Introduzione
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anacronistica, ma manchevole. D’altro lato, l’illustrazione del solo trattamento di
fine rapporto sarebbe insoddisfacente. Infine un’analisi solo parallela e
comparativa del vecchio e del nuovo istituto rischierebbe di sottovalutare le
ragioni politiche e tecniche dell’intervento legislativo e di precludere la
comprensione della ratio e la soluzione dei gravi problemi di interpretazione posti
dal nuovo testo normativo.
Non solo per un dovere di completezza dell’esposizione è dunque necessario
riepilogare, sia pur rapidamente, l’evoluzione storica dell’indennità di anzianità e
la complessa genesi del nuovo istituto, ma anche perché proprio dall’esame delle
motivazioni, spesso anche squisitamente giuridiche, può essere trovata la chiave
di interpretazione della disciplina del trattamento di fine rapporto. L’illustrazione
dell’ormai superato istituto dell’indennità di anzianità potrà dunque, essere
limitata ai dati essenziali, ma tra questi occorrerà sottolineare quelli
strutturalmente caratterizzanti ed identificabili nella qualificazione dell’indennità
come retribuzione differita e come automatismo salariale.
Con riguardo a questa duplice qualificazione può essere colta, infatti, la
portata vera e rivoluzionaria, dell’innovazione legislativa e che emerge dal
confronto non di disciplina esteriore ma di struttura tra i due istituti da cui
possono essere compresi e valutati i problemi, ancora non tutti evidenti e definiti,
che si pongono o si porranno all’attenzione della dottrina e della giurisprudenza,
non meno che della contrattazione collettiva.
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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CAPITOLO 1
DALL'INDENNITA' DI ANZIANITA' AL TRATTAMENTO DI
FINE RAPPORTO
1.1 Cenni storici sull’indennità di anzianità, caratteristiche, evoluzione
e crisi
Prima dell'introduzione dell'attuale istituto del trattamento di fine rapporto
vigeva quello dell'indennità di anzianità, spettanza del lavoratore determinata sulla
base dell'ultima retribuzione, con ricalcolo degli accantonamenti, oltre che in
ragione dell'evoluzione della retribuzione, anche in rapporto della carriera
lavorativa.
1
La prima disciplina dell'indennità si trova nel R.D.L. del 9 febbraio 1919
n.1112, che ne prevedeva la corresponsione per gli impiegati aventi una lunga
anzianità di servizio. Una sua più organica regolamentazione venne introdotta dal
R.D.L. n.1825 del 13 novembre 1924, convertito nella L.562 del 18 marzo 1926,
che, pur continuando ad escludere dal diritto gli operai, la riconobbe a tutti gli
impiegati di qualsiasi anzianità. Le limitazioni per gli operai venivano nel
frattempo superate dall'autonomia collettiva, che aveva continuato ad estendere
1
Il trattamento di fine rapporto (T.f.r.), regolamentato dalla legge 25 Maggio 1982, n. 297,
ha sostituito la preesistente indennità di anzianità a far data dal 1° giugno e sostituisce la
preesistente indennità di anzianità a far data dal 1° giugno 1982 pertanto per i lavoratori il cui
rapporto di lavoro era in corso alla data del 31 maggio 1982 viene calcolata l’indennità di anzianità
fino a quella data, con i criteri di calcolo stabiliti dalla precedente legge, a cui si aggiungeranno gli
accantonamenti relativi agli anni successivi, sulla base delle norme in vigore a partire dal 1°
giugno 1982.
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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gradualmente, al di là della legge, l'indennità di licenziamento a categorie diverse
da quelle impiegatizie.
La struttura dell'indennità di licenziamento, di cui al R.D.L. n. 1825/1924, e
soprattutto, le limitazioni alla titolarità del diritto in esse contenute, fanno
escludere un'originaria natura retributiva dell'indennità, facendole invece,
attribuire dalla dottrina natura risarcitoria (o di premio di fedeltà), collegata al
verificarsi dello stato di bisogno del lavoratore in seguito alla perdita del posto di
lavoro. Una progressiva evoluzione verso una vera natura retributiva con funzione
previdenziale, si ha con il codice civile del 1942, la successiva legislazione, e
soprattutto con le pronunce giurisprudenziali.
Il codice civile del 1942, agli articoli 2120 e 2121, nel recepire i risultati
della precedente legislazione in materia, estese definitivamente l'indennità a tutti i
lavoratori, senza più distinzioni tra operai e impiegati.
Successive integrazioni alla disciplina dell'indennità di anzianità vennero
apportate dalla L.1561/1960, che ne ha fissato inderogabilmente la misura minima
per gli impiegati in una mensilità per ogni anno di servizio, sino alla L.604/1966,
la quale dispose che l'indennità di anzianità fosse dovuta al prestatore di lavoro in
tutti i casi di risoluzione del rapporto di lavoro.
Arriviamo quindi alla legge n.91 /1977 che segnò un'inversione di
tendenza, fino ad allora di favore, del legislatore verso il lavoratore dipendente,
avendo stabilito all'articolo 1 che "l'indennità, di cui all'art.2120 c.c. deve
calcolarsi computando le provvigioni, i premi di produzione, le partecipazioni
agli utili o ai prodotti, ed ogni altro compenso di carattere continuativo, con
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese e, a partire dal 1
febbraio 1977, di quanto dovuto come ulteriori aumenti di indennità di
contingenza, o di emolumenti di natura analoga scattati posteriormente al 31
gennaio 1977."
La Corte Costituzionale, inoltre, coerentemente con le posizioni che andava
assumendo la dottrina, tendeva all'eliminazione di ogni limite di applicazione
dell'istituto. Alla incondizionata generalizzazione dell'istituto, in questo senso
vanno le sentenze n. 75/1968, n. 204/1971, ed infine la sentenza n.189 del 22
dicembre 1980, con cui si riconosce il diritto all'indennità anche ai lavoratori
licenziati per mancato superamento della prova.
In pratica l'istituto dell'indennità aveva ormai perso la funzione di
indennizzo compensativo del licenziamento per acquisire natura retributiva, anzi
più specificamente di retribuzione differita, essendo la sua erogazione rinviata alla
cessazione del rapporto di lavoro. D'altronde la funzione previdenziale di
sostentamento del lavoratore per il periodo successivo alla fine del rapporto era
stata in gran parte assorbita dal sistema delle assicurazioni sociali (pensione di
vecchiaia, trattamenti di disoccupazione, cassa integrazioni guadagni).
Dal 1966 è possibile registrare un'inversione di tendenza che culminerà nel
1978 anteponendo alle ragioni di anzianità quindi dell'indennità, quelle
dell'occupazione. Le ragioni sono facilmente intuibili; in un regime di stabilità del
posto di lavoro l'istituto dell'indennità di anzianità viene a perdere in gran parte la
sua funzione di sostentamento, massima invece in un regime di libero recesso. E'
il caso di ricordare che nello stesso arco di tempo interviene una serie di
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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provvedimenti legislativi, diretti non solo a realizzare una tutela quasi reale contro
i licenziamenti individuali ingiustificati ma anche un sistema di pensioni di
invalidità e vecchiaia indicizzato al costo della vita e un sistema di cassa
integrazione, comprensivo del trattamento speciale contro la disoccupazione.
Tali provvedimenti, sia pure indirettamente, attenuano sensibilmente il
collegamento dell'indennità di anzianità con l'insorgenza dello stato di bisogno del
lavoratore determinato dalla perdita del posto di lavoro. Occorre precisare che il
cumulo dell'indennità con la pensione non è automatico, essendo necessaria la
maturazione di una certa anzianità per conseguire il diritto alla pensione.
In sostanza la tutela più incisiva ma non integrale, assicurata dalla
normativa dianzi accennata può considerarsi un elemento che conferisce, sia pure
indirettamente, una connotazione diversa da quella precedente alla funzione
dell'indennità di anzianità.
L'indennità di anzianità quindi, così come si configura dal 1966 al 1977
iniziò ad essere erogata a titolo di previdenza perdendo progressivamente il
collegamento con l'insorgenza dello stato di bisogno del lavoratore e assumendo
natura di corrispettivo a fronte della prestazione complessivamente resa:
l'indennità di anzianità appare quindi sempre meno finalizzata al sostentamento
del lavoratore disoccupato e sempre più diretta alla formazione di un risparmio.
In dottrina, infatti, le definizioni che maggiormente venivano utilizzate per
definire questo istituto erano quella di "risparmio forzoso" e quella di
"retribuzione differita".
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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Al di là comunque della sua definizione si è correttamente osservato che
l'indennità di anzianità assolveva ad una duplice funzione: costituiva una riserva
finanziaria a vantaggio sia del prestatore di lavoro, che ne poteva usufruire dal
momento della cessazione del rapporto di lavoro, sia del datore di lavoro, per il
quale era un mezzo costante di autofinanziamento.
La natura di retribuzione differita dell'indennità di anzianità è rispecchiata
nel suo meccanismo legale di calcolo che la configura (piuttosto la configurava)
come un prodotto, e cioè come il risultato della moltiplicazione tra loro di tre
diversi fattori, costituiti rispettivamente, dall'anzianità di servizio, dal coefficiente
di categoria e dall'ultima retribuzione in corso all'atto della cessazione del
rapporto di lavoro. Va in proposito chiarito che per coefficiente di categoria si
intende la frazione tempo- salario che esprime la valorizzazione, rispetto all'ultima
retribuzione, dell'indennità di servizio: esso è ad esempio, per tutti gli impiegati
mai inferiore ad una mensilità di stipendio per ogni anno di anzianità, mentre per
la categoria operaia i contratti collettivi hanno per lo più previsto coefficienti assai
variabili a seconda dei settori produttivi.
Il fattore di maggiore rilevanza ed interesse è però costituito dall'ultima
retribuzione, per tale intendendosi ogni compenso di carattere continuativo, ivi
comprese le provvigioni, i premi di produzione, le prestazioni agli utili, o ai
prodotti. L'ammontare dell'ultima retribuzione è infatti determinante per il
dimensionamento dell'importo complessivo dell'indennità di anzianità, perché
moltiplicandosi secondo il coefficiente di categoria, per tutti gli anni di servizio,
rivaluta continuamente l'indennità stessa; ogni aumento dell'ultima retribuzione si
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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ripercuote, in altre parole, sulla intera indennità di anzianità con effetto
moltiplicativo.
Volendo portare un esempio si può dire che un aumento stipendiale di
50.000 mensili concesso ad un impiegato con venti anni di anzianità, che
precedentemente percepisce uno stipendio di 1.000.000 mensili, comporta un
contestuale aumento del suo credito per indennità di anzianità da 20.000.000 a
21.000.000. Si intuisce pertanto, anche l'importanza della esatta individuazione,
dei singoli elementi salariali da ricomprendere nella nozione di ultima
retribuzione, poiché l'inclusione o l'esclusione di uno o più di tali elementi può
comportare notevolissime differenze nell'ammontare dell'indennità di anzianità.
2
2
Enciclopedia Giuridica Treccani, 1997 alla voce "Trattamento di fine rapporto", Ermelinda De
Sena
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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1.2 Dall’indennità di anzianità al trattamento di fine rapporto: ragioni
di riforma dell’istituto
Al di là degli interventi legislativi che hanno indirettamente influito sulla
funzione dell'indennità di anzianità, le cause della crisi possono essere ricercate
nei cosiddetti automatismi che risultano caratteristici dell'istituto: infrazionabilità
dell'anzianità, onnicomprensività della retribuzione che aggiungendosi ai criteri di
computo dell'indennità sull'ultima retribuzione hanno determinato un
rigonfiamento delle liquidazioni talvolta qualificate "liquidazioni d'oro".
3
Se tali
automatismi risultavano coerenti con la funzione originaria dell'indennità di
anzianità, e quindi si giustificavano perché erano diretti a garantire il lavoratore
dal rischio della disoccupazione, dal 1966 in poi tali automatismi non si
giustificano più se si riconosce la funzione di risparmio assunta dall'istituto. Come
forma di risparmio, l'indennità di anzianità avrebbe dovuto essere calcolata in
misura proporzionale alla retribuzione annuale e non alla retribuzione finale.
Invece il ricalcolo sull'ultima retribuzione aveva assunto progressivamente una
tale incidenza economica da indurre le organizzazioni sindacali a consentire alla
sterilizzazione della contingenza sull'indennità di anzianità.
Non bisogna dimenticare, infatti, che l'indennità di contingenza
conglobando gli scatti di scala mobile sull'ultima retribuzione, assicurava una
rivalutazione automatica pressochè integrale della stessa indennità di anzianità, la
3
Giugni, Aspetti Istituzionali della Giungla Retributiva, Napoli, 1979.
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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quale, in ultima analisi, come è stato rilevato, veniva protetta da un meccanismo
di contingenza.
Si aggiunga, che ricorrendo ad espedienti come le anzianità convenzionali e
i passaggi di categoria in periodi immediatamente precedenti la cessazione del
rapporto, l'indennità di anzianità di fatto si traduceva in uno strumento di
privilegio e perciò di disparità di trattamento tra lavoratori che avevano
un'analoga carriera, e non premiava perciò la crescita professionale. Inoltre in
quanto commisurata all'anzianità aziendale e non a quella interaziendale,
costituiva solo un ostacolo alla mobilità del lavoro . In questo contesto
maturarono le condizioni che consentirono la stipula dell'accordo del 26 gennaio
1977 tra la Federazione Unitaria e la Confindustria che, come è noto, escluse gli
aumenti di contingenza dalla base di calcolo dell'indennità di anzianità.
La sterilizzazione della contingenza introdotta con la l. 91/'77 deve
considerarsi un evento rilevante perché segnò storicamente l'inizio della tendenza
del sindacato a rinunciare ad adeguamenti automatici della retribuzione, sia pure
limitati a quella differita, per riconoscere così maggiore spazio alla
contrattazione.
4
Ma provocando una serie di dubbi sulla costituzionalità di questo
provvedimento legislativo dal momento che esso finiva per comprimere in
qualche modo l'autonomia sindacale.
Le cause della crisi dell'indennità di anzianità vanno ricercate dunque nella
struttura dell'istituto stesso.
4
Cfr. in argomento G. Santoro Passarelli, Dall’indennità di anzianità al trattamento di fine
rapporto, Milano, 1984, 39 e ss.
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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La progressiva accentuazione della crisi economica, cui sono
necessariamente conseguite fasi di ristrutturazione aziendale legate ad innovazioni
tecnologiche, ponevano in risalto in termini di politica economica la negativa
funzione esercitata dall'istituto sui processi di mobilità dei lavoratori: una struttura
retributiva eccessivamente legata all'anzianità aziendale costitutiva, infatti, un
fattore di resistenza ad un'occupazione flessibile, ritenuta più conciliabile con la
recessione e la trasformazione in atto negli anni '70. Inoltre l'unificazione del
punto di contingenza ed il rapido pervenire ad un'inflazione a due cifre, correlati
al sistema di calcolo ed alla dinamica degli automatismi, comportavano per
l'azienda un costo crescente dell'indennità, che non trovava un più equo
temperamento nella contropartita dell'autofinanziamento che l'indennità di
anzianità rappresentava per l'impresa.
Quindi questo tipo di autofinanziamento era divenuto molto più oneroso
rispetto ad altre fonti alternative, nel senso, cioè, che la rivalutazione degli
accantonamenti annuali era molto più alta rispetto ad eventuali interessi da
corrispondere a qualsiasi finanziatore.
Come si è accennato, il trattamento normativo in vigore prima del 1977, e
quello introdotto con la L.n.91/1977, sia pure per ragioni diverse, non apparivano
più idonei a soddisfare gli interessi delle parti del rapporto di lavoro nel contesto
di quella situazione economica e sociale e in termini di compatibilità con gli
interessi generali.
L'indennità di anzianità, infatti, ragguagliata all'ultima retribuzione, non
solo non premiava la crescita effettiva della professionalità, ma diventava anche
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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un ostacolo alla mobilità interaziendale della mano d'opera che, invece, in una
situazione economica come quella italiana, era già divenuta un'esigenza primaria e
indifferibile.
D'altra parte quando nel 1977 fu concordata l'esclusione della contingenza
dal computo dell'indennità di anzianità, l'inflazione non aveva raggiunto punte
elevate.
A riguardo la Corte di Cassazione il 28 gennaio 2000 n. 999 afferma che l’
esclusione degli scatti della contingenza maturati dopo il 31 gennaio 1977 dal
calcolo dell’indennità di anzianità, per il blocco di cui all’art. 1 del d.l. n. 12
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del
1977, convertito nella l. n. 91 del 1977, che ha modificato l’art. 2121.cc., è
applicabile non solo all’anzianità maturata successivamente a tale data, ma anche
a quella pregressa. Ed infatti sia nel testo della norma, sia nell’accordo
confederale del del 26 gennaio 1977 (nel cui contesto va inquadrata la normativa
del blocco) viene stabilito che dal 1 febbraio 1977 non si deve più tenere conto
degli scatti successivamente maturati, senza alcuna distinzione per gli
accantonamenti già esistenti; né alcun argomento contrario può trarsi dalle
sentenze della Corte Costituzionale n. 142 del 1980 e n. 83 del 1988, che al
contrario ravvisando nelle posizioni del 1977 una ragionevole e giustificata
finalità di contenimento del costo del lavoro sino all’entrata in vigore della l. n.
297/1982, hanno anche riconosciuto che dal congelamento della contingenza sono
rimasti esclusi i soli lavoratori assunti dopo il 1 febbraio 1977.
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Giugni, De Luca Tamajo, Ferraro, Il trattamento di fine rapporto, Cedam Padova 1984, 9.
Capitolo 1: Dall'Indennità di Anzianità al Trattamento di Fine Rapporto
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Dal 1977 il ritmo di inflazione è aumentato progressivamente fino alla
metà degli anni '80 erodendo i fondi accantonati presso le aziende e provocando, a
causa del costante incremento del costo della vita una forte accelerazione del
numero degli scatti di contingenza con la conseguenza che, in virtù dell'accordo
del 1977, il divario tra retribuzione periodica e quanto il prestatore di lavoro
percepiva alla fine del rapporto fino all'attuale riforma divenne inaccettabile da un
punto di vista di equità.
Si aggiunga che un precedente accordo del 1975 sull'unificazione del punto
di contingenza non solo aveva appiattito i differenziali di retribuzione per
qualifica, ma aveva altresì incrementato il peso della scala mobile come
conseguenza del crescente aumento del numero degli scatti. In conseguenza del
fallimento del ruolo politico del sindacato le rinunce dei lavoratori non furono
compensate a livello macroeconomico da una crescita dell'occupazione. Inoltre
l'inflazione divenuta galoppante vanificò completamente il risparmio
dell'indennità di anzianità non più adeguato per l'acquisto di beni e servizi ai quali
l'indennità di anzianità era normalmente destinata.
In questo contesto caratterizzato dalla necessità, da un lato, da rivedere
criteri di calcolo dell'indennità di anzianità, e dall'altro di individuare criteri e
meccanismi di rivalutazione di quest'ultima, si colloca la riforma dell'istituto che
non contraddice bensì attua il principio espresso nel 1980 dalla Corte
Costituzionale che reputava "non precluso al legislatore di ristrutturare l'indennità
di anzianità purchè l'eliminazione o il ridimensionamento dell'indennità stessa
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tenesse conto della quantità e qualità del lavoro prestato dagli interessati, agli
effetti del combinato disposto degli art. 3, 36 e 38 Cost."
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La riforma è risultata diversa sia dalle leggi preparate dai tecnici e poi
sottoposte a filtro sindacale e parlamentare sia da quelle precedute da veri e propri
accordi tra le parti sociali. E' il caso di dire che la mediazione del potere politico
indubbiamente determino' un'alterazione del modello tradizionale del conflitto e
delle sue forme di composizione, anche se occorre sottolineare che l'intervento dei
pubblici poteri supplì all'incapacità delle parti di trovare direttamente un accordo,
derivante in particolare dalla crisi di rappresentatività del sindacato unitario, e
dalla concorrenza dei sindacati autonomi e di altre aggregazioni politiche.
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Pera, L’indennità di anzianità dalla Consulta al Referendum, in Studi Carnacini, Milano, 1983,
826 e ss.