo
luogo vengono in rilievo i problemi di tipo istituzionale legati alle procedure legislative e ai limiti alla
giurisdizione della Corte di Giustizia. Le costrizioni connesse al processo decisionale e all‘attuale
3
L‘esame dettagliato dello svolgimento delle negoziazioni per l‘adozione di questa
misura permetterà la verifica dei tempi e dei modi di raggiungimento dell‘accordo.
Da tale analisi si potrà inoltre trarre conclusioni utili all‘esame delle prospettive e
tendenze legislative europee con riferimento alle prossime proposte di direttiva in
materia di immigrazione, tema particolarmente delicato sia in sede europea che a
livello nazionale.
Il presente lavoro è organizzato soffermandosi dapprima sul tema
dell‘immigrazione nel processo di integrazione europea per ricostruire i passaggi
storici che hanno portato progressivamente alla competenza comunitaria in materia
verificando il grado di volontà politica degli Stati membri di agire congiuntamente
per la gestione dei flussi migratori crescenti diretti verso l‘Unione europea.
L‘analisi si concentra sullo sviluppo delle politiche di immigrazione che passa
attraverso i primi atti degli anni settanta e ottanta, il Trattato di Maastricht del 1993
che instaura la cooperazione intergovernativa in materia di Giustizia e Affari Interni
ed il Trattato di Amsterdam del 1999 che attribuisce alla Comunità europea
competenza in materia. Il Trattato di Amsterdam fissa anche il nuovo obiettivo del
processo di integrazione europea: uno spazio unico di libertà, sicurezza e giustizia
per tutti quelli che vivono in Europa. La realizzazione di una politica comune ed
efficiente di gestione dell‘immigrazione è strumentale per la creazione di questo
spazio
7
che mira ad istituire una vera e propria Unione europea. Si procede poi allo
studio dei più recenti sviluppi istituzionali con l‘analisi delle modifiche previste ai
Trattati vigenti dapprima con il Trattato che adotta una Costituzione per l‘Europa e
poi con il Trattato di Lisbona (la cui entrata in vigore rimane incerta), soffermandosi
sulle norme che toccano più da vicino il tema delle politiche comunitarie di
immigrazione.
Per il raggiungimento dell‘obiettivo di uno spazio unico di libertà, sicurezza e
giustizia il Consiglio ha stabilito due programmi quinquennali di attuazione delle
politiche in materia di Giustizia e Affari Interni: quello di Tampere del 1999 e quello
de L‘Aja del 2004. Questi programmi costituiscono l‘agenda per lo sviluppo della
contesto istituzionale hanno rappresentato un ostacolo alla realizzazione efficace, rapida e trasparente
di alcuni impegni politici‖.
7
Cfr. NASCIMBENE B., L‟Unione europea e i diritti dei cittadini dei paesi terzi, in Il diritto
dell‟Unione Europea, n. 2-3, 1998, p. 516.
4
prima e della seconda fase quinquennale di attuazione delle politiche comunitarie di
immigrazione da parte della Commissione europea. Pertanto, dopo aver esaminato il
contesto istituzionale, il lavoro si sofferma sull‘analisi degli obiettivi raggiunti
durante la prima fase ed esamina il piano di azione previsto per la seconda
focalizzandosi più in particolare sulla realizzazione di una disciplina comunitaria in
materia di rimpatrio analizzando i numerosi atti comunitari in materia di
immigrazione irregolare e rimpatrio adottati dal 1999 ad oggi. Il lavoro si concentra
poi sull‘esame della Proposta di Direttiva Rimpatri, a lungo attesa, diretta a stabilire
in materia di rimpatrio norme comuni, eque e trasparenti che tengano pienamente
conto del rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini dei paesi terzi.
Si procede successivamente ad un excursus sul diritto comunitario e la
protezione dei diritti fondamentali, esaminando le rilevanti norme del Trattato UE, la
Carta dei diritti fondamentali dell‘Unione europea, la giurisprudenza della Corte di
Giustizia e le iniziative del Parlamento e della Commissione, fra cui l‘istituzione di
una Agenzia per i diritti fondamentali, al fine di determinare la rilevanza delle regole
comunitarie in materia per i cittadini dei paesi terzi. Inoltre le rilevanti disposizioni
della Proposta di Direttiva Rimpatri sono analizzate per valutare se e in che modo la
Commissione europea tenga conto dei diritti fondamentali dei cittadini dei paesi terzi
e soddisfi l‘obiettivo prefisso. A questo proposito occorre dare conto della grande
attenzione mediatica dedicata in tutta Europa a questa misura proprio per i profili
attinenti ai diritti degli immigrati in posizione irregolare.
Si esamina poi la procedura legislativa della codecisione e l‘estensione del suo
ambito di applicazione alle proposte legislative in materia di immigrazione. Si
procede dunque, alla luce dell‘obiettivo del presente lavoro, all‘analisi dettagliata
delle norme che riguardano lo status e i diritti dei cittadini dei paesi terzi, come
inserite nel testo finale della Direttiva, e allo studio specifico dello svolgimento delle
negoziazioni che hanno portato all‘accordo necessario per l‘adozione del testo.
Avendo acquisito gli elementi necessari, si procede di seguito ad una valutazione
finale della Direttiva Rimpatri come test case della procedura di codecisione in
materia di immigrazione.
Infine, alla luce dei risultati conseguiti, si analizza il grado di attuazione del
Programma de L‘Aja e, in attesa della redazione del prossimo programma
5
quinquennale (Programma di Stoccolma), si esaminano le prospettive e tendenze
legislative europee della terza fase (2010-2015) che, se il Trattato di Lisbona entrerà
in vigore, sarà attuata con la procedura di codecisione sia per le misure in materia di
immigrazione irregolare che per quelle in materia di immigrazione cd.
legale/economica.
6
CAPITOLO PRIMO
LE COMPETENZE COMUNITARIE IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE
1. PREMESSA: il processo di integrazione europea e l’immigrazione
Per affrontare in maniera chiara lo studio della disciplina comunitaria in
materia di rimpatrio è necessario tornare indietro nel tempo e ricostruire i passaggi
che hanno portato alla redazione delle norme del Titolo IV del Trattato di
Amsterdam dedicato a ―Visti, asilo, immigrazione e altre politiche connesse con la
libera circolazione delle persone‖ e all‘integrazione del c.d. Acquis di Schengen nel
diritto comunitario.
Com‘è noto, solo negli ultimi anni i temi dell‘immigrazione e dei diritti degli
stranieri sono venuti ad occupare, nell‘agenda europea, la posizione prioritaria e di
urgenza che ben si conosce attraverso l‘opera d‘informazione dei mass media. La
storia della convergenza delle politiche migratorie è un graduale avvicinarsi al tema
dell‘immigrazione che ha portato alle nuove competenze europee in materia
attraverso la c.d. comunitarizzazione. Il percorso seguito va dalla tendenza verso la
politica di c.d. immigrazione zero
8
a quella verso un‘ammissione regolata e
controllata dei flussi migratori. Tale evoluzione è strettamente collegata alle
necessità pratiche e alle considerazioni che nascono dall‘ingigantirsi del fenomeno
migratorio e dalla cresciuta importanza delle sue conseguenze demografiche ed
occupazionali
9
.
Oggi la terra incognita viene esplorata non solo dalle singole nazioni
individualmente ma da tutte insieme. Infatti, per poter affrontare efficacemente la
questione migratoria, è necessario che vi siano forme di cooperazione e che queste
siano coordinate nell‘ambito di un unico quadro istituzionale. Anzi, è necessario
8
Questo tipo di politica, che comporta una chiusura pressoché totale dello Stato nei confronti del
fenomeno migratorio, oggi non è più considerata sostenibile come dimostrato anche dal fatto che gli
immigrati irregolari aumentano con l‘adozione di legislazioni cd. restrittive che rendono poi
necessarie frequenti sanatorie per la regolarizzazione a posteriori.
9
Fra queste vi è la questione della ―migrazione secondaria‖ all‘interno dell‘Unione, effetto delle
differenti procedure vigenti negli Stati membri, che rende opportuno un ravvicinamento delle
regolamentazioni se non una piena armonizzazione. Cfr. DEHOUSSE F. e MARTINEZ J., La
politique européenne d‟immigration et d‟asile, in Studia diplomatica, 2002, vol. LV, I, p. 44.
7
avvalersi di un approccio globale
10
al fenomeno migratorio che sviluppi un corpus
normativo che sia anche coerente e organico. Emergono, come accennato, nuove
esigenze che giustificano l‘accoglienza e l‘integrazione degli immigrati regolari, le
quali, per essere credibili e funzionali, devono essere accompagnate da forti misure
di contrasto dell‘immigrazione irregolare.
Per raggiungere tale quadro unitario il processo di integrazione europea deve
quindi affrontare e vincere l‘ostacolo della sovranità nazionale. Tuttavia, come
insegnano gli esperti di diritto internazionale, gli Stati sono sempre restii a cedere
anche la più piccola quota di sovranità proprio perché ciò comporta la rinuncia alle
proprie competenze. L‘immigrazione in particolare è considerata una materia
storicamente e tipicamente di competenza esclusiva degli Stati, quindi lasciata alla
loro discrezionalità, e non esistono in proposito obblighi di natura consuetudinaria a
livello internazionale. Questo è dovuto anche al fatto che i temi di cui si tratta sono
delicati e complessi e coinvolgono direttamente gli interessi nazionali.
Ancora oggi infatti la competenza comunitaria in materia non ha carattere
esclusivo. Come si spiegherà più avanti, l‘art. 63, penultimo comma, del Trattato di
Amsterdam lascia ancora agli Stati interessati la possibilità di legiferare in materia
compatibilmente con il diritto comunitario e gli accordi internazionali. Oltretutto tre
paesi membri (Irlanda, Regno Unito e Danimarca) sono contrari alla
comunitarizzazione, cioè all‘attribuzione all‘Unione della competenza in questo
settore, e pertanto non partecipano al Titolo IV del Trattato di Amsterdam.
Esiste, però, a livello comunitario ed in particolare per quanto riguarda il
campo dell‘immigrazione, una lettura diversa della questione: l‘attribuzione della
competenza alla Comunità Europea darebbe la possibilità di espandere la logica del
controllo oltre la dimensione nazionale e di aumentare l‘efficacia delle politiche di
gestione del flusso migratorio
11
. La Corte di Giustizia inoltre ha interpretato
10
Questo aspetto è stato più volte sottolineato dalle istituzioni europee. Cfr. SN 200/99, Conclusioni
della Presidenza del Consiglio europeo di Tampere, 15-16 ottobre 1999, sez. 11, Comunicazione della
Commissione su una politica comunitaria in materia di immigrazione COM/2000/757, p. 3-4, 13-14 e
19, e Comunicazione della Commissione L'approccio globale in materia di migrazione un anno dopo:
verso una politica europea globale della migrazione COM/2006/735, p. 1.
11
KOSTAKOPOULOU T., The “Protective Union”: Change and Continuity in Migration Law and
Policy in Post-Amsterdam Europe, in Journal of Common Market Studies, vol. 38, n. 3, 2000, p. 514.
8
estensivamente alcune norme comunitarie ampliando il loro ambito di applicazione
ed erodendo dunque la sfera lasciata alla discrezionalità statale
12
.
Per il successo della strategia comune in questo ambito è dunque
imprescindibile la fiducia reciproca tra le diverse nazioni europee che permette di
superare le diffidenze e ottenere il consenso necessario per il processo legislativo. A
questo proposito, bisogna considerare che i contesti e gli orientamenti politici
nazionali possono variare di molto all‘interno dello spazio comunitario, composto
oggi da ben ventisette paesi membri, e che, come sottolineato da due autori, ―non vi
sono altri esempi nella storia del processo di integrazione di un policy field passato
così rapidamente da una forma soft di cooperazione intergovernativa al «vertice»
dell‘agenda politica e legislativa dell‘Unione‖
13
.
Ad ogni modo la stessa Commissione, nella Comunicazione COM/2000/757 su
una politica comunitaria in materia di immigrazione, scrive: ―rispetto ad alcuni anni
fa, vengono riconosciute più consapevolmente l‘importanza dei problemi di
immigrazione e asilo a livello di UE e la necessità di affrontarli con un‘impostazione
comune‖ e ancora ―[la politica in materia di immigrazione] dovrebbe essere elaborata
entro un nuovo quadro di cooperazione a livello comunitario, basato su
cooperazione, scambio di informazioni e relazioni informative, con il coordinamento
della Commissione‖. Inoltre sempre la Commissione propone poi nella
Comunicazione COM/2001/387 un metodo aperto di coordinamento della politica
comunitaria in materia di immigrazione
14
.
Pertanto, se oggi è certamente chiara l‘esigenza di lavorare insieme per
disciplinare la materia, più confusi sono invece gli obiettivi specifici ed i contenuti
delle norme in oggetto
15
. Tale situazione rende spesso difficile l‘adozione di proposte
legislative concrete e ambiziose, come si analizzerà più avanti.
12
Cfr. ad esempio la sentenza del 31 gennaio 1984, cause riunite C-286/82 e C-26/83, Luisi-Carbone
e la sentenza del 26 febbraio 1991, causa C-292/89, Antonissen.
13
NASCIMBENE B. e MAFROLLA E., Recenti sviluppi della politica comunitaria in materia di
immigrazione e asilo, in Diritto, Immigrazione e Cittadinanza, n. 1, 2002, p. 37.
14
Cfr. Cap. I, par. 5.2.
15
NASCIMBENE B. e FAVILLI C., Gli orientamenti comunitari, in Rapporto sulle migrazioni,
2003, ISMU, p. 81.
9
2. BREVI CENNI SULL’IMMIGRAZIONE NEL SISTEMA PRECEDENTE
ALL’ENTRATA IN VIGORE DEL TRATTATO DI MAASTRICHT
Nel Trattato della Comunità Economica Europea, firmato a Roma il 25 marzo
1957 ed entrato in vigore il 14 gennaio 1958, non si trovano disposizioni che
attribuiscono alle istituzioni europee competenze in materia di immigrazione. Le
norme sulla ―libera circolazione delle persone‖, nonostante la genericità
dell‘espressione, si riferiscono esclusivamente ai cittadini degli Stati membri
16
. Del
resto, come brevemente accennato nell‘introduzione, durante questo periodo il
fenomeno migratorio verso l‘Europa è ancora di modesta entità, la disciplina della
materia è lasciata alla discrezionalità degli Stati membri e manca un qualsiasi quadro
unitario e/o organico di riferimento.
Solo negli anni settanta interviene la prima svolta: l‘affluenza dei cittadini dei
paesi terzi cresce velocemente e di conseguenza vengono predisposti i primi
interventi in materia. Possiamo citare una serie di misure che si occupano di
immigrazione: il Programma d‘azione della Commissione a favore dei lavoratori
migranti e delle loro famiglie del 18 dicembre 1974 con la successiva Risoluzione
del Consiglio del 9 febbraio 1976
17
e la Decisione della Commissione n. 381 dell‘8
luglio 1985 istitutiva di una procedura di comunicazione preliminare e di
concertazione sulle politiche migratorie nei confronti dei Paesi terzi.
Successivamente, la sentenza del 9 luglio 1987 della Corte di Giustizia
18
annulla la predetta Decisione, proprio perché la stessa esula dai poteri conferiti alla
Commissione, ma contemporaneamente afferma anche che la collaborazione in
campo sociale ben può riferirsi alle politiche migratorie nei confronti dei cittadini dei
paesi terzi, anche se solo per quanto riguarda il mercato comunitario
16
Solo l‘ex art. 59 CEE (art. 49 TCE), secondo comma, sulla libera prestazione dei servizi, permette
l‘estensione della disciplina ai cittadini dei paesi terzi. Tale opportunità non è stata comunque colta e
solo successivamente la Corte di Giustizia la applicherà per quanto riguarda i cd. posted workers con
la sentenza del 27 marzo 1990, causa C-113/89, Rush Portuguesa e con la sentenza del 9 agosto 1994,
causa C-43/93, Van der Elst. Cfr. GUILD E., The legal framework and social consequences of free
movement of persons in the European Union, Kluwer Law International, 1999, p. 65 e ss. e
DRAETTA U., Articolo 59, in MONACO R., QUADRI R., TRABUCCHI A. (a cura di), Trattato
istitutivo della Comunità Economica Europea. Commentario, Giuffrè, vol. I, 1970, p. 471.
17
Questa stabilisce già l‘obiettivo (punto 5, lett. b): ―la collaborazione degli Stati membri nella lotta
all‘immigrazione clandestina‖.
18
Sentenza del 9 luglio 1987, causa C-281/85, Repubblica federale di Germania e altri c.
Commissione delle Comunità europee.
10
dell‘occupazione
19
. In seguito alla pronuncia, la Commissione elabora la nuova
Decisione n. 384 dell‘8 giugno 1988, che riprende e corregge la precedente, ma alla
quale non è stato dato seguito. Inoltre non è stata adottata la proposta, già avanzata
dalla Commissione nel 1976 e modificata nel 1978
20
, per una Direttiva relativa al
riavvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti la lotta contro
l‘immigrazione clandestina e l‘occupazione illegale, che avrebbe costituito il primo
testo normativo comunitario in materia di cittadini di paesi terzi in posizione
irregolare.
Pochi anni dopo, altre misure non legislative iniziano ad affrontare la questione
dell‘immigrazione irregolare. La Risoluzione del Consiglio del 27 giugno 1980
relativa ad orientamenti per una politica comunitaria del mercato del lavoro
21
sottolinea l‘importanza dello stabilimento di mezzi effettivi per la lotta
all‘immigrazione clandestina e nel 1983 il Parlamento Europeo chiede, in una
Risoluzione sui lavoratori migranti, la presentazione di una proposta legislativa
sull‘immigrazione illegale
22
alla luce della Convenzione ILO sui lavoratori migranti
n. 143 del 24 giugno 1975. Ancora il Comitato Economico e Sociale presenta nel
1984 un parere
23
chiedendo l‘adozione di misure comunitarie concrete anche con
riferimento all‘immigrazione irregolare.
Tuttavia a tali atti non hanno fatto seguito misure vincolanti. Infatti il Libro
Bianco del 1985 sull‘instaurazione del mercato comune stabilisce solamente che
entro il 1992 dovrà essere adottata una legislazione comunitaria per il coordinamento
fra Stati membri della disciplina dei visti e dell‘estradizione e nessuna misura
specifica viene prevista per l‘immigrazione irregolare
24
.
Nel 1986 viene poi introdotto l‘Atto Unico Europeo che modifica il Trattato
CEE per portare avanti il processo di integrazione con l‘ambizioso progetto del
mercato unico. All‘ex art. 7A CEE introdotto con l‘Atto (oggi art. 14, secondo
comma, TCE) si legge ancora solamente: ―il mercato interno comporta uno spazio
19
LIGUORI A., L‟immigrazione e l‟Unione Europea, in Il diritto comunitario e degli scambi
internazionali, 2000, n. 2, p. 429.
20
COM/1976/331 e COM/1978/86.
21
GUCE C 168 dell'8.7.1980, p. 1-4.
22
GUCE C 342 del 19.12.1983, p. 139.
23
Parere su i lavoratori migranti, GUCE C 343 del 24.12.1984, p. 28.
24
COM/1985/310, par. 55. Il Libro Bianco è il punto di partenza per la revisione del Trattato CEE
avvenuta con l‘Atto Unico.
11
senza frontiere interne, nel quale è assicurata (…) la libera circolazione delle persone
(…) secondo le disposizioni del presente trattato‖
25
. Allegata all‘Atto vi è la
―Dichiarazione politica dei governi degli Stati membri relativa alla libera
circolazione delle persone‖ che si occupa della cooperazione in materia
26
. Essa
chiarisce che la competenza della Comunità nel campo della libera circolazione dei
cittadini dei paesi terzi non è esclusiva, a differenza di quanto avviene per la libera
circolazione dei cd. comunitari.
Gli Stati si arrestano quindi su posizioni più caute preferendo preservare le
proprie competenze nella maniera più ampia possibile. È probabile tra l‘altro che il
tema dell‘immigrazione irregolare non venisse esplicitamente menzionato in quanto
strettamente associato a quello della lotta alla criminalità e della sicurezza nazionale
secondo una visione del fenomeno in termini negativi
27
.
Tutti questi primi passi dimostrano come la questione delle competenze
comunitarie in materia di immigrazione risultasse fortemente controversa. Come si
vedrà, anche se il Trattato di Amsterdam ha finalmente sancito la competenza
comunitaria in questo campo, le argomentazioni volte alla difesa della sovranità
nazionale addotte venti anni fa ancora oggi vengono riproposte con riferimento a
numerose disposizioni concrete contenute nelle proposte legislative comunitarie in
materia di immigrazione.
Le forme di cooperazione intergovernativa
28
conducono poi sia alla creazione
del ―Gruppo ad hoc Immigrazione‖ del 1986, che predispone la Convenzione di
Dublino del 1990
29
ed il Progetto di Convenzione sull‘attraversamento delle frontiere
interne (mai firmato), sia all‘elaborazione degli Accordi di Schengen, che dettano
altre disposizioni per l‘eliminazione dei controlli alle frontiere interne. In particolare,
25
All‘ex art. 7A non viene tra l‘altro riconosciuto effetto diretto. Cfr. sentenza del 21 settembre 1999,
causa C-378/97, Wijsenbeek.
26
―Per promuovere la libera circolazione delle persone gli Stati membri cooperano, senza pregiudizio
delle competenze della Comunità, in particolare per quanto riguarda l‟ingresso la circolazione e il
soggiorno dei cittadini dei paesi terzi‖. Il corsivo è nostro.
27
Cfr. la Dichiarazione generale relativa agli articoli da 13 a 19 dell‘Atto unico europeo.
28
Cfr. O‘KEEFFE D., The free movemenent of persons and the single market, in European Law
Review, 1992, p. 3 e ss. e PASTORE M., La cooperazione intergovernativa nei settori dell‟asilo e
delle sicurezza interna, in NASCIMBENE B. (a cura di), Da Schengen a Maastricht: apertura delle
frontiere, cooperazione giudiziaria e di polizia, Giuffrè, 1995, p. 3 e ss.
29
Convenzione del 15 giugno 1990 sulla determinazione dello Stato competente per l‘esame di una
domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità Europee, firmata da tutti gli
Stati membri.
12
l‘importanza di questi ultimi Accordi è fondamentale poiché essi costituiscono il
frutto della prima collaborazione effettiva a livello sopranazionale in questo campo,
collaborazione che non era riuscita a livello comunitario. Lo conferma il fatto che
molti altri Stati hanno via via aderito agli Accordi ampliando lo ―Spazio Schengen‖ a
gran parte dell‘Europa e creando così l‘area comune senza frontiere interne
30
.
Nello stesso periodo il Parlamento europeo adotta la Dichiarazione dei diritti e
delle libertà fondamentali (12 aprile 1989). Anche in questo testo non vi è menzione
alcuna dello status e diritti dei cittadini dei paesi terzi, tanto meno irregolari
31
.
Seguono poi una serie di atti non vincolanti emanati dal Comitato economico e
sociale e dal Consiglio che riflettono nuovamente l‘intenzione di pervenire ad una
azione comune in questo campo
32
. In particolare, secondo il Parere del Comitato
economico e sociale del 24 aprile 1991 in merito allo "Statuto dei lavoratori migranti
- Paesi terzi" (SOC/215) la legislazione nazionale e le pratiche amministrative
devono essere armonizzate.
È ormai chiaro che l‘attuazione del mercato interno, come obiettivo
economico, comporta necessariamente anche il coinvolgimento di altri temi, legati
alle libertà e ai diritti, tanto da preparare il terreno per un c.d. policy spillover
33
che
comprenda anche l‘obiettivo di una disciplina comunitaria in materia di
immigrazione.
3. MAASTRICHT ’93 E LA CREAZIONE DELL’UNIONE EUROPEA
Un ulteriore importante traguardo è stato raggiunto con l‘adozione del Trattato
di Maastricht, firmato il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il primo novembre
1993, il quale amplia grandemente gli orizzonti della Comunità portandola ad
occuparsi di tutta una serie di nuovi temi e argomenti, che vanno ben al di là della
30
Fra questi Islanda, Norvegia e più recentemente Svizzera e Liechtenstein che non fanno parte
dell‘Unione europea. I nuovi Stati membri hanno invece l‘obbligo di partecipare all‘Acquis e ai suoi
sviluppi. Cfr. Cap. I, par. 4.2.
31
MISSORICI M. e ROMANO C., Libertà di circolazione e soggiorno: i cittadini degli Stati terzi tra
cittadinanza europea e politica delle migrazioni, in Rivista internazionale dei diritti dell‟uomo, 1998,
vol. 11, n. 1, p. 45.
32
CES (91) 560, CES (91) 1122, CES (91) 1394 e le Risoluzioni del Consiglio GUCE C 175 del
16.7.1990, GUCE C 72 del 18.3.1991, GUCE C 267 del 14.10.1991, GUCE C 337 del 21.12.1992,
GUCE C 337 del 21.12.1992 e GUCE C 72 del 15.3.1993.
33
APAP J., The rights of immigrant workers in the European Union, Kluwer law international, 2002,
p. 29.
13
materia economica e che portano gli Stati membri a confrontarsi su diversi punti
delle loro agende politiche
34
.
Emblematica è la modifica intervenuta nella denominazione di questa struttura
sopranazionale: la ―Comunità Economica Europea‖ viene rinominata ―Comunità
Europea‖ e inserita nel quadro della ―Unione Europea‖. La stessa espressione
suggerisce il grande balzo e la portata innovativa del nuovo obiettivo che cerca di
coordinare proprio nell‘ambito di un unico quadro istituzionale le varie forme di
cooperazione fra Stati membri. L‘Unione, esperienza unica nella storia, può essere
definita come un‘organizzazione internazionale sui generis dall‘orientamento più
schiettamente politico e dalle competenze decisamente più vaste
35
.
Per avvicinare non solo i governi ma anche le popolazioni europee si istituisce
la ―cittadinanza dell‘Unione‖ per tutti i cittadini degli Stati membri (ex art. 8, oggi
art. 17 TCE). Questa comporta secondo l‘ex art. 8A TCE (oggi art. 18) il ―diritto di
circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri‖, il quale risulta
quindi svincolato da connotazioni economiche
36
.
Per la preparazione del testo del Trattato di Maastricht, nel giugno 1991, il
Consiglio europeo di Lussemburgo richiede ai Ministri degli Stati membri
responsabili per le questioni di immigrazione di redigere delle proposte per
l‘armonizzazione di queste politiche. Questo gruppo di esperti prepara in seguito un
rapporto
37
che contribuisce direttamente alla redazione delle norme rilevanti. Il
rapporto prevedeva ―[…] b) l‘armonizzazione delle condizioni per la lotta
all‘immigrazione ed al lavoro illegale; c) l‟armonizzazione dei principi di espulsione,
inclusi i diritti da garantirsi; d) la definizione delle linee guida per una politica in
materia di cittadini dei paesi terzi residenti in maniera illegale […]‖
38
. Il rapporto è il
primo atto formale in materia di immigrazione irregolare ad occuparsi in particolare
della disciplina comunitaria in materia di rimpatri.
34
L‘Unione europea è ―fondata sulle Comunità europee, integrate dalle politiche e forme di
cooperazione instaurate dal presente trattato‖ (ex art. A, ultimo comma TUE). Cfr. CURTI
GIALDINO C., Il Trattato di Maastricht sull‟Unione Europea: genesi, struttura, contenuto, processo
di ratifica, Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 1993.
35
MELOTTI U., La comunitarizzazione delle politiche d‟immigrazione a dieci anni da Maastricht
(1993-2003), in Affari sociali internazionali, vol. 31, n. 2, p. 64.
36
Cfr. NASCIMBENE B., Libertà di circolazione delle persone, diritti dei cittadini dell‟Unione e dei
paesi terzi, in NASCIMBENE B. (a cura di), Da Schengen a Maastricht: apertura delle frontiere,
cooperazione giudiziaria e di polizia, cit., p. 100.
37
―Report from Ministers responsible for immigration‖, documento del Consiglio SN 4038/91.
38
Il corsivo è nostro.
14
In particolare, per quanto riguarda i rimpatri, a queste indicazioni hanno fatto
seguito due raccomandazioni del novembre e dicembre 1992 che si occupavano della
prassi negli Stati membri in materia di ―deportazione di cittadini non-comunitari
presenti illegalmente nel territorio di uno Stato membro‖ e dei ―transiti nei casi di
deportazione‖
39
. La prima raccomandazione è particolarmente interessante perché
contiene già numerosi principi ed elementi fondamentali di una politica comune in
materia di rimpatri
40
e invita anche la Commissione alla presentazione di proposte di
legislazione in materia di favoreggiamento dell‘immigrazione clandestina e del
lavoro irregolare, che saranno però elaborate solo molti anni dopo
41
. Infine, allegato
alla raccomandazione vi è l‘elenco di una serie di principi intesi come linee guida per
lo scambio di informazioni fra Stati membri.
Tuttavia, nonostante la volontà di armonizzazione espressa con tali
raccomandazioni e con il rapporto sopra menzionato del 1991 e nonostante la chiara
proposta tedesca di ―comunitarizzazione‖ della materia, appoggiata dal Parlamento
europeo
42
, va notato che, ancora una volta, solo la materia dei visti è rientrata
nell‘ambito di competenza comunitaria. Il tema dell‘immigrazione irregolare viene
inserito nel c.d. terzo pilastro del sistema che prevede la cooperazione
intergovernativa fra i partners europei
43
.
La nuova struttura dell‘Unione è infatti comunemente descritta come un tempio
supportato da tre pilastri, il primo costituito dalle Comunità Europee, fondate sulle
norme riviste dei Trattati CEE divenuta CE, CECA e EURATOM, il secondo dalle
disposizioni in materia di politica estera e sicurezza comune (PESC) del Titolo V ed
39
Documento del Consiglio n.1266/92. Cfr. HANDOLL J., Free movement of persons in the
European Union, Wiley, 1995, p. 362-363.
40
Questi attengono al paese di destinazione, alle norme procedurali ed in particolare alle garanzie
giurisdizionali, alla detenzione, al processo di identificazione attraverso le impronte digitali. Cfr.
HAILBRONNER K., Immigration and asylum law and policy in the European Union, Kluwer law
international, 2000, p. 437.
41
Direttiva 2002/90 volta a definire il favoreggiamento dell'ingresso, del transito e del soggiorno
illegali e COM/2007/249 Proposta di Direttiva che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che
impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE.
42
Risoluzione del 16 luglio 1990, punto 9 recita: ―[…] inserire nella competenza esclusiva della
Comunità le questioni relative all‘ingresso, alla circolazione e al domicilio di cittadini di paesi terzi
[…]‖.
43
PEERS S., From Black Market to Constitution: the Development of the Institutional Framework for
EC Immigration and Asylum Law, in PEERS S. e ROGERS N., EU Immigration and Asylum Law,
Martinus Nijhoff, 2006, p. 20 e ss.
15
il terzo dal Titolo VI dedicato alla ―cooperazione nei settori della giustizia e degli
affari interni‖ (GAI)
44
.
La ratio di questo Titolo è, secondo l‘ex art. K1 TUE, la ―realizzazione degli
obiettivi dell‘Unione, in particolare della libera circolazione delle persone‖. Qui, a
differenza di quanto avviene nell‘ambito PESC dove gli Stati elaborano una vera e
propria politica comune, è previsto solo l‘obbligo di avviare una cooperazione nei
settori contemplati considerati ―questioni di interesse comune‖. Fra questi vi è ―la
politica d'immigrazione e la politica da seguire nei confronti dei cittadini dei paesi
terzi‖ (ex art. K1, 3) nella quale rientra ―la lotta contro l'immigrazione, il soggiorno e
il lavoro irregolari di cittadini dei paesi terzi nel territorio degli Stati membri‖ (ex art.
K1, 3, punto c). L‘articolo distingue la politica relativa all‘attraversamento delle
frontiere esterne (visti di breve periodo e controlli sulle persone, ex art. K1, 2) e la
politica di immigrazione, distinzione che sarà mantenuta anche in seguito.
Il potere di iniziativa in questo settore è condiviso dalla Commissione con gli
Stati ed il Parlamento ha un ruolo consultivo marginale dato che il suo parere è
eventuale e non vincolante. Gli atti adottati sulla base di questo Titolo hanno sia
natura obbligatoria (le convenzioni e le azioni comuni), sia non vincolante (le
posizioni comuni). Inoltre la Corte di Giustizia è in generale esclusa dall‘ambito GAI
anche se vi è la possibilità di attribuirle competenza redigendo protocolli ad hoc nel
caso delle convenzioni. Le azioni comuni invece rimangono suscettibili di essere
interpretate e applicate in modo non conforme al diritto comunitario almeno fino
all‘emanazione della sentenza del 12 maggio 1998 (causa 170/96) sull‘ex art. K3,
punto b, TUE con cui viene infine stabilito anche per questo tipo di atti il controllo di
conformità da parte della Corte.
Non stupisce quindi che la situazione complessiva finisca per suscitare molte
critiche che riguardano il c.d. deficit democratico del meccanismo di funzionamento
della cooperazione
45
. Inoltre, considerando che nel terzo pilastro ci si occupa di
materie che coinvolgono direttamente alcuni diritti fondamentali dell‘individuo,
44
Il tempio è completato dal frontone, costituito dal preambolo e dalle disposizioni comuni, e dal
basamento formato dalle disposizioni finali.
45
Cfr. PIRIS J. C., Dopo Maastricht le istituzioni comunitarie sono divenute più efficaci, più
democratiche, più trasparenti?, in Rivista di diritto europeo, 1994, p. 3.