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INTRODUZIONE
Questo studio si propone di analizzare la demonologia di Shenute, celebre
archimandrita del Monastero Bianco di Atripe, situato nei pressi della città di
Panopoli (attuale Akhmīm), nell’Alto Egitto, vissuto tra il IV e V secolo.
Totalmente ignorato dalla letteratura greca e latina, rimasto nell’oblio per oltre
mille anni, Shenute rappresenta l’autore più prolifico in lingua copta, nonché lo
scrittore che la elevò da semplice strumento di traduzione dal greco a lingua
letteraria autonoma. Oltre che dal punto di vista letterario, egli va ricordato per
essere stato una personalità decisamente fuori dal comune: vissuto per oltre cento
anni e descritto come autore di miracoli, era ricercato da persone di ogni
estrazione sociale a causa della sua fama di santità e della sua aura profetica. A
capo di una nutrita comunità monastica guidata con inflessibile autorità, feroce
nemico di pagani ed eretici, non mancò di correre in aiuto della popolazione
circostante aprendo le porte del suo monastero in occasioni di carestie o di
invasioni da parte di barbari. Viene inoltre commemorato come santo dalla Chiesa
Copta Ortodossa, il cui penultimo papa in ordine cronologico scelse il nome di
Shenouda III (1971-2012) in suo onore.
La motivazione che ha portato all’elaborazione di questa tesi è duplice. Da un
lato il desiderio di dare risalto ad una figura tanto importante quanto ancora poco
conosciuta come quella di Shenute, il quale ha giocato un ruolo non indifferente
nel cristianesimo dei primi secoli, non solo all’interno dei confini egiziani.
D’altro canto il desiderio di approfondire un tema come la demonologia che
tanto ha influenzato il cristianesimo ai suoi albori, soprattutto per quanto riguarda
il monachesimo, che ha avuto la sua ‘culla’ proprio in Egitto.
Lo scopo di questo elaborato è quindi quello di ricomporre il pensiero di
Shenute su Satana analizzando le traduzioni ad oggi disponibili delle sue opere e
gli studi specifici sull’argomento, oltre ad altre pubblicazioni non direttamente
inerenti al tema ma comunque contenenti nozioni ad esso pertinenti.
Attraverso lo studio di questo materiale si è tentato di enucleare le principali
caratteristiche della demonologia shenutiana, soffermandosi soprattutto sugli
aspetti di carattere trasversale rintracciabili nella letteratura dell’archimandrita.
Sono stati presi in considerazione anche i temi di minore importanza, allo scopo
di fornire un quadro il più esauriente possibile.
Il lavoro è stato suddiviso in sei capitoli: nel primo vengono forniti alcuni dati
storico-biografici su Shenute e sulla sua produzione letteraria, unitamente ad
alcune delucidazioni sul panorama storico-religioso dell’Egitto del IV-V secolo e
sulla nascita della lingua copta. Nel secondo capitolo sono esposte le principali
caratteristiche della demonologia di Shenute, in particolare la dimensione della
battaglia spirituale contro Satana. Il terzo capitolo riguarda pagani ed eretici e il
3
loro rapporto con il Diavolo mentre nel quarto capitolo vengono evidenziati alcuni
aspetti demonologici legati alle problematiche di genere. Il quinto capitolo è una
carrellata degli elementi più marginali della demonologia shenutiana. Il sesto e
ultimo capitolo è un breve excursus degli episodi rilevanti dal punto di vista
demonologico rinvenibili nella Vita di Shenute, opera attribuita a Besa, discepolo
e successore dell’archimandrita.
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1. SHENUTE E L’EGITTO DEL IV-V SECOLO
1.1 Shenute di Atripe: cenni biografici
Su Shenute di Atripe disponiamo di dati sufficienti per tracciare, se non una
biografia dettagliata, almeno le tappe salienti della sua vita.
Nato nel villaggio di Shenalolet, nel Delta del Nilo, vissuto a cavallo tra il IV e
V secolo, la sua lunga esistenza è legata indissolubilmente al cosiddetto
Monastero Bianco (Deir al-Abiad in arabo), il quale deve il suo nome alla
colorazione delle rocce calcaree utilizzate per costruire la relativa chiesa, unica
sua parte ancora esistente.
1
Esso fu fondato dallo zio di Shenute, Pgol, nel
villaggio di Atripe (oggi Sohag), sulla riva sinistra del Nilo nella regione della
Tebaide, a breve distanza dalla città di Panopoli (attuale Akhmīm), situata sulla
riva opposta. Ancora in giovane età Shenute entrò a far parte del suddetto
monastero e ne assunse in seguito la guida subentrando come archimandrita ad un
certo Ebonh, successore di Pgol, dimessosi a causa di una crisi spirituale.
2
In
realtà fu a capo di una federazione di monasteri che comprendeva, oltre al
Monastero Bianco, il Monastero Rosso, situato tre chilometri a Nord, e un
monastero femminile dislocato tre chilometri a sud,
3
per un totale di circa 2200
monaci e 1800 monache.
4
Data certa nella cronologia degli eventi riguardanti Shenute è il 431, anno in
cui partecipò al concilio di Efeso
5
su precisa richiesta del patriarca di Alessandria
Cirillo, affinché lo affiancasse nella sua causa contro Nestorio, patriarca di
Costantinopoli. Quest’ultimo propugnava una dottrina cristologica difisita che
concepiva la corrispondenza di due diverse persone alle due nature di Gesù Cristo,
umana e divina: per questo fu condannato dallo stesso concilio ed esiliato
nell’oasi di Kharga, a 170 km ad ovest di Panopoli.
1
Cf. S. Emmel, C. E. Römer, The library of the White Monastery in upper Egypt / Die Bibliothek
des Weißen Klosters in Oberägypten, in H. Froschauer, C. E. Römer, Spätantike Bibliotheken:
Leben Und Lesen In Den Fruehen Kloestern Aegyptens, Vienna 2008, p. 5.
2
Cf. S. Emmel, From the Other Side of the Nile: Shenute and Panopolis, in A. Egberts, B. P.
Muhs, J. van der Vliet (eds.), Perspectives on Panopolis: an Egyptian town from Alexander the
Great to the Arab conquest: Acts from an International symposium held in Leiden on 16, 17 and
18 December 1998, Leida 2002, p. 95.
3
Cf. B. Layton, The Canons of Our Fathers: Monastic Rules of Shenute, Oxford 2014, p. 12.
4
J. Leipoldt, Schenute von Atripe und die Entstehung des national ägyptischen Christentums,
Lipsia 1903, p. 93.
5
Cf. M. E. Foat, Shenute: Discourse in the presence of Eraklammon, in «Orientalia Lovaniensia
Periodica» 24 (1993), p. 120; M. Moussa, I Have Been Reading the Holy Gospels by Shenute of
Atripe (Discourses 8, Work 1): Coptic Text, Translation, and Commentary, tesi di dottorato,
Catholic University of America, Washington D. C. 2010, p. 1.
5
Dato il probabile periodo di redazione dell’ultima opera di Nestorio, il Libro di
Eraclide, da porsi tra l’ottobre 451 e l’estate 452,
6
e sapendo per certo che
Shenute gli sopravvisse,
7
è possibile affermare che la vita di Shenute si protrasse
almeno fino alla fine del 451. Un altro indizio a riguardo è ricavabile dalle parole
di Besa, suo discepolo nonché successore alla guida del Monastero Bianco,
pronunciate durante un’omelia tenuta al termine di un periodo di peste e carestia,
8
dalla quale si possono evincere come possibili date di morte di Shenute il 1 luglio
del 465 o del 480.
Dando credito alle informazioni fornite ancora da Besa nella Vita di Shenute a
lui attribuita,
9
dove afferma che il suo predecessore visse 118 anni, si potrebbe
collocare la sua data di nascita nel 347 oppure nel 361. Quest’ultima imporrebbe
però di fissare l’entrata in monastero di Shenute a soli 9 anni, cosa non
impossibile ma comunque improbabile, mentre la data del 347 si avvicina molto a
quella contenuta in un’iscrizione rinvenuta nel Monastero Bianco dove viene
riportato come anno di nascita di Shenute «l’anno 65 dell’era dei martiri», cioè il
348/349.
10
Altre informazioni vengono da Shenute stesso quando scrive «in quest’anno
dopo il nostro ritorno da Efeso», quindi tra ottobre 431 e il 30 agosto 432,
affermando di «leggere il Vangelo da 60 anni» e di «annunciarlo da 43 anni»,
espressioni che indicano il lasso di tempo trascorso rispettivamente dalla sua
entrata in monastero e dalla sua ascesa ad archimandrita.
11
Questo risulterebbe essere quindi l’elenco delle date principali della vita di
Shenute: nacque tra il 347 e il 349, intorno al 371 entrò nel Monastero Bianco e
6
Cf. J. F. Bethune-Baker, Nestorius and his teaching: a fresh examination of the evidence,
Cambridge 1908, pp. 34-38.
7
Cf. T. Orlandi, La cristologia nei testi catechetici copti, in S. Felici (ed.), Cristologia e catechesi
patristica 1: Convegno di studio e aggiornamento: Pontificium Institutum altioris Latinitatis,
Facolta di lettere cristiane e classiche, Roma, 17-19 febbraio 1979, Roma 1980, p. 222.
8
Cf. Besa, On a Famine, 3 in K. H. Kuhn, Letters and Sermons of Besa, Lovanio 1958, p. 40.
9
La Vita di Shenute ci è pervenuta in varie versioni: copto-boairica, araba, etiopica, parti di una
versione copto-saidica e due testi in siriaco, uno di essi in stato frammentario. Essa non deve
essere considerata una biografia in senso stretto, piuttosto un encomio formato da una raccolta di
episodi significativi della vita di Shenute attribuiti successivamente a Besa. Probabilmente lo
scopo di quest’opera era di essere ascoltata più che letta, presumibilmente in occasione del 7°
giorno del mese copto di Epeph, corrispondente al 1° luglio del calendario giuliano,
tradizionalmente considerato il giorno della morte di Shenute. Cf. N. Lubomierski, The Vita
Sinuthii (The Life of Shenute): Panegyric or Biography?, in «Studia Patristica» 39 (2006), pp. 418-
421.
10
Cf. W. E. Crum, Inscriptions from Shenute's monastery, in «Journal of Theological Studies» 20
vol. 5 (1904), pp. 556. La cosiddetta «era dei martiri» è un sistema di conteggio degli anni che
parte dal 284, anno dell’ascesa al trono dell’imperatore romano Diocleziano, fautore di una
violentissima ondata di persecuzioni nei confronti dei cristiani e considerato dagli egiziani come
‘empio’ per eccellenza.
11
Cf. M. Moussa, I Have Been Reading cit., p. 117
6
nel 388 ne divenne archimandrita,
12
per poi morire probabilmente il 1 luglio 465,
pochi anni dopo aver lasciato le redini del monastero al discepolo Besa.
13
Shenute fu sicuramente una figura di spicco nell’Alto Egitto dell’epoca,
soprattutto nella Tebaide, una personalità fortissima che per certi versi ricordava
quella di un profeta veterotestamentario. Divenne un punto di riferimento non
solo dal punto di vista religioso, ma anche civile, tanto che non mancarono le
visite da parte di ufficiali romani intenti a chiedergli consiglio su come svolgere al
meglio le loro funzioni. Numerose anche le persone semplici che accorrevano ad
ascoltare la sua predicazione per ottenere giovamento spirituale, come i preti,
monaci o religiosi che si recavano presso il Monastero Bianco per incontrarlo.
14
Degna di nota è sicuramente la sua attività contro i seguaci di culti tradizionali,
sfociata talvolta in spedizioni atte a distruggere i loro santuari. Da menzionare
inoltre l’immancabile vicinanza alla popolazione che si esplicò sia tramite la
protezione offerta presso il suo monastero contro le minacciose scorribande dei
nomadi del deserto, sia nell’assistenza fornita durante le carestie.
1.2 Contesto storico
La cornice entro la quale si sviluppano le vicende legate alla figura di Shenute
è quella dell'Egitto del IV-V secolo, periodo caratterizzato dalla compresenza di
diversi fattori che contribuirono a determinare un contesto estremamente peculiare
dal punto di vista religioso e culturale.
È infatti facilmente constatabile come accanto al cristianesimo ormai
capillarmente diffuso convivessero ancora culti locali mantenuti vivi dalle
popolazioni autoctone, oltre ad influenze ellenistiche penetrate grazie ai
dominatori romani. L'incontro di queste due credenze religiose diede linfa vitale
ad un florido sincretismo, tenacemente resistente nei confronti della religione
cristiana, come testimoniato dall'episodio in cui lo stesso Shenute accusò l'ex-
12
Da una lettera scritta da Shenute al patriarca di Alessandria Timoteo I si potrebbe anticipare
l’assunzione della carica di archimandrita all’anno 385. Cf. S. Emmel, Shenute the Monk: The
Early Monastic Career of Shenute the Archimandrite, in M. Bielawski, D. Hombergen (edd.), Il
monachesimo tra eredità e aperture: atti del simposio, testi e temi nella tradizione del
monachesimo cristiano per il 50. anniversario dell'Istituto monastico di Sant'Anselmo: Roma, 28
maggio - 1 giugno 2002, Roma 2004, pp. 155-157; J. Leipoldt, Schenute von Atripe cit., pp. 43-44.
13
Ph. Luisier sostiene invece, sulla base delle testimonianze provenienti dalla Storia di Dioscoro e
da una iscrizione del Monastero Bianco pubblicata da Zoega nel 1810, che Shenute fosse già
morto prima del concilio di Calcedonia del 451. Cf. Ph. Luisier, Chénouté, Victor, Jean de
Lycopolis et Nestorius. Quand l'archimandrite d'Atripé en Haute-Egypte est-il mort? in
«Orientalia» 78 (2009), pp. 258-281.
14
Cf. H. Behlmer, Visitors to Shenute's Monastery, in D. Frankfurter, Pilgrimage and holy space
in late antique Egypt, Leida 1998, pp. 341-371.
7
governatore Gesio di rivolgersi ancora agli idoli pagani.
15
Sempre a titolo
esemplificativo, nella città di Panopoli i templi continuarono ad attirare un
numero considerevole di fedeli fino all’inizio del VII secolo.
16
Il cristianesimo, comunque, aveva già raggiunto un alto livello di diffusione,
propagandosi fino ai villaggi e alle campagne. La documentazione sui primi tre
secoli cristiani in territorio egiziano è comunque molto scarsa,
17
mentre dal IV
secolo in poi il numero di fonti aumenta significativamente, soprattutto per quanto
riguarda l'onomastica, grazie alla quale si può stimare che all'inizio del V secolo i
cristiani in Egitto fossero l'80% della popolazione.
18
Centro indiscusso della religione cristiana in Egitto fu la città di Alessandria,
già importante fulcro di una vivace comunità giudaica, la quale probabilmente
ebbe un ruolo significativo per la trasmissione del cristianesimo in territorio
egiziano, nonché sede del famoso Didaskaleion, la scuola catechetica diretta da
Origene, il quale segnerà indelebilmente la teologia egiziana mediante la sua
esegesi allegorica delle Scritture, in contrapposizione all'interpretazione letterale
di stampo antiocheno, e la sua dottrina delle anime: esse, secondo Origene,
mediante un uso scorretto del libero arbitrio e a seconda della gravità della colpa
commessa, si incarnerebbero in angeli, uomini o demoni, e verrebbero recuperate
allo stato originario dal Logos, il quale, partecipante all'essenza divina e ad essa
subordinato, si incarnerebbe proprio a tale scopo.
19
Ad Alessandria risiedeva inoltre la figura più importante della chiesa egiziana,
cioè il patriarca, autorità dalla quale dipendevano tutti gli altri vescovi, compresi
quelli della vicina Cirenaica: era lui a consacrarli personalmente, a differenza di
quanto accadeva negli altri territori cristiani dove invece si richiedeva la presenza
di tre vescovi consacranti provenienti dalla stessa provincia, o per lo meno il loro
consenso scritto in caso di impossibilità a presenziare alla cerimonia di
consacrazione. Il vescovo di Alessandria era all'apice della gerarchia del clero
egiziano e godeva di un altissimo prestigio, oltre ad essere a capo di una macchina
curiale molto complessa e nutrita. Esso veniva scelto normalmente tra i
collaboratori del vescovo precedente, se non addirittura consacrato direttamente
15
Cf. S. Emmel, Shenute of Atripe and the Christian Destruction of Temples in Egypt: Rhetoric
and Reality, in J. Hahn, S. Emmel, U. Gotter (eds.), From Temple to Church: Destruction and
Renewal of Local Cultic Topography in Late Antiquity, Boston 2008, pp. 161-201.
16
Cf. P. Buzi, Il Cristianesimo Copto. Egitto, Etiopia, Nubia: storia, letteratura e arte, Bologna
2006, p. 11.
17
Risulta a tal proposito non comprovabile la tradizione alessandrina secondo la quale la religione
cristiana avrebbe fatto il suo ingresso in Egitto grazie all'evangelista Marco.
18
Cf. R. S. Bagnall, Egypt in Late Antiquity, Princeton 1993, pp. 280-281.
19
Cf. P. Buzi, Il Cristianesimo Copto cit., pp. 20-21.
8
dal predecessore. Avevano comunque molto peso per la sua elezione le opinioni
dell'imperatore e del patriarca di Costantinopoli.
20
Vi fu comunque chi non accettò di sottostare docilmente all’autorità del
patriarca: a tal proposito va ricordato Melezio, vescovo di Licopoli all’inizio del
IV secolo, fautore di uno scisma originato dalla sua opposizione verso il vescovo
di Alessandria, carica ricoperta all’epoca da Pietro I. Melezio ebbe un seguito non
indifferente nella Tebaide, dove alcuni monasteri allineati alle sue posizioni
persistettero fino alla conquista araba.
Altro fenomeno importantissimo nel panorama egiziano di quel tempo fu
senz'altro il monachesimo. Anche in questo caso scarseggiano le fonti per
delinearne con precisione l'origine e il primo sviluppo, certo è che dalla Vita di
Antonio scritta da Atanasio a metà del IV secolo (probabilmente nel 357) si
deduce facilmente come il movimento monastico fosse molto diffuso, e che
Antonio, talvolta considerato l'iniziatore e il padre del monachesimo di stampo
anacoretico, cioè solitario, intraprese uno stile di vita che in realtà era già stato
adottato da altri prima di lui. Successivamente vi furono i primi tentativi di
strutturare una vita monastica comunitaria sotto la guida di un archimandrita,
come testimoniano i complessi architettonici di Nitria e Kellia: in realtà dagli
stessi insediamenti si comprende facilmente come la vita dei monaci fosse ancora
improntata alla solitudine, al netto dei rari momenti di vita comune. È invece con
Pacomio che ebbe inizio nella Tebaide la prima forma vera e propria di
monachesimo cenobitico, cioè di vita comune definita da una Regola alla quale i
componenti della comunità dovevano sottostare. Caratteristica peculiare del
monachesimo di stampo pacomiano fu la formazione culturale, tenuta in grande
considerazione. L'esperienza del Monastero Bianco di Shenute si inserisce proprio
nel filone pacomiano, di cui può essere considerata il naturale sviluppo. Tra i due
estremi dell'anacoretismo e del cenobitismo trovarono comunque spazio altre
forme di vita ‘intermedie’ come gruppi informali di eremiti riuniti intorno ad un
maestro, anacoreti con un solo discepolo o monaci girovaghi non legati in maniera
stabile ad un insediamento preciso.
21
20
Per quanto riguarda la storia delle istituzioni ecclesiastiche dell'Egitto tardo-antico cf. E.
Wypszycka, Le istituzioni ecclesiastiche in Egitto dalla fine del III all'inizio dell'VIII secolo, in A.
Camplani (ed.), L'Egitto cristiano: aspetti e problemi in età tardo-antica, Roma 1997, pp. 219-
271.
21
Sulle origini del monachesimo egiziano Cf. M. Sheridan, Il mondo intellettuale e spirituale del
primo monachesimo egiziano, in A. Camplani (ed.), L'Egitto Cristiano: aspetti e problemi in età
tardo-antica, Roma 1997, pp. 177-216; Antoine Guillaumont, Monasticism, Egyptian, in Aziz S.
Atiya (ed.), The Coptic Encyclopedia, New York 1991, pp. 1661-1664.