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PREMESSA
Spesso, nel linguaggio comune, è dato notare il ricorso al termine
«illecito», il quale, nonostante acquisisca prospettazioni diverse a seconda dei
rami cui si fa riferimento, si sostanzia in una situazione di contrasto con
l’ordinamento, assumendo poi, in relazione alle specifiche branche giuridiche
violate, contorni e contenuti assolutamente peculiari.
Vale la pena precisare che le ragioni e le scelte di ogni collocazione, nei
diversi campi, delle varie disposizioni che prevedono gli «illeciti»,
appartengono al Legislatore, il quale, in base a sue valutazioni di carattere
sociale e politico, ne individua il campo. E ciò indipendentemente da una
oggettiva valutazione, ma solo in funzione di scelte programmatiche e
politiche peraltro mutevoli nel tempo.
In particolare, l’illecito tributario è costituito, in linea generale, dalla
violazione di un precetto sanzionato da una norma. Questa, a sua volta, ha
come finalità quella di garantire lo Stato ed altri Enti pubblici ai fini di una
compiuta e tempestiva percezione dei tributi.
Il presente lavoro si articola in tre capitoli e si pone l’obiettivo di
analizzare compiutamente la normativa che disciplina le violazioni dei precetti
tributari, con particolare riferimento alle due ipotesi di dichiarazione
fraudolenta, rispettivamente consistenti nella dichiarazione fraudolenta
mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e nella
dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di cui agli artt. 2 e 3 del
D.Lgs. n. 74 del 2000 recante la «Nuova disciplina dei reati in materia di
imposte sui redditi e sul valore aggiunto», attuativo della Legge delega n. 205
del 25 giugno 1999.
Con l’introduzione del D.Lgs. n. 74 del 2000, frutto di un assai
laborioso processo di riforma, avviato già negli anni successivi all’entrata in
VII
vigore della precedente riforma della disciplina italiana della materia, attuata
con Legge 7 agosto 1982, n. 516, è stato riformato il sistema penal-tributario,
realizzandosi una decisiva inversione di rotta con il declamato proposito di
rinunciare alle criminalizzazioni prodromiche all’evasione e meramente
formali, prevedendo fattispecie di natura esclusivamente delittuosa e
caratterizzate da una rilevante offensività per gli interessi dell’Erario.
La nuova disciplina individua, altresì, nella presentazione della
dichiarazione, sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA, il nucleo centrale
del nuovo sistema repressivo, ritenendosi che unicamente con l’avvenuta
indicazione in essa di un tributo inferiore a quello dovuto si ha la realizzazione
di quella lesione dell’interesse Erario alla percezione dei tributi che solo può
giustificare l’irrogazione della sanzione penale e che viene individuato dalla
riforma come l’effettivo bene giuridico oggetto di tutela in relazione a tutte le
fattispecie da essa disciplinate.
In tale ambito, poi, proprio per evitare la punizione di condotte che, in
concreto, non comportino una rilevante lesione per questo interesse, il
Legislatore ha ancorato la punibilità dei delitti in materia di dichiarazione (con
l’eccezione di quello di cui all’art. 2) all’intervenuto superamento di soglie di
punibilità direttamente commisurate ad un quantitativo, di una certa rilevanza,
di imposta evasa.
Nel primo capitolo, dopo aver fornito la definizione della nozione di
illecito tributario ed approfondito gli elementi caratterizzanti, viene analizzata
la necessità dell’adempimento formale di presentazione della dichiarazione e
fornita una panoramica dei provvedimenti legislativi che si sono succeduti nel
tempo per la repressione degli illeciti penali tributari.
In tal senso, vengono illustrati i principi generali del decreto legislativo
n. 74 del 2000 e vengono partitamente presi in considerazione gli aspetti
comuni alle due fattispecie di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture
o altri documenti per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta
mediante altri artifici previste dal suddetto decreto legislativo, con
approfondimenti circa le soglie di punibilità, la nozione di imposta evasa, il
VIII
bene giuridico tutelato, nonché l’elemento soggettivo costituito dal dolo
specifico di evasione.
Il secondo capitolo è interamente dedicato all’art. 2 del D. Lgs. n. 74
del 2000, che contempla la prima e più grave figura delittuosa in materia di
dichiarazione e, cioè, la dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o
altri documenti per operazioni inesistenti. Tale fattispecie rappresenta,
all’interno del nuovo sistema, quella connotata da maggior disvalore sociale.
Sono stati analizzati gli elementi costitutivi del reato, con particolare
riguardo alle varie tipologie di «operazioni inesistenti» (inesistenza oggettiva,
soggettiva, giuridica, qualitativa e/o quantitativa), con ampia casistica
giurisprudenziale, i soggetti attivi, la condotta e il momento consumativo.
Infine, nel terzo capitolo viene esaminato l’art. 3 del D.Lgs. n. 74 del
2000, il quale disciplina il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri
artifici, che rappresenta una fattispecie residuale rispetto a quello di cui all’art.
2.
La sfera applicativa del delitto de quo risulta, infatti, delimitata dalla
clausola di riserva utilizzata in apertura della disposizione contenuta nell’art. 3
del D.Lgs. n. 74 del 2000 a tutti i casi in cui il fatto non sia riconducibile alla
figura di dichiarazione fraudolenta mediante l’uso di fatture o altri documenti
per operazioni inesistenti.
Tenuto conto della complessa articolazione della condotta, viene, in
particolare, approfondita la problematica del mezzi fraudolenti idonei ad
integrare il reato, dedicando, altresì, una particolare attenzione al corrente
fenomeno del «transfer pricing» nell’ambito delle transazioni commerciali
intragruppo.
Si è, peraltro, tenuto conto della dottrina e giurisprudenza.
1
Capitolo I
LA REPRESSIONE DEGLI ILLECITI TRIBUTARI
E IL DECRETO LEGISLATIVO
10 MARZO 2000, N.74
SOMMARIO: 1. L’illecito tributario e la sanzione. – 2. Soggetto attivo e soggetto passivo
del reato tributario. – 3. Il decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000. – 3.1. Il dolo
specifico di evasione. – 4. Il bene giuridico tutelato. – 5. La natura delle
dichiarazioni.
1. L’illecito tributario e la sanzione.
Il termine «illecito», inteso in senso lato, è generalmente usato per
connotare tutto quel che è contra jus, e, in particolare, ogni comportamento
che si ponga in contrasto con l’ordinamento giuridico e rispetto al quale una
norma positiva ricolleghi, come conseguenza, una sanzione
1
.
Nello specifico settore del diritto tributario vi sono numerose
disposizioni che prevedono l’irrogazione di sanzioni derivanti
1
D. AMATI, Diritto tributario, 1981, pag. 2; GENNAI e TRAVERSI, I reati tributari,
Milano, 2011; in senso contrario CARBONE e TOMMASICCHIO, Le sanzioni fiscali, Torino,
1959, pag. 14, secondo i quali l’illecito fiscale rientra nella più vasta categoria dell’illecito
amministrativo ed è una specificazione di questo in relazione alla materia cui si riferisce.
2
dall’inosservanza di norme poste a tutela dell’interesse dell’Amministrazione
finanziaria all’esercizio dei poteri di accertamento, controllo e riscossione dei
tributi.
Nell’ordinamento italiano la fonte primaria del diritto tributario è la
Costituzione. Gli articoli fondamentali in materia di imposte sono l’art. 23, che
sancisce la riserva di legge in materia tributaria, accogliendo un principio
tipico dello Stato di diritto che è quello della legalità delle imposte; l’art. 53,
secondo il quale tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione
della loro capacità ed il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
La Carta Costituzionale, peraltro, contiene i tre fondamentali principi
dell’universalità dell’imposta, della progressività del sistema tributario e
dell’uguaglianza del carico tributario
2
.
La violazione di obblighi tributari determina, da parte della legge,
l’irrogazione di sanzioni che sono tanto più opportune quanto più ampia è
l’iniziativa che la legge lascia al singolo contribuente per l’adempimento
dell’obbligazione tributaria.
Nel nostro ordinamento esistono due tipi di illecito tributario:
amministrativo e penale.
La distinzione tra le suddette tipologie si fonda però, più che su una
differenza ontologica, sulla disciplina sanzionatoria prevista dal legislatore.
La sanzione consiste in una misura repressiva-punitiva diretta non
soltanto a ripristinare l’ordine giuridico violato, ma anche a punire l’autore per
la condotta antigiuridica colpevolmente posta in essere
3
.
Va, tuttavia, rilevato che il discrimine tra sanzioni di natura
amministrativa e sanzioni di natura penale si fonda su un criterio nominalistico
meramente formale, secondo il quale sono amministrative le sanzioni che la
legge commina sotto il nomen juris di sanzione pecuniaria e di sanzioni
accessorie, secondo il disposto dell’art. 2 del D.Lgs. n. 472 del 1997
4
, mentre
2
L’art. 53 Cost. stabilisce, infatti, che: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese
pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di
progressività».
3
In sintesi, la sanzione si identifica in quella conseguenza stabilita dall’ordinamento
giuridico per rafforzare l’osservanza e prevenire l’inosservanza delle proprie disposizioni. Essa
risulta pertanto (in linea di massima) applicabile all’autore del comportamento ritenuto non
conforme alle prescrizioni.
4
Art. 2, comma 1, del D.Lgs. 472/97 stabilisce che «Le sanzioni amministrative previste
per la violazione di norme tributarie sono la sanzione pecuniaria, consistente nel pagamento di
una somma di denaro, e le sanzioni accessorie, indicate nell’articolo 21, che possono essere
irrogate solo nei casi espressamente previsti».
3
sono penali le pene principali della reclusione e della multa o dell’arresto e
dell’ammenda contemplate rispettivamente per i delitti e le contravvenzioni
dall’art. 17
5
del c.p. e le pene accessorie previste dall’art. 12 del D.Lgs. n. 74
del 2000 per i delitti tributari.
È, dunque, illecito amministrativo tributario quello per il quale la legge
commina sanzioni amministrative, mentre si configura un illecito penale
tributario ogniqualvolta la legge prevede sanzioni penali.
I due tipi di illecito tributario – amministrativo e penale – ipotizzabili
nel nostro ordinamento, a prescindere dalle differenze derivanti dalla
specificità delle rispettive discipline sanzionatorie, sono per il resto omologhi,
in quanto caratterizzati non soltanto da una sostanziale identità di struttura, ma
anche dalla identità dell’interesse protetto che, con un certo margine di
approssimazione, può essere identificato con l’interesse dello Stato alla
regolare e tempestiva percezione dei tributi.
Si può, quindi, affermare che gli illeciti amministrativi tributari e gli
illeciti penali tributari – ossia i reati tributari – altro non sono che species di un
più ampio genus di illecito tributario che, in certo qual modo, ne costituisce il
modello paradigmatico.
In particolare, sono qualificabili come «reati tributari» gli illeciti penali
specificatamente destinati a sanzionare la violazione di disposizioni poste a
tutela dell’interesse alla corretta percezione dei tributi e dell'esercizio dei
poteri di accertamento, controllo e riscossione dei tributi che spettano
all’Amministrazione finanziaria, con particolare riguardo allo specifico campo
delle imposte dirette e dell’imposta sul valore aggiunto.
Una conferma dell’esattezza di tale assunto e, cioè, che l’ambito di
operatività è circoscritto ai soli tributi sopra indicati, si trae, del resto, da un
dato normativo non equivoco e, precisamente, dal fatto che per lunga e
consolidata tradizione legislativa nel nostro sistema penale tributario sono stati
contemplati per lo più reati in materia di imposte sui redditi e IVA, mentre la
tutela degli altri tributi normalmente è rimasta affidata a sanzioni di carattere
amministrativo.
Si può, pertanto, ritenere che i reati tributari costituiscano una categoria
omogenea e autonoma di illeciti, caratterizzati dall’oggettiva peculiarità di
5
L’art. 17 del c.p. prevede che «Le pene principali stabilite per i delitti sono: l’ergastolo;
la reclusione; la multa. Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono: l’arresto;
l’ammenda».
4
essere posti a presidio delle due principali tipologie di imposte su cui si fonda
il sistema tributario italiano.
2. Soggetto attivo e soggetto passivo del reato tributario.
Il settore del diritto penale tributario è caratterizzato da norme
incriminatrici che, pur identificando il soggetto attivo con il generale termine
«chiunque», in realtà configurano prevalentemente reati propri.
Di norma, infatti, gli illeciti penali tributari sono riferibili soltanto a
soggetti che si trovano in una determinata situazione giuridica e, cioè, coloro i
quali, essendo qualificabili come «contribuenti», sono obbligati, in quanto tali,
alla presentazione della dichiarazione annuale ai fini delle imposte sui redditi o
dell’IVA; dato, questo, di tutta evidenza nell’ambito di un ordinamento che
chiama ciascuno a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità
(art. 53 Cost.).
Quanto al «soggetto passivo» del reato tributario, il Codice penale, in
realtà, parla più precisamente di «persona offesa dal reato» (art. 120 c.p.).
Al di là della differenza terminologica, la nozione è sostanzialmente
coincidente, potendosi identificare il soggetto passivo del reato con il titolare
dell’interesse protetto dalla norma penale, la lesione o esposizione a pericolo
del quale costituisce l’essenza del reato.
Ciò posto, e chiarito altresì che il soggetto in questione – che può essere
una persona fisica, un ente o anche lo Stato – non coincide necessariamente
con la figura del «danneggiato dal reato», vale a dire colui il quale dal reato ha
subìto danno civilmente risarcibili, è consequenziale affermare che soggetto
passivo e, nel contempo, danneggiato dal reato tributario è l’Amministrazione
finanziaria dello Stato, in quanto titolare dell’interesse specificatamente
tutelato dalle norme penali tributarie.