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Introduzione
Il presente lavoro si propone di ripercorrere quali sono i significati più
profondi di uno degli aspetti del dio Ś iv a: N ā , il “Si gno r e dell a da nza”.
Il suo scopo, semplicemente, è quello di presentare, con una certa
sintesi, la danza di Ś iv a N āt a r ā ja, conosciuta come ā n a nda t ā ṇḍ a va; con il
quale il dio dell ’ un iv e r s o, e s prime lo s t a t o di bea t i t udine di cui go d e e ne l quale si incarna. La notorietà della forma danzante del dio indù fa si che
N ā s ia l’imma gi ne più po po la re dell ’I n duismo nel mondo moderno.
La prima parte della ricerca viene condotta sulla riga di David Smith, il
quale offre una particolare attenzione, nella sua opera The Dance of Ś iv a,
ai luoghi più suggestivi del tempio di Cidambaram, al bronzo cola di Ś iv a
danzante ed elogiato tra i versi di Umapati; per poi gettare uno sguardo
sulla relazione che Ᾱnanda Coomaraswamy individua, attingendo alle fonti
Tamil, tra le cinque attività e la danza.
Il secondo capitolo è specificamente dedicato al motivo centrale della
danza che Ś iv a co mpie a l ce ntro dell ’uni ve rs o e s op ra t t utt o ne ll’u omo , ne l suo cuore, ovvero quello di permettergli di raggiungere la Realtà ultima e
confondersi con essa. Gli ultimi tre paragrafi di questo capitolo sono stati
dedica t i a ll’ indagine che la Silburn conduce sulla o l’e n e rgia del
pro fondo ovve ro l’e ne rgia co s mica che gia ce la t e nte in cia s cun e s s e r e umano. La è a ll’orig ine dell a po t e nza dell ’uomo , e di t utt i i ritmi, così il ritmo ella danza di Śiva da questa che non è altro che spanda,
vibrazione.
La Danz a del Di o è a nche pa rt e dell ’a do ra z ione : a l dio l’uomo non offre soltanto fiori e frutta ma anche musica e danza, i due modi migliori per
re a lizz a re l’un ione co n la divin ità . Anch e la s u a co ns ort e d a nz a , P ā rv a t ī, da
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lui iniz ia t a a ques t ’a rt e ; il s uo nome a Cid a m ba ra m è Ś iv a ka m a s un da ri. Le i
è la sua conoscenza, il suo desiderio, la sua energia. Inoltre è la stessa
Pā rva t ī che incarna la compassione del Dio per il mondo.
Non è stato tralasciato, inoltre, un secondo tipo di danza con cui la
pres e nte rice rca giun ge a co mpimen t o ne ll’u ltimo ca pit olo . La seconda
celebre danza di Śiva è detta T āṇ ḍava e appartiene al suo aspetto di
Bhairava, letteralmente il Tremendo. La scena su cui Śiva danza
selvaggiamente insieme a Kā lī e un campo crematorio. Questa danza è
violenta e distruttiva ma ciò che distrugge non sono soltanto i cieli e la
terra ma anche le catene di ogni anima individuale dissolvendo così le
tenebre di m āy ā (l’illus ione ).
Ma ecco che Śiva diviene Ś a va “ca d a ve re ” (Malamoud, “La d a nz a delle
piet re ” 2005) e sul corpo esamine compare Kā lī, la dea d a ll’orrib ile a s pett o , p ot e nza t r a s ce nden t e del t e mpo , distrut t rice dell ’uni v e rs o in
frantumi, rappresentato appunto da Śava.
In Śiva danzante apparentemente ci sono due opposti: la sua testa è
come una maschera enigmatica ed è in equilibrio, mentre le membra sono
un turbine. Ciò rivela tensione fra il miracolo della danza e la serena
tranquillità del suo volto: è la tensione esistente tra Eternità e Tempo, del
brahman-atman e della Maya. Ma nessuno dei due è la totalità perché
l’in vi s ibil e e il vi s ibile s ono in quintes s e nza la s t e s s a co s a . In re a ltà non esiste alcuna dualità. Nella figura di Śiva vi è quindi l’As s olut o e la s ua māy ā in un ’uni ca fo rm a .
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CAPITOLO I
La Danza di Ś iv a
1.1 La leggenda
“I l Signore d e lla co r t e di T illai e s e gue
U na d a nz a m is t ica : c h e c os’è , m io ca r o? ”
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Dal piedis t a llo di lot o s punt a un ’a ure ola orl a t a di fu oc o incor ona nt e Ś iv a danzante con il piede sinistro elegantemente sollevato, mentre con quello
destro schiaccia un demone – Muyalaka ṉ
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o Apasm āra –; la mano destra
superiore tiene un tamburo, La mano opposta, in alto a sinistra, con le
dita atteggiate nella posizione della mezzaluna (ardhacandra- mudrā),
porta sul palmo il fuoco, la mano destra inferiore è alzata per mostrare
assenza di paura (abhaya- mudr ā) che diffonde pace e protezione, mentre
la rima ne nte ma no s in is t ra , s ospes a a ll’a ltez z a del pett o, indica in basso il
piede sinistro, sollevato.
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Fra la sua chioma intrecciata e ingioiellata,
appare un cobra attorcigliato, un teschio simbolo della morte e la figura
della G ā ṅgā che Ś iv a ricevette sulla testa quando il fiume discese dal cielo
sulla terra. Le ciocche di capelli sono incoronate con un serto di foglie di
cassia. Quelle inferiori si agitano nella danza. Sopra si trova la luna
crescente, Ś iśu . All’o re cchio des t ro p ort a un orecchin o da uomo , a ll’orecchi o s ini s t ro un o da do nn a . Eg li è a d orno di co ll a ne e bracciali, di
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T iru v a śa ga m , X II, 1 4 .
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Il de m on e Ap a sm ā ra è de t t o in t a m il Mu y a la k a ṉ entrambi significano dimenticanza o
smemoratezza.
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Alcuni testi riportano al contrario di quanto citato sopra, che la mano sinistra inferiore di
N ā ṉ. Cfr. A. Coomaraswamy, (2003, p. 75).
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una cintura ingioiellata, di anelli alle mani e ai piedi. Le vesti aderenti
sono la parte principale del suo abbigliamento.
Co s ì Ś r ī N ā d a nza d a va nti a ll’ a s s e m blea, sabh ā, nella sala
dorata di Cidambaram , ce ntro dell ’uni ve rs o, r ivelato per la prima volta agli
dei e ai ṛṣi dopo la capitolazione di questi ultimi nella foresta di Taragam,
come conferisce il K ōyil Purāṇam. ( Ᾱ. Coomaraswamy, 2003, p.74) Questa
da nza è c hiamata “ La Danz a dell a Bea t itu dine ”, ā na nd a t ā ṇḍava.
La leggenda narra che nella foresta dei Pini abitavano schiere di ṛṣi
seguaci della M īmā ṃs ā. Per confutare la loro dottrina, il Dio si recò lì,
accompagnato da Vi ṣṇu nella forma di una bella donna. I ṛṣi, dopo una
violenta disputa tra di loro, diressero la propria col le ra c ont r o Ś iv a . Crearono una tigre feroce che si lanciò contro di lui; egli la catturò e, con
l ’unghia del s uo dito mignolo, le tolse la pelle e la indossò come un vestito
di seta. I ṛṣi ripresero le loro offese producendo un serpente mostruoso
che tutta vi a Ś iv a ca t t urò e s i a vv olse into rno a l co llo co me un a ghi rla nda . A quel punt o Ś iv a co minciò a da nz a re , ma un mostro da lla form a di un
nano malvagio lo assalì; egli premette i suoi piedi sul dorso, cosicché,
umiliato il s uo ultimo n e mico , Ś iv a ripres e a d anzare davanti a dei e ṛṣi. Gli
eremiti erano ora sopraffatti dallo splendore e dalla rapidità della danza
stessa; in seguito giunse P ārvat ī s ul s uo t or o bia nco e Śiv a p a rt ì c on lei p e r il monte Kail āsa. Vis u rimase con il servo, il serpente Śe ṣa, che chiese al
dio di po t e r di nu ovo co ntempla re ques t a d a nza mis t ica ; Ś iv a pr o mis e di danzare nuovamente nella sacra Cidambaram, il centro del universo.
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1.2 N ā mbaram
La da nz a di Ś iv a a Ci da mb a ra m
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, s ull a co s t a orien t a le dell ’I ndia del S ud, costituisce il soggetto delle statuette di rame indiane meridionali. Queste
immagini differiscono di poco tra loro, ma esprimono un'unica concezione
fondamentale.
Alcun e pecul ia rità dell e imma gini di Ś iv a a p pa rt e ngo no a lla co nce z ioni del
dio in generale: le ciocche intrecciate come quelle di uno yogin;
l’imma gine a ntro po m o rfa co n t re oc chi e un cre s ce nte di l un a s ull a front e ; dalla corona formata dai suoi capelli arruffati scorre la G ā ṅgā, bianca
come il latte simbolo di purezza; le quattro braccia sono simbolo del
dominio universale, le quattro direzioni dello spazio e la padronanza sugli
elementi. Due mani reggono il tridente e una scure, le altre due fanno il
gesto di allontanare la paura e di concedere la grazia.
La notorietà della forma danzante del di indù fa si che N ā sia
l’imma gine più po p ola r e dell ’I nduis mo ne l mond o mo dern o. I noltre esiste
una larga varietà di rappresentazioni, datate al quinto secolo A. D., ma
quella che ci è più familiare è una in particolare, conosciuta come
N ā “Si gno re d e lla Danz a ”. Qu e s t a imma gine ha ra g giunt o un a forma canonica nei bronzi c ōl a
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del decimo secolo A.D. La prima
esecuzione di questa danza è avvenuta a Cidambaram, 244 km a sud
da ll’od ie rna Che ṉṉai, un tempo Madras. Per questo Cidambaram è stato il
centro del culto di N ā dal VII secolo e del culto della Danza della
Beatitudine dalla sua origine, 300 anni più tar di. Pe r i s e gua ci di Ś iv a , gli
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Il complesso templare di Cidambaram, dedica t o a Śiv a Si gnore della danza, è una vera
e propia città divina. La dinastia dei C ō a, animati da profondo zelo religioso e devoti al
dio, ricostruirono e dotarono di nuovi sezioni il complesso, tra i numerosi edifici il più
importante è il temp io di Śi v a k āmasundar ī, ovvero P ārvat ῑ.
La dinastia dei c ōl a st a bilì la prop ria e ge m on ia polit ic a n e ll’ e st re m o su d, in q u e llo c h e oggi è lo stato del Tamil Nadu. Il periodo di splendore continuò fino a Kullottu ṅga III
(1178-1218). Le prime costruzioni cola datano agli inizi del IX secolo.
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Śiv a- è ra ppr e se n t a t o in u n a be lli ssima se ri e di bronzi de ll’ In dia de l S u d c h e datano dal X e dal XII secolo A.D.