INTRODUZIONE
Introduzione
La letteratura in materia di stress nell’ambiente lavorativo, costituisce
uno degli ambiti di ricerca più consistenti ed articolati della psicologia
della salute nei contesti di lavoro.
Essa comprende l’indagine relativa al potenziale nocivo degli stimoli
ambientali e psicosociali, ai processi di coping mediante i quali le
persone fanno fronte agli stressors, e alla vasta gamma di
sintomatologie che si verificano quando i processi di coping falliscono.
Nonostante la presenza di un solido impianto teorico di riferimento, e
al consistente impegno profuso da molti anni dalle organizzazioni
nazionali ed internazionali nel tentativo di debellare, o quantomeno,
di contenere il danno da stress in ambito lavorativo, il fenomeno
continua a mantenersi su livelli di emergenza.
Da una ricerca Istat svoltasi nel 2007, è stato appurato che in Italia,
a causa degli effetti dello stress, mediamente vengono perse 3 milioni
di ore lavorative annue, e considerando il contesto economico in cui
versa la nostra nazione da qualche tempo, è assolutamente
fondamentale porre attenzione a tale argomento allo scopo anche di
salvaguardare lo stato di salute dei singoli individui, preservandone,
come previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, qualità delle
relazioni, serenità e autorealizzazione. Altro aspetto fondamentale
per cui la ricerca del benessere lavorativo deve essere uno dei
principali obiettivi di una qualsiasi organizzazione, è dato dalla
considerazione che esso è la base su cui deve appoggiare l’intero
sistema manageriale, al fine di ridurre al minimo il margine di errore
di una qualsiasi procedura della fase lavorativa.
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INTRODUZIONE
Il presente elaborato, nasce dall’esperienza maturata in oltre dieci
anni di lavoro come infermiere impegnato nella gestione dell’urgenza
ed emergenza nel S.S.U.Em. 118 della Regione Lombardia,
particolare con prevalenza nello svolgimento dell’attività di dispatch
telefonico. Infatti, il focus della ricerca verte sul personale sanitario
addetto alla gestione delle chiamate di emergenza, provenienti dal
territorio lombardo verso le Centrali Operative provinciali, dal cui
lavoro dipende l’efficacia e l’efficienza dell’intero Sistema Sanitario
Urgenza Emergenza. Diversi sono i fattori che possono intaccare la
sfera emotiva dell’operatore, e quindi la relativa performance
nell’attività quotidiana:
- la comunicazione con gli utenti, con i soccorritori e con colleghi delle
postazioni territoriali (a volte può risultare essere complessa e
faticosa);
- il fattore tempo, in cui la presa di decisione della “scelta giusta”
(strategia da adottare al tipo di intervento specifico) deve avvenire in
pochi secondi;
- la continua esposizione alla sofferenza umana, alla morte e alla
gestione di situazioni estreme;
- l’ambiente di lavoro (gli spazi fisici, l’illuminazione, il rumore e il
microclima, l’assenza di zone di relax);
- l’ organizzazione del lavoro, orario di lavoro, turni, riposi, ferie;
- il clima organizzativo legato alla relazione interpersonale tra
colleghi, con i superiori ed i relativi feedback;
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INTRODUZIONE
Risulta evidente che, dal potenziale accumulo di stress,
sostanzialmente possono derivare due tipi di effetti:
1) a breve termine, la riduzione dell’attenzione/concentrazione
dell’operatore sul compito, con conseguente aumento esponenziale
del rischio nel commettere errori che incidono sia sull’utente (danno),
sull’organizzazione (errori in medicina/contenziosi) che sulla
economia dell’intera società (aumento dei costi ospedalieri);
2) a lungo termine, con lo sviluppo da parte dell’operatore di
patologie psicosomatiche (cefalea, psoriasi, ect.), disturbi psichici
(ansia, depressione, ect.), riduzione della motivazione, assenteismo,
fuga (turn over elevato), con ripercussioni sicuramente individuali,
ma ancora una volta con una considerevole ripercussione sia
sull’organizzazione stessa che sull’economia dell’intera società.
La ricerca è stata condotta mediante la distribuzione del test Mesure
du Stress Psychologique (M.S.P.) alle 12 Articolazioni Aziendali
Territoriali (A.A.T.) provinciali, con lo scopo di portare un contributo
all’individuazione delle variabili responsabili del benessere lavorativo
in tale contesto sanitario, aumentandone la consapevolezza nel
personale direttamente coinvolto, al fine di ipotizzare possibili
strategie di intervento o modelli di supporto, ad esempio con la
formazione finalizzata all’incremento delle strategie di coping e di
resilienza sia individuali che di gruppo, per continuare a produrre
risultati con standard qualitativi ancora più elevati di quanto già si
stia ottenendo.
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Cap. 1 LA DIMENSIONE DELLO STRESS
Capitolo 1
LA DIMENSIONE DELLO STRESS
”La completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto
si pensa di solito, non dobbiamo, ed in realtà, non possiamo evitare
lo stress, ma possiamo incontrarlo in modo efficace e trarne
vantaggio imparando di più sui suoi meccanismi, ed adattando la
nostra filosofia dell’esistenza ad esso”
(Seley 1974)
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Cap. 1 LA DIMENSIONE DELLO STRESS
1.1 L’ origine del termine stress
La parola “stress”, trae origine dalla Fisica, quale sinonimo di “sforzo”
nell’interno di un punto in un corpo elastico, a cui viene esercitato un
carico, una tensione, la cui bontà strutturale equivale alla capacità di
sopportare tale stress sino ad una soglia detta “limite” oltre la quale
sopraggiunge la rottura;
il significato in inglese equivale a sforzo, ed inoltre la parola è
derivata dal latino “strictus” con il significato di “stretto, angusto,
serrato”.
A partire dagli anni ’20, grazie ai lavori svolti da Hans Selye, il
termine stress viene utilizzato nelle scienze mediche e
successivamente nelle scienze biopsicologiche.
Selye, medico ungherese, è passato alla storia della medicina come
“il padre dello stress”. Nel 1925, il giovane Selye, iscritto al terzo
anno di medicina, durante la pratica clinica sui malati, anziché
concentrarsi sulle differenze che distinguevano un quadro sindromico
dall’altro ebbe l’intuito di considerare tra quegli stessi pazienti quali
fossero le rispettive somiglianze. Notò che , pur essendo affetti da
malattie diverse, molti pazienti presentavano una serie di segni e
sintomi del tutto simili, soprattutto nella fase iniziale della malattia.
Negli anni ’30 trasferitosi in Canada, divenne assistente di biochimica
alla McGill University di Montreal e perseguì uno studio sperimentale
che lo portò a dimostrare che, indipendentemente dal tipo di sostanza
somministrata o di esposizione ad un processo ambientale nocivo
(eccesso di caldo o di freddo) applicata alla cavia, era possibile
identificare tre fasi della risposta, che chiamò “General Adaptation
Syndrome” (GAS), caratterizzata da precise modificazioni a carico
degli organi dell’animale.
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Cap. 1 LA DIMENSIONE DELLO STRESS
1.2 La Sindrome Generale di Adattamento
E’ un insieme di sintomi individuati da Hans Selye, che rappresentano
la situazione difensiva di un organismo, attaccato da uno o più agenti
s t r e s s a n t i .
Egli fu il primo che interpretò il concetto di stress come uno specifico
e particolare tipo di rapporto tra il soggetto e l'ambiente, più
precisamente come una conseguenza di una risposta biologica
dell’organismo a qualunque richiesta ambientale.
Selye con le sue affermazioni capovolgeva alcuni punti di vista della
medicina del tempo: l'attenzione era diretta sulla risposta
dell'organismo, di conseguenza, si poteva cominciare a pensare ad
una cura in grado di modificare e di contenere questa risposta
(Cassidy, 1999).
Questa risposta biologica si svolge attraverso tre fasi:
La fase d’allarme
La fase di resistenza
La fase di esaurimento.
Come si vede dalla figura nella pagina seguente, nella prima fase,
detta fase di allarme, si ha una mobilitazione delle risorse:
l'organismo infatti, non appena è sottoposto ad un agente nocivo,
attiva le sue difese. È caratterizzata da un agente stressante, o
stressor, cioè uno stimolo esterno che provoca una reazione, e
l’individuo ne riconosce il pericolo. I n q u e s t a p r i m a f a s e s i h a u n
innalzamento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa.
Se le difese hanno funzionato, l’organismo entra poi nella fase di
attacco o fuga (Cannon,1914)
contro eventuali altri attacchi.
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Cap. 1 LA DIMENSIONE DELLO STRESS
In questo momento l’organismo mette in atto azioni neurovegetative,
di tipo adrenergico, in cui la secrezione delle principali catecolamine,
adrenalina e noroadrenalina, permette una rapida reazione del
sistema nervoso autonomo. La rapidità di risposta dell’organismo
all’ambiente è facilitata dalla presenza di queste catecolamine
prodotte dalla midollare del surrene che favoriscono il passaggio dello
stimolo a livello intersinaptico essendo degli ottimi mediatori. La fase
di allarme ha caratteristiche di maggiore immediatezza, come quanto
di labilità, nel senso che le catecolamine vengono metabolizzate
rapidamente.
La fase successiva, definita fase di resistenza, è d’estrema
importanza nell’economia della risposta: viene messo in atto un
complesso programma biologico e comportamentale al fine di
sostenere la risposta allo stressor. L’organismo tenta in questa fase di
adattarsi alla situazione e i valori fisiologici cercano di normalizzarsi,
correlandosi alla durata dello stato di stress ed aumentando la
produzione di glicocortisoidi.
Nel caso in cui l'agente nocivo continui la sua azione violenta,
l'organismo non è più in grado di alimentare le difese, ed entra nella
fase di esaurimento.
In questa fase l’organismo non riesce a rispondere più a nessuna
richiesta; si verifica perciò una riduzione delle sue capacità
d’adattamento che lo predispone allo sviluppo di malattie.
In sintesi l’agente nocivo o agente stressante agisce quindi
sull'organismo creandovi una situazione particolare detta appunto
condizione di stress. A questo punto l'organismo reagisce o tenta
di reagire con una serie di modificazioni, che costituiscono la
Sindrome generale d’adattamento.
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Cap. 1 LA DIMENSIONE DELLO STRESS
FASE DI ALLARME
FASE DI RESISTENZA
FASE DI
ESAURIMENTO
LIVELLO DI
ATTIVAZIONE
STRESS
soglia
Le tre fasi della sindrome di adattamento generale
Il modello di Selye può essere applicato anche alla nostra vita
quotidiana (Cassidy), sia essa personale o lavorativa.
Immaginiamo che un uomo faccia un lavoro in cui gli sia chiesto
continuamente di lavorare di più e di affrontare situazioni complesse.
Inizialmente queste reazioni provocheranno rabbia (risposta
d’attacco) o la voglia di andarsene (risposta di fuga).
Questa è la fase iniziale, quella d’allarme.
Il lavoratore, non potendo permettersi di perdere il posto, cercherà di
soddisfare le richieste del datore, resistendo alla pressione
consapevolmente, sapendo che l’unica modalità per combattere tale
situazione sarebbe quella di dare le dimissioni.
In tale circostanza sarà più irritabile con colleghi, amici e familiari,
inizierà ad acquisire disturbi intestinali e a non dormire bene: questa
è la fase di resistenza del modello Selye.
Secondo questo modello, la continua attivazione fisiologica che
mantiene lo stato di attacco o fuga, consuma le risorse fisiche che
sarebbero necessarie al normale funzionamento dell’organismo.
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Cap. 1 LA DIMENSIONE DELLO STRESS
La salute della persona peggiorerà al punto di ammalarsi seriamente
e non poter più lavorare. Il nostro lavoratore è entrato così nella fase
d’esaurimento di Selye.
1.3 Eustress e Distress
Semanticamente, alla parola “stress” le persone attribuiscono
generalmente un significato negativo, spesso è utilizzata come
sinonimo di “stimolo nocivo” sia esso fisico, psichico e sociale.
È a partire dalle modificazioni provocate dallo stress che nella nostra
unità psicofisica si ha la comparsa di disturbi di malfunzionamento dei
sofisticati sistemi di autoregolazione di cui “la macchina uomo” è
portatrice, ed è attraverso il sistema nervoso che possiamo avere
ripercussioni negative su tutto l’organismo, ma contrariamente
possiamo anche divenire consapevoli del fatto che il nostro organismo
in tale circostanza si sta preparando a fronteggiare la situazione.
Lo stress ci sollecita ad un cambiamento-adattamento, e ci aiuta o ci
ostacola in base a come reagiamo ad esso (Lenson, 2002).
Diventa fondamentale imparare a conoscere, sapere esattamente
cos’è e da dove deriva lo stato di stress, come funziona e cosa
provoca, tutto ciò allo scopo di porre l’individuo in una condizione di
vantaggio, in grado di poter auto-generare risposte che lo spingano
verso una forza costruttrice positiva.
Come dice Favretto (2004) nel suo libro, “lo stress deve essere
considerato uno stato fisiologico normale, quindi non può e non deve
e s s e r e e v i t a t o “ .
Dai primi istanti di vita, addirittura dalla nascita stessa, lo stress si
dimostra essenziale e benefico.
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