giornalismo di alta classe.”
2
Ma la perfetta unità e compiutezza 
dell’opera di Nietzsche sono indubitabili.  
Seguace di Schopenhauer, del quale restò discepolo anche dopo che 
l’aveva rinnegato da molto tempo, per tutta la vita egli ha in realtà 
variato, sviluppato, ribadito un unico pensiero che è presente 
dappertutto nella sua opera, un pensiero che in principio si presenta 
con un’indiscutibile giustificazione di critica del proprio tempo, ma 
che poi, nel corso degli anni, diventa preda di un dionisiaco furore, 
“così che la storia di Nietzsche si può ben dire la storia della 
decadenza di quel pensiero”.
3
  
Per comprenderlo a fondo bisogna scomporlo nei suoi elementi, 
nelle sue parti tra loro in contrasto: vita, cultura, coscienza, 
conoscenza, arte, distinzione, morale, istinto. In questo complesso 
di idee predomina il concetto di cultura, esso è posto quasi sullo 
stesso piano del concetto di vita: cultura è l’aristocrazia della vita e 
a essa, come sue sorgenti e condizioni, sono congiunti arte ed 
istinto, mentre, come mortali distruttrici della vita e della cultura, 
figurano la coscienza e la conoscenza, la scienza e infine la morale.  
                                         
2
  Cfr. T. Mann, op. cit., p. 812  
3
 Cfr. T. Mann, op. cit., p. 813 
 
  
“La morale che, come custode della verità, si oppone alla vita, 
giacché questa si fonda essenzialmente sull’apparenza, sull’arte, 
sull’inganno, sulla prospettiva, sull’illusione, e il padre di ogni vita 
è l’errore.”
4
Nietzsche crede che la vita, nella rappresentazione pura 
ed intuitiva, nella riproduzione dell’arte è uno spettacolo grandioso, 
il principio cioè che la vita può giustificarsi solo come fenomeno 
estetico.
5
  
La vita è arte e apparenza, non altro, e perciò superiore alla verità 
(che è di pertinenza della morale) è la saggezza (che è oggetto della 
cultura e della vita); una tragica, ironica saggezza che per istinto 
artistico, per amore della cultura, pone limiti alla scienza e difende 
il valore più alto di tutti, la vita, contro due nemici: il pessimismo di 
coloro che la negano e patrocinano l’al di là, e l’ottimismo dei 
seguaci della ragione e del miglioramento del mondo, che 
favoleggiano di felicità e giustizia per tutti.  
A questa tragica saggezza, che benedice la vita in tutta la sua falsità, 
durezza e crudeltà, Nietzsche ha dato il nome di Dioniso.
6
 
Il filo conduttore per leggere tutta l’opera di Nietzsche è la coppia 
apollineo – dionisiaco che, formulata, in origine in relazione al 
                                         
4
 Cfr. T. Mann, op. cit., p. 813 
5
 Cfr. T. Mann, op. cit., p. 814  
6
 Cfr. T. Mann, op. cit., p. 814  
  
problema della nascita della tragedia greca e della sua fine, 
raccoglie intorno a sé quasi tutti gli aspetti più significativi del 
pensiero di Nietzsche giovane: la critica della cultura del tempo, la 
metafisica d’artista, la dottrina del linguaggio, la polemica contro lo 
storicismo.
7
 
Come per tutta la più significativa filosofia del Novecento, anche 
per Nietzsche l’avvio al filosofare è dato da una riflessione sulle 
“scienze umane”,
8
in termini più generali, sulla storiografia e il 
sapere che l’uomo ha di se stesso; è in questa luce che si devono 
prendere i primi lavori di Nietzsche. La prima filosofia di Nietzsche 
si elabora nel periodo del suo insegnamento a Basilea e risente, nei 
suoi tratti caratteristici, sia della formazione del filologo, sia delle 
sue venerazioni giovanili, soprattutto quelle per Schopenhauer e 
Wagner; essa contiene una serie di temi che perderanno di 
importanza nell’elaborazione successiva.
9
  
Nietzsche sembra intendere il proprio lavoro di filologo in un senso 
che non è quello della filologia accademica prevalente, e che lo 
avvicina alla filosofia; il suo ricorrente proposito è quello di 
dedicarsi alle scienze, e dunque, sembra sospettare, o mitizzare, un 
                                         
7
 Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Nietzsche, Bari, Laterza, 1999, p. 10 
8
 Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Nietzsche, cit., p. 8 
9
 Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Nietzsche, cit., pp. 8 - 9 
  
altro possibile centro della Bildung, senza tuttavia esprimersi in 
questo momento, come invece avverrà negli scritti a partire da 
Umano troppo Umano, in precise prese di posizione teoriche.  
Un secondo motivo di interiore distacco dalla filologia, è 
l’insofferenza per la filologia accademica; in questo secondo 
aspetto la filologia classica appare come un tradimento allo spirito 
del classicismo, in quanto non è più capace di guardare all’antico 
come ad un modello da imitare e proseguire, ma solo come ad un 
repertorio di oggetti di studio.
10
  
La rinascita della cultura tragica a cui Nietzsche pensa negli scritti 
giovanili si configura come una rivoluzione in cui l’arte ha una 
funzione decisiva, la quale però mentre resta non sufficientemente 
determinata nello scritto sulla tragedia, nelle altre opere negli anni 
immediatamente successivi si precisa come generalmente legata ad 
una funzione critica della cultura: proprio questo è il senso delle 
Considerazioni Inattuali.
11
 
La stessa nozione di “inattualità” su cui insiste il loro titolo indica la 
problematicità di questo rapporto: il pensatore inattuale che 
                                         
10
 Cfr. M. Ferraris, Nietzsche e la filosofia del 900, Milano, Bompiani, 1999, p. 
19 
                                                                                      
11
 Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Nietzsche, cit., p. 26 
  
Nietzsche sente di essere non lavora alla fondazione immediata di 
una cultura diversa, nelle quali le sue tesi potrebbero diventare 
attuali;
12
“lavora piuttosto contro il tempo, e in tal modo sul tempo e, 
speriamolo, a favore di un tempo venturo”.
13
     
Sia la Seconda Considerazione Inattuale, sia soprattutto quel vero e 
proprio manifesto sui rapporti tra società e cultura che è la Terza 
Inattuale, Schopenhauer come educatore, pensano tali rapporti in 
termini di alternativa tra Kultur e Zivilisation; due termini che 
Nietzsche contrapporrà esplicitamente negli appunti dell’ultimo 
periodo, secondo l’accezione che avranno nella Kulturkritik tedesca 
del primo Novecento.
14
  
                                         
12
 Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Nietzsche, cit., p. 26 
13
 F. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita, trad. it. di Sossio 
Giametta, Milano, Adelphi, 2001, p. 5 
 
14
 Cfr. G. Vattimo, Introduzione a Nietzsche, cit., p. 27 
 
  
 
2. Nietzsche critico della morale 
 
Una filosofia al di là del bene e del male, quale Nietzsche la 
intende, segna il definitivo abbandono dell’orizzonte morale.  
Non si tratta propriamente di un immoralismo, di un rovesciamento 
dei valori etici tradizionali, quasi che si debba considerare “male” 
ciò che prima era considerato “bene”, e viceversa; né si tratta di 
relativismo, che riconduce la morale al costume ed esclude la 
possibilità di una fondazione puramente razionale dell’etica; e 
neppure si tratta di un indifferentismo, che dal ripudio della morale 
fa conseguire l’equivalenza di tutti i comportamenti umani. Quello 
di Nietzsche è piuttosto un amoralismo: la sua tesi è che ai concetti 
di bene e di male non corrisponde mai alcuna realtà; non ci sono 
fatti morali, l’intera morale è un errore.
15
 
Questo significa che ogni comportamento ed ogni valutazione che 
si siano riferiti alle categorie di bene e di male, le hanno adoperate 
unicamente come metafore che nascondevano motivazioni ed 
impulsi di ben altra natura. La morale attribuisce all’agire una causa 
                                         
15
 Cfr. L. Alfieri e D. Corradini, Abissi. Meditazioni su Nietzsche, Milano, 
Giuffrè, 1992, pp. 183 
  
diversa da quella reale, ed al giudizio sull’azione attribuisce motivi 
diversi da quelli effettivamente operanti nella mente che giudica. 
Il nemico non è la realtà: è un idolo, un fantasma concettuale, e non 
c’è dunque bisogno di distruggerlo; non è un atto violento, quello 
che Nietzsche si accinge metaforicamente a compiere; “la sua arma 
è innocua, è un martelletto da accordatore con cui fa sentire che i 
suoi idoli suonano vuoti. Questa guerra si vince appunto 
dimostrando che l’avversario non c’è, che al suo posto c’è 
un’immagine vuota.”
 16
  
La strategia di Nietzsche è molto sottile, giacché mira a far sì che 
anche il credente nell’idolo riconosca che l’idolo suona vuoto, e 
riconosca, ancor più, di averlo sempre saputo, giacché egli stesso ha 
nascosto dietro l’idolo una ben diversa realtà.
17
   
Più energicamente di qualsiasi altro pensatore, egli ha posto la 
fondamentale esigenza di una trattazione causale, psicologica e 
scientifico – naturale del fenomeno morale.
18
   
Egli è nato psicologo, la psicologia è la prima delle sue passioni: 
conoscenza e psicologia sono in fondo per lui un’unica passione. 
                                         
16
 Cfr. L. Alfieri e D. Corradini, op. cit., pp. 184 
17
 Cfr. L. Alfieri e D. Corradini, op. cit., pp. 184 - 185 
18
 Cfr. R. Reininger, Nietzsche e il senso della vita, Roma, Volpe, 1971, p. 126 
  
Psicologo egli è già in forza di quell’asserto schopenhaueriano 
secondo il quale non è l’intelletto a creare la volontà, ma viceversa; 
che non è l’intelletto l’elemento primario e predominante, ma la 
volontà, con cui l’intelletto è in rapporto di pura sudditanza.  
L’intelletto come strumento a servizio della volontà, questa è la 
sorgente originaria di ogni psicologia, di ogni psicologia del 
sospetto e dello smascheramento, e Nietzsche, come avvocato della 
vita, si getta tra le braccia della psicologia della morale, sospetta 
che tutti i “buoni” istinti derivino da quelli cattivi, fino a proclamare 
quelli “malvagi” nobili e vitali: questo è il capovolgimento di tutti i 
valori. 
Ciò che prima veniva chiamato socratismo, “uomo teoretico”, 
coscienza, malattia storica, ora si chiama senz’altro “morale”, e più 
particolarmente “morale cristiana”, che viene smascherata come 
qualcosa di assolutamente velenoso, nemico della vita.
19
 
Ma quando Nietzsche intende rintracciare l’effettiva ascendenza 
delle “morali”, egli vuole sempre riferirsi non alla moralità come 
categoria in sé, bensì a quel tipo di morale storica dominante nel 
periodo in cui egli scriveva, anche se quella morale, per la durata 
quasi millenaria del suo incontrastato potere sulla cultura e la civiltà 
                                         
19
 Cfr. T. Mann, op. cit., pp. 819 - 820 
  
occidentale, veniva quasi sempre identificata con la morale tout 
court.  
Nietzsche era un deciso avversario della costellazione di valori di 
cui quella morale era il maggiore caposaldo. Era il suo radicale 
antistoricismo, come si evince nella Seconda Considerazione 
Inattuale, a coinvolgere in una globale condanna la morale allora 
corrente, tutta permeata, come essa era di storicismo hegeliano.
20
  
Si trattava dunque di “ricondurre il problema morale entro i suoi più 
circoscritti confini, sostituendo a una orgogliosa metafisica dei 
costumi, una più modesta storia naturale dei costumi”
 
più 
scrupolosa nell’attenersi ad una precisa considerazione 
dell’evoluzione storica dei comportamenti morali; riportando cioè 
l’etica entro i limiti assegnatele dal relativismo scettico di Hume. 
Questa condanna inappellabile di Nietzsche, della morale di 
derivazione idealistico – hegeliana valeva a porre in luce l’errore – 
base di tutta la tradizione nella cultura occidentale. La radice di tale 
errore è da ricercarsi, secondo Nietzsche, nella impostazione 
intellettualistica, socratico – cristiana, che ha dominato la civiltà 
europea. L’impianto metafisico della morale occidentale nasce 
                                         
20
 Cfr. N. Ciusa, Religione e morale in Nietzsche, Roma, Giovanni Volpe 
Editore, 1979, p. 84 
  
dall’incauta e ingiustificata ricerca di un ancoraggio delle 
motivazioni profonde della condotta morale, ad un bene, 
considerato di natura trascendente: avulso cioè dalla storia e dalla 
psicologia umana.
21
Nietzsche accusa la morale tradizionale di 
essersi dimenticata del proprio fondamento umano, per aver 
preferito a tale base, ritenuta troppo instabile, in quanto legata alla 
mutevolezza e alla contingenza del fluire della storia, la ben più 
salda roccia di un Bene di natura trascendente, non soggetto ai 
capricci di un divenire troppo spesso incomprensibile, per essere 
sottoposto al controllo della ragione.
22
 
Il suo compito diventa quello di proclamare gli aspetti della vita 
fino ad allora rinnegati, soprattutto rinnegati dal cristianesimo, 
come i più degni e i più alti: la vita al di sopra di tutto. Nietzsche, 
vede nell’ebraismo la culla del cristianesimo e in questo, a ragione 
ma con avversione, il germe della democrazia, della Rivoluzione 
francese e delle odiate idee moderne che egli marchia come morale 
del gregge. Ciò che egli disprezza e maledice in tali idee è 
l’utilitarismo e l’eudemonismo, il loro elevare la pace e la felicità 
terrena a beni supremi, mentre l’uomo nobile, tragico, eroico, 
calpesta questi valori molli e volgari: non il bene, dunque, ma 
                                         
21
 Cfr. N. Ciusa, op. cit. p. 84 
22
 Cfr. N. Ciusa, op. cit., pp. 83 – 84 
  
l’utile è il campo dell’azione e quindi della vita morale, perché 
moralmente due sole sono le vie che si possono percorrere nella 
ricerca del bene, quella utilitaristica e quella edonista, identificante 
il bene col piacevole. Quello che egli rimprovera più di tutto al 
cristianesimo è di aver tanto elevato l’importanza dell’individuo, 
che non si poteva più sacrificarlo, ma la specie, egli dice, si 
conserva solo con il sacrificio dell’individuo, e il cristianesimo è 
principio antitetico a quello della selezione.  
Il cristianesimo ha effettivamente abbassato e indebolito per secoli 
la forza, la responsabilità, l’alto dovere di sacrificare uomini e ha 
impedito la nascita di quell’energia della grandezza necessaria a 
plasmare l’uomo futuro con la disciplina selettiva.
23
  
Ora l’operazione che Nietzsche porta avanti è quella di sganciare 
definitivamente la morale dalla religione: l’unico connotato che 
resta alla morale è quindi di natura psicologica, anzi biopsichica, 
tale da riconoscere in essa un meccanismo animale di difesa ed 
offesa, sul piano della convivenza sociale. Questo criterio di 
valutazione dei fatti della vita morale da ritenersi, secondo 
Nietzsche, il solo atto a spiegare perché, a seconda dei mutamenti 
della temperie storica, ossia del relativo assetto sociale e culturale 
                                         
23
 Cfr. T. Mann, op. cit., p. 827 
  
di una data stagione della civiltà umana, muti anche il quadro 
assiologici della moralità. Il che ci consente di riconoscere all’etica 
il suo carattere storico, ossia relativo, di fenomeno appartenente alla 
sfera della cronicità o temporalità, cioè di categoria “umana troppo 
umana”, del tutto estranea al carattere assoluto e metafisico della 
religione.
24
 
 Il suo obiettivo è la conquista di un nuovo concetto di umanità che, 
di fronte a quello appiattito e compiaciuto dell’età borghese, abbia 
acquisito una maggiore profondità.
 25
 
La critica, dunque, non deve limitarsi a porre in discussione valori 
esistenti; la decostruzione del mito deve condurre alla nascita di 
nuovi miti e valori capaci di dar sostanza al progetto di 
emancipazione degli “spiriti liberi”.
26
 
Lo spirito libero è tale in quanto rappresenta l’opposto dello spirito 
vincolato, che si inserisce pacificamente nel sistema di idee vigente 
per svilupparlo e sostenerlo; gli spiriti liberi sono semplicemente 
quelli che tentano cose nuove, non importa se utili o no, e in ciò 
consiste il progredire e del resto, tra i caratteri che li distinguono 
dagli spiriti vincolati alla morale, c’è anche il fatto che a questi 
                                         
24
 Cfr. N. Ciusa, op. cit., p. 85  
25
 Cfr. T. Mann, op. cit., p. 844 
26
 Cfr. M. Ferraris, Nietzsche e la filosofia del 900, cit., pp. 39 - 40                                       
  
ultimi
27
“manca la conoscenza delle molte possibilità e direzioni 
dell’agire”.
28
 
 
CAPITOLO PRIMO 
Il tramonto dell’arte tragica e l’affermazione della ratio 
socratica 
 
I.1. L’arte greca e la liberazione del dionisiaco  
 
Spesso si suole considerare La nascita della tragedia come il punto 
d’avvio della filosofia di Nietzsche, il momento della rottura 
definitiva con la scienza filologica e la consacrazione del pensiero 
filosofico. Di certo essa segnò una svolta per Nietzsche, ed è 
altrettanto vero che segnò il punto d’arrivo di una lunga e 
tormentata riflessione sul tragico e sulla tragedia.
29
  
In qualche modo l’importanza di questo scritto è evidenziato dal 
fatto che Nietzsche per la prima volta riesce tramite il tragico a 
                                         
27
 Cfr. G. Vattimo, Il soggetto e la maschera, Milano, Bompiani, 1999, p. 39 
28
 F. Nietzsche, Umano troppo Umano (Volume II), trad. it. Sossio Giametta, 
Milano, Adelphi, 1998, p. 165 
29
 Cfr. M. Ferraris, NIETZSCHE Etica, Politica, Filologia, Musica, Teoria 
dell’interpretazione, Ontologia, Bari, Laterza, 1999, p. 90 
  
scorgere la vera natura della realtà: l’arte, la poesia tragica diventa 
per lui la chiave che spiega l’essenza del mondo; soltanto con 
l’occhio dell’arte, il pensatore riesce ad entrare nel cuore del 
mondo. E’ essenzialmente l’arte tragica, la tragedia antica, che ha 
questa capacità di penetrazione: riconosce l’effettiva tragicità del 
mondo.
30
  
Il tragico è per Nietzsche la prima formula per la conoscenza 
dell’essere, la realtà è per lui il contrasto degli opposti primordiali. 
Questo scritto rompe gli schemi culturali con cui era intesa 
l’antichità; un’antichità che doveva rimanere fondamentalmente 
qualcosa di antiquato, inoffensivo, o eventualmente edificante o 
illustrativo o retorico o dissezionato: con La nascita della tragedia 
l’antichità diventa qualcosa di ingombrante, di vivente, impossibile 
da sterilizzare.
31
 
Ne La nascita della tragedia, Nietzsche afferma che nel mondo 
greco esiste un originario contrasto tra due divinità artistiche, 
Apollo e Dioniso, contrasto che si identifica nell’arte dello scultore, 
l’apollinea, e l’arte non figurativa della musica, la dionisiaca: si 
tratta di impulsi che procedono paralleli, e tramite “un miracoloso 
                                         
30
 Cfr. E. Fink, La filosofia di Nietzsche, Venezia, Marsilio, 1993, p. 19  
31
 Cfr. G. Colli, Scritti su Nietzsche, Milano, Adelphi, 1980, p. 26