I
Introduzione
Il presente lavoro ha ad oggetto l’analisi del delitto di diffamazione previsto
dall’art.595 del Codice penale quando viene commesso all’interno del ciberspazio.
Tale reato tutela un bene giuridico da sempre ritenuto rilevante all’interno della
società, ossia l’onore. Tuttavia, nel corso del tempo le modalità commissive del delitto
hanno subito rilevanti modificazioni, in particolare alla luce della c.d. rivoluzione
tecnologica, la quale ha permesso agli individui di comunicare e di svolgere numerose
attività avvalendosi di strumenti telematici e informatici. Pertanto, il delitto di
diffamazione oggi viene comunemente ricondotto nella categoria dei reati
eventualmente informatici, che si caratterizza per la funzione essenziale svolta dallo
strumento informatico ai fini dell’attuazione della condotta criminosa. Tuttavia, a
fronte di tale fenomeno il legislatore non ha ritenuto di dover apportare delle modifiche
alla normativa penalistica, pertanto costituisce oggetto di interesse comprendere come
la fattispecie prevista dall’art.595 c.p. possa applicarsi alle condotte lesive dell’onore
verificatesi online. A tal fine, il primo capitolo è dedicato all’analisi degli elementi
costitutivi della fattispecie, le cause di giustificazione comuni e le cause speciali di
non punibilità al fine di fornire un quadro generale del delitto. Proseguendo, il secondo
capitolo è dedicato all’esame dei profili sostanziali del reato quando esso viene
commesso all’interno del ciberspazio. In particolare, verranno esaminate le
problematiche connesse alle peculiari modalità di attuazione della condotta criminosa
riportando i maggiori orientamenti dottrinali e giurisprudenziali che hanno contribuito
a delineare i profili di una questione che ancora oggi pone agli operatori dubbi
interpretativi alla luce della continua evoluzione che caratterizza il ciberspazio e della
sua morfologia. Inoltre, quando si verifica una condotta lesiva della reputazione online
vi sono difficoltà di natura processuale e probatoria. Il terzo capitolo si pone perciò
l’obiettivo di esaminare le questioni probatorie relative alla corretta individuazione del
soggetto autore della pubblicazione offensiva e al contenuto della stessa. Infine, la
trattazione si chiude affrontando il tema della produzione della prova dell’avvenuta
II
condotta criminosa, la quale frequentemente è situata all’interno di una pagina web.
Pertanto, l’ultimo capitolo ha ad oggetto la pagina web quale prova nel processo
penale, analizzandone le sue caratteristiche in qualità di prova digitale ed esaminando
le questioni relative al suo ingresso in sede processuale tra standard tecnici e norme
procedurali.
1
I Il delitto di diffamazione
1. La diffamazione: gli elementi costitutivi del reato 1.1. Il bene giuridico tutelato: l’onore nelle
diverse concezioni dottrinali 1.1.1. La concezione fattuale dell’onore 1.1.2. La concezione normativa dell’onore 1.1.3. La
concezione normativo-fattuale dell’onore 1.2. Soggetto attivo e soggetto passivo del reato 1.2.1. Le categorie di
persone suscettibili di offesa alla reputazione 1.2.2. La configurabilità dell’offesa nei confronti degli enti collettivi 1.2.3. Il
requisito della determinatezza del destinatario dell’offesa 1.3. L’elemento oggettivo del reato 1.4. L’elemento
soggettivo del reato 1.5. Il tempus commissi delicti e il locus commissi delicti 1.6. La configurabilità del
tentativo e del concorso di persone nel reato 1.7. Le circostanze aggravanti speciali 1.7.1. L’attribuzione di
un fatto determinato 1.7.2. L’offesa arrecata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto
pubblico 1.7.3. L’offesa arrecata ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una
Autorità costituita in collegio 2. Le cause di giustificazione comuni 2.1. L’adempimento di un dovere
giuridico 2.2. L’esercizio di un diritto 2.2.1. La tutela dell’onore nell’esercizio dell’attività giornalistica 3. Cause
speciali di non punibilità 3.1. Le offese in scritti e discorsi pronunziati dinanzi all’autorità giudiziarie
o amministrative 3.1.1. I limiti di applicazione soggettivi e oggettivi dell’esimente prevista dall’art.598 c.p. 3.2. La
provocazione 3.2.1. I requisiti per l’applicazione dell’esimente prevista dal’art.599 3.3. La prova liberatoria
Contenuti
Il primo capitolo ha lo scopo di analizzare la normativa di riferimento relativa al delitto
di diffamazione, prima di passare alla disamina delle condotte verificatesi all’interno
del ciberspazio. Pertanto, la trattazione ha ad oggetto l’esame critico dei singoli
elementi costitutivi della fattispecie, le cause di giustificazione comuni e le cause
speciali di non punibilità al fine di fornire un quadro complessivo del delitto previsto
dall’art.595.
2
1. La diffamazione: gli elementi costitutivi del reato
La libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuta dall’articolo 21 della
Costituzione, è uno dei più alti diritti primari e fondamentali
1
e come tale deve essere
garantita ad ognuno, rappresentando essa un completamento della libertà di pensiero
2
.
Tale previsione costituzionale costituisce un cardine dell’ordinamento repubblicano e
segna una netta cesura con il regime fascista che invece, aveva fatto della censura e
della repressione del dissenso uno dei suoi punti di forza.
Dato il suo fondamento, essa trova un limite soltanto a fronte di valori tutelati
all’interno di precetti e principi costituzionali, siano essi esplicitamente enunciati o si
possano, invece, trarre da questi mediante la rigorosa applicazione delle regole
dell’interpretazione giuridica
3
. Tale libertà non gode dunque di una tutela
incondizionata, giacché a questa sono posti limiti derivanti dall’esistenza di beni o
interessi diversi che siano parimenti garantiti costituzionalmente. E tra questi, vi è
l’onore, che trova tutela oggi nella previsione dell’art.595 del Codice penale
4
. Infatti,
a seguito all’abrogazione dell’art. 594 del Codice penale ad opera del d.lgs. n. 7 del
2016
5
, che ha reso l’ingiuria un illecito civile, il delitto di diffamazione, disciplinato
nel Capo II del Titolo XII, è rimasto l’unico baluardo a tutela dell’onore
6
. La norma
punisce la condotta di chi «fuori dei casi indicati nell’articolo precedente,
comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione».
1
Corte cost., 5 luglio 1971, n.168
2
CORTE COSTITUZIONALE, Libertà di manifestazione del pensiero e tutela della personalità ̀ nella
giurisprudenza della corte costituzionale, a cura di G. Nicastro, maggio 2015
3
Corte cost., 4 febbraio 1965, n. 9
4
Corte cost., 27 marzo 1974, n. 86
5
D.Lgs. 15-1-2016 n.7, Disposizioni in materia di abrogazione di reati e introduzione di illeciti con
sanzioni pecuniarie civili, a norma dell'articolo 2, comma 3, della legge 28 aprile 2014, n. 67, in G.U.
22 Gennaio 2016 n.17
6
DOLCINI, E. GATTA, G., Codice Penale Commentato – Tomo III, 5 ed., Milano, IPSOA – Francis
Lefebvre, 2021
3
Da una sommaria lettura del testo normativo emergono con chiarezza gli
elementi costitutivi del reato: l’offesa all’altrui reputazione, la comunicazione a più
persone e l’assenza della vittima del reato
7
. Quest’ultima si evince dalla locuzione di
apertura «fuori dei casi indicati nell’articolo precedente», il quale delinea la portata
della disposizione in negativo rispetto all’abrogato art.594, relativo all’ingiuria, che
puniva l’offesa all’onore di una persona presente.
La norma contiene poi ai commi successivi la previsione di circostanze
aggravanti che si applicano nel caso in cui «l'offesa consiste nell'attribuzione di un
fatto determinato”, qualora «l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi
altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico» e «se l'offesa è recata a un Corpo
politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità
costituita in collegio».
1.1. Il bene giuridico tutelato: l’onore nelle diverse concezioni dottrinali
Il bene giuridico tutelato dal delitto di diffamazione emerge con chiarezza
dall’intitolazione del capo II del titolo XII del vigente Codice penale, il quale reca con
chiarezza che i reati ivi contenuti sono «contro l’onore». Tale bene costituisce un
valore di lunghissima tradizione legislativa e culturale e rientra tra quelli più dibattuti,
analizzati e contestati fino ai giorni nostri
8
. Basti pensare che esso era presente già
nell’antica civiltà greca e la necessità di una sua tutela era sicuramente avvertita anche
a Roma, dove era presente il delitto di iniuria, originariamente inteso come lesione
dell’integrità fisica e poi esteso fino a ricomprendervi pressoché ogni lesione della
personalità umana, comprendendovi anche quella dell’onore
9
. Le graduali
7
CANESTRARI, S., et al., Diritto Penale. Lineamenti di parte speciale, 7. ed., Bologna, Monduzzi,
2016
8
Ibid.
9
VISCONTI, A., Reputazione, dignità, onore. Confini penalistici e prospettive politico-criminali,
Torino, Giappichelli, 2018
4
elaborazioni operate dai giuristi medievali e post-medievali hanno poi costituito la
premessa per le moderne forme di tutela, introdotte dapprima dal Code Napoléon,
successivamente dai codici ad esso ispirati e infine consacrate nelle Costituzioni
nazionali e nelle Carte internazionali
10
.
Pur in assenza di un’espressa menzione all’interno della Costituzione italiana, si
osserva comunemente
11
come l’onore abbia comunque rilievo costituzionale implicito.
Infatti, il bene viene fatto rientrare tra i diritti fondamentali dalla Corte costituzionale,
che lo annovera tra i diritti inviolabili dell’uomo
12
.
L’onore è un bene giuridico caratterizzato da vaghezza concettuale in quanto
elemento normativo extragiuridico per la cui delimitazione interpretativa occorre
attingere a parametri valutativi sociali che lo rendono inevitabilmente relativo
13
. Tale
indeterminatezza si scontra tuttavia con la necessità di fornirne una definizione certa e
condivisa dal punto di vista giuridico-penale, in particolare al fine di assicurare la
tassatività della norma e la certezza del diritto, esigenze fondamentali all’interno
dell’odierno sistema costituzionale
14
. A tal fine dottrina e giurisprudenza hanno
cercato nel corso del tempo di delineare questo concetto dando luogo a concezioni tra
loro distinte e talvolta antitetiche. Il dibattito pone in luce l’esistenza di due principali
dottrine tra loro contrapposte: la teoria c.d. fattuale dell’onore e quella normativa. Il
prezioso contributo di queste visioni ha poi fornito le basi per una terza tesi, quella c.d.
normativo-fattuale.
10
MANTOVANI, F., Diritto Penale. Parte Speciale I – Delitti contro la persona, 8 ed., CEDAM, luglio
2022
11
CANESTRARI, S. et al., op. cit.
12
Corte cost., 12 aprile 1973 n. 38
13
Ibid.
14
BIN, R., Certezza del diritto e legalità costituzionale, in Specula iuris IV, 2022
5
1.1.1. La concezione fattuale dell’onore
La dottrina tradizionale
15
italiana, elaborata sulla sistematica del Codice penale
Rocco del 1930 e sulla Relazione Ministeriale al progetto definitivo del Codice
penale
16
, sosteneva la concezione c.d. fattuale dell’onore, inteso come un unico bene
esistente nella realtà fenomenica, suddivisibile in due accezioni: oggettiva e
soggettiva. L’onore in senso oggettivo coincide con la reputazione, ossia la
considerazione di cui gode l’individuo all’interno della comunità in cui opera ed è
conosciuto; la dimensione soggettiva consiste nell’apprezzamento che l’individuo fa
delle sue doti e dal sentimento del proprio valore sociale
17
. L’onore in senso soggettivo
può essere leso soltanto dalle offese poste in essere in presenza della persona offesa;
al contrario soltanto un episodio offensivo che si verifichi al cospetto di terze persone
può dar luogo ad una lesione dell’onore in senso oggettivo. Secondo la teoria fattuale
la garanzia penale dell’onore rispecchia questa dicotomia prevedendo una duplice
tutela: il profilo soggettivo nell’illecito di ingiuria e quello oggettivo nella
diffamazione
18
.
Tale concezione ha certamente il merito di aver considerato la dimensione
psicosociale dell’onore, tuttavia, non è esente da profili di criticità, riscontrabili
soprattutto nella soggettivizzazione del bene, il cui contenuto sarebbe dipendente
dall’opinione del soggetto o dei membri del gruppo sociale di riferimento,
scaturendone un relativismo soggettivistico che contrasta col principio di tassatività e
con la natura pubblicistica del diritto penale, che, richiedono una riconoscibilità
obiettiva dell’esistenza dell’offesa
19
. Inoltre, si riscontra un limite anche nella
frammentazione del concetto in rapporto ai vari gruppi sociali e nei vuoti di tutela nei
15
DOLCINI, E., GATTA, G. op. cit., p.1336
16
Relazione Ministeriale al Progetto definitivo di un nuovo codice, in Lavori Preparatori del codice
penale e del codice di procedura penale, parte II, p. 402
17
ANTOLISEI, F., Manuale di diritto penale, Parte speciale, vol. I, Milano, 2008, p.202
18
SIRACUSANO, P., Ingiuria e diffamazione, in Digesto pen., VII Torino, 2002, p. 33
19
MANTOVANI, F., op. cit.
6
confronti dei soggetti incapaci di percepire il significato dei termini a loro indirizzati
(infanti, infermi di mente, ubriachi, dormienti). In quest’ultimo caso, mancando infatti
una reputazione non si potrebbe configurare l’offesa al bene giuridico e dunque,
neanche il reato
20
.
Pertanto, date le debolezze della concezione fattuale, in dottrina si è andata
affermando la concezione c.d. normativa dell’onore.
1.1.2. La concezione normativa dell’onore
La concezione normativa rifiuta la visione dell’onore quale realtà fenomenica,
intendendolo come valore interiore della persona riconducibile alla dignità umana e,
quindi, alla stessa personalità di ogni singolo uomo così come riconosciuta e protetta
dall’ordinamento giuridico
21
. Da tale assunto deriva che l’onore deve essere tutelato
obiettivamente, a prescindere dall’effettiva percezione dell’offesa da parte del
soggetto passivo o della collettività. Ne consegue l’irrilevanza della bipartizione,
elaborata dalla concezione fattuale, tra il profilo soggettivo e quello oggettivo
dell’onore
22
.
Tuttavia, questa concezione pone il problema dei parametri alla stregua dei
quali determinare il valore della persona umana da tutelare, pertanto viene
ulteriormente distinta in due visioni dell’onore: quella sociale e quella morale. La
concezione sociale vede l’onore come un bene di matrice esclusivamente sociologica
e quindi sorge e vive soltanto all’interno della società. Dunque, essa riguarda l’uomo
come membro di una comunità di riferimento. Questa tesi ha il merito di considerare
l’onore quale concetto normativo che non può prescindere dalla considerazione di
parametri sociologici ai fini della sua determinazione e dell’individuazione di ciò che
20
DOLCINI, E. GATTA, G., op. cit., p.1337
21
CANESTRARI, S. et al., op. cit.
22
DOLCINI, E. GATTA, G., op. cit., p.1338
7
è offensivo, tuttavia anch’essa presenta alcuni vizi.
23
Infatti, basandosi interamente
sulla posizione rivestita dal soggetto all’interno della società, potrebbe portare a vuoti
di tutela per le persone prive del consenso sociale in quanto reputate socialmente
dannose o inutili. Questa concezione, elaborata dalla dottrina tedesca in epoca
nazionalsocialista, riflette proprio gli ideali del nazismo, che vede l’uomo quale
membro di un sistema. L’onore scaturente dalla società rischia quindi di divenire un
parametro etero-indotto, consentendo allo Stato di divenire arbitro assoluto del
riconoscimento o della negazione del diritto dei singoli
24
. Pertanto, la concezione
normativa-sociale non è stata recepita dalla dottrina italiana che ha invece elaborato la
visione morale dell’onore.
La tesi c.d. morale concepisce l’onore come attributo originario dell’uomo,
intendendolo come un valore intrinseco di ogni persona umana, facendolo discendere
dal principio di uguaglianza. Secondo questa visione, esso trova la propria fonte nella
stessa dignità dell’uomo e in quanto tale è presente in pari misura in tutti gli uomini.
Questa concezione pecca tuttavia di indeterminatezza, in quanto rifiutando la rilevanza
di connotazioni storiche, sociali e fattuali, induce ad una valutazione eccessivamente
astratta
25
. Tale manchevolezza si riscontra soprattutto in concreto, in quanto è difficile
applicare un concetto così vago e indeterminato. Pertanto, la concezione morale
presenta significative assonanze teoriche con la stessa concezione fattuale, tanto da
condividerne il limite del pericolo di soggettivizzazione dell’accertamento
giudiziale
26
.
A fronte delle lacune presentate sia dalla concezione fattuale sia da quella
normativa nei suoi due versanti sociali e morali si è sviluppata la concezione
normativo-fattuale, che valorizza elementi elaborati di ciascuna dottrina quali
23
MANTOVANI, F., op. cit.
24
MANNA, A., Beni della personalità e limiti della protezione penale: le alternative di tutela, Padova,
1989, p. 69
25
CANESTRARI, S., et al., op. cit.
26
Cfr. supra, par. 1.1.1.
8
componenti di fatto e di valore del bene giuridico dell’onore
27
.
1.1.3. La concezione normativo-fattuale dell’onore
Secondo la prospettazione normativo-fattuale, l’onore consta necessariamente di
elementi sia fattuali sia normativi. Esso è dunque da intendersi quale bene giuridico
complesso, che ricomprende tanto il valore intrinseco dell’uomo (onore c.d. interno)
quanto la sua considerazione agli occhi degli altri consociati (onore c.d. esterno, ossia
la reputazione). Tale elaborazione eclettica, che valorizza elementi di entrambe le
visioni, costituisce la base teorica di quelle posizioni dottrinali più recenti che
rileggono l’onore in una dimensione costituzionalmente orientata
28
.
La dottrina normativo-fattuale tenta di trovare un fondamento del bene
all’interno di principi costituzionali, in assenza di un’esplicita menzione a riguardo
29
.
In questa prospettiva, il richiamo principale è al principio di uguaglianza sancito
dall’art.3 e in particolare all’affermazione ivi contenuta della «pari dignità» di ogni
cittadino. Inoltre, l’onore sarebbe da ricomprendersi nel novero dei diritti inviolabili
dell’uomo riconosciuti dall’art.2 della Carta costituzionale, intendendosi questo come
norma aperta e sul presupposto che in un ordinamento democraticamente orientato
anche l’onore non può non costituire un diritto inviolabile
30
.
L’onore dunque, in questa prospettiva, è diritto inalienabile di ciascun individuo
e dunque oggetto di necessaria tutela penale. Pertanto, è stata accordata una tutela
obiettiva dell’onore, indipendentemente dall’opinione che il soggetto ha di sé o da
quella che gli altri soggetti hanno di lui. Si afferma infatti la sussistenza di un nucleo
minimo del concetto di onore, che costituisce un limite invalicabile al rispetto della
27
CANESTRARI, S., et al., op. cit., p.5448
28
CADOPPI, A., CANESTRARI, S., MANNA, A., PAPA, M., Diritto Penale – Tomo III, UTET
GIURIDICA, marzo 2022
29
Cfr. supra, par.1.1
30
MANTOVANI, F., op. cit., p.223
9
dignità della persona: una lesione di tale nucleo è oggettivamente valutato a
prescindere dalla posizione sociale dell’individuo
31
. Solo qualora l’offesa vada al di
sopra di questo minimum il giudice può ricorrere ad una considerazione del contesto
sociale in cui essa è avvenuta
32
. Questa teoria ha dunque il pregio di considerare la
dinamicità del concetto di onore, il quale muta al variare della coscienza sociale con
conseguente difficoltà nel tracciarne i confini così da conferirgli determinatezza e
obiettività.
In ogni caso, a prescindere dai diversi tentativi di elaborazione dottrinale, a cui
va riconosciuto il merito di aver contribuito a delineare con maggior chiarezza il
concetto di onore, la giurisprudenza risulta refrattaria ad un’adesione espressa ad una
concezione teorica, nella consapevolezza della difficile “afferrabilità” di un bene
immateriale come quello in esame il quale, riportando l’opinione di autorevole dottrina
tedesca, rappresenta «il bene giuridico più sottile, più difficile da prendere con i guanti
di legno del diritto penale, e perciò quello tutelato con minore efficacia»
33
.
1.2. Soggetto attivo e soggetto passivo del reato
La diffamazione è un reato comune, pertanto chiunque può rivestire il ruolo di
soggetto attivo, purché in possesso dei requisiti di imputabilità richiesti dall’art.85 del
Codice penale
34
.
Con riferimento alla soggettività attiva si è discusso in dottrina della possibilità
di configurare una responsabilità civile in capo agli eredi per il reato di diffamazione
commesso da un defunto che abbia lasciato, morendo, scritti offensivi contro altri, che,
dopo la morte, vengano comunicati a più persone
35
. Stante l’oggettiva impossibilità di
31
Si richiama Cass. Pen., sez. V, 18 giugno 1982, n.5954
32
CADOPPI A., CANESTRARI S., MANNA, A., PAPA, M., op. cit., p.5449
33
CANESTRARI, S., et al., op. cit., p.602
34
PEZZELLA, V., La diffamazione, 2 ed., Milano, UTET GIURIDICA, 2020, p.15
35
MANTOVANI, F., op. cit., p.269