In particolare, la figura femminile inventariata come Venere
era da sempre circondata da un’alone di riverente ammirazione per la
quale si sussurrava il grande nome di Tiziano; esistono anche delle
testimonianze del fatto che Coronini stesso ne parlasse
orgogliosamente in questi termini e che anche persone molto
competenti in materia si fossero espresse in tal senso.
Di fronte ai tre frammenti si poneva quindi tutta una serie di
domande e un programma di indagine che in realtà partiva da zero:
come doveva essere stato il quadro originale, che cosa rappresentava,
quali eventi traumatici lo avevano smembrato, chi dei Coronini era
entrato in possesso dell’opera e in che modo, infine quale nome
sarebbe alla fine emerso come soluzione del problema attributivo.
E’ chiaro che per rispondere a tutto questo fitto elenco di
interrogativi sono state eseguite delle ricerche prima di tutto
all’interno della villa Coronini.
Passando a setaccio tutti i numerosissimi possibili cassetti di
vari mobili (trumeau, stipi, scrigni, cassettoni, boureau ), nel tiretto di
un mobile recente del caveau è stato scoperto il frammento di un
dipinto che riproduce dei piedi femminili e parte delle gambe (n. inv.
134). Questi resti pittorici potevano anche passare inosservati se
proprio accanto non fosse stata rinvenuta, subito dopo, una fotografia
in bianco e nero (probabilmente degli anni Cinquanta) che
riproduceva un grande quadro con delle figure femminili e quella
raffigurata all’estrema sinistra era proprio la donna di spalle appesa
nella Biblioteca di Villa Coronini!
Dopo il primo attimo di stupore e comprensibile
smarrimento, sono state fatte alcune verifiche ed effettivamente la
figura della fotografia e quella del dipinto della Fondazione
corrispondevano in tutto e per tutto: la presunta Venere quindi aveva
fatto parte, un tempo, di quel dipinto così come il frammento dei
piedi: questi ultimi, infatti, sono ciò che resta di una figura muliebre
distesa che nella fotografia si trova al centro della composizione.
Tra l’altro il fatto più sorprendente era che la donna di spalle
non aveva, all’interno di quella raffigurazione, tutta l’importanza che
in realtà da sempre le era stata data, anzi non si trattava che di una
figura di contorno rispetto alla vera protagonista, la “proprietaria” di
quelle estremità neglette: figura questa senz’altro identificata con
Danae. Sopra di lei c’era un paesaggio con pioggia d’oro, lo stesso,
fra l’altro, conservato nella Biblioteca e già sopra citato. Ma c’era
ancora un’altra rivelazione shock : anche l’amorino era riprodotto in
quella fotografia; anzi vicino a lui ce n’era un altro che però, come la
figura di Danae, è andato perduto. Insomma i tre quadri della
Biblioteca non erano fra loro dei perfetti sconosciuti ma facevano
parte di un unico dipinto che ormai non c’era più: quello della
fotografia!
In effetti, con il proseguimento delle ricerche sia nella villa
Coronini che nell’Archivio Storico della Fondazione, sono emerse
precise e incontrovertibili testimonianze che suffragano tale ipotesi:
altre riproduzioni fotografiche e numerose lettere certificano,
inequivocabilmente, l’esistenza di un’unica tela originaria,
rappresentante Danae, alla quale il conte Coronini, come risulta dai
dati d’archivio, era assai legato.
Del grande quadro originario si sono potute dedurre anche
le dimensioni attraverso la comparazione del formato dei frammenti
superstiti con le fotografie del dipinto integro.
Quando, grazie anche ad altre fotografie rinvenute, a più
riprese, nell’Archivio Fotografico Contemporaneo della Fondazione,
sembrava di aver completato la ricostruzione del dipinto, un nuovo
ritrovamento inaspettato è sembrato rimettere tutto in discussione:
esisteva un’altra Danae (foto 4/A) in tutto simile alla precedente ma
con la figura principale modificata! Il rinvenimento di altre fotografie
ha poi consentito di riconoscere le svariate modifiche apportategli nel
corso del tempo e anche molte lettere sono state rivelatrici, almento in
parte, delle vicissitudini dell’opera: infatti se è vero che non è stato
possibile scoprire con assoltua certezza come mai la tela sia stata
smembrata, dalla disamina che affronteremo più avanti ciò potrà
essere perlomeno intuibile.
(pp. 62-66)
Vermehren aveva proposto al conte due tipi di intervento:
uno più costoso, che il conte rifiutò e un altro consistente nella
semplice rimozione delle sovrapposizioni più deturpanti attraverso il
ritocco delle “[...] parti così scoperte per il modico prezzo di 4- 5000
Lire [...]il restauro s’inizierà con la rapida ripulitura [...]”
6
. Questo
tipo di restauro era, per il momento, più che sufficiente per il conte,
visto che un’operazione completa sarebbe stata comunque subordinata
al riconoscimento dell’attribuzione al Maestro
7
.
Era ansioso di conoscere la verità, entusiasta come tutti i
giovani della sua età (si ricordi che all’epoca aveva ventun anni) al
solo pensiero di aver trovato un tesoro inestimabile, una scoperta che
avrebbe portato notevole scompiglio nel mondo dell’arte e della
cultura in genere: un grande quadro di Tiziano inedito! Quale migliore
occasione poteva esserci per un giovane come lui, colto, ambizioso,
intelligente e già introdotto in un ambiente culturale prestigioso come
quello fiorentino? Aveva, in passato, avuto occasione di conoscere
grandi studiosi, artisti e letterati come il Pallucchini, Suida, Berenson,
Fiocco, Rietti, Morassi, Marin, Valcanover; si rivolse quindi ad alcuni
di loro per sottoporre il dipinto al loro giudizio, che sperava potesse
concordare con il suo. Il personaggio che partecipò più da vicino a
questa vicenda fu Giuseppe Fiocco; l’eminente studioso è menzionato
già nella lettera che Coronini scrive al padre il 31 maggio del 1927:
“[...]il restauro s’inizierà con la rapida ripulitura alla presenza di
Fiocco e Brass. Poi, dopo uno o due mesi di lavoro paziente, si
6
Un restauro completo sarebbe costato circa trentamila lire, cioè quasi quanto il prezzo pagato per
l’opera stessa.Vedi ASGO, Archivio Storico Coronini, Serie Atti e Documenti, busta 316, fasc.
857.
7
Vedi ASGO, Archivio Storico Coronini, Serie Atti e Documenti, busta 316, fasc. 857 .
prenderanno le fotografie destinate alla pubblicazione. Fiocco, infatti,
m’ha confermato ripetutamente la sua intenzione di pubblicare un
articolo probativo e credo di poter fare affidamento sulla sua
promessa [...]”. Nella successiva corrispondenza dell’ 8 novembre
1927, indirizzata ai genitori, precisa: “[...]Je voudrais, cependant,
différer le payement, à cause des essais de nettoyage, esigés par
Fiocco, que je dirigerai de facon a n’encourir aucun risque. Cette
operation subira un retard d’une semaine, comme le professeur est
trés occupé [...]”
8
.
Dalla lettera del 5 dicembre 1927 alla sorella Nicoletta, si
apprende: “[...]Je vous ai déja’ exposé l’importance décisive des
entretiens avec le Prof. Fiocco, que j’espére rencontrer aprés demain;
j’ai cru devoir lui donner un acompte de reconnais sance par le
cadeau d’une récente publication sur Titien et j’en ai obtenu une
recommandation de la demande, que j’enverrai au Ministére, afin
d’obtenir l’entrée gratuite aux Musée et Galerie. [...]”
9
.
E’ senz’altro importante il fatto che il noto studioso si fosse
particolarmente interessato al dipinto di Coronini, avesse assistito
all’intervento di pulitura e soprattutto che si ripromettesse di
dedicargli un articolo su Dedalo o su Pantheon : “[...]J’ai done pu
obtenir de F. la promesse formelle de rédiger et publier l’article en
question. Sous le titre: «Une composition du T.», l’étude contiendre
l’attribution inconditionnée au maitre, avec de certaines restrictions
et réserves relatives aux évidentes retouche. Le manuscript sera
imprimé par «Dedalo» ou le «Pantheon», une revue publié a Munich,
sous la direction de August Liezen-Mayer et V. Falke à partir du Ier
8
Ivi, busta 316, fasc. 857.
9
Ivi, busta 316, fasc. 857.
Janvier 1928, qui surait toutes mes préférences à cause de la
considération des directeurs et du terrain neutre offert. Le choix sera
cependant subordonné à la qualité et aux dimensions des
reproducions, si importantes en ce cas. Comme je considére de ne pas
dovoir lésiner su ces depenses, je chargerai M. Jacquier, photographe
de renom, de la confection de plusieures photographies d’ensemble et
de détail. J’ai aussi trouvé le moyen de rémunérer le prof. F.(iocco),
en me chargeant de la traducione en allemand de l’oeuvre fort
intéressante sur Paul Veronese, qu”il terminera prochainement. Je
passerai ce travail, envers une retribution encore a fixer, au Dr.
Bruno Avverardi, egrége à l’Université, qui unit à l’avantage de
parier l’allemand comme pére et mére une péelle connaissance de la
langue littéraire italienne et allemande. Je ne ferais que collaborer à
la version, pour pouvior l’offrir a l’intéressé.
En vue d’un succes aussi complet, quelle raison il y a-t-il pour
prolonger mon séjour a Florence? [...]”
10
. Il giovane Coronini non
poteva che essere entusiasta: aveva ottenuto dall’esimio studioso la
promessa di dedicare un articolo alla sua Danae; dal canto suo
avrebbe tradotto in tedesco un articolo di Fiocco: un favore in cambio
di un altro.
Ma alcuni passi della lettera ci informano anche
dell’apprensione del conte in merito, poiché il Professore doveva
essere seguito costantemente in quanto ritenuto di carattere variabile e
incostante: “[...]le résultat favorable est principalement du à mon
influence personnelle, à laquelle je ne voudrais pas soustraire le
professeur, que son intelligence et son espirit si vifs rendent bien
variable et incostant [...]”
11
. Se voleva essere sicuro che tale progetto
10
Ivi, busta 316, fasc. 857.
11
Ivi, busta 316, fasc. 857.
andasse in porto non poteva, per il momento, abbandonare Firenze
come invece gli veniva richiesto dai famigliari.
D’altronde, la posta in gioco era molto alta: veder
pubblicato un articolo su un Tiziano scoperto proprio da lui, non era
un fatto di poco conto. E poi era un quadro del Maestro, un fiore
all’occhiello per le collezioni di famiglia. Questa era una possibilità
entusiasmante...
Eppure, solo pochi mesi dopo questa comunicazione, il
conte Coronini, scrivendo ai genitori, fa capire di aver cambiato
opinione sulla possibilità di far pubblicare l’articolo; il 20 marzo del
1928 scrive in francese ai genitori: “[...]Non ho ancora visto il
professore che eviterò persino di incontrare, perché ho un nuovo
progetto del quale vi parlerò al mio ritorno - questo nuovo progetto si
troverebbe in difficoltà se ci fosse una prossima pubblicazione [...]”
12
.
Un voltafaccia molto sorprendente che non trova assolutamente
ragione nella documentazione ritrovata. Resta un mistero su cosa
possa essere successo tanto da fargli cambiare idea in modo così
repentino: forse un malinteso con Fiocco, forse un diverbio o forse
soltanto la voglia di scrivere personalmente un articolo sul dipinto, se
non addirittura dedicargli una pubblicazione più consistente. Sono
ovviamente tutte congetture poiché non c’è stata la possibilità di
approfondire la questione visto che non sono stati ritrovati altri
documenti o lettere in merito.
Si sa, invece, che nel frattempo continuò a chiedere
l’opinione di altri studiosi; l’11 luglio 1928 ricevette una lettera da
Berlino con la quale Georg M. Richter gli comunicava di aver
finalmente avuto l’occasione di incontrare il Dott. Bode ed il Prof.
Voss: il quadro era piaciuto ad entrambi gli studiosi del Kaiser
12
Ivi, busta 201, fasc. 514.
Friedrich Museum, i quali però avevano escluso che la tela potesse
essere di Tiziano
13
.
Fu una grossa delusione per il conte, che comunicò
immediatamente la notizia al padre il quale gli rispose, come sempre,
in tedesco “[...]Dunque niente Tiz.! Così almeno sembra. Sarebbe
stato troppo bello [...]”
14
. Nonostante tutto il conte Guglielmo non si
diede
13
Ivi, busta 316, fasc. 857.
14
Ivi, busta 202, fasc. 515.
(pp. 102-104)
E’ facilmente accertabile, sebbene il viso sia
irrimediabilmente rovinato, come gli occhi guardino diritti verso
l’alto, come quelli di Sofonisba; inoltre, l’aspetto più sconcertante è
che anche la posizione e la struttura del viso e del collo sono in tutto
simili a quelle ideate dal Padovanino. Altri personaggi femminili
raffigurati in una posizione abbastanza simile, li possiamo trovare in
alcuni suoi dipinti come ad esempio Venere e Amore (foto 62) di
Grénoble; lo schema compositivo dell’intera figura è, d’altra parte,
riconducibile anche al disegno di Palma il Giovane rappresentante la
Sapienza
15
e allo studio preparatorio catalogato “D 178 cat. 205”
conservato al Graphische Sammlung di Stoccarda
16
(foto 63 e 64).
Il paesaggio
Sebbene abbia subìto numerosi ritocchi e rifacimenti,
richiama molto le vedute così care al Maestro, quelle di Pieve di
Cadore, il paese natìo, come ricorda Ridolfi, “[...]cinto d’ogni intorno
d’inacessibili monti e da profonde valli [... ]”
17
.
Soprattutto Cavalcaselle e Crowe riescono a descrivere in
modo efficace la sensazione che si prova davanti ai paesaggi
tizianeschi: “[...]quale mirabile arte si contenesse nei fondi dei quadri
di Tiziano. La maestosa oscurità delle montagne, la loro unione colle
nubi, la loro forma quasi personale a somiglianza di sfingi in atto di
riposare o di Giganti incappucciati che si contorcono per liberarsi
[...]”; per quanto riguarda la vegetazione arborea, questa viene definita
15
Vedi Gabriele Mandel, Palma il Giovane. Disegni inediti. Quaderni di disegni dell’Accademia
Carrara e del Museo Fantoni di Rovetta, Cinisello-Balsamo, 1963, Tav. 115-MF 115.
16
Vedi S. Mason Rinaldi, Palma il Giovane. L’opera..., Milano, 1984, p. 279 fig. 227.
17
Carlo Ridolfi, Le maraviglie dell’arte ovvero le vita degli illustri pittori veneti e dello stato
descritte da Carlo Ridolfi, (Venezia 1648) Roma, 1965 (ristampa anastatica invariata dell’edizione
di Berlino 1914-24), p. 152.
“[...]masse di fronde che hanno per sfondo strati di severe minacciose
nubi, luci furtive attraverso ai rami degli alberi [...]”
18
.
Le montagne rappresentate nel nostro frammento, offrono
palesi analogie con quelle raffigurate, in lontananza, nel paesaggio
della Presentazione di Maria al Tempio
19
(foto 14), in quello di Diana
e Callisto (foto 16) di Edimburgo e in quello delle Venere e Adone di
Madrid e New York (foto 17 e 18). In particolare, in questi ultimi due,
l’impostazione scenografica di entrambi i paesaggi è praticamente
uguale a quella del nostro dipinto: alla destra dei due quadri troviamo,
infatti, un gruppo di alberi posto su un crinale, che scende
gradatamente fino ad incorniciare i due amanti, mentre sulla sinistra si
nota un amorino realizzato sullo sfondo di una fitta vegetazione. La
medesima pennellata veloce e soffusa si trova nel paesaggio sullo
sfondo della Madonna con Bambino, S.Giovannino e S.Caterina
20
(foto 19) e nella Venere e Adone di New York (foto 18). Ma ci sono
delle rispondenze anche con il paesaggio dipinto nel già citato
S.Giovanni Battista (foto 13).
Il cielo è reso con delle pennellate larghe, veloci e tracciate
orizzontalmente, d’un blu cobalto e riverberi di luminosissimo bianco,
che si possono ritrovare nella appena menzionata Madonna con
Bambino, S.Giovannino e S.Caterina (foto 19). Il suo colore intenso,
rischiarato ogni tanto da bagliori improvvisi, si coglie anche nella
Maddalena penitente
21
(foto 21) e nel Ritratto di Carlo V a cavallo
22
(foto 20).
18
G.B. Cavalcaselle - J.A. Crowe, Tiziano la sua vita .., cit., p. 74 ss.
19
Venezia, Gallerie dell’Accademia, 1534-39.
20
Londra, National Gallery, 1530.
21
Firenze, Palazzo Pitti, 1533.
22
Madrid, Museo del Prado, 1548.
Molto interessante è la maniera usata per disporre le
montagne in profondità alternando le masse secondo uno schema
“scuro -chiaro-scuro” facilmente rilevabile, ad esempio, anche nella
citata Presentazione di Maria al Tempio (foto 14), nella Madonna con
Bambino, S.Caterina, S.Domenico e Donatore
23
, nella Madonna con
coniglio di Parigi (foto 23) e nelle varie edizioni, più volte citate,
della Venere e Adone (foto 24, 25, 26, 27, 28).
I sottili tronchi d’albero posti sulla destra, quasi dei fuscelli
in balìa del vento, appaiono anche nei paesaggi dei due esemplari
delle Venere con l’organista del Prado di Madrid (foto 30 e 31);
invece la particolare realizzazione dei due tronchi emergenti a sinistra,
è accostabile a quella degli alberi riprodotti nelle Venere e Adone
rispettivamente di Madrid e di New York (foto 35 e 36) e alla sinistra
del Ritratto di Carlo V a cavallo (foto 32); la caratteristica posizione
23
Mamiano, Fondazione Magnani Rocca, 1512-14.
(pp. 116-118)
particolare tipo di indagine ha permesso di riscontrare in moltissimi
dipiti di Tiziano la presenza di olio di lino, il legante più
frequentemente usato dal pittore. Solo in poche occasioni l’artista
dipinse anche con l’olio di noce, ma furono casi veramente rari, tra cui
si può ricordare il Ritratto della Famiglia Vendramin.
La presenza di olio di lino è stata invece scoperta in opere
come Venere e Adone, Bacco e Arianna, Cristo portacroce, S. Marco
in Trono, S.Giovanni elemosinario, Presentazione di Maria al
Tempio, Annunciazione di S.Rocco, Annunciazione di S.Salvador,
Pietà .
Purtroppo, molto spesso, lo studio dei leganti risulta
un’operazione alquanto complessa sia per le difficoltà che si
incontrano nella preventiva fase di separazione dei componenti
chimici che per le alterazioni cui gli oli vanno normalmente incontro
nel corso dei secoli, soprattutto a causa dell’irrancidimento e della
rottura delle molecole.
Avendo alle spalle una personale esperienza di restauro, la
lettura di tutti questi dati di laboratorio è stata abbastanza facile e ha
prodotto nuovi stimoli a livello di ricerca. Infatti abbiamo iniziato a
meditare sulla possibilità di procedere all’esecuzione di alcune analisi
scientifiche anche sui frammenti della Danae Coronini: il lavoro di
ricerca poteva in tal modo risultare più completo, poiché si sarebbe
accostata ad una lettura stilistica dell’opera, un’analisi prettamente
scientifica qual è l’analisi chimico-fisica: dati senza dubbio preziosi
che si sarebbero aggiunti alle informazioni già raccolte.
Infatti, fino a quel momento le indagini stilistiche e formali
potevano essere anche opinabili, per quanto confortate da numerosi e
plausibili confronti; ecco perché è sorta l’esigenza di un ulteriore
accertamento delle nostre convinzioni attraverso analisi di laboratorio.
Bisognava, prima di tutto, stabilire quale laboratorio di
analisi potesse soddisfare tali esigenze, garantendo soprattutto
comprovate serietà e professionalità. Alla fine di un attento esame è
stato scelto lo studio Tecnologie Scientifiche Applicate s.r.l. di
Padova.
Sulla base delle puntigliose ricerche del conte Coronini e
delle nostre verifiche, lo scopo precipuo era quello di accertare se il
dipinto poteva essere attribuito a Tiziano. In tale direzione il
contributo delle analisi chimico-fisiche avrebbe certamente permesso
di stabilire - e di fatto così è stato - determinate caratteristiche
dell’opera (in particolare la verifica dei materiali costitutivi, della
sequenza stratigrafica degli strati pittorici e infine della tecnica
pittorica), supportando più concretamente quello che la ricerca teorica
si proponeva di raggiungere. Va qui ricordato, fra l’altro, che
l’indagine di laboratorio, benchè produca risultati positivi
24
, è di solito
trascurata sul piano degli studi “accademici”.
In collaborazione con Gianni Miani, che ha curato le analisi
e ha stilato la relazione tecnica
25
, si è cercato di individuare i tipi di
analisi di laboratorio più adatti alle nostre ricerche: analisi
“distruttive”
26
o analisi “non distruttive”
27
? Le indagini non distruttive
24
Cfr. Lorenzo Lazzarini, “Note su alcune opere comprese tra il 1510 e il 1542”, in Tiziano, cit., p.
378 ss.; Lodovico Mucchi, Alberto Bertuzzi, “Introduzione”, in Nella profondità dei dipinti. La
radiografia nell'indagine pittorica, Milano, 1983.
25
Questa comprende le metodiche analitiche adottate, le modalità operative, i risultati e il
repertorio iconografico ed è riportata interamente in Appendice c) a p. 185 ss.
26
Ad esempio la cromatografia su strato sottile, la gascromatografia, la spettrofotometria IR, le
prove microchimiche, prove istochimiche su sezione trasversale, la microsonda elettronica,
l’analisi al microscopio polarizzatore a luce riflessa su sezioni lucide, le microanalisi
colorimetriche, la microscopia a scansione, le analisi colturali quantitative etc.
avrebbero certamente permesso di verificare la presenza di un disegno
preparatorio e gli eventuali rifacimenti dell’autore. Ma per procedere
in tal senso i tre frammenti della Danae avrebbero dovuto essere
trasportati fuori sede, nel laboratorio di Padova: il che era impedito da
un iter burocratico estremamente complicato (del resto questa
operazione alternativa sarebbe stata la meno soddisfacente).
Si è pertanto preferito, dopo aver ricevuto le opportune
autorizzazioni sia da parte della Fondazione Coronini che dalla
Soprintendenza per i B.A.A.A.A.S. del Friuli-Venezia Giulia,
effettuare due tipi di analisi distruttive: una indagine
spettrofotometrica e una stratigrafica al microscopio elettronico,
mediante il prelievo di alcuni campioni di superficie pittorica dai piedi
della Danae (più precisamente dalla sua caviglia sinistra) e dal bordo
inferiore del paesaggio.
In effetti, solo questo tipo di analisi consente di indagare a
fondo e con maggior scrupolo sulle varie fasi costruttive di un’opera
d’arte.
27
Per esempio la riflettografia, la radiografia x, le analisi ultrasonore, l’analisi termografica,
l’analisi con emissione acustica, l’analisi endoscopica, la macrografia, la fluorescenza UV,
l’infrarosso etc.