5
funzione sociale. Partecipa dello spirito ludico che accomuna tutti i giochi e che ha
un ruolo centrale nello sviluppo della cultura umana e dell’uomo come individuo.
Il gioco d’azzardo comincia a diventare un problema quando esce dallo
spazio del gioco, diventa un idea fissa e ogni azione della persona è finalizzata a
creare le condizioni per poter tornare a giocare, mettendo in secondo piano gli
affetti, le responsabilità, il lavoro, la cura di sé e la reputazione. Anche se spesso
passano molti anni prima che il giocatore ne sia consapevole, il gioco non è più una
libera scelta, ma un imperativo da cui egli non è in grado di sottrarsi con le proprie
forze.
Da questa breve presentazione si può intuire quanto complesso e variegato
al suo interno sia il mondo del gioco d’azzardo e del GAP. Per rendere conto di
questa complessità ho voluto iniziare il mio percorso dall’analisi dell’universo del
Gioco (capitolo primo), dato che si parla appunto di una dipendenza da una attività
di gioco, con lo scopo di capire qual è la sua natura, che posto occupa e che ruolo
ha vita dell’uomo. Da qui sono andata nello specifico del Gioco d’Azzardo (capitolo
secondo), per vedere quali sono le sue caratteristiche peculiari, i principali giochi, la
situazione italiana e non ultimo per cercare di capire cosa lo renda così attraente
agli occhi di chi lo pratica. Nel capitolo terzo ho affrontato il tema della dipendenza,
come costrutto psicologico e in riferimento alla questione delle dipendenze chimiche
e comportamentali. Infine l’ultimo capitolo (capitolo quarto) tratta in particolare
della Dipendenza Patologica dal Gioco d’Azzardo e tira le somme di quanto detto
precedentemente, mostrando come quando il gioco incontra il mondo della
dipendenza, degenera ed esce dai propri confini, contaminando il mondo reale e
diventando una schiavitù.
6
Capitolo primo
IL GIOCO.
Ho scelto di dare avvio a questo lavoro sulla dipendenza patologica dal gioco
d’azzardo partendo da un concetto generale, quello di Gioco appunto, per due
ragioni. Innanzi, tutto il mio scopo è di inquadrare il gioco d’azzardo all’interno di
una categoria più vasta, che lo comprende e che, contemporaneamente, abbraccia
tutta una serie di attività fondamentali nel mondo umano e animale. La dimensione
del gioco infatti, rimane indissolubilmente connessa a concetti come l’evoluzione del
comportamento intelligente, la nascita della civiltà, lo sviluppo delle sue espressioni
artistiche e culturali, la comunicazione, l’identità, la socialità, l’apprendimento, lo
sviluppo psicoaffettivo, la creatività, il divertimento, l’evasione, il piacere. Le varie
attività incluse sotto l’insegna del gioco, dunque anche il gioco d’azzardo, pur nella
loro eterogeneità condividono il medesimo spirito ludico.
Secondariamente, e in conseguenza di quanto appena detto, il mio obiettivo è
di cogliere nella sua interezza il fenomeno “gioco d’azzardo”, evitando le seduzioni di
un approccio moralistico e negativamente prevenuto.
Prima di cominciare, occorre tuttavia fare una premessa: il tema del gioco,
per ovvi motivi, è molto vasto e complesso, interessando a vario titolo le più
disparate discipline. La filosofia, la storia, l’antropologia, la psicologia, la
matematica, la pedagogia, la sociologia, l’etologia, l’intelligenza artificiale hanno
contribuito ad indagare e ampliare l’orizzonte sul tema del gioco, formulando le più
diverse teorie all’interno dei loro ambiti, producendo contributi spesso così distanti
tra loro da essere inconciliabili.
Considerarli tutti in modo adeguato sarebbe davvero un impresa ardua e che
andrebbe probabilmente oltre gli scopi del presente lavoro.
Qui mi limiterò dunque a esaminare brevemente alcune caratteristiche
generali del gioco e mi soffermerò sul ruolo che svolge nell’esistenza umana, da un
punto di vista sociale e individuale.
7
Definizione del gioco
La parola gioco, come è evidente dall’uso che se ne fa nel linguaggio
corrente, ha una grande estensione concettuale e non può essere definita in modo
univoco. Poche parole nella lingua italiana, e non solo, hanno valenza polisemica
come la parola gioco: già a un livello molto elementare, parlando di gioco (o di
giocare) noi ci riferiamo, molto in generale a un attività svolta dagli esseri umani e
da molte specie animali; se passiamo al plurale, parlando di giochi possiamo
intendere contemporaneamente almeno tre cose: un sistema di regole formalizzato
(es. giocare a dama), gli strumenti, se occorrono, necessari al gioco (la scacchiera,
le pedine) e lo stile del giocatore (avere una strategia, muovere a caso, ecc.).
Se parliamo di forme ritualizzate di gioco, cioè di sistemi organizzati di regole,
ne esistono moltissimi e altrettanti sono i modi di giocare all’interno di uno stesso
sistema; ma il gioco può anche essere un’attività del tutto improvvisata e senza
regole e fare capolino spontaneamente nella vita di tutti i giorni, a romperne
l’altrimenti insopportabile tensione, come avviene nel gioco infantile e nell’ambito
dell’umorismo e dello scherzo.
Ancora possiamo arricchire la nostra disamina rintracciando nella memoria
tutte quelle espressioni di uso quotidiano che evocano situazioni e significati diversi
e solo in parte sovrapponibili: mettersi in gioco (con riferimento alla dimensione del
rischio); avere buon gioco (fortuna); giocare d’astuzia (abilità); stare al gioco
(seguire le regole); una vite che fa gioco (avere libertà di movimento entro certi
limiti); e gli esempi potrebbero continuare….1
La parola italiana gioco, come la tedesca Spiel, sono in effetti così
onnicomprensive da alimentare inevitabilmente una certa ambiguità; una prima
distinzione che ci indirizza verso una maggiore comprensione della complessità
semantica del gioco ce la dà la lingua inglese, che fa uso di due voci per intendere
aspetti diversi dell’esperienza ludica. C’è un gioco astratto, gioco come game, e c’è
un comportamento concreto, una performance, che è il play; con game si evidenzia
l’aspetto di competence, il sistema di regole condiviso e accettato, la competizione,
la strategia; play è comunemente legato all’atto di giocare; si usa infatti per indicare
1
Callois R., I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine (1958), trad.it. di L. Guarino, Milano: Bompiani
2004, pp 6-9.
8
molte altre azioni connesse con uno spirito ludico (suonare, recitare), ed è sempre
connesso al piacere procurato da queste attività
2
.
Il gioco, seppure si nutre della immaginazione dei giocatori, non è una
fantasia o un sogno ad occhi aperti, è un’attività reale, fatta di azioni concrete che
hanno un decorso temporale e si svolgono nello spazio esterno. Tuttavia la
dimensione del gioco non può essere mai confusa con lo sconcertante caos e
complessità del vivere quotidiano; essa gode, per così dire, di uno statuto di
extraterritorialità dal mondo reale. Lo spazio del gioco (Spielraum), che si situa,
prima di tutto nella mente dei giocatori, e solo in conseguenza di questo può poi
eventualmente avvalersi di ulteriori delimitazioni fisiche, è una zona convenzionale,
delimitata nello spazio e nel tempo, ma non per questo meno vera della realtà
esterna. Al gioco, dunque si attribuisce questa dimensione di alterità rispetto alla
oggettività del mondo esterno e rispetto al mondo della pura soggettività
individuale.
Come si contraddistingue allora lo spazio del gioco? Bateson
3
sostiene che lo
spazio del gioco è creato dallo scambio tra i partecipanti di segnali matacomunicativi
del tipo: “Questo è solo un gioco”. Questa operazione ha lo scopo di delimitare un
contesto, racchiuso da una cornice ben precisa, che si basa sulla premessa di cui
sopra. Sempre secondo Bateson, la premessa “Questo è solo un gioco” darebbe
origine a un paradosso del tipo di Russel o Epimenide
4
: «le azioni che stiamo
compiendo non denotano ciò che denoterebbero quelle azioni per cui esse stanno
5
».
Le azioni del gioco sono simili a quelle che si compiono al di fuori, ma non hanno le
stesse conseguenze cioè, con le parole dell’autore: «…il mordicchiare giocoso
denota il morso, ma non denota ciò che sarebbe denotato dal morso
6
»..
Le azioni di gioco e di non gioco stanno in quella relazione che Korzybski
(1941)
7
ha definito “mappa-territorio”: la mappa sta per il territorio, ma non
2
Si veda a tal proposito: Eco U.,«Homo ludens oggi», prefazione a Huizinga J., Homo ludens, [1938], trad.
it. di Van Schendel C., Torino: Einaudi 2002, pp 18-19.
3
.Bateson G. «Gioco e fantasia: una teoria» in Bruner G., Jolly K., Sylva K. (a cura di), Il gioco, Roma:
Armando 1981, pp 121-132
4
Cioè:« una asserzione negativa che contiene una meta-asserzione negativa implicita»,
Bateson, op. cit., p 123.
5
Ib.
6
Ib.
7
Ib., p 124.
9
partecipa della sua essenza (non è fatta di terra, rocce, acqua, ecc…), ne consegue
che agire sulla mappa non equivale ad agire sul territorio. Stiamo parlando, come è
evidente, di diversi livelli di astrazione e non è superfluo ricordare che la relazione
mappa-territorio è la stessa che intercorre tra il linguaggio e gli oggetti che esso
denota. Questo suggerisce quanto gioco e linguaggio siano due attività simboliche di
fatto collegate e quanto il gioco possa aver rappresentato un passo importante
nell’evoluzione della comunicazione.
Nei giochi regolati, l’alterità, o per dirla con Bateson, la cornice che definisce
e delimita lo spazio del gioco, è costruita tramite l’assoggettamento dei giocatori a
un sistema di regole arbitrario che non vale per la realtà esterna e che crea un
contesto di significato per le azioni compiute al suo interno. Nei giochi spontanei,
l’alterità è data dal fingere di essere qualcun altro, dall’ assumere la modalità
psicologica del “come se”. In entrambi i casi questo spazio speciale è creato dal
giocatore con il meccanismo comunemente definito illusione (in-lusio=essere nel
gioco), che è l’espressione di un’attività della mente umana che permette di mettere
un piede nell’irrealtà, senza delirare.
Perché l’uomo sceglie di rifugiarsi nello dimensione del gioco? Naturalmente il
gioco, come è evidente a ciascuno per le proprie esperienze di vita, assolve a molte
e importanti funzioni: asseconda il desiderio di mettersi alla prova, la volontà di
primeggiare sugli altri, soddisfa il bisogno di evadere dai problemi e da se stessi,
allenta la tensione, procura emozioni molto intense. Le ragioni sono queste e molte
altre, ma in sintesi, si può dire che esso rientri in quella dimensione atavica
dell’esistenza umana che è il piacere. Sotto varie forme, in vari modi, giocare ci dà
piacere. Il piacere è alla base di qualsiasi esperienza positiva, è una risposta
protomentale
8
che successivamente si arricchisce di molti e diversi significati. Questa
è, in ultima analisi, la motivazione che sotto sta a qualsiasi esperienza ludica.
In fine, l’ultimo ingrediente da sommare alla nostra definizione è la libertà. Il
gioco nasce come attività libera nella mente del giocatore, sia nel senso che questi
ha il pieno controllo sull’opportunità o meno di partecipare al gioco, su quando
cominciare e quando smettere; sia nel senso che, pur all’interno di un contesto di
8
Sul concetto di protomentale, cfr: Bion W. R., Esperienze nei gruppi a altri saggi, [1961], trad. it. di
Muscetta S., Roma: Armando, 1997.
10
regole molto rigido, ciascuno conserva un certo margine di autonomia, di creatività,
in cui può “fare il proprio gioco”. Laddove manchi la libertà non c’è più gioco ma
coercizione. Questo discorso è molto importante e verrà tenuto presente
allorquando si parlerà di dipendenza dal gioco d’azzardo.
Un grande autore, a cui farò spesso riferimento in questo lavoro perché per
me, e per molti altri prima di me, è stato una guida preziosa per non perdere la
rotta nell’universo gioco, è Roger Callois. Nella sua opera
9
, che più volte verrà citata,
ormai divenuta un classico dell’antropologia umana, egli tenta una classificazione dei
giochi in base a quattro modalità fondamentali, di cui parlerò diffusamente nel
prossimo paragrafo.
Qui, invece, a conclusione del mio discorso , vorrei riportare quelle che per
Callois sono le caratteristiche principali di tutti i giochi in generale
10
, considerati
come categorie astratte. È in qualche modo un compendio di quanto sin ora detto,
ma con delle importanti precisazioni che è bene non trascurare:
….l’analisi precedente ci consente di definire il gioco come un’attività:
ξ Libera: a cui il giocatore non può essere obbligato senza che il gioco perda subito la sua natura di
divertimento attraente e giocoso;
ξ Separata: circoscritta entro precisi limiti di tempo e di spazio fissati in anticipo;
ξ Incerta: il cui svolgimento non può essere determinato né il risultato acquisito preliminarmente, una
certa libertà nella necessità di inventare essendo obbligatoriamente lasciata all’iniziativa del
giocatore
11
;
ξ Improduttiva: che non crea, cioè, né beni, né ricchezze,né alcun altro elemento nuovo; e, salvo nello
spostamento di proprietà all’interno della cerchia dei giocatori, tale da riportare a una situazione
identica a quella dell’inizio della partita
12
;
ξ Regolata: sottoposta a convenzioni che sospendono le leggi ordinarie e instaurano
momentaneamente una legislazione nuova che è la sola a contare
13
;
ξ Fittizia: accompagnata dalla consapevolezza specifica di una diversa realtà o di una totale irrealtà nei
confronti della vita normale
14
.
9
Callois R.,I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, cit.
10
ib., p 26.
11
Scrive Callois: «Gioco significa dunque la libertà all’interno del rigore stesso, affinché questo acquisisca o
conservi la sua efficacia” e poco più avanti “Il gioco consiste nella necessità di trovare, d’inventare
immediatamente una risposta che è libera nei limiti delle regole (in corsivo nel testo)», Ib., p 8.
12
Nel gioco d’azzardo,anche nel migliore dei casi,la somma delle vincite non può che essere uguale alla
somma delle perdite degli altri giocatori.
13
A tal proposito Callois ci fa notare che il gioco non è minacciato dal baro, cioè colui che infrange le regole
ma finge di rispettarle, abusando della lealtà degli altri giocatori, ma piuttosto è minacciato dal contestatore
o guastafeste, ovvero colui che denuncia l’arbitrarietà delle regole e decide di non assoggettarvisi. In questo
caso come si dice si è rotto l’incantesimo, e il gioco è finito.
14
La finzione e la regola sono tali da escludersi a vicenda, ma ciò non vuol dire che non partecipino dello
stesso spirito ludico: nella finzione il sentimento “come se” sostituisce la regola e assolve alla stessa
funzione; del resto, col suo stesso porsi la regola crea una finzione.
11
Classificazione dei giochi
È evidente che le qualità dell’attività ludica sopra menzionate delimitano una
classe di fenomeni molto ampia, ci aiutano a discriminare cosa è un gioco e cosa
non lo è; nulla ci dicono invece circa le differenze all’interno di questa classe, vale a
dire sulla tipologia dei vari giochi, che si originano da presupposti e soddisfano
esigenze molto diversi tra loro.
Callois propone di dividere l’universo dei giochi in quattro quadranti, ciascuno
dominato da un principio originale, che riunisca sotto di sé giochi della stessa specie.
Le categorie di Callois sono le seguenti:
ξ Agon: è la categoria della competizione, della gara. Nei giochi agonistici si
esprime la rivalità dei concorrenti in merito a una abilità particolare; le condizioni di
partenza sono mantenute artificialmente uguali per tutti; chi vince è considerato il
migliore in quel campo. La motivazione principale che alimenta il gioco è quella di
veder riconosciuta la propria superiorità; ciò presuppone, per chi si dedica a questo
tipo di attività, attenzione, allenamento costante, fatica, voglia di vincere.«L’agon si
presenta come la forma pura del merito personale e serve a manifestarlo
15
.».
ξ Alea: è la categoria che accoglie tutti quei giochi che si basano sulla fortuna,
non a caso alea è la parola latina che indica il gioco dei dadi, l’azzardo per
eccellenza. I giochi aleatori sono per loro natura contrapposti ai giochi agonostici: se
nell’agon i favori della sorte sono tenuti a bada dalla parità delle condizioni di gioco,
nei giochi d’azzardo l’uguaglianza è garantita proprio dall’affidarsi al caso, di fronte
al quale non c’è privilegio che regga. L’alea implica dal punto di vista psicologico
«un’abdicazione della volontà, un abbandono al destino
16
», nega il lavoro, la
destrezza, la pazienza: «Appare come un’insolente e sovrana derisione del
merito
17
».
ξ Mimicry: è la categoria che unisce tutti quei giochi che hanno come
caratteristica comune la finzione, giocare a credere o far credere agli altri di essere
qualcun altro. Imitazione, mimica, travestimento ne sono i baluardi. Alla mimicry
appartengono i giochi infantili che simulano il comportamento degli adulti, come
15
Callois R.,I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, cit., p 31.
16
Ib., p 34.
17
Ib.
12
pure manifestazioni della più raffinata cultura, quali la rappresentazione teatrale e
l’interpretazione drammatica. Inoltre la mimicry può essere indiretta o “delegata”: il
pubblico che assiste a uno spettacolo o a una partita e si identifica con i divi o i
campioni, partecipa di questo stesso spirito ludico.
ξ Ilinx: l’ultima categoria comprende quei giochi che si basano sulla ricerca
della vertigine e dunque mirano a procurare un momentaneo obnubilamento della
coscienza, «un voluttuoso panico
18
», che annulla la realtà esterna. Non è corretto in
questo caso parlare di divertimento in senso stretto, dal momento che molte di
queste esperienze sono più vicine allo spasmo, allo smarrimento, alla paura, che allo
svago e alla distrazione; tuttavia la loro attrattiva è data proprio dalla possibilità di
provare un oscuro piacere, derivante dall’esperire questa vertigine associata alla
temporanea perdita di sé stessi e della realtà percettiva.
Gli scacchi, il baccarat, i travestimenti carnevaleschi, le montagne russe sono
i rispettivi esempi delle suddette categorie pure; nella realtà dei giochi concreti si
incontrano molto di frequente delle commistioni date da abbinamenti. Naturalmente
alcuni abbinamenti, ipotizzabili in teoria, sono irrealizzabili nel concreto, dato che i
presupposti delle componenti si escludono a vicenda ( vedi le coppie agon-ilinx e
alea-mimicry); altri sono casuali ( vedi alea-ilinx, ovvero quella leggera vertigine
connessa a qualsiasi gioco d’azzardo; e agon-mimicry, dato che ogni gara è uno
spettacolo per chi osserva); infine alcuni sono fondamentali, dal momento che la
perfetta simmetria delle loro componenti, le rende complementari: sto parlando
della coppia agon-alea, accomunata dai principi dell’equità delle condizioni e della
rigida osservanza della regola; e della coppia ilinx-mimicry, che presuppone un
mondo privo di ogni regola in cui vige l’improvvisazione, la fantasia, l’alienazione,
l’oscuramento della coscienza. Esempi del primo abbinamento sono giochi come il
poker e il domino, in cui l’arbitrarietà della sorte è corretta dalla destrezza del
giocatore; esempio del secondo tipo è lo sdoppiamento della coscienza proprio di un
attore che si immedesima intensamente nella parte.
Per completare la nostra ricognizione nel mondo dei giochi visto da Callois,
occorre aggiungere che esistono, inoltre, due modalità o disposizioni psicologiche
18
Callois R.,I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, cit., p 40.
13
con cui si affronta il gioco, che sono trasversali alle categorie su menzionate: la
paidia e il ludus.
Si tratta di due poli antagonisti: a una estremità regna un principio di
divertimento, turbolenza, esuberanza, fantasia sfrenata che si può designare col
nome di paidia. Ne sono esempi correre a perdifiato lungo un pendio, gridare a
squarciagola, distruggere oggetti senza motivo, fare le boccacce. Procedendo in
senso opposto si fa strada una tendenza a ridimensionare questa anarchia,
assoggettandola a convenzioni arbitrarie, imperative e di proposito ostacolanti, allo
scopo di rendere più difficile il pervenire al risultato ambito. Mi riferisco al ludus, che
disciplina e arricchisce la paidia. Si manifesta come il piacere di inventare regole e
adeguarvisi ostinatamente. La motivazione non è la rivalità verso altri giocatori, ma il
gusto della difficoltà gratuita. Stare in equilibrio sul bordo del marciapiede e
risolvere rebus e cruciverba, sono entrambi buoni esempi dell’essenza del ludus.
«Il ludus sembra appagare il bisogno, di cui l’uomo sembra non potersi liberare, di utilizzare
in pura perdita il sapere, l’abilità, l’intelligenza di cui dispone, senza contare il dominio di sé, la
capacità di resistenza al dolore, alla stanchezza, al panico o all’ebrezza
19
».
Vi sono casi in cui i limiti si attenuano, la regola sfuma, altri al contrario in cui
la libertà e l’invenzione sono sul punto di sparire, ma gioco vuol dire che i due poli
sussistono e che fra l’uno e l’altro è mantenuto un certo rapporto.
Il gioco nasce come piacere della libertà e dell’improvvisazione, ma via via
tende assumere sempre più i connotati di un sistema di regole ordinato, formalizzato
e ritualizzato. Il ruolo civilizzatore delle regole, del controllo su se stessi,
dell’esercizio dell’intelligenza è certo un’eredità di grande fecondità culturale. In
questo percorso, dalla paidia al ludus, molti hanno visto, in effetti, il suo farsi
cultura.
19
Callois R.,I giochi e gli uomini. La maschera e la vertigine, cit., p 51.