Introduzione La depurazione delle acque reflue costituisce uno dei problemi
ambientali più rilevanti. Gran parte dei rifiuti delle attività antropiche,
siano esse domestiche o industriali, è prodotta in forma acquosa. Le
acque di origine domestica contengono residui di cibi e bevande, carta,
plastica e, se le reti fognarie sono miste, contengono anche una
sospensione di terriccio e detriti, oltre ai prodotti finali del metabolismo
umano; le acque di origine industriale, naturalmente, hanno
caratteristiche variabili in base all’attività svolta e al ciclo produttivo, (ad
esempio le acque residue prodotte dai caseifici sono caratterizzate da un
elevato contenuto di sostanze organiche biodegradabili e prive di
sostanze tossiche, pertanto si presentano agevolmente ad un trattamento
a fanghi attivi). Le acque reflue di particolari scarichi industriali possono
contenere elevate concentrazioni di metalli pesanti, che presentano
azione tossica ed inibitrice dei processi di depurazione biologica dei
liquami e di stabilizzazione biologica dei fanghi.
Le acque reflue, prima di essere riversate nell’ambiente, devono
essere depurate dal carico inquinante, e il loro trattamento avviene
attraverso gli impianti di depurazione. Le fasi della “linea liquami” di
un impianto di depurazione possono essere così raggruppate: • trattamenti primari , nei quali avvengono solo processi fisici
e comprendono, oltre ai trattamenti preliminari
(equalizzazione, grigliatura, dissabbiamento, disoleatura,)
anche una fase di sedimentazione chiamata appunto
“primaria”, ove sono “catturati” gran parte dei solidi
sedimentabili; I
• trattamenti secondari , nei quali avvengono processi
biologici atti ad abbattere anche le sostanze non
sedimentabili, e comprendono l’aerazione e la
sedimentazione secondaria; • trattamenti terziari (filtri rapidi) , nei quali avviene un
successivo affinamento del grado di depurazione
raggiungibile con un trattamento secondario, e quindi
comprendono trattamenti speciali per abbattere il contenuto di
sostanze che non vengono allontanate nel corso dei
trattamenti primari e secondari; • disinfezione effettuata con cloro, ipoclorito di sodio, acido
peracetico o raggi ultravioletti.
Un trattamento depurativo ha, dunque, lo scopo di rimuovere le
sostanze sospese e/o disciolte, presenti nei liquami, stabilizzare i
composti organici suscettibili di fermentazione e rimuovere le sostanze
nocive, o comunque, sgradevoli, e gli odori molesti.
Gli impianti utilizzati per depurare le acque reflue, possono essere di
due tipi: • impianti a filtri percolatori (o a masse adese); • impianti a fanghi attivi (o a masse sospese).
Negli impianti a filtri percolatori, al posto della vasca di aerazione
(quindi dopo la sedimentazione primaria), è situato un filtro percolatore
(o “letto percolatore” o “letto batterico”), che è costituito da una massa
di materiale (pietrisco, pezzi di carbone coke, ecc.) mediante il quale il
liquame “percóla” e scorre sulla superficie dei vari elementi costituenti
l’ammasso. Il liquame arriva per caduta diretta o per sollevamento
tramite impianto di pompaggio. Dopo un periodo di applicazione, sulla
superficie del materiale di riempimento si forma una “pellicola” o
II
“membrana” biologica, cioè uno strato mucillaginoso dello spessore di
2÷3 mm, costituito da un’associazione di microrganismi, che adsorbono
e degradano, con processi biologici essenzialmente aerobi, le sostanze
organiche, disciolte e colloidali, presenti nei liquami. Per effetto di
fenomeni complessi, la membrana biologica formatesi si distacca,
periodicamente o con continuità, dal materiale di supporto ed è raccolta
nella fase di sedimentazione secondaria. Negli impianti a masse sospese,
invece, i protagonisti del processo depurativo sono sempre dei
microrganismi, che anziché essere adesi al materiale di supporto sono
sospesi nella soluzione sotto forma di “fiocchi di fango” e per vivere
demoliscono la sostanza organica presente nel liquame che, così, è
depurato per via biologica.
L’efficacia della depurazione dipende dal tipo di trattamento
effettuato e questo, a sua volta, dipende dal tipo di tecnologia utilizzata
dall’impianto.
III
CAPITOLO 1
LE ACQUE REFLUE, LE RETI FOGNARIE E I PARAMETRI
PRINCIPALI DI DIMENSIONAMENTO DEGLI IMPIANTI DI
DEPURAZIONE 1.1 Le caratteristiche delle acque reflue Da un punto di vista chimico, l’acqua di fogna di origine domestica
può essere considerata una soluzione acquosa debolmente alcalina,
estremamente diluita, di sostanze organiche ed inorganiche diverse,
contenente sostanze solide sospese di grandi e piccole dimensioni,
nonché dispersioni colloidali; considerando l’aspetto igienico-sanitario,
l’acqua di fogna contiene ingenti quantità di microrganismi, parte dei
quali patogeni (batteri, virus, ecc..).
Nelle abitazioni i liquami prendono origine principalmente, se non
esclusivamente, dalle cucine e dalle toilettes; essi pertanto contengono
residui di cibi e bevande, sapone e detergenti sintetici, carta e involucri
di plastica, fiammiferi usati, oltre naturalmente ai prodotti finali del
metabolismo umano 1
. Ciò vale per le fognature separate (attraverso le
quali le acque meteoriche sono convogliate separatamente da quelle
utilizzate per scopi civili); se invece, come spesso accade, le fognature
sono di tipo misto, esse riceveranno anche l’acqua piovana, che proviene
dalle strade e, conterranno anche una sospensione di terriccio e detriti.
L’acqua di fogna, secondo la sua età, è definita fresca, stantia e
settica.
1
G. ed E. Bianucci, Il trattamento delle acque inquinate, ed. Hoepli, Milano,1998, pag 97.
1
I liquami freschi contengono piccole quantità di ossigeno disciolto;
se invece l’ossigeno è stato ridotto a zero, mediante processi biochimici
aerobi, essi sono detti stantii, se infine è iniziata la decomposizione
anaerobia della sostanza organica i liquami sono settici.
L’azoto è presente nei liquami sotto forma di ammoniaca, nitriti e
nitrati. Un’acqua di rifiuto è tanto più ricca di ammoniaca, quanto più ha
soggiornato nella rete fognaria, avendo avuto il tempo di svilupparsi le
reazioni biologiche di degradazione che stanno alla base della
trasformazione 2
.
Il fosforo si trova nei liquami sotto forma di ortofosfati, fosforo
organico e condensato o polifosfati; gli apporti individuali tendono ad
aumentare in continuazione poiché il fosforo è uno dei componenti
principali dei detersivi sintetici; azoto e fosforo contribuiscono ai
fenomeni di eutrofizzazione.
I microrganismi si nutrono dell’azoto sotto forma di ammoniaca, ma
possono utilizzare anche i nitriti e i nitrati, e talora anche l’azoto gas.
Oli e grassi sono presenti nei liquami civili in concentrazioni
mediamente comprese fra 50 e 150 mg/l; nel caso di particolari utenze
(ad esempio ristoranti, grandi cucine) le concentrazioni possono salire
notevolmente.
2
Cfr L. Masotti, Depurazione delle acque – Tecniche ed impianti per il trattamento delle acque di
rifiuto-, ed. Calderini, Bologna, 1996, pag. 46.
2
1.2 Le tipologie di reti fognarie Le reti fognarie permettono di raccogliere, collettare e convogliare
le acque reflue agli impianti di depurazione.
Esistono due tipologie di reti fognarie: mista e separata.
La rete fognaria mista convoglia all’impianto di trattamento oltre
alle acque utilizzate per scopi civili(igiene personale, cucina, pulizia
delle abitazioni ecc.) anche le acque meteoriche.
La rete fognaria separata, viceversa, convoglia separatamente le
acque meteoriche da quelle utilizzate per scopi civili.
Naturalmente mentre le acque utilizzate per scopi civili sono
convogliate all’impianto di trattamento, le acque meteoriche sono
smaltite cercando di evitare che le stesse possano influenzare i processi
biologici dell’impianto di depurazione.
Una delle formule utilizzate per dimensionare una tubazione
fognaria è la seguente:
Q= K
st × σ × R
2/3
× i 1/2
Nella quale Q rappresenta la portata(volume che attraversa una
sezione nell’unità di tempo), K st è il coefficiente di Strickler relativo alla
scabrezza della tubazione, σ è la sezione del tubo, i rappresenta la
pendenza della tubazione ed R il raggio idraulico; ossia il rapporto fra la
sezione del tubo ed il perimetro bagnato.
3
1.3 I parametri principali di dimensionamento dei sistemi di
depurazione: carico idraulico e carico organico Il carico idraulico , cioè la quantità liquida di acque di rifiuto, e il
carico organico , cioè la quantità di sostanze organiche che devono essere
trattate (misurate come BOD
5
), sono le due grandezze importanti da
conoscere per impostare l’indagine relativa ad un qualsiasi sistema di
trattamento e smaltimento delle acque di rifiuto civili 3
.
Quando si decide per il trattamento e lo smaltimento delle acque
reflue di una comunità, e si prevede di costruire un impianto di
depurazione, conviene effettuare sperimentazioni dirette sia valutando le
portate idrauliche, sia effettuando analisi sulla concentrazione del carico
organico, in modo da risalire al carico organico complessivo.
Le analisi, di solito, sono estese anche ad altre caratteristiche fisiche
(solidi sospesi, torbidità, temperatura….), chimiche (COD, azoto,
fosforo, grassi, oli, detersivi, pH, ossigeno disciolto, metalli pesanti) e
biologiche (carica batterica, presenza di particolari microrganismi).
Queste indagini devono essere eseguite in modo scrupoloso, perché
i dati che ne derivano condizionano l’attendibilità dei calcoli e del
dimensionamento conseguenti.
Per le prove di portata, qualsiasi tecnico è in grado di eseguirle
agevolmente, per le analisi del BOD
5
e degli altri parametri occorre
rivolgersi a laboratori specializzati.
Queste sperimentazioni non devono essere eseguite saltuariamente,
ma condotte sistematicamente e ad intervalli di tempo brevi.
3
Cfr L. Masotti, op. cit., pag. 25.
4
Purtroppo, queste indagini dirette non sono sempre possibili, poiché
quando si decide di costruire un impianto di depurazione, molto spesso
non è ancora stato predisposto l’allacciamento delle fognature ad un
unico recapito o addirittura manca la rete fognaria!
In mancanza di prove dirette, un contributo alla conoscenza del
carico idraulico può derivare dallo studio dell’andamento dei consumi
d’acqua prelevata dall’acquedotto, che può fornire dati importanti sulle
quantità di acqua che è prevedibile perverranno all’impianto (può
ritenersi valido un coefficiente di afflusso pari a 0,80), sull’andamento
delle portate nelle varie ore del giorno e sulle punte massime stagionali.
Per determinare il carico idraulico specifico può essere utile la
seguente formula:
carico idraulico specifico=3,8(50 + P/200) in l/ab × g
ove:
P= popolazione (numero abitanti) che ha un campo di validità fino a
10˙000 abitanti.
5