5
la relación entre el consumidor y el producto. Se hablará también del
proceso decisional según la perspectiva teórica más empleada por los
académicos de esta disciplina, la del problem solving, sus fases y
implicaciones para los individuos, y todas las variables psicológicas que
influyen en el proceso decisional. En fin, trataremos de los
comportamientos de compra insólitos, como el coleccionismo y el
cambio de regales.
En la cuarta y última parte nos referiremos a los grupos sociales en
que se desarrolla la actividad de consumo, sobre todo la familia, el grupo
más importante en los pensamientos de los individuos. Hablaremos de
sus transformaciones con respeto a la autonomía con que los
consumidores hacen sus elecciones. En fin, nuestro análisis se dirigirá
hacia una nueva categoría de consumidores, la que pide una atención
fundamental por parte de los investigadores, los niños. Describiremos
sus proceso decisional con respeto a lo de los consumidores expertos. Se
hablará del contexto social en que los niños se encuentran y se hará un
análisis de la relación entre los jóvenes y la tecnología, sobre todo la
televisión que todavía es el principal entre los medios de comunicación
de masa. En particular se insertará un cuadro preciso de la comunicación
publicitaria dedicada a los niños en consideración de su importancia
como posibilidad para que ellos puedan socializar con el mundo
circunstante.
6
INTRODUZIONE
Vivere è consumare.
“Come le piante consumano anidride carbonica, gli animali
consumano le piante, gli esseri umani consumano gli animali. In questo
senso fondamentale, il consumo è una condizione vitale sia per
l’individuo che per l’ecosistema in cui è inserito.”
1
Per almeno centomila anni, gli esseri umani hanno vissuto in queste
circostanze naturali, come cacciatori ma, naturalmente, questo principale
stadio consumistico ha subito significative trasformazioni, soprattutto a
partire dal diciannovesimo secolo, e continua nel suo processo di
metamorfosi strutturale e di significato. Al giorno d’oggi, molte sono le
critiche che vengono mosse non solo al consumo, ma soprattutto a ciò
che viene definito consumismo: gli ecologisti, in prima battuta, criticano
gli effetti distruttivi del consumo sull’ambiente e auspicano il ritorno a
una vita più semplice; gli economisti, soprattutto negli anni Ottanta,
hanno rimproverato gli insufficienti investimenti nella ricerca, nello
sviluppo, nei beni capitali e infrastrutture affinché la produzione di beni
di consumo potesse espandersi ulteriormente.
Ma lo scopo di questa tesi è quello di dimostrare il carattere
imprescindibile e necessario dell’attività di consumo da parte di tutto il
1
Borgmann, A., “The moral complexion of consumption”, in Journal of Consumer Research, vol 26,
pp. 418-422, 2000, p. 418;
7
genere umano, come atto basilare dell’esistenza e dell’interazione fra gli
individui. E, nonostante le recenti critiche alla reale utilità
dell’advertisment e alle ricerche sul comportamento del consumatore, si
ritiene necessario tracciare un breve quadro della società in cui viviamo,
definita da critici e studiosi con molteplici appellativi, ed addentrarci
nell’analisi delle strutture comportamentali e decisionali dei consumatori,
ponendo un accento particolare soprattutto verso una nuova categoria di
consumatori, quella degli adolescenti, che da un paio di generazioni ha
preteso un interesse maggiore da parte dei ricercatori.
Si cercherà di affrontare l’argomento nel modo più esaustivo
possibile, affrontando approcci diversi, sia teorici che pratici, e spaziando
da considerazioni antropologico-sociali a matematico-statistiche e
cercando il più possibile di offrire una visione completa sull’argomento.
L’interesse nei confronti dell’argomento nasce dopo lunghe
riflessioni e considerazioni attente sull’essenzialità del consumo
specialmente all’interno della società moderna o ipermoderna , come è
stata definita nelle speculazioni più recenti e il cui significato verrà
approfondito nelle pagine immediatamente successive, e grazie agli
atteggiamenti di scelta e di consumo di chi si accinge a scrivere questo
lavoro, che considera l’argomento tra i più vivaci e sfaccettati
dell’attualità e avvincente soprattutto nelle implicazioni che apporta
nella vita giornaliera di una consumatrice di ventiquattro anni, che non è
8
adolescente, ma neanche totalmente adulta, e che con l’attività di
consumo ha un approccio multiforme, variegato e in qualche modo
seduttivo.
Il consumo fonda le sue basi nella promessa fondamentale dell’età
moderna, la promessa di libertà e prosperità, laddove la libertà in
questione assume un’essenza ed un valore ontologici più che politici o
sociali, da intendere pertanto, non come libertà da un popolo oppressore,
piuttosto che da un tiranno prevaricatore, ma dalle problematiche della
realtà quotidiana, quali malattia, freddo, immobilità, ignoranza; libertà di
poter aspirare a una vita migliore o perlomeno più confortevole. Questa
promessa è stata mantenuta grazie allo sviluppo della tecnologia, alla
possibilità di poter velocizzare i processi produttivi rendendo possibile
una massificazione dei beni prodotti e rendendo effettivo l’attuale
paradosso del potere ottenere facilmente qualsiasi varietà di beni,
realizzati o prodotti da macchinari sofisticati. Possiamo affermare,
quindi, che il consumo, almeno nel senso moderno del termine, è stato
garantito dalla nascita della società industrializzata. La tecnologia ha
modificato radicalmente e irrevocabilmente la natura del consumo: si è
ridotta drasticamente la difficoltà intrinseca a consumare. Si pensi ai
vincoli esistenti in età moderna e premoderna all’attività di consumo, che
consistevano in una molteplicità di problematiche relative alla
reperibilità in tempi brevi di prodotti o notizie, o alla necessità di dover
9
per forza di cose consumare nello stesso luogo in cui avveniva la
produzione, e si pensi alle possibilità di poter delegare molti incarichi
svolti in precedenza da persone a macchine, concedendoci la libertà non
solo di poter scegliere tra più alternative, ma di poter estendere questa
facoltà di scelta a disparati ambiti come la gestione del nostro tempo
libero. Il consumo, come verrà dimostrato in seguito, ha assunto nel
corso degli anni valenze psicologico-sociali, ostentative, comunicative,
ma resti questa definizione di Albert Borgmann, studioso attento della
filosofia sociale e culturale:
“Il consumo è diventato un divertimento, la cui essenza è
fondamentalmente data dalla purezza del piacere che promette. C’è piacere in
una dura corsa, nel cucinare e servire un buon pasto, nel leggere una poesia a
qualcuno. Ma questo piacere è intriso di una qualche pena, sia fatica, infuso
nei racconti di tappeti volanti e dimore costruite con canditi, è un piacere puro
nella sua essenza. Gli oggetti di tale piacere sono appunto le comodità, il
godimento delle quali è il consumo. Così noi vogliamo corpi aitanti e in salute
senza dover affrontare lo sforzo della corsa, piatti prelibati senza la seccatura
di lavoro o sforzo mentale. Ciò che gli uomini hanno sognato da sempre e che
hanno doverli cucinare, cosa in sé per sé non altamente educativa, ma
ricordiamo così che i mortali che gli dei volevano punire, hanno esaudito i
propri desideri”.
2
2
Borgmann, A., “The moral complexion of consumption”, in Journal of Consumer Research, 2000, p.
420;
10
1. PREMESSA TEORICO-LETTERARIA
1.1. STORIA DEI CONSUMI: IL PANORAMA OCCIDENTALE ED
IL CASO ITALIANO.
Nel nostro paese, l’evoluzione della condizione socioeconomica e
psicologica che viene unanimemente definita società dei consumi, ha
seguito lo stesso percorso storico effettuatosi negli altri paesi a elevata
industrializzazione, anche se il caso italiano mostra delle peculiarità
caratteristiche, che meritano di essere analizzate.
La suddetta società dei consumi nasce, storicamente parlando,
”quando alcuni dei nostri antenati si sono trovati nella possibilità di
scegliere”
3
.
Nella seconda metà dell’Ottocento, la possibilità, infatti, di
velocizzare in maniera efficiente i processi di produzione industriale,
consentì alle aziende di poter incrementare l’offerta, offrendo alla nuova
media e piccola borghesia, beni e servizi che le dessero l’opportunità di
scegliere e conseguentemente, di adeguarsi alle loro aspirazioni sociali.
Nel 1877 a Milano aprì le porte il primo grande magazzino italiano Aux
villes d’Italie, che nel 1918 si rinnovò completamente assumendo il
nome La Rinascente. Nel 1932 la Fiat che aveva cominciato a produrre
automobili sin dal 1899, presentò sul mercato la Balilla affiancata,
3
Siri, G., La psiche del consumo, Franco Angeli, Milano 2001, p. 15;
11
quattro anni più tardi, dalla mitica Topolino che detiene il primato di
essere l’automobile più piccola prodotta in serie.
Nonostante questi primi risultati, i consumi degli italiani non si
discostavano molto dal livello di mero sostentamento, incluso per i
consumi extra-alimentari. Soltanto a partire dal secondo dopoguerra si
può parlare di uno sviluppo dei consumi in Italia, come nel resto dei
paesi industrializzati.
Subito dopo la fine del secondo conflitto mondiale, durante la fase
cosiddetta di ricostruzione e che racchiude i decenni compresi tra la fine
della guerra e il 1960 all’incirca, i consumi sono ancora limitati da
un’economia sostanzialmente povera, basata sulla produzione agricola e
frenati dallo spirito di sacrificio e dal principio del risparmio, valori
tradizionali della cultura italiana della prima metà del secolo. Durante la
seconda metà degli anni Cinquanta invece, inizia a insinuarsi nella nostra
società un nuovo modello consumistico. Proprio durante questo periodo
storico infatti, con l’attuazione del piano Marshall
4
e grazie ai sostegni
americani che furono determinanti per la risoluzione del conflitto, viene
importato dalla nazione vincitrice il suggestivo american way of life,
imperniato sull’ aspirazione dell’individuo al successo, sulla
competizione tra gli uomini e sulla prosperità individuale. Già dopo il
1929 e il crollo di Wall Street, il presidente Roosvelt, grazie anche
4
Capo dell’esercito statunitense, elaborò il programma di aiuti USA per la ricostruzione europea dopo
il secondo conflitto mondiale;
12
all’aiuto apportato dal movimento femminista, rese lo Stato americano
portatore e promotore di nuovi standard di vita, in accordo con la logica
socialdemocratica caratteristica delle società europee del secondo
dopoguerra. Questo atteggiamento di matrice fondamentalmente
edonistica fa presa sulla società italiana del tempo, nonostante la natura
moralista dei due nuclei subculturali più influenti nel nostro paese, quello
“cattolico” e quello “laico-marxista”
5
, che sostanzialmente prevedevano
il rifiuto della cultura massificata americana e di tutti i valori ad essa
legati. Evidentemente la società italiana si era stancata della politica di
controllo messa in atto da questi nuclei sociali e probabilmente fu questa
la causa principale grazie alla quale la cultura consumistica ha avuto
un’ascendente così forte. Ha contribuito ulteriormente alla fortuna del
modello oltreoceanico il ruolo svolto dalla nascita della Comunità
economica europea, che ha favorito la formazione di un assetto
industriale volto all’esportazione e all’interscambio commerciale,
nonostante la condizione precaria in cui convergeva la classe operaia del
tempo, impegnata a fronteggiare la crescente disoccupazione e a
difendere la neonata democrazia. La possibilità di arricchire e
perfezionare la struttura industriale del nostro paese appare essere quindi,
la spinta fondamentale per l’instaurarsi di una vera e propria società
massificata dei consumi pur conseguendone, come è noto, una serie di
5
Codeluppi, V., I consumatori, Franco Angeli, Milano, 1992, p. 18;
13
fattori strutturali all’orientamento economico moderno e attuale del
paese, consistenti principalmente in uno squilibrio accentuato tra il Nord
e il Sud e nello sviluppo eccessivo di consumi non necessari e privati a
discapito di quelli considerati di prima necessità e collettivi.
Dopo il cosiddetto miracolo economico occorso tra il 1959 e il 1963
e che ha garantito il vero e proprio volo della nostra industria ( l’Italia
addirittura si annoverava tra le dieci maggiori potenze industriali al
mondo), si spalancano le porte al consumo di massa la cui funzione
socioculturale appare in tutta la sua vastità. Proprio durante gli anni
Sessanta, infatti, emerge una nuova coscienza del valore
dell’individualità e della personalità: ciò che caratterizza ora la domanda
di beni di consumo è la voglia di dissociarsi dal modello sociale
tradizionale, di tipo rurale ed arcaico per rivolgersi a un modello più
narcisistico ed edonistico. Una vera e propria corsa ai consumi, che
subisce un calo, anche se per nulla determinante, solo dopo gli anni delle
contestazioni giovanili che propongono un tipo di ideologia in cui
identificarsi, in totale antitesi al modello di consumo massificato. Questa
fase di bulimia consumistica percorre circa un decennio e si arresta solo
alla metà degli anni Settanta , a causa di una convergenza economica
negativa realizzatasi nella grossa crisi economia dell’anno 1975.
Numerose sono state le variabili socioeconomiche che hanno supportato
14
questo atteggiamento, non solo di fruizione smisurata dei consumi,ma di
rifiuto nei confronti della morale tradizionale:
ξ Il ruolo ricoperto dalla televisione, che ha raggiunto un vero
peso sociale solo nel corso di questi anni, nel momento in cui almeno il
50% delle famiglie italiane arriva a possedere un apparecchio in casa;
ξ L’importanza sempre più significativa della pubblicità, che
con la nascita di Carosello (1957) si fa carico della completa
assimilazione del nuovo modello sociale e consumistico da parte del
pubblico facendo assumere ai protagonisti televisivi il ruolo di detentori
del nuovo stile di vita proposto;
ξ L’unificazione linguistica e sociale, garantita dall’intenzione
pedagogica messa in atto dalla Rai in quanto ente statale;
ξ La maggiore mobilità del ceto medio-basso, verificatasi grazie
al boom economico, e la conseguente rilevanza assunta dai beni
industriali in quanto testimonianze rappresentative di un tenore di vita
nettamente migliorato. Non stupisce, per esempio, l’espansione dei
prodotti dell’industria automobilistica e elettrodomestica, i quali prodotti
meglio di altri, esprimono la volontà da parte del consumatore di volere
esibire il nuovo status sociale raggiunto.
A partire dalla seconda metà degli anni Sessanta però, comincia a
trasparire un cambiamento in seno ai diversi atteggiamenti che trovarono
la loro valvola di sfogo nelle contestazioni anticonsumistiche e
15
anticapitalistiche del 1968. Una crisi ideologica si manifesta, infatti,
soprattutto nelle classi delle èlites intellettuali e giovanili e porta a una
crisi dei valori ideologici che ovviamente si riflettono nelle scelte di
consumo, che si prolunga almeno fino ai primi anni Ottanta. Questa
condizione è stata generata principalmente del senso di sfiducia nei
confronti delle istituzioni che non erano riuscite a mantenere le promesse
di benessere nei confronti dei cittadini. L’imponente sviluppo industriale
non aveva infatti saputo garantire la formazione di infrastrutture
adeguate (case,ospedali); la classe operaia continuava a lottare per
ottenere aumenti salariali soprattutto per riuscire ad usufruire di tutto ciò
di cui il resto della società usufruiva e tenere il passo ai consumi. Il
crollo delle istituzioni e soprattutto del loro ruolo di “organizzatori del
significato della vita e del convivere sociale”
6
ha incoraggiato in maniera
irreversibile nel cittadino/consumatore, la formazione di una personalità
narcisistica che fonda nella propria attività quotidiana, contingente e
provvisoria la capacità di organizzare e di conferire un senso al vivere
sociale. La ricerca personale di identità, di gratificazione e di senso
diventa strettamente individuale e si intesse con il consumo, divenuto, in
questa nostra società moderna o postmoderna, l’arena in cui sperimentare
le diverse possibilità di esistere e di creare.
6
Siri, G., La psiche del consumo, Franco Angeli, Milano, 2001, p.19;
16
Gli anni Sessanta rappresentano quindi l’inizio di quella che viene
definita da alcuni studiosi, società ipercomplessa che si esplica nel
modus vivendi e negli atteggiamenti di consumo delle società industriali
più avanzate ed influenti.
Lo stile dei consumi, a partire dai primi anni Settanta, non assume
più un carattere ostentativo e rispondente alla voglia di mostrare il
proprio stile di vita, ma piuttosto un carattere comunicativo, anticipando
la discontinuità e differenziazione individuale basata sulle scelte di
consumo, che cancella definitivamente la cultura di consumo di massa
nel periodo immediatamente successivo. I consumi appaiono frenati e in
netta contrapposizione ai modelli di fruizione proposti dalle grandi
aziende.
Nel corso degli anni Ottanta riprende una corsa ai consumi
frenetica, ma solamente apparentemente sulla stessa linea paradigmatica
di quella degli anni Sessanta. Non va’ dimenticato infatti che la base su
cui poggiavano le abitudini di consumo in quegli anni era quella di
un’estrema povertà economica combinata ad un approccio scarsamente
dotto e consapevole in materia di una vera e propria cultura dei
consumi. I consumatori degli anni Ottanta,al contrario, oltre a mostrarsi
maggiormente istruiti, mostrano un assoluto consenso al sistema
complessivo di consumi, con un’assoluta coerenza tra l’ideologia
professata e il comportamento assunto.
17
Con gli anni Novanta si diffonde un atteggiamento più etico e
consapevole da parte del consumatore. La forte crisi ideologica, politica
ed economica del 1992 significa uno dei cambiamenti più radicali
all’interno della storia dei consumi e dipinge uno scenario più etico e
critico in cui il consumatore si trova ad agire. Il senso di responsabilità
del consumatore aumenta, diventa più selettivo e mediato nel conflitto tra
piacere individuale e dovere sociale e cerca di conciliare il rispetto della
componente naturale del prodotto con la sua natura sostanzialmente
industriale.
18
1.2 LA SOCIETÀ POSTMODERNA: CARATTERISTICHE
STRUTTURALI ED IMPLICAZIONI SOCIALI.
La società moderna, laddove per modernità si allude alla
trasformazione delle condizioni sociali economiche di un Paese
industrializzato, e alle quali si accennerà più sotto,è stata definita
inizialmente come industriale e di massa, e nelle speculazioni attuali degli
addetti ai lavori, è definita post-industriale, ipermoderna, complessa, in
quanto tende appunto ad esasperare le caratteristiche che la
contraddistinguono e che si esplicano in una serie di fattori psicologico-
sociali che è opportuno analizzare approfonditamente:
ξ SI PASSA DA UNA CULTURA DI MASSA, A UNA
CULTURA INDIVIDUALE DI MASSA:
Nella società moderna appare diffusa la consapevolezza che la
verità non possa evincersi da dogmi metafisici più o meno saldi nelle
coscienze dei cittadini, anzi, essa appare determinata dall’esperienza
sociale individuale. Crolla vertiginosamente l’interesse verso le
ideologie organizzate e le istituzioni e si privilegia una
metabolizzazione delle priorità sociali e concernenti la vita
dell’individuo del tutto personale (un esempio di quanto affermato
può ravvisarsi nel crescente interesse manifestato dalla società verso
ideologie esogene come il buddismo, nella scelta di attività quali il