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Introduzione, ovvero i nostri “7 minuti”
La positivizzazione dei diritti fondamentali della persona è stato il
punto di arrivo, storicamente parlando, di un lunghissimo percorso che
l’umanità ha affrontato durante i secoli.
La lotta degli individui per affermare la propria libertà contro la
soggezione all’autorità di turno è stata il motore di un processo capace di
portare le società moderne in una nuova epoca, contrassegnata da ordinamenti
strutturati giuridicamente secondo la divisione dei poteri dello Stato.
Questo Rinascimento giuridico dei diritti si è sostanzialmente
realizzato all’ombra dell’ultima Guerra Mondiale.
Oggi, ad oltre settantacinque anni dalla sua conclusione, spesso
riteniamo questo traguardo quasi come uno status, senza renderci conto di
quanto, in realtà, la “guerra” rappresenti un fatto quasi quotidiano nella vita
umana.
Essa ha plasmato società, imperi, territori – la stessa Corsa allo
Spazio - e continua a farlo anche oggi.
Anche quindi se a molti di noi, fortunatamente, può sembrare un
concetto alieno alla nostra esperienza, essa è stata ed è ancora sempre
presente quasi ovunque nel mondo.
Le moderne carte costituzionali rappresentano la prova del nostro
grado di civiltà, tuttavia darle per scontate (specialmente oggi) potrebbe
essere un errore con un prezzo altissimo da pagare, in particolare per le nuove
generazioni.
Fenomeni immigratori generati da instabilità politiche, economiche
e – non ultimo – metereologiche; lo stesso terrorismo, combattuto dalle
democrazie nel recente passato con gli strumenti del diritto penale interno, ha
virato bruscamente direzione: da una dimensione prettamente politica e
nazionale ha assunto caratteri religiosi e transnazionali.
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Lo stesso commercio “globalizzato” ci pone davanti a situazioni mai
viste prima grazie anche all’utilizzo, praticamente selvaggio, di una rete
informatica mondiale di dimensioni e capacità mai sperimentate prima.
Si tratta dunque di fenomeni per contrastare i quali le grandi
democrazie, o almeno quelle ritenute tali, realizzano oggi strumenti normativi
con cui però – di fatto – tendono a comprimere i basilari principi di libertà e
convivenza.
La stessa pandemia SARS-COVID19 ci ricorda quotidianamente
quanto i nostri diritti, le nostre abitudini sociali, siano così delicate,
nonostante ciò che pensiamo.
In un quadro simile nessuno può dunque ritenere che i traguardi
raggiunti possano essere, di per se stessi, argine formidabile ed indistruttibile
ai nostri stili di vita; che le carte costituzionali possano, quasi magicamente -
in virtù delle loro parole - rappresentare lo scudo finale dei nostri diritti.
La Costituzione in realtà è, appunto, solo un pezzo di carta, nobile
quanto si vuole, ma “morta di fatto” se privata dello spirito vitale che solo le
società contemporanee possono darle.
In quest’ottica vedremo così come sia stato possibile, per le
democrazie moderne, realizzare i principi del diritto naturale trasformandoli
in principi sociali, civili, riconosciuti non solo localmente ma anche
internazionalmente.
Faremo tuttavia – e dovremo farlo - i conti con le minacce che questi
diritti oggi fronteggiano; al riguardo, dunque, non dovremo mai perdere di
vista come la dinamica “guerra-pace” sia sempre stata presente nella storia
umana e che, tuttavia, ciò non ha affatto impedito di giungere fin qui.
In questa ipotesi di base dunque, e del fatto che il moderno
costituzionalismo non possa considerarsi un mero traguardo raggiunto
quanto, piuttosto, un vero e proprio work-in-progress, cercherò di illustrare
quanto oggi le società avvertano un bisogno di sicurezza e di come questo
dispieghi il suo effetto sui vari ordinamenti giuridici: dalla prima parte -
dedicata agli strumenti tipici di difesa costituzionale - esaminerò quindi le
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varie declinazioni di questo sentimento emergenziale, per poi occuparmi in
particolare delle motivazioni che ci hanno portato, specialmente dopo i fatti
dell’Undici Settembre, a ciò che appare essere un sentimento trasversale nelle
società odierne: la concezione di un vero e proprio paradigma securitario.
Ciò nella convinzione che non possiamo permetterci il lusso di
rimanere meri osservatori dei nuovi fenomeni che interessano oggi tutto il
mondo.
Tentare di capire andando, se possibile, oltre il livello di superficie;
approfondire temi spesso banalizzati dalla ossessiva ripetizione dei media,
oggi più che mai veri e propri monotoni megafoni della notizia.
Se in passato ricercare informazioni era difficoltoso oggi è vero il
contrario: occorre scegliere in una offerta di dati incommensurabilmente
disponibile e variegata rispetto al passato recente.
Tentare dunque una ricerca mirata, ma non di parte, che aiuti ad
esercitare sia del diritto di critica che, inevitabilmente, il dovere di
partecipazione alla vita sociale, fondamentale – come detto – alla vitalità dei
nostri principi sociali, delle nostre stesse carte costituzionali.
“Sicurezza” è oggi parola-chiave, in nome della quale anche le
società più evolute stanno tentando di dare una risposta ai fenomeni
emergenziali che attraversiamo.
La tesi è dunque: siamo certi che le legislazioni debbano orientarsi,
spesso piegarsi, a questa volontà securitaria di risposta all’emergenza?
Stiamo vivendo un regresso costituzionale e, se sì, quali possono
essere le eventuali vie d’uscita?
Ciò che cercherò di affermare è che, come prima indicato,
l’emergenza è in realtà perennemente parte della nostra esistenza, spesso
origine anche dei nostri progressi, ma – certamente – da includersi nei nostri
sistemi giuridici avanzati, ovvero sempre da orientarsi al rispetto
incondizionato dei diritti fondamentali, senza i quali uno Stato di diritto è
destinato al collasso.
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Non bisogna quindi cedere ulteriore spazio a tentativi - ormai in
corso da oltre venti anni – di condurre le società entro veri e propri recinti,
spesso ammantati da formalismi giuridici, che talvolta nascondono vere e
proprie regressioni civili.
Lo spettro delle odierne paure viene così spesso agitato per
giustificare il ricorso ad importanti restrizioni dei diritti fondamentali.
Il ruolo quindi della Costituzione e, oggi più che mai, dei relativi
organi di tutela e controllo di essa, appare fondamentale.
Da una parte i Governi premono sui Parlamenti per ottenere
provvedimenti “emergenziali” (i pieni poteri), nel presupposto salvifico di
provvedere così alla tutela della società civile; dall’altra quest’ultima,
inevitabilmente, finisce per soffrire delle relative compressioni generate
dall’azione dell’Esecutivo e del Legislativo.
Nel mezzo, il ruolo decisivo del terzo potere, quello giurisdizionale,
e con esso, quello di tutti noi: non possiamo rimanere indifferenti.
Prendo al riguardo in prestito un passaggio della pièce teatrale di
Stefano Massini, “7 minuti, Consiglio di fabbrica”: la nuova proprietà di una
società tessile propone ai lavoratori “…di rinunciare a meno della metà della
pausa pranzo, a dunque soli 7 minuti, premiando così lo sforzo della
proprietà di venirvi incontro in questo delicato passaggio storico…”.
Nasce così nel consiglio di fabbrica un’accesa discussione tra le
operaie coinvolte per decidere – per conto ed in nome di tutti i lavoratori - se
accettare o respingere quella che pare poca cosa dinanzi ad una eventuale
perdita totale del lavoro.
C’è dunque una maggioranza che non può permettersi di vedere il
problema ed una minoranza che nutre seri dubbi sulla sincerità della proposta,
ritenendo che dietro di essa si nasconda, in realtà, solo un’occasione per
restringere i diritti sin lì, apparentemente, affermati e dati per scontato.
E’ questo il dilemma della democrazia.
Come dice la protagonista, Blanche: “Quello che sto cercando di
dirvi è che sette minuti non saranno niente. Ma sono nostri, mi spiego?”.
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CAPITOLO 1
La tutela della costituzione
1.1 - Caratteri generali
In senso moderno possiamo definire la democrazia come il passo in
avanti da uno stato basato sul primato della legge sulla politica - ed in sostanza
sulla prevalenza del potere esecutivo, come fu quello tedesco di fine ‘800 -
ad un vero “stato di diritto” avente come elemento fondante la centralità della
costituzione.
Kelsen
1
considera la democrazia moderna quale riuscita mediazione
tra il principio di libertà e quello di autorità; la base di tale affermazione nasce
dal presupposto conflitto tra l’anarchica aspirazione di ciascuno alla libertà
assoluta e la necessità indomabile di contenerla all’interno di un sistema
capace di creare condizioni di vita socialmente utili.
Come lo stesso Kelsen ricorda, anche Rousseau nel suo Contrat Social
affermava che autonomia ed eteronomia possono divenire compatibili solo
con e attraverso la democrazia diretta, grazie alla quale il popolo partecipa
sia alle pubbliche deliberazioni che al contenuto delle leggi stesse
2
: è con il
singolo atto del voto che il cittadino diventerà dunque libero, dunque
modificando l’idea di libertà mediante l’applicazione del principio di
maggioranza.
Stabilito ciò Kelsen si interroga però sul destino della minoranza,
ovvero di chi non condivide “le convinzioni politiche, religiose o nazionali
1
H. Kelsen, Essenza e valore della democrazia, 1920
2
H. Kelsen, Essenza, op. cit., 10-13