7
Occorre differenziare il burnout dallo stress
2
: il burnout può manifestarsi in
concomitanza dello stress e lo stress può esserne una concausa
3
. Quando si
parla di burnout si parla di una sindrome, cioè di una costellazione di sintomi e
segni:
Alta resistenza ad andare a lavoro ogni giorno Sensazione di fallimento
Rabbia e risentimento Senso di colpa e disistima
Negativismo Isolamento e ritiro
Senso di stanchezza ed esaurimento tutto il giorno Notevole affaticamento dopo il lavoro
Guardare frequentemente l’orologio Perdita di sentimenti positivi verso gli utenti
Rimandare i contatti con gli utenti; respingere le
telefonate dei clienti e le visite in ufficio
Avere un modello stereotipato degli utenti
Incapacità di concentrarsi e di ascoltare ciò che
l’utente sta dicendo
Sensazione di immobilismo
Cinismo verso gli utenti; atteggiamento
colpevolizzante nel oro confronti
Seguire in modo crescente procedure rigidamente
standardizzate
Problemi di insonnia Evitare discussioni sul lavoro con i colleghi
Preoccupazione per sé Maggiore approvazione di misure di controllo del
comportamento come i tranquillanti
Frequenti raffreddori ed influenze Frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali
Rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento Sospetto e paranoia
Eccessivo uso di farmaci Conflitti coniugali e familiari
Elevato assenteismo
Il burnout è diverso anche dalle nevrosi: si tratta di una patologia
comportamentale più che di un disturbo della personalità.
Sono state date più definizioni del termine, l'argomento è piuttosto recente e i
nuovi studi aggiungono continuamente conoscenze del fenomeno. Inizialmente
per Maslach
4
, era una perdita d’interesse nei confronti delle persone con cui si
lavora, successivamente si è notato che se questa perdita d'interesse si
2
La parola deriva dal latino strictus (stretto, serrato) e sembra che tale fenomeno fosse già noto nei
tempi passati. Come espressione anglosassone, difatti, esso veniva usato nel XVII con il significato
di difficoltà, avversità mentre nel XVIII e XIX secolo ha acquisito il significato di forza, pressione,
tensione. Secondo gli studi recenti il termine stress è stato utilizzato a lungo nel linguaggio della
metallurgia nell’ambito della quale si era soliti mettere sotto stress le travi metallurgiche al fine di
provarne l’effettiva resistenza. A questa immagine di tensione e sovraccarico si può ricondurre una
prima definizione dello stress.
3
Ma non necessariamente quando c'è una situazione di stress c'è anche burnout.
4
Maslach C., Burned-out. Hum Behav 1975.
8
accompagna a stress e insoddisfazione eccessivi può portare ad una ritirata
psicologica dal lavoro
5
.
Freudenberg sottolinea che il dizionario definisce il termine “burnout” come to fail
6
, wear out
7
o become exhausted
8
per eccessiva richiesta di energy, strenght o
resources.
Edelwich e Brodsky
9
definiscono il burnout come una progressiva perdita di
idealismo, energia e scopi, vissuta da operatori sociali, professionali e non, come
risultato delle condizioni in cui lavorano.
McDermott e Farber ricordano che il termine “burnout” proviene dal gergo della
droga e sta ad indicare la condizione di chi abusa di stupefacenti , che corrisponde
più o meno a “scoppiato”. Paine la fa risalire al lessico sportivo e lo riferisce
all’atleta non più in grado di fornire prestazioni agonistiche adeguate
10
.
Si riporta la definizione che è stata data del burnout nel Progetto di Legge 4562 del
2 maggio 2000: "Sindrome di esaurimento emozionale, di spersonalizzazione e di
riduzione delle capacità professionali che può presentarsi in soggetti che per
mestiere si occupano degli altri e si esprime in una costellazione di sintomi quali
somatizzazioni, apatia, eccessiva stanchezza, risentimento, incidenti".
Il burnout
11
, termine traducibile in italiano con bruciato, esaurito, scoppiato, può
essere visto come il crollo dell’operatore rispetto alle aspettative derivanti
dall’attività professionale; indica il suo cedimento a livello fisiologico, psicologico
5
Cherniss C., La sindrome del burn-out, lo stress lavorativo degli operatori dei servizi socio-
sanitari, Torino, CST,1983.
6
Fallire; venire a mancare; far difetto; diventare debole.
7
Logorarsi; stancarsi; esaurirsi; giungere al limite.
8
Scarico; esaurito; svuotato.
9
Edelwich e Brodsky, Burn-out: Stages in the disillusionment in the helping professions. New
York: Human Sciences Press, 1980.
10
Del Rio G., Stress e lavoro nei servizi. Sintomi, cause e rimedi del burnout, La Nuova Italia
Scientifica, Firenze 1990.
11
Nella ricerca di un equivalente italiano, vale la pena di tener presente l’importante distinzione di
Fischer tra burnout, ossia “bruciato”, e worn out, ossia “esausto, logorato, stanco, esaurito”. Cfr.
Idem
9
e comportamentale. Esso in pratica si manifesta quando il soggetto non riesce più a
far fronte alle richieste, interne ed esterne, relative all’attività svolta, vale a dire
non riesce a realizzare i propri obiettivi e a rispondere alle istanze
dell’organizzazione in cui lavora in maniera soddisfacente e gratificante. I livelli di
stress diventano, quindi, non più gestibili, il rendimento dell’individuo viene
compromesso e le ripercussioni sulla qualità della prestazione appaiono evidenti.
Quali sono gli elementi principali che contraddistinguono questa sindrome?
Simona non si riconosce più, insegna da oltre 10 anni in una scuola elementare,
ha sempre avuto un rapporto splendido con gli alunni e non ha mai avuto problemi
con il preside e i colleghi.
È sempre stata un’ insegnante modello e ora non si spiega perché perda la calma
con estrema facilità. Basta un niente per farla saltare, non tollera più i ragazzi, se
un tempo li difendeva e le giustificava ora li ritiene insopportabili e scostumati, il
suo livello di tolleranza è sensibilmente diminuito. A chi glielo fa notare risponde
cambiando discorso ed evitando di ritornare sull’argomento e ribadendo che non
vede niente di strano nel suo comportamento, ma che sono gli altri che sono
diventati più aggressivi.
Recenti tensioni con il preside in merito ad alcuni punti di vista che lei non
condivide la esasperano e tutto ciò le sta provocando una sintomatologia ansiosa e
una forte resistenza ad andare a scuola. Come mai nel passatista usufruendo di
più congedi per malattia e trascorre le sue giornate a casa, con una totale apatia
nei confronti di tutto, con perdita di interesse rispetto all’ambiente circostante.
La reazione di Simona appare come un quadro depressivo legato alla rottura di
un equilibrio che lei aveva retto per anni. Simona accetta una terapia farmacologia
10
e si sottopone ad un trattamento psicoterapeutico; sembra sopraffatta da un sistema
scolastico inadeguato e incapace di accogliere le sue istanze r di rispondere al
disagio che lei come persona e professionista sta vivendo. Un intreccio complessi
di fattori ha quindi determinato l’insorgenza di un quadro disadattivo, che appare
come un momento in cui si ha la necessità di verificare il proprio percorso di vita
personale e professionale.
Il burnout appare pertanto legato a complesse vicende personali e lavorative che si
contestualizzano in un preciso momento della vita
12
. La sindrome appare quindi
caratterizzata da: affaticamento fisico ed emotivo, quello che una volta si definiva
semplicemente esaurimento; l'atteggiamento distaccato e apatico nei rapporti
interpersonali, per quanto concerne gli insegnanti sia nei rapporti con gli studenti,
con i genitori che con i colleghi; il sentimento di frustrazione dovuto alla mancata
realizzazione delle proprie aspettative professionali.
Recentemente da Folgheraiter
13
è stato individuato un quarto sintomo: la perdita
della capacità di controllo rispetto alla propria attività professionale, che porta a
una riduzione del senso critico e quindi a una errata attribuzione di valenza alla
sfera lavorativa. La sindrome del burnout è caratterizzata da particolari:
• stati d'animo
14
• somatizzazioni
15
• reazioni comportamentali
16
.
12
Ciò che può essere rilevante in un certo momento, può avere importanza limitata in circostanze
diverse. Quando si parla di burnout quindi bisogna riferirsi al contesto e analizzare tutti gli elementi
- fattori individuali, organizzativi e sociali – che in misura più o meno variabile possono averlo
determinato.
13
Folgheraiter F. , Introduzione all’edizione italiana, in G. Bernstein e J. Halaszyn, Io operatore
sociale, Trento: Centro studi Erickson, 1994
14
Ansia, irritabilità, esaurimento fisico, panico, agitazione, senso di colpa, negativismo, ridotta
autostima, empatia e capacità d’ascolto
15
Emicrania, sudorazioni, insonnia, disturbi gastrointestinali, ecc.
11
La rilevazione del burnout
Uno dei primi e dei più importanti strumenti è il Maslach Burnout Inventory.
In questo test vengono individuati tre ambiti di burnout.
1) Il primo riguarda l'esaurimento emotivo, cioè lo svuotamento delle risorse
emotive e personali. Prevalgono la stanchezza, la fatica e i sintomi psicosomatici.
Può presentarsi in concomitanza a sindromi ansiose o depressive, ma non
necessariamente.
2) Il secondo ambito riguarda la depersonalizzazione, cioè il soggetto si sente
inadeguato al suo compito ed assume atteggiamenti e sentimenti negativi, cinici, di
distacco nei confronti degli altri.
3) Il terzo riguarda la bassa realizzazione professionale, il soggetto si valuta in
modo negativo sul lavoro, ha bassa autostima, viene meno il desiderio di successo,
è frustrato per la mancata realizzazione delle sue aspettative, perché sente che la
propria soddisfazione dipende da agenti esterni, dalle istituzioni, dalle riforme, ecc.
Individuarne le cause è piuttosto difficile poiché si tratta di un fenomeno
multidimensionale, influenzato da più fattori, sia di tipo oggettivo sia soggettivo. I
fattori soggettivi sono particolarmente importanti, infatti persone diverse che
condividono uno stesso ambiente lavorativo non tutte sviluppano la sindrome.
Molto dipende dalla loro personalità, dalle strategie di coping, dalle esperienze
precedenti, dalla resistenza allo stress e alle frustrazioni. In generale tra le cause
principali si possono nominare una eccessiva idealizzazione della professione,
mansioni frustranti o inadeguate alle aspettative, organizzazione del lavoro
disfunzionale o patologica.L'insegnante può aver trovato lungo la sua strada
situazioni predisponenti all'insorgere del burnout:
16
Assenze o ritardi frequenti, distacco emotivo, ridotta creatività, ecc.
12
• fattori sociali e personali
I fattori personali hanno un'importanza rilevante per un insegnante nel suo lavoro e
nella qualità dell'insegnamento. All'insegnante viene chiesto di intervenire nel suo
lavoro con tutta la sua persona, utilizzando risorse sia professionali ma anche e
soprattutto personali: le sue esperienze, il suo modo di vedere la vita, la sua
personalità. I docenti delle scuole pubbliche in Italia sono 700.000, la scuola è
l'impresa con il maggior numero di lavoratori ed è un'impresa particolare, poiché
basa tutta la sua produttività sulle persone stesse, cioè sui docenti. Risulta difficile
fare un elenco completo di quali siano i fattori personali predisponenti, se ne
nominano solo alcuni che sono più frequentemente riportati nelle ricerche
sull'argomento. Le prime sono variabili di tipo socio-demografico: sesso, età,
religione, condizione socio-economica, ecc., le altre riguardano caratteristiche di
personalità.
La figura classica dell'insegnante che soffre di burnout è quella di un giovane che si
è sentito portato all'insegnamento, che ha visto il suo futuro lavoro quasi come una
missione, che lo ha caricato di ideali e di aspettative, ma che poi negli anni si è
trovato di fronte a un lavoro diverso da quello che si aspettava, più difficile, più
stancante, retribuito poco rispetto alle energie che richiede. Spesso l'insegnante
adulto per anni ha dovuto combattere contro un sistema che non funziona, contro le
resistenze al cambiamento.
• fattori relazionali
Tra i fattori relazionali l’insegnante può aver trovato difficoltà nel rapporto con gli
studenti o con i genitori. Tra questi fattori rientrano: le classi troppo numerose,
un'eccessiva competitività con i colleghi, la situazione di precariato, l'ambiguità di
13
ruolo, la costante necessità di aggiornamento, un sistema retributivo insoddisfacente,
richieste eccessive.
• fattori professionali.
Oltre ai fattori già nominati, vi è una quarta categoria, direttamente legata ai
cambiamenti sociali e culturali dell'ambiente in cui viviamo. Essi sono: il susseguirsi
continuo di riforme, il passaggio al lavoro d'équipe, il mancato riconoscimento della
professione, la scarsa considerazione da parte dell'opinione pubblica, l'avvento
dell'era informatica e della società multiculturale.
14
Reazioni dell'insegnante di fronte ad una situazione che ritiene insostenibile
L’insegnante può adottare diverse strategie, dette strategie di coping, cioè
meccanismi atti a difendersi dagli agenti stressanti. Può adottare azioni dirette, cioè
affrontare il problema di petto, esserne consapevole, cercare attivamente soluzioni
nuove. Oppure può entrare in un circolo vizioso di frustrazioni, mettendo in atto
strategie inadeguate, che lì per lì allontanano il problema ma che, non solo non
aiutano ad affrontarlo, ma nel tempo lo aggravano. Si tratta di strategie diversive
(apatia), oppure strategie di fuga, che portano all'abbandono dell’attività, oppure
strategie palliative, come l'assunzione di sostanze, psicofarmaci, consumo
eccessivo di caffè, sigarette, alcolici. Esistono studi limitati, in Italia,
sull'argomento, ancora meno riguardo alla categoria professionale degli insegnanti.
Recentemente è stato reso pubblico uno studio svolto dalla ASL Città di Milano
che intendeva prendere in esame i lavoratori dell'amministrazione pubblica e che a
sorpresa ha fornito dei risultati interessanti per la categoria insegnanti. Si tratta
dello Studio Getsemani, che partendo dall'analisi delle domande per inabilità
presentate all'INPDAP nel decennio 1992 - 2001, ha preso in esame 3049 casi
clinici e ha confrontato i dati di quattro macrocategorie professionali: insegnanti,
impiegati, personale sanitario e operatori
17
. I risultati hanno evidenziato che la
categoria degli insegnanti è soggetta ad una frequenza di patologie psichiatriche
pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del
personale sanitario e tre volte quella degli operatori. La frequenza di questi disturbi
tra i docenti è indipendente dal loro sesso e dal tipo di scuola in cui esercitano la
professione. In sintesi quindi è stato rilevato che quasi la metà delle domande di
17
Nonostante gli insegnanti costituiscano soltanto il 18% degli iscritti alle Casse Pensioni INPDAP,
la categoria rappresenta il 36,6% delle richieste d’inabilità. Le domande riguardano in maggior
misura patologie psichiatriche. Vedi capitolo VII “ricerche a confronto” .
15
inabilità presentate da insegnanti riguardano patologie psichiatriche e che ben il
75,1 % di queste vengono accolte. Questa percentuale è superiore alla percentuale
di domande accolte di utenti appartenenti ad altre categorie (36%).
Questi risultati hanno stupito l'opinione pubblica : sono apparsi articoli sui giornali
e molti esperti sono stati interpellati per commentarli. Per chi lavora nel settore
invece non sono risultati sorprendenti: sono finalmente evidenze empiriche di una
situazione tristemente nota. Già nel 1986 la Sinascel riferiva di un'indagine
campione condotta sugli insegnanti della Lombardia che evidenziava come l'uso di
psicofarmaci e ricostituenti rappresentasse ben il 52.5 % dei farmaci consumati
dagli insegnanti di scuola elementare.
Prevenzione: aspetti generali
La prevenzione passa attraverso gli interventi sulla persona e sull’ambiente. Il
livello che consente un intervento preventivo più incisivo è quello individuale e
sembra opportuno ricordare ancora una volta che lo stress è dato dalla propria
visione del mondo, dal modo in cui si elaborano gli stressor
18
a livello cognitivo ed
emotivo: in realtà vivere e lavorare nelle migliori condizioni auspicabili non
renderebbe immuni dallo stress. L’approccio deve comunque essere
necessariamente multidimensionale, cioè prendere in esame più fattori e a più
livelli, deve coinvolgere le istituzioni, le parti sociali, l'amministrazione scolastica,
le associazioni di categoria, gli studenti, le famiglie, la sanità, e deve operare su più
livelli, politico, sociale, sanitario ed economico
19
. Innanzitutto deve potersi
avvalere di esperti e specialisti del settore. Gli interventi devono avere lo scopo sia
di risolvere situazioni difficili come di prevenire quelle future. La formazione deve
essere permanente: questo significa che non basta assistere a un paio di incontri
con un formatore o psicologo, occorre un'équipe che lavori insieme sotto la
18
Serie di stimoli; agenti stressanti.
19
Vedi capitolo “ Controllo e prevenzione del burnout nella scuola di oggi ”.
16
costante supervisione di uno psicologo. Un'équipe non è un gruppo di rivali né di
nemici e lo psicologo non è il capo: il gruppo lavora insieme per uno scopo
comune, per essere luogo di confronto, di critiche costruttive, di scambio, dove
portare le proprie esperienze e i propri vissuti personali. Con questo lavoro di
équipe possono essere affrontate difficoltà personali e organizzative. E' basilare
coinvolgere tutta la struttura in un programma di lotta al burnout, utilizzando tutte
le risorse: contesto lavorativo, alunni, insegnanti, psicologi, dirigenti.
17
CAPITOLO 1
I
I
L
BURNOUT
“Pochi settori di quella che una volta era
definita forza lavoro ad alto livello di
qualificazione hanno visto le loro fortune
crescere, librarsi e crollare come quello
degli insegnanti.”
(Neave, Cerych)
Quest’affermazione del 1986, edita dal “European Journal of Education” sembra
aver anticipato un atteggiamento che in seguito sarebbe diventato ampiamente
diffuso dapprima tra gli studiosi, e poi anche nell’opinione pubblica, e che si
esprime nella convinzione secondo cui quella dell’insegnante è una “professione in
crisi”.
1.1 Cenni storici
La prima pubblicazione sul Burnout risale al 1974: il fenomeno ha quindi origini
abbastanza recenti. Tuttavia, negli ultimi anni si sono moltiplicati studi e ricerche e
sono stati pubblicati moltissimi articoli e monografie. Una letteratura così vasta e
copiosa rende necessario che si cerchi di focalizzare l’attenzione sui contributi più
significativi e degni di nota. Tutta la letteratura sull’argomento è concorde
nell’affermare che il termine “burnout” nasce nel 1974 con Freudenberger per
descrivere una sindrome individuata in operatori di servizi comunitari,
18
particolarmente esposti allo stress di un rapporto diretto e continuativo con
un’utenza fortemente disagiata.
È però necessario precisare che popola diffusione dei modelli teorici più
accreditati, gli sforzi dei ricercatori si sono indirizzati quasi esclusivamente sulla
catalogazione dei fenomeni correlati alla sindrome, piuttosto che concentrarsi
sull’interpretazione e l’analisi della sua origine. Ecco che, di conseguenza , il
Burnout è stato rilevato presso ambiti lavorativi eterogenei, sino ad appiattire il
significato del termine, per cui si parla di burnout degli sportivi, degli avvocati, dei
poliziotti, ma anche dei bancari e dei manager.
Lo stesso Freudenberger nel 1983 commentava come la rapidità con la quale il
termine e il concetto di burnout fossero stati incorporati in modo stupefacente con
gergo quotidiano e aggiungeva che negli ultimi anni il burnout fosse diventata una
parola di moda usata per esprimere una varietà praticamente infinita di problemi
sociali e personali
20
.
Alcuni autori hanno semplificato il problema, forse banalizzandolo, affermando
che tutte le attività che implicano contatti interpersonali possono comportare rischi
di burnout, si ritiene utile, quindi, ritornare alle origini del percorso di studio e cioè
alle intuizioni di Freudenberger, e “centrare” la nozione di burnout nel contesto
specifico delle professioni di aiuto nelle quali:
• Si è costantemente in rapporto con le persone ed i loro problemi, e nelle quali
è richiesto un impegno emotivo;
• Gioca un fattore decisivo la sensazione che il proprio “star meglio” si realizzi
indirettamente attraverso lo star meglio degli altri
21
;
20
Freudenberger, Staff burn-out. Soc Issues 1974; 30: 159-65..
21
Del Rio, op. cit.
19
• Da un punto di sociologico, sembrano non aprirsi molti spazi per una sorta
corporativismo professionale, né sul piano culturale, né su quello economico.
1.1.2 Principali contributi
E’ la letteratura americana che offre i modelli teorici considerati i più significativi,
tra i quali si possono individuare quelli di Cherniss e di Maslach, non senza prima
aver ricordato la definizione di Freudenberger, primo studioso sull’argomento.
Fin dagli inizi degli studi e delle ricerche emergono, tuttavia, due tendenze
teoriche: una più legata alla “clinica” e quindi con enfasi primariamente orientata
alle dinamiche individuali – tendenza in cui si individua anche Freudenberger –
l’altra più focalizzata sui paradigmi psico-sociali e caratterizzata da una maggiore
attenzione alle necessità di studi empirici. Ed è proprio a quest’ultima tendenza che
si riferiscono Maslach, Cherniss e Pines, autori che sottolineano il ruolo degli
elementi organizzativi del lavoro come causa della depersonalizzazione nella
relazione con l’utente e , in prospettiva, dell’esaurimento dell’operatore.
Cherniss definisce il burnout una strategia di adattamento che ha conseguenze
negative sia per la persona che per l’organizzazione; si tratta di una modalità errata
di adattamento allo stress lavorativo, messa in atto da operatori che non
dispongono delle risorse adeguate per fronteggiarlo; è un sorta di ritirata
psicologica dal lavoro, in risposta ad un eccessivo stress o insoddisfazione, per cui
ciò che un tempo era sentito come ”vocazione” diventa soltanto un lavoro. Non si
vive più per il lavoro, ma si lavora unicamente per vivere: si è, quindi, nell’ambito
della motivazione, con perdita di entusiasmo, interesse e senso di responsabilità per
la propria professione.
Questa “inabilità” a far fronte allo stress è determinata sia da fattori personali, sia
da variabili relative a l lavoro in sé e alla sua organizzazione. L’autore, inoltre,
20
indica che il burnout è un processo che si svolge in un arco temporale definito e
sottolinea che la sindrome, nel suo stadio terminale, può portare l’individuo ad uno
stadio depressivo conclamato.
Cherniss adotta un approccio centrato sulla convinzione di una sistematicità
“allargata” della formazione della sindrome, ovvero di una processualità intesa non
come effetto lineare di un rapporto stimolo-risposta, bensì come costruzione di
nuovi comportamenti interattivi con l’organizzazione nel suo complesso. La
reazione, all’interno della quale si produce e si risolve la sindrome, si allarga, in
questo caso, a comprendere la situazione organizzativa da un lato, e l’ambiente
socio-culturale esterno dall’altro.
Nell’ipotesi di Cherniss, quindi, ci si riferisce alla trilogia fattoriale organizzazione
– individuo- ambiente, quale ambito di incubazione e sviluppo della sindrome,
utilizzando, evidentemente, una chiave di lettura sociologica, che va oltre l’aspetto
psicologico del problema.
Alla luce della sua analisi che, comprendendo la sfera socio-organizzativa
(carattere sociologico), non esclude comunque la componente psicologica, il
burnout può essere letto come la richiesta, più o meno esplicita, di nuove e più
elevate aspettative nei confronti del lavoro. E,erge, quindi, in questo autore una
puntuale analisi della struttura organizzativa definita come le proprietà formali e
razionali di un’organizzazione, e la conseguente necessità di privilegiare
l’intervento di cambiamento nella struttura organizzativa rispetto alla componente
individuale o culturale, poiché è in essa che si possono rilevare le maggiori e più
realistiche possibilità di modificare in tempi brevi.