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reale ha messo in evidenza i problemi che soffre questo tipo di copertura: la spinta
dei meridiani e la trazione nei paralleli. A conclusione si sono riportati i metodi con
cui si tenta di ridurre l’influenza di queste tensioni in fase costruttiva, come
l’inserimento in itinere di catene o di strutture esterne pesanti, quali speroni o
contrafforti.
Dopo aver dunque effettuato un’analisi approfondita della struttura si passa
allo studio dei quadri fessurativi tipici in cui questa incorre. Per introdurre
l’argomento si è svolta dapprima una breve trattazione delle modalità elementari di
rottura nella muratura, sottolineando l’importanza di una corretta diagnosi dei
dissesti. Sono poi state esposte quelle che sono le possibili e più comuni cause
dell’innescarsi di meccanismi cinematici nella cupola, tenendo in conto la sua forte
dipendenza dai vari livelli di sostegno, per poi affrontare i quadri fessurativi
corrispondenti. Le verifiche di sicurezza hanno concluso questa parte di diagnosi,
introducendo, come necessaria premessa, il tema del consolidamento. Dato il
probabile valore storico e monumentale delle strutture cupolari gli interventi
effettuabili sono stati riportati con spirito critico, evidenziando cioè in che modo
questi possano compromettere il manufatto. Sono stati quindi considerati non adatti
interventi scarsamente reversibili o incompatibili con la muratura o con il principio
statico secondo cui la cupola lavora, condannando in quest’ottica le iniezioni
armate ed in generale le operazioni che implicano l’utilizzo del calcestruzzo.
Si è infine analizzata una tecnica estremamente innovativa di
consolidamento, cioè quella effettuata applicando tessuti di materiali compositi
fibrorinforzati (FRP). Questi materiali, originariamente impiegati nel campo delle
costruzioni navali ed aerospaziali, hanno recentemente visto estendere il proprio
impiego al campo dell’edilizia in conseguenza dell’abbassamento dei costi di
lavorazione. In particolare trovano impiego nel rinforzo di strutture esistenti, ed è
molto importante rilevare come un materiale tra i più innovativi sul mercato possa
essere decisamente più compatibile con la muratura rispetto ad altri materiali
tradizionali. I vantaggi offerti sono molteplici (estrema leggerezza, maggior
compatibilità chimica, fisica e meccanica con la muratura, reversibilità quasi
completa), e rendono questo materiale assolutamente idoneo ad essere applicato nel
rinforzo delle cupole ed in generale delle strutture murarie.
Parte I La resistenza per forma
1
Parte I
La resistenza per forma
La cupola in muratura F. Gianola
2
1. Il principio della resistenza per forma.
Un insieme di elementi architettonici è definibile come struttura nel
momento in cui è in grado di sopportare senza collassare in primo luogo il proprio
peso ed in secondo luogo eventuali carichi. Nell’Enciclopedia dell’Architettura al
concetto di struttura viene associato quello di resistenza: «la struttura è intesa come
insieme degli elementi resistenti della fabbrica, e loro organizzazione
1
».
Proprio in base al principio per cui sono in grado di resistere agli sforzi
imposti, le tipologie strutturali possono essere suddivise in due gruppi ben distinti.
Il primo gruppo è costituito dalle strutture resistenti per massa, che compiono la
loro funzione strutturale grazie alle caratteristiche d’inerzia delle sezioni e dei
materiali impiegati. La struttura gestisce i momenti e non solo le forze come accade
invece nel gruppo successivo: nella linea retta, espressione resistente di questo
gruppo di strutture, il momento è infatti sempre presente quando le forze applicate
sono perpendicolari all’asse, comportando un’inflessione della struttura. L’esempio
classico di struttura rientrante in questa prima categoria è quello della trave,
1
P. 835.
Fig. 1 – Casa Kaufmann, Mill Run, Pennsylvania, USA. Disegno a mano libera. Le pesanti
solette degli aggetti wrightiani esemplificano una struttura lineare resistente per massa.
Parte I La resistenza per forma
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elemento lineare per eccellenza, o delle solette (fig.1).
Il secondo gruppo è costituito dalle strutture che resistono per forma, in
virtù cioè delle loro caratteristiche geometriche. Fanno parte di questo gruppo gli
archi (fig.2), le volte, le cupole e in generale tutte le strutture la cui geometria
deriva da linee curve. Le forze vengono direzionate dalla struttura verso il terreno,
lungo un canale che viene definito dalla sua stessa forma. In una struttura di questo
tipo i momenti sono idealmente assenti poiché le forze si mantengono sempre
parallele alla curva direttrice, per cui non viene generata inflessione negli elementi
portanti. Si può pertanto affermare che le strutture resistenti per forma sono
staticamente superiori a quelle resistenti per massa.
Fig. 2 – Superior Bridge, Detroit, Michigan, USA. Negli archi a sostegno del ponte le forze
vengono scaricate attraverso sforzi normali diretti lungo la direttrice della curva dell’arco.
La cupola in muratura F. Gianola
4
La distribuzione dei carichi dunque indica sempre una forma ideale di
struttura che permette di incanalare tali carichi verso il terreno nel modo più
vantaggioso
1
. La maniera piú vantaggiosa di comporre i carichi agenti su una
struttura è di farli scorrere lungo la loro linea d’azione, facendo sì che i carichi
vengano convogliati a terra attraverso semplici sforzi normali. Purtroppo le figure
strutturali che derivano da questo procedimento non sempre sono direttamente
applicabili nella pratica, per ragioni estetiche o progettuali. E’ necessario pertanto
modificarle per ottenere strutture più facilmente riproducibili nel campo
applicativo, ricorrendo ad un procedimento alternativo nella composizione delle
forze: si faranno traslare le forze esterne rispetto alla loro retta d’azione, non
potendo cosí impedire l’insorgere di momenti generati dalla presenza dei bracci
delle forze rispetto all’asse originario
2
. Tali momenti non rientrano tra gli sforzi
contrastabili dalle strutture resistenti per forma; scopo del progettista sarà dunque
quello di attenuarli il più possibile, per permettere alla linea curva di svolgere il suo
compito strutturale secondo la sua predisposizione e non costringendola ad
assolvere a funzioni che non le sono proprie.
1
Per esemplificare si anticipa quanto verrà detto nel par. 2.1, cioè che la forma piú vantaggiosa di un
arco è quella che materializza attraverso la sua direttrice la curva delle pressioni dei carichi che
sopporta; quanto più la direttrice dell’arco si discosta dalla curva delle pressioni tanto maggiore sarà
la presenza di momenti. Per questa ragione al crescere dei carichi, volendo contrastare l’insorgere di
momenti variando la forma della struttura resistente, è opportuno incrementare l’incurvamento
dell’arco.
2
Per approfondimenti v. PIZZETTI - ZORGNO TRISCIUOGLIO 1980, pp. 176-233.
Parte I La resistenza per forma
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2. Le strutture resistenti per forma.
Le strutture resistenti per forma possono essere classificate in base alle loro
peculiarità geometriche ed alla loro resistenza caratteristica, a compressione o a
trazione. Prima di tutto le strutture resistenti per forma possono estendersi nel
piano o nello spazio. Rientrano tra le strutture piane archi e funi, mentre tra quelle
spaziali cupole e volte, sottili e non, e le tensostrutture. Le superfici spaziali
possono essere ulteriormente suddivise in base alle loro caratteristiche di curvatura.
Le superfici sinclastiche hanno curvatura gaussiana (prodotto delle curvature
principali) positiva, in quanto formate da due curve con curvatura concorde, come
le cupole. Le superfici anticlastiche invece hanno curvatura gaussiana negativa in
quanto formate da due curve con curvatura discorde, come i paraboloidi iperbolici
e gli iperboloidi di rivoluzione. Infine vi sono le superfici con curvatura gaussiana
nulla, formate da una sola curva, come i coni ed i cilindri.
Per quanto riguarda
la resistenza caratteristica, le
strutture possono lavorare a
compressione o a trazione.
Nel primo caso ci si riferisce
a strutture con concavità
rivolta verso il basso quali
archi, volte e cupole, i cui
materiali costituenti hanno
una resistenza a
compressione nettamente
superiore rispetto a quella a
trazione (ad esempio
muratura e calcestruzzo); la
spinta orizzontale centripeta
all’imposta tenderà a
comprimere la struttura
(fig.3a). Nel secondo caso
rientrano le tensostrutture, con concavità rivolta verso l’alto, costruite con materiali
dotati di un’alta resistenza a trazione come i cavi d’acciaio; la spinta orizzontale
centrifuga all’imposta farà tendere la struttura
1
(fig.3b).
1
Per approfondimenti v. PIZZETTI - ZORGNO TRISCIUOGLIO 1980, pp. 237-506.
Fig. 3 – Nell’arco le spinte orizzontali tendono a
comprimere la struttura (a), nella fune a tenderla (b).
La cupola in muratura F. Gianola
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In generale, dal momento che la geometria delle volte, ed in particolare
delle cupole, è semplice da definire in campo analitico, il loro studio tensionale
risulta analogamente semplificato rispetto a quello delle tensostrutture.
2.1. Arco e fune.
Una fune appesa a due estremi
e soggetta ad un determinato sistema
di forze esterne assume una forma ben
precisa; al variare dei carichi applicati
ne varia inevitabilmente la forma. Si
osservino per esempio le forme
assunte da una fune appesa a due
estremità e soggetta a differenti
sistemi di forze esterne (fig.4)
1
: a)
priva di peso proprio, con carico
uniformemente distribuito lungo la
sua proiezione orizzontale; b) dotata
di peso proprio, cioè un carico
uniformemente distribuito lungo lo
sviluppo della fune; c) priva di peso
proprio, con l’applicazione di forze
esterne concentrate. In tutti e tre i casi
la fune sarà soggetta ad un regime di
pura trazione, non resistendo né a
compressione né a flessione per le
proprietà intrinseche del materiale, ma
assumerà andamenti differenti: nel
primo caso parabolico, nel secondo a
catenaria (con un abbassamento del
punto centrale inferiore rispetto a
quello rilevato nell’andamento
parabolico), nel terzo a linea spezzata
1
PIZZETTI – ZORGNO TRISCIUOGLIO 1980, p. 196.
Fig. 4 – Gli andamenti assunti da una fune
soggetta a carichi differenti.
Parte I La resistenza per forma
7
secondo una geometria detta poligono funicolare
1
.
Ribaltando la geometria assunta dalla fune rispetto all’orizzontale si ottiene
la linea degli sforzi (di compressione), o curva delle pressioni, cui viene sottoposto
un arco se soggetto allo stesso sistema di forze esterne. Dato un sistema di forze
concentrate applicate ad un arco il metodo per ricavare tale curva delle pressioni,
che corrisponde al ribaltamento della geometria assunta da una fune soggetta al
medesimo sistema di carichi, è il seguente (fig.5).
a) Si consideri una fune appesa a due estremità A e B, priva di peso proprio e
soggetta ad un sistema di tre generiche forze esterne concentrate F
1
, F
2
, F
3
.
b) Si riportino le forze una dopo l’altra nell’ordine in cui vengono applicate, in
modo che la testa dell’antecedente tocchi la coda della successiva. Si individui
un polo P, preso arbitrariamente nel piano con ∞
2
possibilità di scelta e si
traccino le congiungenti a, b, c, d delle estremità delle forze con il polo.
c) Si scelga un qualunque punto C appartenente alla verticale passante per A
(dovendolo individuare su una linea l’indeterminazione aumenta di un grado,
per cui si passa da ∞
2
a ∞
3
possibili poligoni funicolari) e da questo si tracci
una parallela alla retta a. Nel punto in cui a interseca la retta d’azione di F
1
si
tracci una parallela a b, e così via fino ad intersecare la verticale passante per B
e completare il poligono funicolare.
Per uno stesso sistema di forze dunque si possano tracciare ∞
3
poligoni
funicolari, in funzione delle due coordinate del polo nello spazio e dalla posizione
di un lato del poligono funicolare
2
. Determinando una delle tre condizioni suddette
si elimina un grado d’indeterminazione e si passa ad avere ∞
2
poligoni funicolari,
1
In realtà anche nei casi a) e b) sarebbe lecito utilizzare questo termine ma non risulta immediato
definire poligono una linea curva come la catenaria o la parabola, pur essendo chiaro che tale linea
curva è costituita dalla successione di infiniti segmenti di linea retta di dimensioni piccolissime. In
questa trattazione il termine poligono funicolare verrà utilizzato per definire I) la geometria assunta
da una fune soggetta a carichi esterni concentrati e non o al solo peso proprio; II) il poligono di
costruzione che compare in fig. 5b. I termini curva delle pressioni e linea degli sforzi verranno invece
utilizzati per indicare la geometria ricavata attraverso il ribaltamento del poligono funicolare
(nell’accezione a)) rispetto all’orizzontale.
2
In maniera corrispondente la forma assunta dalla fune varia in funzione a) della sua lunghezza; b)
della distanza verticale relativa tra le estremità; c) della sua collocazione nello spazio.
La cupola in muratura F. Gianola
8
determinandone due si passa ad averne ∞
1
e determinandole tutte se ne individua
uno solo
1
.
Di questi ∞
3
poligoni funicolari solo uno corrisponde al ribaltamento
dell’effettiva curva delle pressioni dell’arco, che è una ed una sola. In merito a ciò,
tralasciando di riportare il metodo attraverso cui individuare tale univoca curva
delle pressioni, si può effettuare la seguente osservazione. Definita «forma ottimale
di una struttura […] quella forma che è capace di assolvere il servizio strutturale
con semplici sollecitazioni di trazione e di compressione
2
», la forma dell’arco di
cui sopra si definirà ottimale se almeno una delle ∞
3
ipotetiche curve delle
pressioni derivanti dal ribaltamento degli ∞
3
poligoni funicolari potrà essere
1
Per approfondimenti v. PIZZETTI – ZORGNO TRISCIUOGLIO 1980, pp. 195-200.
2
PIZZETTI – ZORGNO TRISCIUOGLIO 1980, p.347.
Fig. 5 – La costruzione del poligono funicolare e della curva delle pressioni.
Parte I La resistenza per forma
9
sovrapposta alla sua direttrice. Nel caso in cui non esista almeno un poligono
funicolare il cui ribaltamento sia interno al profilo dell’arco, questo non assolverà
alla sua funzione di trasmissione dei carichi in maniera ottimale, ma comparirà
necessariamente la sollecitazione di flessione.
2.2. Superficie curva
1
.
Secondo la precedente definizione di ottimale, dato un sistema di carichi
esterni nello spazio, la forma che deve assumere un guscio per assolvere alla sua
funzione statica in maniera ottimale, cioè per essere sottoposto alle sole
sollecitazioni di trazione e compressione, rimane indeterminata: «in effetti, per un
dato sistema di carichi spaziali, infinite forme geometriche possono assolvere il
compito di supporto e di servizio statico semplicemente con una adeguata
organizzazione di sollecitazioni di trazione o di compressione, o di entrambe
2
».
E’ per questa ragione che il concetto di ottimale deve assumere una
connotazione differente nel momento in cui ci si riferisce alle superfici curve nello
spazio. La forma ottimale non sarà più individuabile in base ai carichi bensì in base
alla quantità di lavoro di deformazione compiuto, che deve essere minima
3
, ed alle
sollecitazione presenti, che devono essere di solo sforzo normale. Ciò che è
importante sottolineare è che, allontanandosi da questa forma ottimale, varieranno
entità e segno degli sforzi normali ma non nascerà mai momento
4
, al contrario di
ciò che accade nell’arco in cui scostandosi dalla forma ottimale compare la
sollecitazione di flessione.
Si può dunque dedurre che la ricerca di una superficie degli sforzi passante
all’interno della lastra non è così importante come nel caso degli archi, dal
momento che l’inesistenza di una superficie simile non determina l’insorgere della
sollecitazione di flessione. Parallelamente un medesimo guscio potrà sopportare
differenti sistemi di carichi esterni senza che compaia momento.
1
D’ora in poi verranno esaminate esclusivamente le superfici a doppia curvatura con curvatura
gaussiana positiva. Si eliminano in questo modo dall’analisi i cilindri, i coni, i paraboloidi iperbolici e
gli iperboloidi di rivoluzione, considerando solo le cupole.
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PIZZETTI – ZORGNO TRISCIUOGLIO 1980, p. 347.
3
In base ai Teoremi di Minimo Energetico.
4
Almeno a livello teorico, poiché in pratica entrano in gioco altri fattori di cui si parlerà nei par.2.2.1
e 2.2.2.2.c.