5
Nel ciclo dei Neue Gedichte la danza è legata a qualsiasi fenomeno
ritmico-dinamico e ravvisata per esempio nel lento movimento circolare
della pantera rinchiusa in una gabbia (Der Panther), o nella parabola
disegnata da una palla, gettata in aria e poi ripresa dai giocatori (Der Ball).
L’influenza di Mallarmé è fondamentale e evidente già a partire da questi
componimenti: la ballerina spagnola (Spanische Tänzerin) rimanda alla
ballerina mallarméana, che si identifica totalmente con la sua creazione,
con le figure nate dai suoi movimenti.
Nel ciclo delle Duineser Elegien, la danza è intesa come simbolo
della vita vera: in essa l’uomo cerca di soddisfare la propria esigenza di
pienezza e di autenticità. Dal piano simbolico della Quarta Elegia (il
palcoscenico sul quale il ballerino compare è il palcoscenico
dell’interiorità) si passa alla reale rappresentazione dei saltimbanchi nella
Quinta, in cui la danza acquista, nella figura del piccolo acrobata, il
significato che ritroveremo nei Sonette an Orpheus (scritti non a caso nel
1922, lo stesso anno della Quinta Elegia): il bambino a differenza degli
altri funamboli che si esibiscono con lui, compie movimenti spontanei,
umani, per niente artificiosi. La visione della danza come universo a se
stante, privo di limiti spazio-temporali (così nella Spanische Tänzerin)
viene ora potenziata fino ad essere intesa come unione di dimensioni
opposte, vita e morte; unione rappresentata proprio dal giovane
saltimbanco.
Nei Sonette an Orpheus la danza sembra riprendere il compito che il
poeta attribuisce ora alla poesia, di trasformazione del mondo
nell’invisibile. Ciò che conta è l’eterna metamorfosi interiorizzante, che
investe il Reale, e proprio nella legge della perenne trasformazione, di cui
la ballerina diventa simbolo, si ha l’accordo dei due ambiti diversi: la vita e
la morte.
6
Evidente in quest’idea l’eco di Valéry che, nel dialogo L’âme et la
danse (tradotto dallo stesso Rilke), identifica la danza con il pensiero, con
la vita stessa nella sua incessante metamorfosi (essa è “L’acte pur des
métamorphoses”).
Similmente a Mallarmé, Rilke vede la danza come un universo
superiore, perché ignara delle separazioni che connotano il mondo nel
quale viviamo. Nei Sonetti a Orfeo alla danza è affidato il compito di
superare la scissione tra Io e non-Io, di cui le Elegie sono espressione, in un
processo che va dal visibile all’invisbile, e riduce tutto il Reale all’Io.
7
Capitolo I: La danza nella fin de siècle.
1.1 La ballerina e i suoi contemporanei.
Nella fin de siècle, che comprende l’ultimo decennio dell’Ottocento
ed il primo del Novecento, l’interesse maggiore nei confronti dell’arte della
danza lo dimostrano i pittori
1
e gli scrittori e le riflessioni in proposito sono
diverse e spesso contraddittorie, come contraddittorio è il giudizio sulla
figura della ballerina
2
.
Siamo in un’epoca di grandi scoperte scientifiche, tecnologiche e
profonde innovazioni culturali, anche se nel termine fin de siècle sono
compresi pure concetti negativi quali
“décadence, déliquescence, snobisme, dilletantisme.”
3
Alcuni critici insistono proprio sul profondo malessere che si cela
dietro il fervore innovativo, che investe i diversi ambiti della vita
dell’uomo. Il termine fin de siècle diventa sinonimo di corruzione, di
rilassatezza morale:
“Être fin de siècle, c’est n’être plus responsable; c’est subir d’une façon presque
fatale l’influence des temps et du milieu, c’est prendre tout simplement sa petite part de
la lassitude et de la corruption générale […] c’est pourrir avec son siècle et déchoir avec
lui […] le luxe s’y étale avec tous ses raffinements. Le vice y devient savant, ingénieux,
habile, les consciences, complaisantes et molles trouvent une complicité bienfaisante
1
Dice Valéry a proposito di Degas: “Non importa quanto sia grande il suo interesse per le ballerine, egli
le cattura più che sedurle. Egli le definisce.”, cit., da W. Sorell, Storia della danza. Arte, cultura, società,
Il Mulino, Bologna, 1994, p. 325.
2
Vedi G. Ducrey, Corps et graphies. Poétique de la danse et de la danseuse à la fin du XIXème siècle,
Champion, Paris, 1996.
3
F. Schalk, Fin de siècle, in Fin de siècle. Zur Literatur und Kunst der Jahrhundertwende, hrsg. v. R.
Bauer, Klostermann, Frankfurt am Main, 1977, p. 3.
8
dans l’affaisement universel. C’est le règne des passions lâchées à toute bride, le
triomphe insolent de la perversité.”
4
Nel suo studio Ducrey focalizza il proprio interesse sugli aspetti
negativi che questo termine presenta soprattutto in letteratura ed in
filosofia:
“Être fin de siècle en moeurs comme en philosophie ou en littérature implique
alors, toute ensamble, dépravation, terreur et coquinerie, mélancolie et sarcasme,
cynisme et dépression.”
5
Diverse sono anche le concezioni riguardanti la danza, che è
interrogata sulla sua funzione:
“Est-elle l’emblème de la dépravation contemporaine […]? Un sygne
d’apocalypse ? Est-elle au contraire la prêtresse de l’Idéal, qui donne accès à un monde
de réalités supérieures ?”
6
Se da un lato Nietzsche eleva la danza a simbolo della vita autentica
e Zarathustra, in quanto ballerino, diventa l’annunciatore della verità,
dall’altro l’esperienza fin de siècle, intesa come sinonimo di decadenza
morale e d’inquietudine, viene impiegata come termine qualificante
dell’universo della danza e della ballerina
7
.
4
Ibidem. Questa definizione data da Barrère nel suo vocabolario di Argot mostra come per lui questo
termine sia sinonimo di decadenza morale e di depravazione.
5
G. Ducrey, cit., p. 21.
6
Ivi, p. 19.
7
“Ich würde nur an einen Gott glauben, der zu tanzen verstünde […] Also sprach Zarathustra”, Fr.
Nietzsche, Also sprach Zarathustra, in Fr. Nietzsche, Kritische Studienaufgaben, hrsg. v. G. Colli und M.
Montanari, 15 Bänden, Deutsche Taschenbuch Verlag de Grutyer, Berlin / New York, 1967, Band IV, p.
49 (“Crederei soltanto a un dio che sapesse danzare”, Fr. Nietzsche, Così parlò Zarathustra, Orsa
Maggiore Editrice, Torriana, 1993, p. 45.) Si veda invece la descrizione della ballerina fatta da L.
Legrand in Cours de danse fin de siècle: “Et cette peau de bête insignifiante, cette banale descente de lit
est l’enclume où se forgent les instruments de vice public les plus compliqués dont se gratte la corruption
quintessenciée de notre fin de siècle.”, cit. da G. Ducrey, op. cit., p. 89.
9
Se per alcuni poeti di questo periodo (quali ad esempio i simbolisti)
la danza la danza è vista in un’ottica totalmente positiva, in quanto
espressione del movimento della vita originaria
8
, per altri, invece, la
ballerina, in virtù della sua arte evanescente, diventa il simbolo perfetto
della decadenza e della dissolutezza di fine secolo
9
.
Dallo studio di Ducrey risulta evidente che, in certe novelle e
romanzi della fin de siècle, la concezione della ballerina che aveva
caratterizzato la precedente epoca romantica è stata accantonata: se essa
prima dava voce ai più alti ideali, se veniva privata del suo peso corporeo e
trasformata in idea
10
, è ora invece rappresentata in tutta la sua corporeità. In
epoca romantica la danzatrice interpretava spesso ruoli a metà tra cielo e
terra, come ad esempio le silfidi; era quindi lontana dalla più gretta
materialità ed in continua tensione verso il raggiungimento degli ideali più
alti
11
.
8
A questo prorposito si veda W. Rasch, Tanz als Lebenssymbol im Drama um 1900, in Zur deutschen
Literatur seit der Jahrhundertwende. Gesammelte Aufsätze, J. B. Metzlerische Buchhandlung, Stuttgart,
1967. Isadora Duncan (1878-1927) definisce la danza come una liberazione dai limiti del corpo,
un’unione con le potenze cosmiche. Ivi, p. 64.
9
In seguito alla morte di Gautier, nel 1872, gli avvenimenti più importanti del balletto si spostano da
Parigi a S. Pietroburgo e Mosca. Così nella capitale francese l’attenzione si concentra nei teatri di varietà,
le Folies-Bergère e il Moulin Rouge. Inizia così la “cancanizzazione del decennio, che è simbolo dello
spirito del tempo, della volgarità magnifica, della disperazione estrema, degli eccessi di un’epoca
decadente.”, W. Sorell, cit., p. 334.
10
Si veda O. Di Tondo, Il linguaggio del corpo. Storia del Balletto, Loescher Editore, Torino, 1990, p.
62.
11
Cfr. I. Deutz, Die dichterische Gestaltung des Tanzes in der deutschen Lyrik, Diss. phil. der
Rheinischen Friedriches-Wilhelms-Universität, Bonn, 1953. A p. 7 la Deutz cita le Vorlesungen über
schöne Literatur und Kunst di A. W. Schlegel: “Bewegung ist die Anschauung, in welcher sich Raum und
Zeit verbinden, und welche den Übergang von einem zum anderen macht […] Sie (die Tanzkunst) ist also
eine wahre Kombination der beiden Hauptdarstellungsarten und macht das verbindende Mittelglied
zwischen den simultanen und den musikalischen Künsten aus […]” (“Il movimento è quell’esperienza,
nella quale spazio e tempo si legano e che stabilisce il passaggio dall’uno all’altro [...] Essa (l’arte della
danza) è perciò un’autentica combinazione dei due principali modi di rappresentazione e stabilisce un
anello di congiunzione tra le arti simultanee e quelle musicali [...]”). La danza per Schlegel è la perfetta
unità di gesti, toni e parole, è la Urkunst, l’arte originaria.
10
Alla descrizione della sua naturale grazia viene sostituita ora quella
del corpo contorto dalla fatica:
“Une ballerine qui sort, légère, en souriant, d’une clarté paradisiaque sous la tempête
d’applaudissements enthousiastes, et, tout à coup, dans la coulisse apparaît rouge,
haletante de fatigue, les traits détendus, les muscles des mollets et des cuisses saillants,
les lignes inharmonieuses et quasi brutales.”
12
I suoi gesti, i suoi movimenti non sono più spontanei, il suo corpo è
sofferente; è visibile lo sforzo che essa compie per assumere determinate
pose, così come è evidente l’artificiosità delle sue mosse, delle sue
posizioni. La fatica è tale, che i suoi tratti sono quasi sfigurati: è una figura
brutale, per niente umana
13
.
Significativa è la novella di Baudelaire La Fanfarlo
14
, la cui
protagonista è “une danseuse aussi bête que belle”
15
. La signora Cosmelly,
per riconquistare il marito invaghitosi della Fanfarlo, decide di rendersi
simile a lei:
12
G. Ducrey, cit., pp. 31-32. Brano tratto dal racconto di F. Champsaur, La Cordi.
13
Cfr. G. Tani, Storia della danza dalle origini ai giorni nostri, Leo S. Olschki editore, Firenze, 1983. A
p. 1212, Tani sottolinea l’intento del ballerino: “Il ballerino tende innanzitutto ad escludere ogni menomo
accenno di sforzo agli impulsi muscolari e motori: egli mira in tal modo a trascendere la naturalità
corporea, quasi privandola del suo peso, idealizzando le forme danzanti in pure astrazioni di bellezza, sì
da renderle, se possibile, quasi immateriali […]. Tutto ciò può sembrare una sfida dell’astrazione alla
realtà naturale e forse, anzi certamente, può esserlo, ma alla stessa maniera della poesia nei confronti della
prosa o della figurazione scultorea e pittorica che trasforma in opera d’arte la forma e l’idea della
bellezza, insita nella natura.”
Il teorico della danza Jean George Noverre nelle sue Lettres sur la Danse et les arts imitateurs, pubblicate
nel 1760, sottolineava come per riuscire a danzare con grazia ed eleganza fosse necessario invertire
l’ordine delle cose e costringere il corpo ad assumere delle pose contrarie a quelle cui era stato in
precedenza abituato. Cfr. C. Sandrin, La metafora della danza in Rilke e Valéry, in “Rivista d’estetica”
32, (1993), N. 40 / 41, p. 169.
14
Ch. Baudelaire, La Fanfarlo, in Oeuvres, texte établi et annoté par Y. G. Le Dantec, Bibliothèque La
Pléiade, Paris, 1958, pp. 485-512.
15
Ivi, p. 498.
11
“Au lieu des toilettes sombres et simples auxquelles son regard se plaisait
autrefois, j’ai porté des toilettes folles et somptueuses comme les femmes de théâtre.
Moi, la chaste épouse qu’il était allé chercher au fond d’un pauvre château, j’ai paradé
devant lui avec des robes de fille […] J’ai mis du rouge, Monsieur, j’ai mis du
rouge!”
16
Dunque la ballerina diventa omologa della prostituta
17
. La
descrizione va avanti:
“Jamais elle ne portait de ces insipides robes de gaze qui laissent tout voir et ne
font rien deviner. Elle amait les étoffes qui font du bruit, les jupes longues […] elle
dansait, non pas avec des boucles, mais avec des pendants d’oreilles, j’oserais presque
dire des lustres.”
18
Non più silfide come in epoca romantica
19
, essa diventa ora tangibile
in tutta la sua concretezza:
“La reine du lieu, au moment de quitter le théâtre, reprenait une toilette de
simple mortelle, et, accroupie sur une chaise, chaussait sans pudeur sa jambe adorable
[…]. Cette jambe était déjà, pour Samuel, l’objet d’un éternel désir. Longue, fine, forte,
grasse et nerveuse à la fois, elle avait toute la correction du beau et tout l’attrait libertin
du joli. Tranchée perpendiculairement à l’endroit le plus large, cette jambe eût donné
une espèce de triangle dont le sommet eût été situé sur le tibia, et dont la ligne arrondie
du mollet eût fourni la base convexe [...]. Dans cette agréable attitude, sa tête, inclinée
16
Ivi, pp. 499-500.
17
Cfr. G. Ducrey, op. cit., p. 79; Ducrey qui cita un testo di J. Lorrain, intitolato Salomé, in cui mostra
che non esistono più “les gracieuses ballerines aux gorges palpitantes, aux fins corsets de libellules”;
adesso le ballerine devono fronteggiare la realtà più sporca e brutale. Ballerina e cortigiana diventano così
termini interscambiabili.
18
Ch. Baudelaire, La Fanfarlo, cit., p. 503.
19
La ballerina romantica era unione perfetta di spirito e materia; la donna attraverso la danza veniva
deificata, posta dall’uomo su un piedistallo, esaltata per la sua bellezza spirituale, che si rifletteva anche
nel suo volto. Cfr. W. Sorell, op. cit., p. 275.
12
vers son pied, étalait un cou de proconsul, large et fort, et laissait l’ornière des
omoplates, revêtues d’une chair brune et abondante.”
20
La danzatrice non è, come accade nei poeti simbolisti, trasposta in
una dimensione ideale, ma è piuttosto legata ad una realtà fredda e brutale:
“C’est dans la rue, sur le pavé durci par le gel ou dans la boue grasse de
novembre, qu’elles se dressent et tournoient lentement à la tombée du jour. […] C’est
dans la réalité brutale et laide, dans la détresse infinie des avenues solitaires. […] Mais
pourtant ce sont, elles, les vrais et les éternelles danseuses, les créatures de trouble
[…].”
21
Essa diventa oggetto del desiderio, ammirato non più su un
palcoscenico luminoso, ma piuttosto per strada o nello squallore e
nell’oscurità del retropalco.
I cabaret, i music-hall diventano il luogo della dissolutezza e della
pura esibizione del corpo della danzatrice, non più inteso nella sua globalità
come forma d’arte, ma piuttosto «sezionato» ed ogni singola parte attrae lo
spettatore, trasmettendogli una “fièvre charnelle”
22
.
20
Ch. Baudelaire, La Fanfarlo, cit., p. 504. Una descrizione così minuziosa era del tutto sconosciuta agli
scrittori romantici; basti leggere a questo proposito la descrizione fisica che Théophile Gautier fa di Maria
Taglioni e di Fanny Elssler, pubblicata nella “Presse”: “Ella [Maria Taglioni] fluttua come uno spirito nel
bel mezzo di una nebbia trasparente di mussola bianca della quale ama circondarsi, ella assomiglia a uno
spirito felice che appena fa incurvare i petali dei fiori celesti con la punta dei piedi rosa. Fanny Elssler è
una deliziosa ballerina interamente pagana. Ci ricorda la musa Tersicore con il tamburello e la veste
spaccata a mostrare la coscia e fermata da fibbie d’oro. Quando si piega temerariamente all’indietro
proiettando dietro di sé le braccia voluttuose, si ha una visione, una di quelle belle figure di Ercolano o di
Pompei, che si stagliano in bianchi rilievi contro uno sfondo nero, accompagnando la danza con risonanti
cimbali”, W. Sorell, cit., pp. 306-307.
21
J. Lorrain, Le Salomé, cit. da G. Ducrey, op. cit., p. 79.
22
Ivi, p. 227.
13
La Fanfarlo non è che un esempio di una concezione particolare
della danzatrice nella Jahrhundertwende
23
; abbiamo già visto come dal
testo di Lorrain, La Salomé, venga fuori una poetica della ballerina
contrassegnata dalla privazione, egli parla di creature della perdizione, che
da sempre ballano solo per compiacere l’uomo. In una sua poesia intitolata
sempre Salomé, egli affianca ai termini riferiti alla prostituta quelli che
caratterizzano invece la ballerina,
“Tout en tulle, légère et feroce, un grand peigne / Mordant ses crins d’or fauve et
d’un air délicat / Du revers de la main portant sur un grand plat / La tête de Pierrot, dont
le front troué saigne. / Elle apparaît dans l’ombre au pied de l’Opéra […] / La tête blême
et veule avec ses larges plaies […] / a pour nimbe un louis d’or / […] et sous son fin
maillot taché et de boue / Et de sang, Salomé, fille et soeur de la Mort / Rit à
l’humanité, que ce louis d’or bafoue.”
24
Qui i tratti propri della ballerina, l’Opera, il tulle, vengono avvicinati
a quelli che si riferiscono alla prostituta, i soldi, la perversità, la macchia di
sangue.
La ballerina fin de siècle, in quanto simbolo della precarietà e della
corruzione dell’epoca, non rimane neppure immune alla fugacità della
bellezza: molti scrittori di fine Ottocento insistono sui cambiamenti fisici
che la vecchiaia apporta al corpo della danzatrice (laddove per Gautier la
23
A questo proposito è però doveroso rilevare, che la concezione che Baudelaire ha della ballerina è altra
rispetto a quella che vuol invece far emergere dal suo racconto e che giudica essere tipica del periodo in
cui vive. Dice infatti a p. 505: “Chez nous, l’on méprise trop l’art de la danse, cela soit dit en passant.
Tous les grands peuples, d’abord ceux du monde antique, ceux de l’Inde et de l’Arabie, l’ont cultivée à
l’egal de la poésie. La danse est autant au-dessus de la musique, pour certaines organisations païennes
toutefois, que le visibile et le créé sont au-dessus de l’invisible et de l’incréé […]. La danse peut révéler
tout ce que la musique recèle de mystérieux, et elle a de plus le mérite d’être humaine et palpable. La
danse, c’est la poésie avec des bras et des jambes, c’est la matière, gracieuse et terribile, animée, embellie
par le mouvement.” Ch. Baudelaire, La Fanfarlo.
24
Da G. Ducrey, cit., p. 80.
14
danza, come l’arte in generale, implicava bellezza)
25
. Baudelaire nella
poesia Les petites vieilles offre un chiaro esempio di declino fisico del
corpo femminile:
“Ces monstres disloqués furent jadis des femmes […] / Monstres brisés, bossus /
ou tordus [...] / ils trottent, tout pareils à des marionnettes; / se traînent, comme font les
animaux blessés, / ou dansent, sans vouloir danser, pauvres sonnettes […].”
26
Il passo incerto di queste vecchiette è simile ad una danza, che non
deriva però dalla propria volontà, ma da quella altrui; esse sono infatti solo
delle marionette, il loro incedere ricorda quello di un animale ferito. La
loro danza non è più associata all’immagine di una ballerina in perfetto
equilibrio sulle punte
27
, ma a quella di donne ridotti a mostri
28
, il cui
trascinarsi e trotterellare è una specie di ballo. Non c’e più una tensione
verso l’alto, ma un avanzare faticoso e pesante, con le “membres
discords”
29
. Alla descrizione della ballerina come una donna ormai
invecchiata e spesso anche malata
30
si affianca quella della ballerina come
simbolo della morte. La danza non è vista come un atto gioioso e
25
Cfr. M. Wienholz, Französische Tanzkritik im XIX Jahrhundert als Spiegel ästhetischer
Bewußtseinsbildung. T. Gautier- J. Lemaître- S. Mallarmé, Herbert und Peter Lang, Bern / Frankfurt am
Main, 1974, pp. 23-79.
26
Ch. Baudelaire, Les petites vieilles, in Les fleurs du mal, in Oeuvres complètes, p. 85.
27
G. Zacharias, Ballet-Gestalt und Wesen. Die Symbolsprache im europäischen Schautanz der Neuzeit,
Verlag M. du Mont Schauberg, Köln, 1962. A p. 48 Zacharias sottolinea l’importanza ed il significato che
ha l’equilibrio nella danza accademica: “Das >Équilibre< des Tänzers strahlt auf die Zuschauer aus und
vermag bei ihnen, je nach den individuellen Voraussetzungen, jenes seelisch-körperliche >Équilibre< zu
stärken, dessen jeder Mensch immer wieder bedarf, um die innere Unausgeglichenheit, Gespaltenheit und
Zerrissenheit zu vermeiden oder zu überwinden.” (“L’ >equilibrio< del ballerino si diffonde sugli
spettatori e riesce a rafforzare in loro, sempre secondo le premesse individuali, quell’equilibrio psico-
fisico, del quale ogni uomo ha bisogno, per evitare o superare l’interiore instabilità, scissione e
dilacerazione.”)
28
Per Gautier la bellezza era invece il primo requisito che si richiedeva ad una ballerina, la cui arte
diventava “espressione della voluttà fisica e della bellezza femminile”, W. Sorell, cit., pp. 296-321.
29
Ch. Baudelaire, Les petites vieilles, cit., p. 85.
30
Cfr. G. Ducrey, op. cit., pp. 120-219. A questo proposito si veda anche W. Rasch, Die literarische
Décadence um 1900, C. H. Beck, München, 1986, il paragrafo intitolato Décadence und Krankheit, pp.
38-43.
15
rigeneratore
31
, ma come portatrice di morte
32
. Un esempio è dato dal
racconto di T.T. Heine, un caricaturista che lavorava per la rivista
“Simplizissimus”, Das Mädchen, das nicht tanzen konnte, la cui
protagonista è una ragazza che non riesce mai a ballare; si ritrova così
invecchiata senza aver mai ballato con qualcuno e senza essere mai stata
corteggiata. Un giorno durante un ballo in maschera un cavaliere l’avvicina
e cominciano così a ballare; lei sembra improvvisamente ringiovanire, ma
quando il cavaliere si toglie la maschera, si rende conto di aver danzato con
la Morte. Non solo la ballerina in questione è una donna ormai vecchia, ma
è proprio ballando che essa trova la propria morte
33
.
W. Rasch
34
mostra come in alcuni drammi della prima metà
dell’Ottocento la rappresentazione di una danza sia in qualche modo in
rapporto con la morte. Ad esempio in Leonce und Lena di Büchner, Leonce
cerca di convincere la sua amica Rosetta a ballare, ma lei piuttosto
preferirebbe morire e dice:
“Meine Füße gingen lieber aus der Zeit […] O meine müde Füße, ihr müßt
tanzen / In bunten Schuhen, / Und möchtet, lieber tief, tief / Im Boden ruhen.”
35
La danza è qui espressione di profonda tristezza; anche Leonce
parlando del vuoto che sente dentro di sé, paragona la sua testa ad un
31
Per Nietzsche la danza è il simbolo più alto dell’esistenza umana, libera e appagata; è la vera vita. Dice
Zarathustra: “Und verloren sei uns der Tag, wo nicht Ein Mal getanzt wurde!”, Fr. Nietzsche, Also sprach
Zarathustra, cit., p. 264 (“E sia perduto quel giorno in cui non abbiamo danzato almeno una volta!”, Fr.
Nietzsche, Così parlò Zarathustra, cit., p. 182.)
32
La relazione della danza con la morte non è certo una novità di questo periodo: nel Medioevo la
ballerina per eccellenza era proprio la Morte. Cfr. W. Sorell, op. cit., pp. 38-40.
33
Cfr. G. Ducrey, op. cit., p. 155.
34
W. Rasch, Tanz als Lebenssymbol im Drama um 1900, op. cit.
35
Ivi, p. 59 (“I miei piedini preferirebbero uscire dal tempo. […] O stanchi miei piedini danzare dovete /
in scarpine di mille colori / e ben preferireste riposare / profondi, profondi sottoterra.”, Leonce e Lena, in
Georg Büchner, Opere, a cura di G. Dolfini, Adelphi, Milano, 1963, p. 124.)
16
“leerer Tanzsaal […], die letzten Tänzer haben die Masken abgenommen und
sehen mit todmüden Augen einander an.”
36
In Woyzeck una scena di ballo tra Maria ed il tamburo maggiore
scatena nella mente di Woyzeck un impulso omicida, che lo porterà ad
uccidere la fidanzata Maria.
La ballerina è vista quindi da alcuni scrittori in un’ottica tutt’altro
che positiva: viene considerata stupida
37
, addirittura una bestia ed è perciò
condannata a rimanere prigioniera in una realtà materiale e meschina,
perché un lavoro sottomesso ai soli movimenti del corpo non ha accesso
alla spiritualità. Il suo corpo in movimento non suscita più meraviglia,
stupore agli occhi degli spettatori, perché i suoi gesti e le sue pose sono
sofferti, sono evidentemente innaturali. La danza diventa così solamente un
pretesto per esporre il corpo femminile, quasi scomposto in tanti pezzi
38
ed
esaminato in ogni sua singola parte: gambe, bocca e così via, e diventa
pertanto mero oggetto del desiderio
39
.
36
Ibidem, (“sala da ballo vuota […], gli ultmi ballerini si sono tolti le loro maschere e si guardano l’un
l’altro con gli occhi stanchi morti.”, Leonce e Lena, in Georg Büchner, Opere, cit., p. 126.)
37
Cfr. nota 15.
38
Cfr. G. Ducrey, op. cit., capitolo intitolato La danseuse en morceaux, pp. 221-353.
39
Certi autori di questo periodo si allontanano quindi dalle definizioni che sono state date della danza nel
corso dei secoli. Per Platone era ad esempio la madre della musica e della poesia; presso molti popoli
primitivi era inscindibilmente legata alla filosofia e alla teologia, con le quali spesso si identificava,
venendo così ad assumere una funzione fondamentale nella vita di tutti i giorni. Sin dall’antichità è stata
considerata un’arte coessenziale alla vita dell’uomo, un’espressione perfetta dell’interiorità. Cfr. G. Tani,
La danza e il balletto: compendio storico- estetico, Nuova Pratica editrice, Parma, 1995.
17
La danza viene allora come la più fugace di tutte le arti, la più finta,
la meno spontanea, e per questo alla ballerina vengono affiancate figure
altrettanto artificiose, come l’acrobata e la bambola
40
. L’interesse maggiore
nei confronti dell’acrobata (detta anche ballerina della corda) risiede nel
legame che quest’artista intrattiene con la morte: durante i suoi esercizi,
essa potrebbe cadere e morire. L’acrobata incarna l’art de mourir en
beauté, di cui parla Verlaine e che riconosce essere un tratto fondamentale
del decadentismo:
“En plus de tout cela, l’acrobate exerce sur nos nerfs un peu malades de
civilisés, de civilisation mûre, l’attrait de la securité dans le péril et de la grâce dans la
mort!”
41
La ballerina e l’acrobata sono accomunate dal fatto che sia nei
movimenti dell’una, che negli esercizi dell’altra emergono lo sforzo, la
fatica, più che la grazia ed il virtuosismo.
Il paragone tra la ballerina e l’acrobata non è quindi positivo, il
destino degli acrobati è contrassegnato, come quello della danzatrice, da
una profonda tristezza e squallore; delle esibizioni dei funamboli rimane
soltanto
40
Nel suo studio dedicato ai motivi della letteratura decadente Rasch esamina in un paragrafo la figura
dell’artista di strada, che è al centro di interesse di molti scrittori. Egli però punta l’attenzione sui giudizi
positivi che sono stati dati su questi artisti (basti pensare ad Hofmannsthal che vede nelle arti che si
esercitano tacendo la soluzione alla crisi del linguaggio che caratterizza la fin de siècle); e soprattutto
sull’analogia esistente tra il giocoliere ed il letterato, entrambi costretti a vivere un’esistenza da
emarginati, ma allo stesso tempo simbolo della vera umanità, aliena da ogni banalità e povertà spirituale,
in contrapposizione alla borghesia. “Und vor allem leben wir. Ihr seid höchstens am Leben. Ihr spart
Seele, wie ihr Geld spart […] Wer von euch ist denn Mensch?” (“E soprattutto noi viviamo. Voi tutt’al
più siete in vita. Voi risparmiate la vostra anima, come risparmiate i soldi […] Chi di voi è uomo?”, H.
Mann, Die Jagd nach Liebe, cit. da W. Rasch, Die literarische Décadence um 1900, op. cit., p. 107.)
41
J. Lorrain, Chronique de Paris. Acrobatie, da G. Ducrey, cit., p. 291.
18
“pauvres corps déjetés en morceaux sur le sol, après avoir rayonné de toute leur
gloire au ciel des théâtres ou des cirques.”
42
Così la ballerina, che dopo aver raggiunto il suo momento di
celebrità sulla scena, si ritrova esausta per i notevoli sforzi che ha dovuto
compiere.
Parimenti essa è accostata alla bambola, che esercita un fascino tutto
particolare sugli scrittori di questo periodo: entrambe sono private della
loro spiritualità, della loro volontà e totalmente dipendenti da un volere
esteriore; non hanno niente di umano, tutto in loro è artificiale
43
. Scrive
sempre Lorrain:
“Les lugubres marionnettes de l’Elysée remisées ou brisées, avec quelle joie
nous revenons tous, grisés de lumière et de boulevardisme, vers les étincelantes pupazzi
de la mode et de l’art. Or séductrice et délirante entre tous ces fantoches, la poupée
souveraine et absurdement femme, […] c’est la Danseuse.”
44
Voci sparse nel panorama degli scrittori fin de siècle che hanno
scritto sulla danza, puntano pertanto la loro attenzione sulla danza, o più
esattamente sulla figura della ballerina, come simbolo adeguato ad
esprimere quel senso di transitorietà, di stanchezza e malinconia che
caratterizza l’atmosfera di questo periodo
45
. L’arte della danza è svalutata
perché si rivolge solamente ai sensi, non allo spirito, è legata
esclusivamente a ciò che c’è di più concreto e allo stesso di più labile: il
corpo umano.
42
G. Ducrey, cit., p. 295.
43
Ivi, p. 298.
44
Ivi, p. 296.
45
Cfr. W. Rasch, Fin de siècle als Ende und Neubeginn, in Fin de siècle. Zur Literatur und Kunst der
Jahrhundertwende, op. cit., pp. 30-47.