Introduzione
Il mito della femme fatale ha origini molto antiche e la nostra cultura ne è la dimostrazione
più evidente. La storia è ricca di vicende le cui protagoniste sono donne in grado di spingere
la controparte maschile a compiere qualsiasi tipo di peccato, capaci di fargli addentare il
frutto proibito.
La scelta di dedicarmi a Veronica Lake è venuta solo in un secondo momento, principalmente
frutto dei suggerimenti del mio Relatore, Massimo Locatelli. Prima di scoprire quest'attrice,
ho conosciuto il genere noir; è accaduto durante il secondo anno di corso quando frequentavo
le lezioni del Professor Locatelli. Quel filone, e ancor di più le sue protagoniste, mi hanno da
subito affascinata; ho avuto modo di vedere parecchie di quelle pellicole che vengono
unanimamente definite classici del genere (Il mistero del falco, La fiamma del peccato,
Detour, La fuga)
1
. Durante una delle lezioni di Metodologie di analisi del film e
dell'audiovisivo è stato proiettato anche un estratto del film Gilda (Charles Vidor, 1946): da
quel momento, per me, Rita Hayworth è diventata l'archetipo della dark lady; la donna fatale
con l'abito satinato e i lunghi guanti neri. Nel momento in cui ho deciso di dedicare il mio
lavoro allo studio della femme fatale è stata la mia prima e più naturale scelta. Veronica Lake,
a quel tempo, era solo un nome privo di volto, uno dei tanti che avevo sentito citare durante il
corso. Per questo motivo mi è stato suggerito di sceglierla: un'attrice della quale non era
sicuramente già stato detto tutto. Veronica Lake e quel ciuffo che le copriva metà del viso:
un'icona misteriosa e tipicamente noir. Non appena la vidi capii di aver fatto bene ad
accettare il consiglio: se Rita è il corpo per antonomasia della femme fatale, Veronica ne è
sicuramente il volto. Basterebbe guardare Jessica Rabbit per rendersene conto: questa famosa
femme fatale animata è vestita come Gilda, ma pettinata come Veronica Lake, la peekaboo
girl. Persino la sua biografia (fonte principale della mia ricerca) è intitolata come la sua
pettinatura. Veronica è come il noir, ricca di sfumature: fatale e angelica, vittima e carnefice,
diva e anti-diva.
Prima però di giungere a parlare di lei e del suo modo non convenzionale di interpretare il
ruolo della dark lady, è necessario introdurre il lavoro parlando della mia primaria fonte di
ispirazione, il genere di cui è protagonista. Ho ritenuto fondamentale dare una definizione, se
pur non esaustiva, di che cosa si intenda per noir classico e di quali siano i suoi principali
strumenti narrativo-stilistici. Successivamente, avendo incentrato la mia riflessione sul
1
Il mistero del falco (The Maltese Falcon, John Huston, 1941), La fiamma del peccato (Double Indemnity,
Billy Wilder, 1944), Detour (Edgar G. Ulmer, 1945), La fuga (Dark Passage, Delmer Daves, 1947)
1
personaggio femminile, ho voluto accennare gli studi condotti dalla Feminist Film Theory, le
teorie di analisi del film formulate dallo stesso universo femminile. Da questo orizzonte
teorico viene indagata la rappresentazione della donna nel cinema hollywoodiano ed in
particolare l’immagine della dark lady nel film noir. Lo scopo di questo breve capitolo è
quello di offrire un quadro generale riguardo le varie interpretazioni sulla femme fatale, visto
dalla prospettiva femminista. La dark lady è affrontata, nel capitolo successivo, quale punto
nevralgico della dialettica attrice/diva, cioè come momento di intersezione tra l’immagine
divistica e il personaggio interpretato dall'attrice. Giunti a questo punto del percorso ci si può
dedicare a Veronica Lake, dark lady più nella vita che sul grande schermo. La sua biografia è
un passaggio obbligato, oltre ad essere la parte più sperimentale dell'intero lavoro. Dopo aver
parlato della vita privata dell'attrice, si parlerà del suo personaggio pubblico: un personaggio
totalmente fittizio e costruito, così come il suo nome. Analizzando la sua filmografia noir,
non ho potuto fare a meno di fare un confronto tra lei e Alan Ladd, sua metà perfetta e
costante in tutte le pellicole del genere.
2
Noir: colore, genere, movimento, stile
«Non so cosa significa il termine noir. A quel tempo facevamo solo film.
Cary Grant e le altre star della RKO prendevano per loro tutte le luci e a noi non restava che
illuminare i set con i mozziconi di sigaretta.»
Robert Mitchum
2
Accenni introduttivi
Prima di indagare la figura della femme fatale è necessario esaminare l'ambiente del noir, suo
spazio d'azione imprescindibile. Approfondire il mondo del noir significa ragionare su un
linguaggio, una poetica e un insieme di valori e personaggi che hanno fatto di un'epoca
cinematografica un cult. L'espressione “film noir”, coniata nel 1946 dal critico Nino Frank
3
, è
stata una delle più contestate nello studio della storia del cinema e dei generi. Il termine
entrerà a far parte del vocabolario cinematografico solo negli anni Sessanta.
Partendo dal presupposto che ogni classificazione o analisi non è del tutto esauriente, si può
affermare che per periodo classico del noir si intende convenzionalmente quello compreso
tra il 1941 e il 1958, date simbolo per questo filone perché corrispondenti alla proiezione di
due film: Il mistero del falco (The Maltese Falcon) di John Huston e L'infernale Quinlan
(Touch of Evil) di Orson Welles. Il noir tende ad essere associato a due coordinate, una
geografica e l'altra cronologica. I film noir classici sarebbero dunque quel corpo di opere
prodotte tra il 1941 ed il 1958 negli Stati Uniti.
In realtà bisognerebbe precisare che il termine nasce in Francia nell'immediato dopoguerra e
viene applicato a posteriori, come un'etichetta, a tutte le pellicole accomunate da determinati
caratteri: l'atmosfera insolita e opprimente, la violenza, il sadismo, l'onirismo e l'erotismo
4
.
Il termine coniato in Europa è probabilmente ispirato dalla collana chiamata Sèrie noire
5
dedicata ai romanzieri hard-boiled americani, che avevano probabilmente influenzato autori
2
Gabriele Lucci, Noir, Mondadori Electa, 2006, cit., pp 72
3
Pamela Fiorenza, La dark lady nel cinema noir. Hollywood 1941/1958, Aracne, 2010, pp 43
4
Renato Venturelli, L'età del noir. Ombre, incubi e delitti nel cinema americano, 1940/1960, Einaudi, 2007,
pp 5
5
Com’è noto, il termine noir deriva da una serie editoriale Gallimard in cui tra gli altri si pubblicano i racconti
degli autori cosiddetti hard-boiled (l’equivalente dei nostri Gialli Mondadori). Alla fine della seconda guerra
mondiale, i principali titoli noir (Il mistero del falco, Vertigine, La fiamma del peccato, ecc.) vengono
mostrati in blocco nelle sale prima parigine (e poi italiane) e appaiono alla critica francese (e poi italiana)
come non erano apparsi prima: nella loro consanguineità. A critici spesso vicini al sentimento esistenzialista,
la definizione noir appare quasi inevitabile, il primo a usarla è probabilmente Nino Frank nel 1946.
3
come Huston, Wilder, Preminger, i cui film venivano proiettati sugli schermi parigini nel
dopo guerra. Il noir è un genere cinematografico anomalo che indica una tipologia di film
non nota all'epoca né agli spettatori, né alla comunità cinematografica. Tutto questo significa
che i registi non avevano a suo tempo la minima idea di stare realizzando un noir e nemmeno
i critici erano consapevoli di guardare un film di quel tipo
6
. Il noir affonda le sue radici sia
nella letteratura hard-boiled degli anni Trenta e Quaranta, sia nell'immigrazione austro-
tedesca del periodo bellico e postbellico, dato che un gran numero di scrittori, registi e tecnici
del cinema hanno origini europee. Divenuto oggetto di analisi storico-critiche, le fonti di
questa produzione controcorrente sono strettamente connesse al clima culturale del periodo
bellico: un'atmosfera pervasa dall'espressionismo (avanguardia tedesca di cui sono ricche le
opere di Lang e di altri registi immigrati), dalle teorie esistenzialiste, dalla psicoanalisi
freudiana e dalla tendenza al realismo sociale. Quest'ultimo caratterizza il modo di
rappresentare l'ambientazione dell'universo noir: la città dove si svolgono la maggior parte
delle vicende quotidiane e dove non esistono supereroi, ma uomini e donne come nella vita
reale. I caratteri più ricorrenti del genere possono essere divisi in due categorie: elementi
formali ed elementi tematici. Per elementi formali si intendono ad esempio le opposizioni
luci/ombre e le angolazioni oblique della macchina da presa, mentre gli elementi tematici
sono le vicende ambientate nelle metropoli e la presenza di ambivalenza morale nei
personaggi.
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Il modello visivo noir è caratterizzato dall'ambientazione metropolitana e
notturna, da forti contrasti della fotografia detti low key, dalla profondità di campo e dalle
distorsioni del primo piano a focale corta (probabilmente dovuta ai budget ridotti del periodo
di guerra). Anche per quanto riguarda il modello narrativo si può azzardare una serie di
caratteri fondamentali: la presenza di un uomo che si trova a risolvere un caso delittuoso in
cui è in qualche modo coinvolta una donna che può portarlo alla rovina.
Il noir si cristallizza in una formula di produzione riconoscibile, adatta al modello distributivo
verticale, tipico delle Major americane: viene sfruttato come B-movie, grazie ai bassi costi
produttivi, e come trampolino di lancio per le giovani star, dato che richiede buone doti
attoriali. Il noir sembra sfuggente, ma il tentativo di arrivare a una definizione strutturale si
concretizza nella definizione proposta in area anglosassone da James Damico: «Either
because he is fated to do so by chance, or because he has been hired for a job specifically
associated with her, a man whose experience of life has left him sanguine and often bitter
meets a not-innocent woman of similar outlook to who he is sexually and fatally attracted.
6
Leonardo Gandini, Il film noir americano, Lindau, 2001, pp 12
7
Pamela Fiorenza, La dark lady nel cinema noir, Aracne, 2010, pp 45
4
Through this attraction, either because the woman induces him to it or because it is the
natural result of their relationship, the man come, to cheat, attempt to murder or actually
murder a second man to whom the woman is unhappily or unwillingly attached (generally he
is her husband or lover), an act which brings about the sometimes metaphoric but usually
literal destruction of the woman, the man to whom she is attached and frequently the
protagonist himself».
8
Ciò che viene descritto tramite queste parole è il triangolo noir, formato solitamente dalla
dark lady dal suo compagno e da un nuovo uomo al quale lei è interessata. Per quanto molto
interessante, la definizione proposta da Damico non è comprensiva della moltitudine di temi
e caratteri stilistico-narrativi toccati dalla poetica noir.
Questi elementi possono essere classificati in strumenti narrativi, temi, luoghi, tempo e
personaggi.
Strumenti narrativi
Uno degli strumenti narrativi del noir più utilizzati è il flashback; esso consiste in un salto
temporale più o meno lungo in cui un evento passato viene rievocato nella storia provocando
l'abbandono totale o parziale della struttura lineare e cronologica della narrazione.
Uno degli utilizzi più originali di questo strumento è quello effettuato da Billy Wilder in
Double Indemnity (La fiamma del peccato, 1944): in questo caso la retrospezione funge da
introduzione perché il film inizia con il racconto del protagonista moribondo
9
.
Questo esempio introduce un ulteriore elemento caratterizzante la narrazione noir: la voce
fuoricampo. La voce fuoricampo, detta anche voce off, funge da analessi soggettivi in quanto
è la voce del personaggio che racconta la storia o parte di essa. La voce fuoricampo ci
introduce in un particolare momento cronologico e geografico dove è accaduto un evento
giudicato utile ai fini del presente diegetico della vicenda. Questi due elementi sconvolgono il
normale fluire degli eventi generando incertezza e instabilità nello spettatore.
Un terzo strumento narrativo riesce a creare quell'effetto di realtà ed immediatezza necessario
al coinvolgimento del fruitore nella storia: il ritmo incalzante dei dialoghi.
8
James Damico, “Film noir: a modest proposal”, in Film Reader, 1978
“Un uomo, la cui esperienza di vita è amara e sanguinosa, incontra per caso o perché è stato specificamente
chiamato da lei, una donna non-innocente da cui è sessualmente attratto. Attraverso quest'attrazione, sia
perché indotto dalla donna sia perché è il risultato naturale del loro rapporto, l'uomo imbroglia, tenta
l'omicidio o addirittura arriva all'uccisione di un secondo uomo alla quale la donna è infelicemente o nolente
legata. Quest'atto porta alla distruzione metaforica o letterale della donna alla quale l'uomo, di solito il
protagonista, è legato.”
9
La fiamma del peccato, Billy Wilder, 1944. Il protagonista è Walter Neff che attraverso la sua narrazione
diegetica al magnetofono introduce la vicenda.
5
Le battute dei film noir sono divenute celebri anche grazie alla tempestività espressiva con le
quali venivano pronunciate. Un caso esemplare è ancora quello del già citato film di Wilder
nel quale, attraverso uno scambio frenetico di botta e risposta, i due protagonisti si studiano.
10
Altro espediente narrativo in grado di suscitare effetto nello spettatore è l'utilizzo di
inquadrature insolite. Le inquadrature tipiche del genere si possono dividere in due categorie:
inquadrature dal basso e dell'alto. Le prime hanno un effetto espressionista, deformano la
fisionomia del personaggio e danno un senso di claustrofobia. Le seconde, invece, producono
un senso di squilibrio (soprattutto se inquadrano in dettaglio un grattacielo, una finestra o una
scala a chiocciola). «La macchina da presa è spesso posta in posizione diagonale per
accentuare il punto di vista emotivo del protagonista, costretto in ambienti claustrofobici, in
una dimensione al confine tra realtà e incubo, densa di riferimenti alla psicanalisi».
11
Strettamente legata alla messa in quadro è la profondità di campo, che incide su quanto
mostrare in ogni singola ripresa e soprattutto come mostrarlo. Più di altri generi, il noir fa un
uso radicale di questo strumento narrativo.
12
Nelle riprese esterne, grazie all'impiego della
profondità di campo, gli spazi urbani sembrano dominare i personaggi creando una
sensazione di solitudine e alienazione.
13
L'ambientazione metropolitana rende necessaria
l'aggiunta di sequenze con la camera in movimento che segue il protagonista per le strade, nei
vicoli e nei locali. I movimenti di macchina sono un altro elemento fondamentale della
narrazione noir; essi creano un senso di suspense. I set metropolitani scarsamente illuminati
richiedono una particolare attenzione nella gestione delle zone d'ombra e dei punti luminosi.
Anche il controllo della luce, infatti, fa parte degli strumenti narrativi del genere in quanto
un'illuminazione sbagliata produrrebbe la scomparsa di elementi importanti della diegesi
filmica. La luce e il buio nell'universo noir sono particolarmente significativi: nella città buia
si annida il mostro, non una creatura soprannaturale, ma un individuo umano.
Sullo schermo, attraverso uno stile caratterizzato da una fotografia contrastata, venivano
proiettate storie di torbide passioni, di delitti e corruzione.
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Strumento di gestione di luce e
buio è il chiaroscuro che permette riprese di interni nelle quali la luce proiettata di taglio
illumina i volti a metà creando una coinvolgente tensione drammatica.
10
Neff: “C'è un nome sul braccialetto” Phyllis: “Sì, il mio” Neff: “Cioè?” Phyllis: “Phyllis” Neff: ”Non c'è
male” Phyllis: “Ne siete sicuro?” Neff: “Non so, dovrei impararlo a memoria”
Il braccialetto in questione è quello alla caviglia di lei. Il ritmo incalzante dello scambio di battute tra i due
lascia intuire uno sviluppo imminente del loro rapporto oltre all'attrazione fisica che lui prova per la donna.
11
Gabriele Lucci, Noir, cit., pp 6
12
Veronica Pravadelli, La grande Hollywood. Stili di vita e di regia nel cinema classico americano, Marsilio,
2007, pp 148
13
Pamela Fiorenza, La dark lady nel cinema noir, pp 65
14
Alberto Guerri, Il film noir. Storie americane, Gremese, 1998, pp 5
6
Temi
Dopo aver esposto gli strumenti e le modalità espressive della poetica noir è interessante
analizzare una serie di temi comuni all'intera produzione noir classica. Le tematiche noir,
come già accennato, non sono frutto di un universo di significati apparso improvvisamente
nel 1941, l'anno in cui è posto per convenzione l'inizio del periodo classico del genere. Nella
produzione noir si riscontrano una serie di influenze culturali, che non si può fare a meno di
menzionare: scetticismo, disillusione e disincanto, tutti frutto degli anni della guerra, ma
anche l'esistenzialismo francese esemplificato nell'opera di Albert Camus L'Étranger
(1942)
15
. Questo romanzo esprime chiaramente il sentimento dell'epoca, attraverso tre
tematiche che si rivedono nelle pellicole definite noir: l'omicidio senza pentimento, l'amore
puramente fisico, il rifiuto di Dio.
16
Ognuno di questi elementi è riscontrabile nel panorama
del noir. C'è il delitto, che nel noir più che perfetto diviene necessario; c'è il fatalismo,
l'incubo del destino che perseguita il protagonista che si ritrova in balia del caso; c'è lo
spettro del passato che si esplicita in una persona che ritorna o in una faccenda irrisolta; c'è la
corruzione che colpisce persino i poliziotti portando con se la denuncia di un sistema sociale
guasto; c'è il furto di denaro, di gioielli o di assicurazioni da riscuotere (La fiamma del
peccato) ed infine ci sono amore e morte, strettamente legati e addirittura personificati nella
figura della dark lady. Questi sono i topoi più ricorrenti, ma nell'universo noir sono presenti
temi ben più complessi che richiederebbero uno spazio maggiore per l'importanza che
rivestono nel filone classico: l'assenza di Dio, l'impossibilità di distinzione tra bene e male e
anche quella di mantenere reali legami affettivi. Questi sono temi impliciti e di non facile
interpretazione. L'assenza di Dio è da intendere in senso nietzschiano, cioè come assenza o
perdita di una fonte trascendente di credenze e valori. Per questo il noir può essere letto quale
concretizzazione filmica della teoria della morte di Dio formulata dal filosofo Nietzsche.
Nell'universo noir avviene una personalizzazione dei valori, ogni soggetto si costruisce il
proprio credo personale. In un mondo dove sembra sia assente uno scopo terreno non può
esistere nessuna fiducia in qualcosa di ultraterreno.
L'impossibilità di distinguere tra ciò che è buono e ciò che non lo è si concretizza
nell'ambiguità morale dei protagonisti della pellicola. I personaggi noir sono più spesso
amorali che non immorali e questo si ripercuote anche nei rapporti con gli altri. L'incapacità
di mantenere legami affettivi veri e duraturi è esemplificata da Walter Neff in La fiamma del
15
Albert Camus, Lo straniero, Bompiani, 2001
16
Pamela Fiorenza, La dark lady nel cinema noir, pp 70
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