Nordatlantico e la UEO. Nel periodo della guerra fredda, infatti, la difesa dei Paesi membri
della Comunità Europea fu affidata essenzialmente alla NATO, un'organizzazione che
trovava la sua ragion d'essere nella difesa dal blocco sovietico. Con l'implosione
dell'Unione Sovietica, la NATO sembrava aver perso il proprio scopo. Alcuni autori
avevano persino supposto un suo scioglimento. Mentre la NATO rivisitava il proprio
concetto strategico, l'Unione Europea iniziava a creare una propria identità di difesa
all'interno della stessa Alleanza e faceva della UEO il proprio “braccio armato”. Nel 1997,
con la firma del Trattato di Amsterdam, si integrarono nei Trattati le “missioni di
Petersberg”, obiettivi che la UEO aveva istituito in risposta alla richiesta dell'Unione di
appoggio nel perseguire la sicurezza europea. Nel 1998, parallelamente ad alcune
convergenze in campo di industria della difesa, si diede inizio alla Politica Europea di
Sicurezza e Difesa.
In questo momento abbiamo individuato l'inizio della seconda fase. L'anno seguente (in
concomitanza con la guerra del Kosovo, in cui l'Unione dimostrava la propria impotenza
nel gestire anche le crisi del “cortile di casa”), nel Consiglio di Colonia, si avviò
ufficialmente questa politica e si nominò l'Alto Rappresentante per la Politica Estera e di
Sicurezza Comune. Successivamente l'Unione stabilì un obiettivo primario militare, con
cui si identificavano le capacità militari che si volevano fornire all'Unione entro il 2003.
Nel 2000, poi, si trasferì la quasi totalità delle funzioni della UEO all'Unione Europea, che
diventava in questo modo un'alleanza anche di carattere militare. Un'ulteriore rivisitazione
istituzionale si ebbe poi con il nuovo Trattato di Nizza, attualmente ancora in vigore. La
fine della seconda fase è dovuta al cambiamento dello scenario internazionale, conseguente
agli attacchi terroristici del settembre 2001.
La terza fase, che riteniamo ancora in corso, ha visto la definitiva attribuzione all'Unione
delle caratteristiche del “potere forte”. Infatti, nel nuovo complesso scenario
internazionale, l'Unione ha, anzitutto, risolto i problemi di compatibilità con la NATO,
firmando l'intesa Berlin-Plus e potendo così avviare missioni militari sfruttando le risorse
dell'Alleanza; in secondo luogo, si è dotata di una propria Strategia Europea di Sicurezza,
che riteniamo analoga alla Strategia Nazionale statunitense; si è rinnovato l'obiettivo
militare, determinando nuove capacità per il 2010; si è poi istituita l'Agenzia Europea di
Difesa, con cui si intende razionalizzare le spese per gli approvvigionamenti in un'ottica
comune europea. Attualmente è in discussione la ratifica del nuovo Trattato di Lisbona,
2
che porterebbe all'Unione importanti novità sia in campo di Politica Estera che in campo di
difesa. Sarebbe infatti prevista una clausola di mutua assistenza analoga a quella indicata
dall'articolo 5 del Trattato Nordatlantico. Si sono inserite alcune considerazioni sull'attuale
status del processo di ratifica, come conseguenza dell'esito referendario in Irlanda dello
scorso 13 giugno.
Ancora nella parte prima della tesi abbiamo trattato le politiche esterne dell'Unione,
ritenendole essenziali per la Politica di Sicurezza e Difesa; abbiamo suddiviso l'analisi per
aree, intendendo darne così una visione geopolitica. Riteniamo, infatti, che per lo studio
della dimensione militare dell'Unione si debba inserire la politica di difesa nel più ampio
contesto della politica estera, fornendo una visione d'insieme dell'azione esterna europea.
In conclusione alla prima parte, abbiamo fornito una chiave di lettura secondo le Relazioni
Internazionali: si è inserito inizialmente lo studio dell'integrazione europea, con particolare
riferimento alla politica Estera, di Sicurezza e di Difesa, nei vari approcci di studio delle
questioni internazionali; successivamente, abbiamo fornito una visione personale del
processo di integrazione, partendo dall'analisi dei fattori che ne hanno determinato lo
sviluppo. Infine si è esplicitata una considerazione di carattere geopolitico, che intende
chiarire alcuni vantaggi che derivano dall'integrazione nel settore della difesa.
La seconda parte della tesi riguarda gli strumenti che l'Unione ha (o potrebbe avere) a
disposizione.
Si è analizzata innanzitutto la struttura e la consistenza delle Forze Armate dei Paesi
membri, confrontando i dati aggregati dell'Unione Europea con i dati di altri principali
attori globali, quali la Federazione Russa, gli Stati Uniti o la Cina.
In secondo luogo si sono descritte le “forze comuni”, istituite da alcuni Stati membri e
messe a disposizione dell'Unione; si sono inserite queste alleanze all'interno del contesto
operativo comune europeo.
Nel terzo capitolo si è analizzata la complessa trama industriale europea, evidenziando le
cooperazioni principali, comparando i dati di fatturato con quelli delle principali industrie
statunitensi e, infine, analizzando alcuni programmi industriali comuni.
Si è conclusa la seconda parte descrivendo l'importanza strategica del programma europeo
di radionavigazione e posizionamento satellitare “Galileo”.
Nella terza parte, infine, si sono descritte quattro delle sei operazioni militari sinora avviate
dall'Unione, fornendo per ognuna una contestualizzazione nella situazione di area, una
3
descrizione dell'intervento operativo e, infine, esplicitando alcune considerazioni sullo
svolgimento dell'operazione. Si è anche analizzata una delle quindici operazioni civili e di
polizia sinora avviate, con lo scopo di inserire le missioni militari nel più ampio contesto
delle operazioni PESD/PESC.
A questo proposito si è fornita, in allegato, una tabella riassuntiva di tutte le ventuno
operazioni (civili, di polizia e militari), che l'Unione ha avviato sin dal 2003.
4
8.2 Nota geopolitica
È opportuno a questo punto inserire una considerazione di carattere geopolitico. Infatti,
riteniamo, se l'interesse degli Stati membri sarà quello dell'integrazione sempre maggiore,
allora si giungerà verosimilmente all'integrazione della difesa. E un'integrazione politica
maggiore, estesa anche al campo della difesa, ha inevitabili conseguenze geopolitiche.
Ogni Paese europeo ha una collocazione geografica che “lo condanna” a perseguire una
determinata politica nei confronti dei Paesi limitrofi, per garantirgli la sopravvivenza, la
sicurezza o semplicemente di perseguire la propria ambizione di guida dell'area. Si
analizzerà come esempio il caso dell'Italia, che vede nel bacino mediterraneo il “luogo in
cui vivere” e quindi non può fare a meno di tutelare i propri interessi nell'area
mediterranea, come dimostrano le vicende storiche dello Stato italiano, anche nella sua
ancor breve vita.188 Ogni Stato ha, è evidente, una geografia che non è mutata nei secoli,
mentre ha una geografia politica che è sempre stata soggetta a mutazioni. Anche da questa
dipende la “condanna” geopolitica. Come valutare, allora, la nuova geografia politica
europea? Certo, dal punto di vista formale, l'Italia confina con Francia e Austria
esattamente come un secolo fa, ma è evidente che non pratichi più le stesse politiche che
praticava allora. Nessuna misura militare specifica nell'area tirrenica come difesa dal
potente vicino francese, nessuna difesa al confine con l'Austria e nemmeno con la
Slovenia. Certo, al di fuori del contesto UE, la geografia politica dei Balcani è mutata
notevolmente nell'ultimo ventennio e probabilmente muterà ancora; magari proprio con
l'ingresso di tutti i Paesi balcanici nell'Unione Europea. In questo caso, avranno senso
misure difensive territoriali nei confronti di questa area? Ovvero, aldilà della minaccia
transnazionale diversificata di cui si è discusso e che non conosce confini, avrà senso
difendersi dai Paesi confinanti o vicini? Evidentemente no. L'integrazione nell'Unione è
già sufficiente a garantire completa amicizia e solidarietà tra i Membri e ogni misura
difensiva sarebbe superflua e inconveniente189. Semmai la lotta (amichevole, in questo
caso) per la guida dell'area europea verrebbe combattuta politicamente, in sede
istituzionale. E, in prospettiva, non sarà più neppure necessaria. Allora l'interesse
geopolitico del singolo Stato si trasferisce alle aree esterne dell'Unione, nel caso dell'Italia,
188Si veda il caso di Corfù del 1923, l'invasione dell'Albania durante la seconda guerra mondiale e,
recentemente, nel 2006, l'intervento in Libano.
189Sia dal punto di vista economico che da quello politico. Sarebbe infatti causa di indesiderate tensioni
interne all'Unione.
102
attualmente, al Mediterraneo allargato e ai Balcani. Si può arrivare ad affermare che uno
Stato dell'Unione che confina solo con Stati membri dell'Unione non abbia un proprio
singolo interesse geopolitico. L'interesse si sposta verso le aree di confine dell'Unione.
Ovvero, tornando all'esempio italiano, l'interesse nel Mediterraneo diventa dell'intera
Europa, che nella sua totalità si affaccia sul mare nostrum. A questo punto del processo di
integrazione il confine tra geopolitica nazionale ed europea è ancora labile. L'Italia, come
la Francia o la Spagna, ha ancora interesse primario a sviluppare una politica
mediterranea190, ma riteniamo che il processo di integrazione stia conducendo ad un'unica
geopolitica comune. Allorquando questo si verificherà completamente, sarà inevitabile
integrare la difesa, per poter avere una qualche influenza sull'area geografica vicina. Al
momento, con le politiche descritte nel capitolo precedente, l'Unione sta esercitando la
propria influenza geopolitica dal punto di vista economico. Un domani necessiterà, a
nostro avviso, anche dello strumento militare.
190Si veda il caso dell'Unione per il Mediterraneo promossa da Francia, Italia e Spagna. Si noti come, sebbene
proposta da Stati rivieraschi, coinvolgerà l'intera Unione Europea.
103
1) Forze Armate dei Paesi europei
In questa parte analizzeremo le dotazioni militari dell’Unione, considerando
l’aggregazione dei 27 Paesi e confrontandole principalmente con quelle degli Stati Uniti;
successivamente analizzeremo alcune forze comuni europee, nate da iniziative di pochi
Stati e messe a disposizione dell’Unione Europea, inserendole nel nuovo concetto di
“gruppo tattico”; tratteremo poi l’industria europea della difesa, evidenziando le
implicazioni politiche che ha la cooperazione tra le industrie nazionali e il ruolo che questa
ricopre nell’uniformare la dotazione delle Forze Armate; quindi presenteremo un sistema
di radioposizionamento satellitare europeo, che fornirà all’Europa un valido strumento
strategico.
In questa sede considereremo la somma delle forze dei Paesi appartenenti all’Unione, ben
consapevoli che queste non sono completamente a disposizione dell’Europa; l’intento è
quello di mostrare il potenziale europeo in confronto agli altri principali attori globali. Lo
scopo finale è quello di rendere evidente il vantaggio che, in termini di efficienza e
dotazioni, si otterrebbe nell’aggregare la difesa. Le considerazioni politiche in merito
all’eventuale integrazione sono rimandate alla prima parte della tesi.
L’apparato militare europeo soffre di alcune carenze, rese evidenti dal confronto con
l’apparato statunitense, che hanno indotto a definire il “gap transatlantico”, ovvero la
differenza che gli alleati europei hanno nei confronti degli Stati Uniti in termini di
efficienza, mezzi e investimenti. È evidente che lo studio dei dati che presentiamo non
costituisca un'esaustiva comparazione di efficienza, giacché sarebbe necessario valutare
numerosi altri fattori. Lo scopo di questa breve trattazione è quello di dare un'idea delle
dimensioni delle Forze Armate europee, per poterne trarre alcune considerazioni.
Procederemo in questo modo: analizzeremo l'organico di alcuni principali Paesi europei
per evidenziarne il ruolo primario nell'Unione; confronteremo i dati di organico aggregati
dell'Unione Europea con quelli di altri attori globali; valuteremo nel dettaglio le dotazioni
delle rispettive Marine da Guerra, non potendo in questa sede soffermarci sull'analisi di
ogni Forza Armata; presenteremo alcuni significativi dati di bilancio; infine trarremo le
considerazioni conclusive.
La Tabella 2.1 presenta il confronto tra l'organico dei principali Stati europei e la somma
degli organici degli altri Stati appartenenti all'Unione Europea. Si può notare come meno
107
di un quinto dei Membri abbia un organico pari al 56,84% del totale. Ciò contribuisce al
ruolo primario che questi Paesi detengono in materia di difesa.
Tabella 2.1: confronto degli organici tra i principali Paesi europei e gli altri Membri dell'Unione.
Francia Regno Unito Germania Italia Spagna Altri Stati UE
Esercito 133.500 104.980 160.794 112.000 95.600 451.824
Marina 43.995 40.840 24.328 34.000 19.455 94.399
Aeronautica 63.600 45.210 60.580 45.152 22.750 129.822
Altro* 13.800 9.450 104.608
TOTALE 254.895 191.030 245.702 191.152 147.255 780.653
*Si considera tutto il personale appartenente alle Forze Armate non inseribile nelle precedenti categorie,
quale, ad esempio, il personale interforze.
Fonte: elaborazione191 dati Military Balance 2007.
La tabella 2.2 presenta il confronto tra gli organici dell'Unione Europea e di altri Stati: oltre
ai dati aggregati dei ventisette Membri dell'Unione, sono stati inseriti Stati Uniti, Russia e
Cina in quanto principali attori globali e membri del Consiglio di Sicurezza dell'ONU; la
Turchia per mostrare quanto potrebbe influire sul totale delle Forze Armate europee,
qualora fosse ammessa ad aderire all'Unione.
191Tutte le elaborazioni dei dati sono a cura dell'autore. Per il dettaglio delle elaborazioni vedi l'allegato 2.
108
Tabella 2.2: confronto tra gli organici dell'Unione Europea e i principali attori globali
Unione
Europea
Stati Uniti Russia Cina Turchia
Esercito 1.058.698 595.946 395.000 1.600.000 402.000
Marina 257.017 376.750 142.000 255.000 52.750
Aeronautica 367.114 347.400 160.000 400.000 60.100
Altro* 127.858 227.161 330.000
SUBTOTALE 1.810.687 1.547.257 1.027.000 2.255.000 514.850
Corpi militari** 589.197 418.000 1.500.000 102.200
TOTALE 2.399.884 1.547.257 1.445.000 3.755.000 617.050
*Si includono le Forze di Dissuasione Strategica russe, forze di comando e supporto, i Marines e la
Coast Guard statunitensi, personale interforze e, in generale, il personale non inseribile nelle precedenti
categorie che fa parte comunque degli effettivi delle Forze Armate.
**In questa categoria includiamo anche i Carabinieri che, pur costituendo una Forza Armata, vengono
così considerati per analogia di impiego con i corpi militari degli altri Stati presi in considerazione.
Fonte: elaborazione dati Military Balance 2007.
Possiamo vedere come, se gli Stati membri mettessero a disposizione dell’Unione le
proprie forze attive, l’Unione potrebbe disporre di un numero di effettivi superiore a quello
degli Stati Uniti. Ma ciò, relazionato alla ristretto bilancio della difesa, costituisce, a nostro
avviso, un sintomo di inefficienza. Le spese europee, che, come vedremo, sono inferiori a
quelle statunitensi, sono principalmente impiegate per il mantenimento del personale.
Forze Armate moderne, incisive ed efficienti non richiedono un elevato numero di effettivi,
bensì un equipaggiamento dall'elevato contenuto tecnologico e, dunque, più costoso. Per la
verità anche in Europa si sta procedendo ad un ridimensionamento del numero degli
effettivi192, con lo scopo di razionalizzare le spese, modernizzando gli equipaggiamenti e i
mezzi.
A questo punto, per dare un'idea dell'efficienza relativa delle Forze Armate europee
analizziamo più approfonditamente le Marine militari. Anche in questo caso vengono
presentati per l'Unione i dati aggregati dei ventisette Membri.
192L'Italia sta ipotizzando di ridurre gli effettivi a 160.000. Cfr. La Repubblica, lunedì 10 dicembre 2007, Un
esercito a metà, p. 29, intervista al CSMD Ammiraglio G. Di Paola.
109
1) Introduzione
1.1 Operazioni militari
La “dimensione militare” dell'Unione Europea è nata e si è sviluppata a seguito di un lungo
processo politico, analizzato nella parte prima della tesi. Per la verità questo processo è
ancora incompleto e, sebbene vi siano molte ragioni perché prosegua, non sappiamo dove
condurrà. Un aspetto, che sembrava solo una ambiziosa speranza sino a qualche anno fa, è
però significativo del livello raggiunto: l'Unione ha intrapreso operazioni di carattere sia
civile che militare. Condurre operazioni militari sotto la bandiera dell'Unione significa
concretizzare ciò che è stato ideato a livello politico-istituzionale; significa attivare sul
terreno gli strumenti che, a fatica, l'Unione possiede, per perseguire una strategia comune
funzionale alla propria sicurezza. In questo modo l'Unione diventa un attore più credibile,
capace di rispondere alle richieste di sostegno militare dei governi di Stati terzi, capace di
perseguire la propria politica di sicurezza senza doversi affidare a istituzioni esterne.
Un'Unione attiva militarmente costituisce per gli Stati membri una piattaforma comune su
cui basare le politiche nazionali di sicurezza, in un ambito dove i punti di convergenza tra
gli Europei possono condurre ad azioni anche di carattere militare; un ambito diverso da
quello di altre organizzazioni come la NATO, ad esempio.
Le operazioni militari dell'Unione si inseriscono nel contesto più ampio delle missioni
PESC/PESD, attraverso cui l'Europa risponde ad esigenze di sicurezza, stabilizzazione e
influenza verso l'esterno. Delle ventuno operazioni sinora condotte, quindici hanno
carattere civile o di polizia, una ha carattere sia militare che civile e cinque puramente
militare. Queste ultime spesso si sono affiancate alle missioni civili o le hanno precedute o
seguite.
Nei capitoli seguenti tratteremo in particolare quattro operazioni militari,
contestualizzandole nella situazione di area, descrivendo l'intervento operativo e, infine,
esplicitando alcune considerazioni. La prima operazione militare dell'Unione (operazione
Concordia, in Macedonia, risalente al marzo 2003) verrà trattata nel capitolo secondo; la
più consistente missione militare sinora avviata è la missione EUFOR – Althea in Bosnia-
Erzegovina, trattata nel capitolo terzo, ancora in corso, che ha visto un dispiegamento
137
iniziale di seimilatrecento militari. Queste due missioni sono state condotte sfruttando le
risorse e le capacità della NATO, in accordo con l'intesa Berlin-Plus.
Altre due missioni, EUFOR – R.D. Congo e EUFOR – TCHAD/RCA, trattate nei capitoli
quarto e quinto, sono state invece condotte autonomamente dall'Unione Europea, senza
ricorso alle strutture NATO. La prima operazione in Congo (operazione Artemis) risale al
2003; non la tratteremo approfonditamente, ne daremo soltanto una descrizione generale
nel paragrafo di contestualizzazione della seconda missione in Congo, l'operazione
EUFOR R.D.C., conclusa nel novembre 2006. L'operazione in Ciad, a cui parteciperanno
tremilasettecento militari, deve ancora concludere la sua fase di dispiegamento, non
essendo ancora stata dichiarata la capacità operativa finale. Un'altra operazione, che in
questa sede non tratteremo, prevedeva una componente militare: l'operazione in sostegno
alla Missione in Darfur dell'Unione Africana e dell'ONU (AMIS)253, che fu avviata nel
2005 su richiesta della stessa Unione Africana. La missione si concluse nel dicembre 2007.
Si trattava di una missione che prevedeva sia una componente militare che civile e che
aveva lo scopo di fornire equipaggiamento e assistenza nella pianificazione e nel trasporto
strategico, oltre a provvedere all'addestramento di militari e poliziotti.
1.2 Operazioni civili e di polizia
Numerose sono state le operazioni civili e di polizia. Tra le prime inseriamo le missioni di
assistenza giudiziaria, di osservazione e di supporto alle autorità locali. Tra le seconde le
missioni che prevedono l'impiego di un contingente di poliziotti che operano sul territorio e
che contribuiscono all'addestramento dei corpi di polizia locali secondo standards europei.
In totale sono state avviate quindici missioni, che hanno visto spesso l'impiego congiunto
di poliziotti e funzionari civili. In allegato 1 viene presentato il prospetto di tutte le
missioni PESC/PESD, con alcune note esplicative di ogni operazione. Nel capitolo sesto
tratteremo una di queste, di carattere essenzialmente civile, ancora in fase di
pianificazione; lo scopo della missione EULEX Kosovo sarà quello di assistere le autorità
kossovare nella creazione dello Stato di diritto. La missione conterà duemiladuecento tra
poliziotti, magistrati e funzionari, costituendo una missione di una certa rilevanza.
253Per approfondimenti cfr. sul sito del Consiglio la pagina http: /www.consilium.europa.eu/showPage.asp?
id=956&lang=it&mode=g.
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Attualmente, a seguito dei fatti conseguenti alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo,
l'avvio dell'operazione è stato rinviato. Ad ogni modo abbiamo ritenuto opportuno inserire
l'analisi di una delle quindici missioni civili, in quanto questa componente dell'attività
operativa dell'Unione costituisce lo strumento di sicurezza largamente più impiegato
dall'Europa che aspira a diventare potenza globale. Inoltre l'intervento militare, nella nuova
concezione della sicurezza, adattata alle nuove minacce transnazionali, risulta sempre più
spesso complementare ad interventi di carattere civile. Questo è vero soprattutto per
l'Unione, che spesso ha impiegato gli strumenti del “potere dolce” più di quelli del “potere
forte”. E, pur avendo voluto dimostrare in questa tesi la crescente “dimensione militare”
propria dell'Unione, non possiamo non tenere conto dell'approccio globale che ancora la
caratterizza: è opportuno, dunque, inserire l'intervento militare nel più ampio contesto delle
missioni di sicurezza, che sono anche civili e di polizia. E di queste ultime abbiamo voluto
descrivere la più recente.
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