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INTRODUZIONE
Il presente lavoro si propone di delineare le posizioni assunte da Alberto Asor Rosa, Vitilio
Masiello e Romano Luperini in relazione al “caso Verga”, una discussione che, tra la fine
degli anni Sessanta e l‟inizio degli anni Settanta, coinvolse il panorama della critica letteraria
italiana. Questo confronto tra posizioni critiche differenti diventò un‟occasione per alcuni
approfondimenti rispetto alla produzione verghiana in generale, e rispetto al romanzo I
Malavoglia in particolare.
L‟interesse per questo argomento specifico nasce da una riflessione sulle “alterne fortune” di
un‟opera come I Malavoglia, che, in momenti di cambiamento e tensione, quali il primo
dopoguerra, il secondo dopoguerra ed il Sessantotto, sembra venire rivalutata ed imporsi
quindi alla rinnovata attenzione della critica, come se una riflessione su I Malavoglia andasse
a favorire una parallela considerazione delle difficoltà sociali della realtà contemporanea.
Negli anni Sessanta e Settanta, il confronto tra diverse opinioni critiche su Verga assunse una
particolare rilevanza non solo come spunto per delle considerazioni su questo autore e la sua
opera, ma anche come “banco di prova” per tutto un filone, quello della critica letteraria di
orientamento marxista, che, mentre si interrogava su Verga, arrivò anche a porre in questione
il significato, lo scopo e la portata della critica letteraria nel senso più ampio del termine.
Il presente lavoro si articola in sei capitoli: ai fini di una più accurata collocazione e
comprensione della portata del dibattito su Verga degli anni Sessanta e Settanta, il lavoro si
propone in primis di delineare, seppur brevemente, la vita dell'autore ed il contenuto del
romanzo I Malavoglia, per poi andare a collocare la produzione verghiana all‟interno di
un‟ottica complessiva, che parta dalle prime osservazioni critiche su I Malavoglia, effettuate
dai contemporanei di Verga stesso, per andare a ripercorrere le diverse prospettive che si sono
susseguite dalla fine dell‟Ottocento fino alla fine degli anni Sessanta, in modo da
contestualizzare quelle differenze di lettura e di opinione che possono portare a parlare di
“alterne fortune”. Viene quindi analizzato nello specifico il dibattito su Verga che ebbe luogo
tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio degli anni Settanta e che vide coinvolti critici letterari
dello spessore di Adriano Seroni, Vitilio Masiello, Giuseppe Petronio, Bruno Biral, Carlo
Alberto Madrignani, Vitilio Masiello, Romano Luperini e Alberto Asor Rosa, per andare in
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seguito ad approfondire, nello specifico, le posizioni e le opinioni di Romano Luperini, di
Alberto Asor Rosa e di Vitilio Masiello.
Il primo capitolo del presente lavoro è dedicato a Giovanni Verga e ad un primo sguardo
d'insieme sul romanzo I Malavoglia. Dalla biografia di Verga emerge come l'autore, di
origine catanese, visse le sue prime esperienze artistiche a Firenze e poi a Milano, dove entrò
in contatto con esponenti di diversi orientamenti letterari (tardo-romantici e scapigliati) e
scrisse i suoi primi romanzi. Nel 1874, con la novella Nedda, Verga iniziò ad avvicinarsi al
verismo ed alla descrizione di ambienti e personaggi appartenenti alle classi popolari siciliane,
ma è solo con la pubblicazione della raccolta di novelle Vita dei campi, nel 1880, che viene
abitualmente datato l'inizio “ufficiale” della produzione verista verghiana. Proprio in questa
raccolta si trova la novella Fantasticheria, nella quale vengono delineati gli argomenti ed i
personaggi che verranno poi sviluppati ne I Malavoglia. Nell'intenzione di Verga, quest'opera
avrebbe dovuto costituire il primo romanzo del “ciclo dei Vinti”, una rappresentazione della
lotta della vita nei diversi strati sociali. La vicenda descritta da I Malavoglia si svolge ad Aci
Trezza, un paese sulla costa siciliana, nel periodo tra il 1863 ed il 1876/1878, e vede come
protagonisti i Toscano, detti I Malavoglia, i quali, in seguito al naufragio della barca La
Provvidenza ed alla morte di Bastianazzo, si trovano ad affrontare una serie di “disgrazie” che
li porteranno a perdere anche la casa di loro proprietà. Queste vicende portano anche alla
disgregazione della famiglia: in particolare, 'Ntoni, il figlio maggiore, il quale durante il
servizio militare aveva avuto occasione di vedere stili di vita differenti rispetto a quello del
contesto di Aci Trezza, dopo aver tentato di cercare fortuna lontano dal paese, viene coinvolto
in un giro di contrabbando e viene condannato alla prigione. Sarà un altro membro della
famiglia, Alessi, a riscattare la casa del nespolo (la dimora “storica” de I Malavoglia) e a
tentare di ricostruire la famiglia.
Il secondo capitolo si propone di delineare e descrivere i diversi approcci critici a I
Malavoglia nel periodo dal 1881, anno di pubblicazione del romanzo, fino all'inizio degli anni
Sessanta. In linea generale, i critici contemporanei a Verga non accolsero favorevolmente I
Malavoglia, in quanto il linguaggio e le tematiche affrontate risultavano molto differenti
rispetto alle aspettative dell'epoca: non mancarono tuttavia voci favorevoli, quali quella di
Luigi Capuana e di Francesco Torraca, i quali sottolinearono proprio la modernità del
romanzo, salutandolo come un tentativo di rinnovamento di un panorama letterario legato a
tradizioni conservatrici. L'inizio del Novecento vide tuttavia un cambiamento nelle
prospettive critiche e nell'approccio a I Malavoglia: Benedetto Croce sanzionò il successo del
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romanzo, rilevando il talento di Verga e la sua capacità di descrivere ed approfondire gli
aspetti più umani del mondo popolare siciliano. Luigi Russo riconfermò l'opinione crociana,
ricollegando la conversione di Verga al verismo ad una motivazione personale dell'autore e
riscontrando un carattere lirico in tutta la produzione verghiana. Anche il secondo dopoguerra
si configurò come un periodo di riscoperta della produzione verghiana, in conseguenza del
riproporsi del problema del Mezzogiorno dopo la fine del secondo conflitto mondiale. Il
saggio di Natalino Sapegno del 1945 inaugurò questo nuovo momento di fortuna di Verga,
rilevando anche la novità stilistica introdotta dall'autore con l'utilizzo di una forma di
linguaggio innovativo: questa opinione venne condivisa anche da Giacomo Devoto e da Leo
Spitzer. Gaetano Trombatore propose invece una riflessione sul pessimismo di Verga, legata
alla assenza di una forte ideologia sociale dell'autore, che lo portò ad una parallela visione
negativa anche dell'aspetto economico, che appare centrale ne I Malavoglia, come rilevato
anche da Adriano Seroni.
Il terzo capitolo delinea le principali opinioni critiche rispetto alla produzione verghiana, nel
periodo che va dal secondo dopoguerra agli anni Sessanta: il panorama letterario degli anni
Cinquanta vide nascere un orientamento critico di derivazione marxista, ispirato alle posizioni
di Antonio Gramsci e di Gyorgy Lukacs, ed una parallela rivalutazione della letteratura
nazional-popolare. Negli anni Sessanta, la tendenza della critica letteraria fu tuttavia
principalmente quella di ridimensionare alcune posizioni assunte nel decennio precedente, che
avevano fatto pensare ad una strumentalizzazione di Verga a fini ideologici, pur mantenendo
la produzione verghiana come elemento centrale di attenzione. È in questo contesto che si
colloca il cosiddetto “caso Verga”, un dibattito critico che iniziò nel 1969 con un articolo di
Adriano Seroni, il quale sottolineò come, a parer suo, negli anni Sessanta non ci fosse stato
alcun reale rinnovamento o approfondimento negli studi su Verga, rispetto a quanto emerso
nel decennio 1945/1955. Diversi critici risposero a questo commento, creando così un vivace
dibattito: in particolare, Giuseppe Petronio rilevò come i critici degli anni Sessanta (Alberto
Asor Rosa, Romano Luperini e Vitilio Masiello) si ponessero degli obiettivi differenti rispetto
a quelli del secondo dopoguerra, e riconobbe la qualità e l‟importanza dei loro contributi, pur
evidenziando delle perplessità per la loro tendenza ad interpretare Verga secondo delle
ideologie moderne. Luperini sottolineò come il suo intento principale, nell‟affrontare la
produzione verghiana, fosse quello di cercare di comprendere le motivazioni che rendevano
l‟opera di Verga ancora attuale e capace di trasmettere contenuti, piuttosto che quello di
cercare di inquadrarla in schemi critici ed ideologici novecenteschi; Masiello evidenziò come
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la sua personale prospettiva critica fosse mirata ad inquadrare Verga nella società a lui
contemporanea; Asor Rosa indicò una possibile modalità di lettura dell‟opera verghiana, che
andrebbe a distinguere la sua ideologia personale da quella che aveva invece espresso nella
sua produzione artistica, superando così la contraddizione tra la figura di Verga come persona
ed il suo profilo artistico.
Al fine di approfondire ed affinare la comprensione del dibattito su Verga, il presente lavoro
va successivamente a dedicare un capitolo ad ognuno dei critici che erano stati oggetto della
discussione.
Il quarto capitolo si propone quindi di descrivere la posizione di Romano Luperini, il quale
rileva anzitutto l‟assenza di una linearità nella produzione verghiana, contraddistinta da grandi
cambiamenti ideologici e stilistici. Luperini collega questi cambiamenti alla condizione
storica e culturale della fine dell‟Ottocento, periodo in cui molti autori, educati negli ideali
romantici risorgimentali, si trovarono invece a vivere in una società che favoriva una visione
positivista. Anche ne I Malavoglia e segnatamente nell‟introduzione, Luperini riscontra
un‟ottica positivista, che, in Verga, si traduce in una visione pessimistica, in quanto si
accompagnerebbe ad una generale crisi di valori ed ideali. Luperini va quindi a sottolineare la
modernità del messaggio di Verga, sia per la portata di studio sociale di un‟opera come I
Malavoglia, sia per aver introdotto nel panorama artistico ottocentesco un personaggio come
„Ntoni, che Luperini va a considerare come figura moderna in quanto si pone problemi ed
avverte un senso di estraneità rispetto al contesto nel quale si trova a vivere.
Il quinto capitolo approfondisce l‟opinione di Alberto Asor Rosa: il critico esamina la
letteratura populista italiana e le sue caratteristiche, arrivando a concludere che l‟opera
verghiana non può definirsi populista in quanto non caratterizzata da un effettivo interesse per
il popolo, quanto piuttosto da un desiderio di impersonalità a livello stilistico. Secondo Asor
Rosa, l‟interesse per le classi più umili in Verga sarebbe solo un tassello di una sua generale
visione della vita, come dimostrerebbe la sua idea di un ciclo di romanzi, rappresentativo di
varie classi sociali; tuttavia, Asor Rosa sottolinea come, descrivendo il mondo popolare
siciliano, Verga compia in realtà un viaggio a ritroso verso un mondo più semplice,
dominato dalla precarietà economica e dalla necessità. Nell‟accostarsi a questo mondo,
secondo Asor Rosa l‟autore rifiuterebbe qualsiasi prospettiva ideologica consolatoria e
proprio per questo risulterebbe particolarmente convincente nella sua impersonale descrizione
della realtà siciliana, dove l‟unico ideale è quello “dell‟ostrica”.
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Il sesto ed ultimo capitolo descrive la posizione di Vitilio Masiello, il quale si propone di
inquadrare Verga nella prospettiva storica di fine Ottocento, vedendo ad esempio il suo
avvicinamento alla Scapigliatura come un tentativo di condividere quella scontentezza e
quelle inquietudini che erano comuni a molte persone nel periodo postunitario, emozioni che
lo portarono successivamente ad avvicinarsi però al verismo nel tentativo di effettuare una
opposizione “da destra”. Masiello sottolinea come questa posizione conservatrice non
consentì a Verga di superare un atteggiamento di distacco rispetto alla realtà popolare
descritta, andando a riprendere un parere critico già espresso da Sapegno: Masiello però ne
trasse la conclusione secondo la quale, nelle sue opere, Verga andò a descrivere una realtà
“diversa” rispetto a quella che gli era abituale, in quanto la considerava come una realtà
idilliaca per la quale provava nostalgia. Proprio ne I Malavoglia e nei suoi personaggi,
Masiello riscontra la maggiore e migliore incarnazione di questa visione dell‟autore, il quale,
mediante personaggi quali Padron „Ntoni, andrebbe ad esprimere la celebrazione di una
società patriarcale e di un ideale stoico della vita.
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1.1 La vita di Giovanni Verga
Giovanni Verga nasce a Catania il 2 settembre 1840 da una famiglia appartenente alla piccola
nobiltà agraria. Dal primo maestro, il poeta catanese Antonio Abate, viene avviato allo studio
della letteratura romantico-risorgimentale: sotto quest‟influenza, inizia a comporre i suoi
primi romanzi: Amore e Patria (1856-57), I carbonari della montagna (1859-60), Sulle
lagune (1863), oltre a svolgere una intensa attività giornalistica.
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La maturazione artistica di Verga avviene lontano dalla Sicilia: il trasferimento a Firenze,
dove risiede nel 1865 e poi dal 1869 al 1872 lo porta a contatto con un ambiente letterario più
ampio e gli consente di avvicinarsi ad alcuni esponenti del tardo romanticismo. I romanzi Una
peccatrice (1866) e Storia di una capinera (1869, pubblicato poi nel 1871) rivelano l‟influsso
di tali amicizie. È tuttavia con il trasferimento a Milano, dove vive dal 1872 al 1893, che
Verga entra in contatto con altri circoli letterari, con la cultura positivista e con l‟ambiente
scapigliato; sempre a Milano, Verga stringe una significativa amicizia con il conterraneo
Luigi Capuana, promotore di un rinnovamento della produzione letteraria sulla scia del
naturalismo francese e in particolare di Emile Zola
2
. A Milano Verga compone i romanzi Eva
(1873), Tigre reale (1873) ed Eros (1874); è del 1874 anche la novella Nedda che rappresenta
una rottura rispetto allo stile dei romanzi precedenti, con una trama ambientata non più nella
società ricca e mondana ma nella Sicilia povera e arretrata, e una protagonista che non
appartiene alla ricca borghesia ma all‟universo popolare siciliano, una povera raccoglitrice di
olive vittima della miseria. Nel 1875 l‟autore scrive un bozzetto marinaresco dal titolo Padron
„Ntoni da cui poi nascerà il romanzo I Malavoglia; nel 1878, in una lettera all‟amico Salvatore
Paola Verdura, Verga accenna a un suo progetto rappresentato da un ciclo di cinque romanzi,
«una fantasmagoria della lotta per la vita, che si estende dal cenciaiuolo al ministro e
all‟artista, e assume tutte le forme, dall‟ambizione all‟avidità del guadagno, e si presta a mille
rappresentazioni del grottesco umano».
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Nel 1880 si apre la stagione del verismo verghiano, con le novelle Vita dei Campi; nei primi
mesi del 1881 esce il romanzo I Malavoglia, nel 1883 vengono pubblicate le Novelle
Rusticane, di ambientazione siciliana, e la raccolta Per le vie, di ambientazione milanese; nel
1
Alberto Casadei, Marco Santagata, Manuale di letteratura italiana medievale e moderna, Bari, Editori
Laterza, 2014, p. 426.
2
Riccardo Marchese, Letteratura e realtà, Vol.3, Dall‟età napoleonica a Verga, Firenze, La Nuova
Italia, 1981.
3
Paolo Pullega, Leggere Verga: Antologia della critica verghiana, Bologna, Zanichelli, 1973.
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1887 poi Vagabondaggio. Nel 1884 va in scena a Torino la versione teatrale della novella
Cavalleria rusticana - interpretata da Eleonora Duse - che ottiene un grande successo, il solo
raggiunto in vita da Verga con le sue opere.
Nel 1888 esce a puntate, sulla rivista fiorentina «La Nuova Antologia», il secondo romanzo
del Ciclo dei Vinti: Mastro Don Gesualdo, pubblicato poi in volume, in un‟edizione
ampiamente rivista l‟anno successivo (1889).
Nel 1893 Verga ritorna definitivamente a Catania dove inizia a lavorare al terzo romanzo del
Ciclo dei Vinti, La duchessa di Leyra, che lascia però incompiuto. Nel 1894 esce un‟ulteriore
raccolta di novelle, Don Candeloro e C.i.. Scrive la sua ultima novella, Una capanna e il tuo
cuore, nel 1919. Nel 1920 viene nominato senatore del Regno. Muore nella sua casa di
Catania il 27 gennaio 1922.
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1.2 I Malavoglia: uno sguardo d’insieme
La prima idea dei Malavoglia risale al bozzetto marinaresco Padron „Ntoni del 1875, per
precisarsi ulteriormente nella novella Fantasticheria del 1879, contenuta nella raccolta Vita
dei campi al cui interno presentata come una sorta di lettera scritta da un protagonista
maschile ad una dama di estrazione alto-borghese, vengono anticipati alcuni personaggi ed
alcune tematiche che saranno sviluppati nel romanzo.
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Nella prefazione ai Malavoglia, Verga presenta l‟opera stessa come «lo studio sincero e
spassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni
le prime irrequietudini pel benessere»,
6
chiarendo che «il meccanismo delle passioni che la
determinano in quelle basse sfere è meno complicato, e potrà quindi osservarsi con maggior
precisione»; il riferimento è al progetto verghiano di un ciclo di romanzi, ognuno dei quali
rappresenta un livello sociale superiore rispetto a quello del romanzo precedente. I
Malavoglia è il primo romanzo del ciclo e il primo scalino di quella scala sociale, al salire
della quale «il congegno delle passioni va complicandosi, i tipi si disegnano certamente meno
4
Alberto Casadei, Marco Santagata, Manuale di letteratura italiana medievale e moderna, Bari, Editori
Laterza, 2014, pp. 426-427.
5
Riccardo Marchese, Letteratura e realtà, Vol.3, Dall‟età napoleonica a Verga, Firenze, La Nuova
Italia, 1981.
6
Luigi Russo, Prefazione in Giovanni Verga, Opere, a cura di Luigi Russo, Milano-Napoli, Ricciardi,
1961, pp. 177-179.