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INTRODUZIONE
La cultura organizzativa rappresenta ad oggi uno dei principali temi
trattati nello studio delle organizzazioni ed è a parere di molti l’elemento
che più di tutti ne condiziona l’operato quotidiano. Analizzare la cultura
di un’organizzazione è un compito complesso poiché coincide nello
studiare ciò che un dato gruppo ha imparato, i modi di ragionare ed
operare, nonché le emozioni e percezioni che consentono ai membri di
affrontare le dinamiche aziendali attribuendo loro un significato.
Uno degli obiettivi di questo lavoro, in particolar modo del primo
capitolo, è dimostrare quanto sia importante per un’organizzazione
possedere una cultura solida e ben definita. Fino a pochi anni fa, infatti, il
ruolo ricoperto dalla cultura all’interno delle aziende non faceva
emergere la rilevanza che questa rivestiva nelle dinamiche aziendali. Non
le veniva attribuito il giusto spessore, nonostante rappresentasse il mezzo
che più di tutti ne condizionasse i risultati. Solamente in virtù della
crescita e il conseguente mutamento della società si è giunti ad affermare
che ciò che realmente conta nella vita di un’organizzazione coincide e
dipende dai suoi pilastri etici.
La cultura rappresenta la base sui cui fondare la gestione aziendale,
l’elemento da valorizzare affinché possa accrescere nei dipendenti
l’interesse al raggiungimento degli obiettivi. L’intento che si porta dietro
la cultura è quello di creare un ambiente sano e familiare, capace di far
emergere le giuste motivazioni e competenze da tramutare poi in
performance aziendali.
Nel primo capitolo di questa tesi viene affrontato il ruolo ricoperto dalla
cultura all’interno delle organizzazioni, cercando di evidenziare i processi
che ne caratterizzano la formazione, nonché le funzioni e le tipologie
che questa può assumere a seconda dell’approccio dell’azienda con
l’ambiente esterno. Per poi giungere al pensiero che ha reso Schein il
principale tra gli studiosi che hanno provato a darne una definizione.
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Il secondo capitolo, invece, è orientato alla cultura organizzativa di
Toyota, un insieme di norme e principi che hanno portato la compagnia
nipponica a divenire non solo il leader del proprio settore, ma un vero e
proprio modello d’organizzazione, frutto del mix vincente di valori a cui
tante altre imprese si sono poi rifatte. L’intento del capitolo è descrivere
la cultura della casa automobilistica nella maniera più chiara e
approfondita possibile e quanto questa si distingua in virtù anche del
forte legame con la tradizione giapponese.
La tesi si conclude con il caso dedicato alla concessionaria MG Motors di
Viterbo. L’obiettivo posto per quest’ultimo capitolo è riuscire a riflettere
e a proiettare all’interno di una piccola impresa i concetti descritti nelle
prime due sezioni del lavoro. Attestare l’effettiva collaborazione tra
Toyota e la concessionaria in virtù della trasmissione di quei valori alla
base della cultura della compagnia e ben identificabili all’interno
dell’azienda viterbese. Allo stesso tempo analizzare la cultura sviluppata
nel corso degli anni da quest’ultima, grazie anche al contributo posto in
essere dai dipendenti mediante dichiarazioni e testimonianze, mezzi
indispensabili per una migliore comprensione del caso.
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CAPITOLO 1 LA CULTURA ORGANIZZATIVA
1.1 Il concetto di cultura
Partendo dalla definizione etimologica, il termine cultura deriva dal latino
colere, che sta a significare coltivare il terreno, ma riprende anche il
termine cultus, che non denota esclusivamente l’esercizio di coltivare o
far crescere, ma anche la cura per qualcosa, più precisamente quella per
gli esseri umani, ossia la loro educazione.
L’accezione umanistica del concetto di cultura scaturisce da Aristotele e
Platone, i quali la denominavano “Paideia”, termine che coincideva con il
modello educativo in vigore nell’Atene classica, caratterizzato da processi
di socializzazione dell’individuo all’interno della polis e di
interiorizzazione di quei valori ritenuti fondamentali. Per i classici era
considerata, più che un valore, un vero e proprio obiettivo da perseguire
durante l’intera vita dell’individuo.
Successivamente furono i latini, con il termine “Humanitas”, a
rivoluzionare il concetto di cultura. Humanitas sta a significare cultura
letteraria e virtù di umanità. Alle radici di questo valore, interpretato in
vari modi da parte degli autori latini, tutti gli uomini appartengono allo
stesso genere, ma alcuni risultano più umani degli altri. Appare, dunque,
più come un merito piuttosto che un tratto universale.
Solamente nel Medioevo, affidando alla filosofia lo studio e l’analisi delle
sensazioni e percezioni provate dall’uomo che il concetto di cultura inizia
ad espandersi e ad abbracciare le arti, le lingue e le scienze.
Siamo di fronte, perciò, ad un vocabolo estremamente complesso e
variabile che tende a mutare la propria accezione a seconda dei contesti
che lo circondano. E dare una definizione univoca è pressoché
impossibile, nonostante i tentativi nel corso del tempo da parte di
scrittori, filosofi e studiosi, i quali si sono rifatti tutti ogni volta ad ambiti,
periodi e basi completamente diversi.
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L’autore che più si è avvicinato e meglio ha descritto nella sua totalità il
concetto di cultura dal punto di vista antropologico è sicuramente
Edward Tylor, all’interno del saggio Primitive Culture [1]:
“La cultura, o la civiltà, intesa nel suo senso etnografico più vasto, è un insieme
complesso che include le conoscenze, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, il
costume”.
Tylor, 1871
Oggi, nella così definita società moderna, ci troviamo di fronte ad un
concetto di cultura non più al singolare, bensì ad una “Molteplicità di
culture”, concepite come quel bagaglio di conoscenze e di pratiche
acquisite che verranno trasmesse di generazione in generazione.
La cultura, perciò, essendo un insieme di forze spropositate, e allo stesso
tempo celate e inconsce, diviene fondamentale a qualsiasi livello e
contesto. Ne consegue che determinerà i comportamenti, i modi di
pensare, e i valori non solo dell’individuo ma anche della collettività . La
cultura organizzativa in questo senso assume un’importanza di maggior
rilievo poiché gli elementi che la costituiscono vanno a definire le
strategie, gli obiettivi e il modo in cui l’azienda opera.
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1.2 Formazione della cultura in un gruppo
Arrivare ad elaborare una definizione precisa e accurata della cultura
organizzativa è un compito quanto mai complicato, nonostante essa
venga dipinta solitamente come l’insieme di conoscenze, di competenze
e di valori condivisi dai membri di un’organizzazione. Un complesso di
elementi, dunque, che fungono da linee guida per i comportamenti e le
scelte nei diversi momenti della vita aziendale. Consiste in quella parte
dell’organizzazione non facilmente osservabile, ma che ricalca un ruolo
di primo ordine nella gran parte delle dinamiche aziendali.
Nonostante i fattori che la caratterizzano possano discendere
dall’ambiente esterno, solitamente essa viene individuata e descritta dal
fondatore dell’azienda, attraverso la definizione di una certa visione e
filosofia. E nel momento in cui i concetti e i valori frutto della filosofia
aziendale apportano guadagni grazie al successo ottenuto, ecco che
entrano a far parte del modo di pensare e di agire dell’azienda stessa,
istituzionalizzandosi e riflettendo la vision ideata dal fondatore.
Il comportamento e il modus operandi adottati dal leader o fondatore
rappresentano un meccanismo di primaria importanza nella formazione
della cultura. Gli elementi e le componenti che il leader valuta, di cui si
prende cura e che disprezza fortemente fanno si che i tratti caratteristici
di quest’ultimo si riflettano ogni giorno nell’operato dell’azienda. Ancor
di più in un’organizzazione giovane dove la causa determinante volta a
forgiare la cultura aziendale coincide precisamente con i valori che il
fondatore porta avanti.
Ma più nello specifico, il processo che caratterizza la formazione di un
certo gruppo e della rispettiva cultura è dovuto alla presenza di alcuni
eventi che permetteranno lo sviluppo non solo della consapevolezza, ma
anche la nascita di norme e principi unici. Tra questi eventi troviamo [2] :
- Incidenza di un profilo ambientale;
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- Decisione presa da qualcuno al fine di riunire delle persone per un
certo compito;
- Un’esperienza comune o un evento pubblico che riescono ad
attirare un cospicuo numero di persone;
Una volta che il gruppo si è formato, inizieranno a sollevarsi
problematiche e questioni inerenti i membri stessi, quali:
- Sopravvivenza nel gruppo;
- Come risultare influenti nei confronti degli altri;
- Appartenenza a quale ruolo;
- In che modo raggiungere la posizione di leader;
A questo punto ognuno affronterà le eventuali situazioni in maniera
diversa, mostrando il proprio stile di coping, ossia quell’insieme di
meccanismi psicologici adattivi attuati da un individuo per superare
situazioni stressanti e pericolose al fine di raggiungere un normale stato
di benessere psicofisico. I comportamenti presi dai vari membri saranno
diversi a seconda del rispettivo stato d’animo. Alcuni decideranno di
formare alleanze, altri prenderanno la decisione di aspettare e non fare
nulla, altri ancora proveranno a far valere il proprio spirito da leader.
A seguito di queste dinamiche che determinano la nascita di tanti
comportamenti differenti, i membri non rimangono in apprensione per
le problematiche del gruppo, bensì sono turbati riguardo alle emozioni
ambivalenti provate. Si fondano sull’idea che il leader sarà l’unica
persona in grado di affrontare gli ostacoli che da li a poco si
presenteranno. Nasce una sorta di dipendenza rispetto al leader, anche se
le reazioni nei suoi confronti non saranno del tutto omogenee. Alcuni,
infatti, scelgono di accettare questa subordinazione, altri invece,
nonostante ascoltino il leader provano a resistere. Questa competizione