Le dittature totalitarie sono fenomeni particolari al ventesimo secolo per il loro carattere
�democratico�: esse sono movimenti di massa. Bench� fossero cominciate con la conquista del
potere da parte di minoranze [...], esse riuscirono perch� dettero forma agl�informi sogni delle
masse nazionali e riecheggiarono le loro confuse ed appena coscienti aspirazioni con un�audacia
quasi spaventosa e con l�estrema semplificazione. La massa che segu� uomini come Stalin e Hitler
non pu� venire compresa solo ricorrendo alla spiegazione del terrore. Un vincolo di fondamentale
affinit� unisce i capi con i loro popoli, e non gi� un�attrattiva eccezionale del capo stesso [...] Hitler
non conquist� le masse tedesche, egli le rappresent� [...].
6
H. Kohn in questo brano si riferisce principalmente alle esperienze sovietica e
nazionalsocialista, ma si tratta di una tesi applicabile anche, e soprattutto, all�Italia
fascista:
[...] il fascismo ha sempre teso a creare nelle masse la sensazione di essere costantemente
mobilitate, di avere un rapporto diretto con il capo (tale perch� capace di farsi interprete e traduttore
in atto delle loro aspirazioni) e di partecipare e contribuire non a una mera restaurazione di un
ordine sociale di cui sentivano tutti i limiti e l�inadeguatezza storica, bens� ad una rivoluzione dalla
quale sarebbe gradualmente nato un nuovo ordine sociale, migliore e pi� giusto di quello
preesistente e, soprattutto, mai sperimentato prima.
7
Il fascismo si configura, quindi, come un movimento di massa, con
caratteristiche assolutamente peculiari, lontano dai regimi reazionari e conservatori ai
quali spesso � stato accomunato. Autorevoli contributi al tema della natura del regime
fascista ne accentuano il carattere rivoluzionario e moderno, opposto alla tradizionale
immagine di un fascismo reazionario e nostalgico fautore del passato. Per esempio,
De Felice:
Il regime fascista ha come elemento che lo distingue dai regimi reazionari e conservatori, la
mobilitazione e la partecipazione delle masse. Che poi ci� sia realizzato in forme demagogiche �
un�altra questione: il principio � quello della partecipazione attiva, non dell�esclusione.[...]Un altro
elemento rivoluzionario � che il fascismo italiano - anche qui si pu� dire demagogicamente, ma � un
altro discorso - si pone un compito, quello di trasformare la societ� e l�individuo in una direzione
che non era mai stata sperimentata n� realizzata.[...] I regimi di tipo fascista invece, vogliono creare
qualcosa che costituisca una nuova fase della civilt�.
8
Insiste sul carattere rivoluzionario ed antiborghese Z. Sternhell, il quale
accenna alla �indipendenza intellettuale� del fascismo:
6
H. KOHN, Ideologie politiche del ventesimo secolo, Firenze, 1964, trad. it., pp.99-100, citato da R. DE FELICE, Le
interpretazioni del fascismo, Bari, 1995, Laterza, pp.40-41(corsivo mio).
7
R. DE FELICE, Le interpretazioni del fascismo, Bari, 1995, Laterza, p.XIII.
8
R. DE FELICE, Intervista sul fascismo (a cura di M.A. Ledeen), Milano, 1992, Mondadori, pp.40-41(corsivo mio).
[...] il fascismo � nel contempo il risultato di una crisi della democrazia liberale e di una crisi
del socialismo. � una rivolta contro la societ� borghese, i suoi valori morali, le sue strutture
politiche e sociali, il suo modo di vivere. Il fascismo si presenta cos� come l�espressione di una
rottura che reca tutti i segni di una crisi di civilt�.[...] si tratta infatti di un fenomeno [il fascismo]
che possiede un proprio grado di autonomia, di indipendenza intellettuale.
Fascismo e marxismo hanno un punto in comune: entrambi vogliono la distruzione del
vecchio ordine di cose, di cui sono dei prodotti, per rimpiazzarlo con strutture politiche e sociali
diverse. � in questo che l�ideologia fascista � un�ideologia rivoluzionaria.
9
Emilio Gentile si sofferma sulla crisi della societ� liberale nel primo
dopoguerra:
La crisi del dopoguerra non scoppi� in Italia come un terremoto improvviso. Nel ventennio
precedente,[...] erano molto frequenti le manifestazioni di rivolta contro una certa immagine della
societ� borghese liberale, alle quali s�accompagnavano radicali condanne e il rifiuto delle sue
�sovrastrutture� ideologiche o politiche, come il culto del benessere, il riformismo politico, il
parlamentarismo, il pacifismo, l�umanitarismo sociale, il perbenismo di una morale convenzionale
ed ipocrita.
10
P.G. Zunino, nel suo lavoro sull�ideologia del regime, si sofferma sulla crisi
dell�Italia prefascista:
[...] � certo che nel fiume delle camicie nere si gettarono le energie latenti scaturite dalla
crisi della borghesia liberale. Un ceto dirigente, delle istituzioni, dei metodi di governo della societ�
che in Italia si erano particolarmente logorati e a cui la guerra aveva impresso l�ultima vibrazione
destabilizzante.
11
E pi� avanti:
I movimenti di massa, che se non provocati certo erano stati accresciuti dall�esperienza
bellica e dai mutamenti istituzionali (come tale, in effetti, si configur� la adozione del sistema
elettorale proporzionale); e poi la nuova politicizzazione diffusa, le nuove sollecitazioni materiali e
ideali. Tutto ci� assumeva le proporzioni di un vulcano sul cui cratere poggiavano le fragili
impalcature di un parlamento che si consumava nelle quotidiane esercitazioni trasformistiche.
12
9
Z. STERNHELL, N� destra n� sinistra.La nascita dell�ideologia fascista, Napoli, 1983, Akropolis, pp15-16 (corsivo
mio). A riguardo della natura rivoluzionaria e antiborghese del fascismo si veda anche P.G. ZUNINO, L�ideologia del
fascismo.Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, Bologna, 1985, Mulino, p. 377: �[...] se il regime � un
esito della crisi della borghesia liberale, il fascismo si configura anche come uno dei punti d�arrivo cui mette capo la
crisi del socialismo. Possiamo allora comprendere come accada che non poche tessere dell�ideologia fascista abbiano
quella tal matrice rivoluzionaristica e di sinistra da cui � derivato tanto imbarazzo.�.
10
E. GENTILE, Le origini dell�ideologia fascista.(1918-1925), Bari, 1975, Laterza, p.54.
11
P.G. ZUNINO, L�ideologia del fascismo.Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, Bologna, 1985,
Mulino, p.375.
12
Ibidem, p.376.
Anche G.L. Mosse scrive di una �rivoluzione antiborghese dei borghesi�
13
e
ancora De Felice ricorda come i ceti emergenti della piccola e media borghesia, i
quali andranno a costituire l�avanguardia e il nucleo centrale delle forze fasciste,
abbiano �messo in discussione�
14
e successivamente rovesciato � l�intero �sistema
liberale��
15
.
Dunque il fascismo veniva proposto dai propri sostenitori come una radicale
alternativa al sistema democratico liberale, considerato ormai in piena decadenza, ma
entrambi i sistemi tendevano verso lo stesso obiettivo: la partecipazione delle masse
alla vita politica della nazione; che poi, nel caso del fascismo, questo obiettivo fosse
perseguito demagogicamente � questione non trattabile in questa sede. Oggetto del
nostro lavoro � da considerarsi non la realt� storica del fascismo, bens� la sua essenza
teorica: i principi primi che indirizzavano l�azione e i fini ultimi per i quali si agiva.
Attraverso lo studio della percezione, dell�analisi e, infine, del rifiuto che sotto
molteplici aspetti viene fatto del concetto di democrazia e delle reali esperienze
democratiche all�interno del Dizionario di politica, si cercher� di individuare l�idea
che si aveva di democrazia in quel periodo e le motivazioni addotte per spiegare il
suo presunto fallimento. In secondo luogo si cercher� di individuare quale progetto
politico proprio del fascismo emerge dal Dizionario di politica, verso quali mete i
fascisti si consideravano in marcia e in quale modo l�ideale fascista veniva
considerato un superamento rivoluzionario delle dottrine politiche sviluppatesi dalla
Rivoluzione francese in poi.
13
G.L. MOSSE, L�uomo e le masse nelle ideologie nazionaliste, Bari, 1988, Laterza, p.11.
14
R. DE FELICE, Il fenomeno fascista, in � Storia contemporanea �, n� 4/5, 1979, p. 628.
15
Ibidem.
CAPITOLO I
FASCISMO E DEMOCRAZIA
I . 1 IL FASCISMO E L�IDEOLOGIA FASCISTA NEL DIBATTITO
STORIOGRAFICO
I . 1 . 1 Il carattere antidottrinario del fascismo
Nel trattare un argomento come l�ideologia del fascismo risulta non difficile
incontrare riserve sulla stessa esistenza di un complesso di idee e principi costituenti
un corpus dottrinale che caratterizzi in modo precipuo l�azione politica fascista. Il
fascismo stesso ha offerto un�immagine di s� in quanto movimento antiintellettuale e
antiideologico, che provava �una sorta di orrore delle definizioni teoriche, delle
geometrie astratte e dei principi assoluti�
16
. L�esaltazione del vitalismo e dell�azione
fece trascurare, nei primi anni del movimento, un�elaborazione dottrinale: � L�anti-
ideologia del primo fascismo era, in fondo, l�unico possibile atteggiamento mentale e
pratico per chi, convinto del fallimento di tutte le precedenti ideologie ancora
esistenti e della impossibilit� di definire teoricamente la complessit� della vita
sociale, era comunque smanioso di agire�
17
.
Mussolini stesso precisava che �Il Fascismo non fu tenuto a balia da una
dottrina elaborata in precedenza, a tavolino: nacque da un bisogno di azione e fu
azione�
18
, e si � notato come il futuro duce fosse uscito dalla militanza socialista �con
un profondo scetticismo sul valore delle idee che non erano elaborate direttamente
sull�esperienza degli avvenimenti�
19
. Bisogna inoltre tenere presente il carattere
multiforme ed eclettico del movimento fascista alle sue origini: �Nietzsche e Sorel,
Pareto e Gentile; liberismo e dirigismo, industrialismo, agrarismo e sindacalismo
rivoluzionario: nel retroterra dottrinale del fascismo c�era qualche brandello di tutto
ci�.�
20
.
16
P.G. ZUNINO, L�ideologia del fascismo.Miti, credenze e valori nella stabilizzazione del regime, Bologna, 1985,
Mulino, p.153.
17
E. GENTILE, Le origini dell�ideologia fascista, Bari, 1975, Laterza, p.141.
18
B. MUSSOLINI, Fascismo. I. Dottrina politica e sociale, Diz.�40, vol. II, p.131.
19
E. GENTILE, op. cit., p. 41.
20
P.G. ZUNINO, op. cit., p.154.L� autore prosegue cos�: �In un articolo comparso nel 1927 c�� un passaggio
assolutamente illuminante a questo proposito. �Un grande partito politico come quello fascista - vi si dice -, non pu�
non essere come un denominatore comune che raggruppi sotto gli ideali di ordine, di gerarchia, di patria, di moralit�,
uomini di ogni religione e di ogni scuola filosofica [...]. Ogni tentativo di mostrarlo compatibile solo con una di tali fedi
o scuole � un rimpicciolirlo��. La citazione � da M. GOVI, Filosofia, religione e antifascismo, in �Critica fascista�, 15
Luglio 1929, p.273.
Il fascismo non elabor� fin dalla sua nascita una propria dottrina anche a causa
del fatto che i primi fascisti cercarono, con la loro azione, di dare un significato
politico alla loro esperienza in trincea e ai sentimenti di cameratismo e di solidariet�
che si erano formati tra i soldati che combatterono la prima guerra mondiale. I reduci
non si riconoscevano pi� nelle ideologie del periodo prebellico e non accettavano i
limiti del mondo borghese: questi sentimenti di frustrazione e di disillusione
confluirono nei primi �Fasci da combattimento�, dove, insieme al culto dell�azione,
vennero uniti ad un forte rifiuto per tutto quello che sembrava essere frutto
dell�astrazione e del raziocinio:
[...] il fascismo ebbe come principio della sua ideologia la critica delle ideologie.[...] acquis�
come nuova concezione politica le conclusioni di quel filone del pensiero critico contemporaneo
che, de Marx a Pareto e a Sorel, aveva messo in risalto il valore pratico e la funzione strumentale
delle ideologie. L� anti-ideologia � un atteggiamento mentale di fronte alla politica che il fascismo
per primo adott� nella lotta contro determinate concezioni di origine positivista e storicista.[...] Per
il fascismo, dunque, le ideologie erano idee-forza, con fini essenzialmente pratici, sintesi di azione e
oggetto di fede [...].
21
21
E. GENTILE, op. cit., p.421.
I . 1 . 2 L�ideologia fascista come problema storiografico
Le resistenze a riconoscere l�esistenza e l�autonomia di una vera e propria
ideologia fascista non nascevano unicamente dalle contraddizioni presenti all�interno
dello stesso pensiero fascista. I motivi di tale rifiuto nascevano principalmente a
livello morale e, in secondo luogo, politico:
Infatti, per moltissimi anni era luogo comune considerare il fascismo o come totalmente
privo di un sistema di idee, oppure come mascherato, per i bisogni della causa, di una parvenza di
dottrina che quindi non si sarebbe potuta prendere sul serio e alla quale non si sarebbe potuto dare il
minimo d�importanza che si accorda di solito alle idee professate da ogni movimento politico.
Questo atteggiamento forse non era del tutto estraneo ad un rifiuto fondamentale di vedere nel
fascismo qualcosa di diverso da un incidente della storia europea: conferirgli una dimensione
teorica sarebbe stato come riconoscergli nella storia del nostro tempo un peso e un�importanza che
si era poco disposti a riconoscergli, sia a destra che a sinistra, per ragioni affini o opposte.
Ammettere che il fascismo era ben altro che una semplice aberrazione, un caso, se non un accesso
di follia collettiva, e un fenomeno da spiegare semplicemente con la crisi economica; constatare che
movimenti fascisti autoctoni, esistevano praticamente in tutti i paesi d�Europa, che non erano una
semplice imitazione, o una caricatura, del movimento italiano; ammettere che un corpo di dottrina
non meno solido o logicamente sostenibile di quello dei partiti democratici o liberali sosteneva i
gruppi armati di Roma e di Bucarest, di Parigi e di Londra, di Berlino e di Vienna; riconoscere
infine che le idee professate non erano unicamente appannaggio di scarti della societ� sbucati dai
bassifondi delle grandi capitali europee e manipolati dall�alta finanza internazionale, avrebbe
dovuto esigere una revisione di tutta una serie di valori, di tutta una serie di ragionamenti. E questo
si era restii a farlo.
22
P.G. Zunino ha tentato di spiegare quali fossero �le implicazioni di una
accettazione o di una negazione dell�ideologia fascista�
23
osservando che �concedere
al fascismo un po' di terreno ideologico [sarebbe stato] equivalente ad immettersi su
di un piano inclinato lungo il quale si sarebbe stati costretti a fare i conti con una idea
del fascismo sensibilmente diversa rispetto a quella cui si era ancorati�
24
. Lo scopo
della negazione dell�esistenza di una ideologia fascista consisterebbe nell�intenzione
di far emergere �una immagine del fascismo totalmente dominata dalla violenza di
stato�
25
. L�intenzione � sempre stata quella di eliminare ogni discussione
sull�adesione che il regime fascista avrebbe potuto ricevere dalle masse, eliminando
alla radice tutto ci� che ad un possibile consenso poteva rimandare, in primo luogo
l�ideologia:
22
Z. STERNHELL, N� destra n� sinistra.La nascita dell�ideologia fascista, Napoli, 1984, Akropolis, pp. 17-18. Pi�
avanti cos� l�autore prosegue: �[...] l�idea secondo la quale il fascismo poteva essere un fenomeno di massa sostenuto da
un�ideologia che rifletteva la realt� - e le contraddizioni - della societ� moderna era inconcepibile - quindi insostenibile
- per chiunque rifiutasse di passare per un alleato �oggettivo� del fascismo. Per molti anni, la ricerca non poteva che
subire il contraccolpo di un atteggiamento che, pur tranquillizzando la coscienza di un settore importante dell�opinione
pubblica, ha avuto come conseguenza quella di paralizzare i tentativi di una analisi pi� approfondita di un fenomeno
capitale del nostro tempo.� Ibidem, p.18.
23
P.G. ZUNINO, op. cit., p.14.
24
Ibidem, p.14.
25
Ibidem, p.17.
L�ideologia � infatti il canale per mezzo del quale lo stato dialoga, per cos� dire, con la
societ�. E non solo: essa costituisce anche il momento di contatto e di compenetrazione tra la forza
e il consenso, tra l�imposizione dall�alto e l�accettazione dal basso. � all�ideologia che si chiede di
legittimare le nuove istituzioni, � all�ideologia che si ricorre per dare sostanza ai rapporti di
identificazione tra governanti e governati; � nell�ideologia, in definitiva, che affondano le radici
delle credenze e dei valori da cui non pu� prescindere alcun potere che non si regga sul puro
terrore.[...] In conclusione, � difficile non constatare una interrelazione poco meno che ferrea tra la
negazione dell�ideologia fascista e l�affermazione del carattere esclusivamente coercitivo del
regime mussoliniano, perch� tutto quanto si sottrae alla capacit� di persuadere si deve
proporzionalmente attribuire alla forza di imporre. Lo studio dei contenuti ideologici del fascismo
conduce invece a concentrare l�attenzione sul processo di osmosi tra stato e societ� e, di
conseguenza, aiuta ad affrontare il problema della forma e della sostanza di quel processo di
convergenza tra la coercizione imposta dall�alto e l�adesione emergente dalla societ�.
26
A questo punto risulta non solo possibile identificare una vera e propria
dottrina fascista (e questo lavoro tenta appunto di rilevarne aspetti salienti), ma si
rende quasi necessario studiarla in modo approfondito, al fine di non espungere dalla
storiografia sul fascismo un aspetto cos� fondamentale per comprendere il movimento
mussoliniano
27
.
26
Ibidem, pp.18-19.
27
Per quanto riguardo l�importanza della dottrina per i movimenti politici moderni: �Al di l� dei diversi contenuti
dottrinali, i vari �-ismi� moderni, anche quelli che non sono stati esplicitamente fissati in un canone (per esempio, il
costituzionalismo), sono cos� dottrine che non hanno pi� lo scopo tradizionale di trasmettere un messaggio rivelato di
salvezza, ma che invece si presentano come �tecniche� efficaci, orientate allo scopo della modificazione ordinativa del
mondo, attraverso la scoperta e il controllo di leggi - antropologiche, economiche, storiche - che gli sono immanenti� in
C. GALLI, Dottrina politica, in L. ORNAGHI (a cura di), Politica, Milano, 1993, Jacabook, p.275.
I . 1 . 3 Il paradigma antifascista
La storiografia sul fenomeno fascista ha risentito dell�influenza delle principali
correnti culturali e politiche che hanno dominato il secondo dopoguerra. Dalla fine
della seconda guerra mondiale fino alla met� degli anni settanta, l�idea che si aveva
del fascismo, soprattutto a livello accademico, rientrava necessariamente all�interno
di uno dei tre principali filoni di interpretazione (speculari alle tre massime tendenze
politiche del secondo dopoguerra):
[...] quella del fascismo come prodotto della crisi morale della societ� europea della prima
met� del Novecento; quella del fascismo come prodotto dei ritardati e atipici processi di sviluppo
economico e di unificazione nazionale di alcuni paesi europei, Italia e Germania in testa; e quella
marxista del fascismo come stadio senescente del capitalismo o, almeno, come prodotto estremo
della lotta di classe.
28
Queste interpretazioni rappresentavano l�estrema ideologizzazione e
politicizzazione della cultura e della societ� europee nell�immediato dopoguerra. Al
limite era possibile riconoscervi le tre principali concezioni politico-culturali
dell�Europa postbellica: l�analisi che puntava sul fascismo come malattia morale
faceva riferimento alla tradizione liberale (con Benedetto Croce in testa, il quale per
primo parl� del fascismo come parentesi nella storia italiana); gli intellettuali che
ruotavano intorno al Partito d�azione proponevano lo studio dei ritardi nello sviluppo
storico dell�Italia come spiegazione del fascismo in quanto vizio storico di un paese
guidato da una borghesia fondamentalmente arretrata e reazionaria (interpretazione
radicale); gli storici di stampo marxiano e i militanti comunisti, forti della tesi
Dimitrov
29
, riconoscevano nel fascismo la dittatura di classe della borghesia
capitalista, ormai in crisi e disposta ad abbandonare il carattere democratico del
proprio potere pur di mantenere l�egemonia economica nel paese.
Queste teorie sono state riassunte nella definizione di paradigma antifascista.
Il nucleo centrale di questo paradigma �[...] si pu� riassumere nel concetto di
�reazione�: in sintesi il fascismo sarebbe stato la reazione contro i due grandi sistemi
28
R. DE FELICE, Le interpretazioni del fascismo, Bari, 1995, Laterza, p.12. S.G. PAYNE aggiunge alle tre indicate da
De Felice altre interpretazioni, giungendo ad elencare nove categorie: � 1. A violent, dictorial agent of bourgeois
capitalism. 2. The product of a cultural or moral breakdown. 3. The result of neurotic or pathological psychosocial
impulses. 4. The product of the rise of amorphous masses. 5. The consequence of a certain stage of economic growth, or
historical sequence of national development. 6. A typical manifestation of twentieth-century totalitarianism. 7. A
struggle against �modernization�. 8. The expression of a unique radicalism of the middle classes. 9. The denial that such
a thing as �generic fascism� ever existed due to the extreme differences between putatively fascist movement, and
hence denial of the possibility of a general concept of �fascism�.�. S.G. PAYNE, The Concept of Fascism, in S.U.
LARSEN, B. HAGTVET, J.P. MYKLEBUST (edited by), Who were the fascists, Bergen-Oslo-Troms�, 1980,
Universitetsforlaget, p. 14.
29
�Dimitrov [segretario del Comitato esecutivo della Terza Internazionale] partiva dalla definizione introdotta nel
gennaio 1934 dal comitato esecutivo dell�Internazionale (�il fascismo � la dittatura terroristica aperta degli elementi pi�
reazionari e pi� imperialisti del capitale finanziario�) e considerava il fascismo come un fenomeno unitario e di portata
mondiale, un risultato della crisi generale del capitalismo, che conduceva la borghesia a smascherarsi, passando da una
forma (il parlamentarismo) all�altra (il terrore aperto) del suo potere di classe[...].�. S. GUARRACINO, Dimitrov
Georgi, in A. DE BERNARDI-S. GUARRACINO (a cura di), Il fascismo.Dizionario di storia, personaggi, cultura,
economia, fonti e dibattito storiografico, Milano, 1998, Bruno Mondadori, p.256.
politici e ideali nati nell�Europa contemporanea - il socialismo e la liberaldemocrazia
- entrambi portatori di una consolidata idea di progresso�
30
e si trattava di una
elaborazione teorica in cui confluivano l�analisi storica e l�impegno politico (in alcuni
casi impegno anche militare), quindi divenne non soltanto una base comune di
partenza per il lavoro storiografico, ma �soprattutto la sintesi della tavola dei valori
condivisi su cui si doveva fondare [...] la convivenza democratica e l�identit� stessa
dell�Italia repubblicana�
31
.
Conseguenza principale della preminenza del paradigma antifascista risultava
essere una visione del fascismo come fenomeno reazionario ed oscurantista, privo di
una dimensione ideologica degna di tal nome e frutto dei rigurgiti antimoderni di
potentati intimoriti dal progresso. Tuttavia, come ricorda De Felice:
[...] tutte le interpretazioni del fascismo, tanto quelle pi� onnicomprensive quanto quelle pi�
articolate, si sono dimostrate via via incapaci di dare una convincente spiegazione del fascismo e
tutte inficiate dalla loro estrema unilateralit� e, spesso, ideologizzazione. Tutte contengono un
fondo di verit�, ma singolarmente prese non soddisfano. N� soddisfano i tentativi di giungere a una
spiegazione del fascismo integrandole tra di loro.
32
De Bernardi nota come il paradigma sia diventato, nel tempo, un intralcio per
la ricerca:
Fino ad anni assai recenti l�egemonia culturale del paradigma antifascista � rimasta
sostanzialmente indiscussa e indiscutibile anche perch� ogni tentativo di leggere il fascismo al di
fuori di questo schema ha dovuto fare i conti con un giudizio di illegittimit� di ordine prima ideale
che storiografico[...]. Per questa via il paradigma perdeva progressivamente il suo valore euristico
per trasformarsi in un ostacolo alla ricerca[...]
33
Il riconoscimento dei limiti del paradigma antifascista nel dare una spiegazione
esauriente del fenomeno fascista ha portato alla nascita di una nuova stagione di
studi, grazie anche all�ampliamento delle fonti primarie disponibili e alla circolazione
di nuove ipotesi e metodologie di studio.
30
A. DE BERNARDI in A. DE BERNARDI-S. GUARRACINO,op. cit., p.102.
31
Ibidem, p.103.
32
R. DE FELICE, op. cit., p.XI.
33
A. DE BERNARDI in A DE BERNARDI-S. GUARRACINO,op. cit., pp.112-113.(corsivo mio).
I . 1 . 4 La nuova storiografia sul fascismo
Per �revisionisti�
34
si intendono tutti gli studiosi che, volontariamente o meno,
hanno affrontato varie tematiche storiche allontanandosi dalle interpretazioni
ufficiali, aprendo nuovi territori di ricerca e sfidando le interpretazioni pi�
convenzionali. Per quanto riguarda il fascismo, diversi autori hanno preso le distanze
dal paradigma antifascista e dalle correnti interpretative sviluppatesi fin dal
dopoguerra.
Proprio alla met� degli anni settanta, le ricerche di Renzo De Felice e di Emilio Gentile su
Mussolini e l�ideologia del fascismo, da un lato, e, dall�altro, la diffusione degli studi sul nazismo di
Mosse e di quelli sulla destra rivoluzionaria francese di Zeev Sternhell, nonch� la pubblicazione
delle ricerche di un sociologo italiano, Gino Germani, sui rapporti tra autoritarismo e
modernizzazione, contribuirono a mettere in discussione i fondamenti stessi del paradigma
antifascista, avviando una nuova stagione di ricerche e riaprendo il dibattito storiografico.
35
L�analisi di questi studiosi partiva dall�assunto secondo il quale si pu�
considerare come fascismo soltanto la specifica esperienza politico-culturale limitata
in termini geografico-temporali all�Italia tra le due guerre mondiali. Inoltre, il lavoro
di questa nuova storiografia si sviluppava intorno a due concetti cardine: la
distinzione tra fascismo-movimento e fascismo-regime, e il carattere decisamente
moderno del fascismo.
Avanzando la giusta esigenza di evitare le generalizzazioni arbitrarie, ma esprimendo al
tempo stesso un orientamento metodologico di diffidenza verso l�uso di concetti generali nella
ricerca storica e di sfiducia verso modelli teorici propri delle scienze sociali, tale corrente − che ha
in Italia il suo esponente pi� eminente in Renzo De Felice − ha prodotto una serie di ricerche sul
fascismo come movimento e come regime con l�obiettivo di cogliere il fenomeno − per cos� dire −
dall�interno (da qui l�utilizzazione di fonti prevalentemente fasciste) e di ricostruire la storia al di l�
di schemi interpretativi pre-costituiti.[...] Al centro dell�analisi sta, infatti, il fascismo nella sua
dimensione politico-ideologica e la tesi della specificit� viene ad essere argomentata in prima
istanza sulla base delle differenze, appunto, ideologiche e progettuali del fascismo italiano rispetto
al nazismo.
36
34
Il termine �revisionista� viene qui virgolettato trattandosi di un espressione discussa in ambito storiografico. Si � fatto
notare che, in primo luogo, qualsiasi lavoro di ricerca storica pu� essere considerato una revisione dei lavori che
l�hanno preceduto e delle conclusioni alle quali sono giunti. Il semplice trascorrere del tempo, oltre alla continua
scoperta di nuove fonti e di nuove metodologie a cui fare riferimento, portano inevitabilmente a riformulare giudizi e
opinioni. A riguardo della nascente nuova storiografia sul fascismo, lo stesso De Felice osservava che �[...] ci� che ci
pare muovere questa nuova storiografia non � la ricerca di assurdi revisionismi, ma solo la volont� di una approfondita
riflessione sul significato pi� sostanziale di quasi mezzo secolo di storia recente italiana; di una riflessione che [...] non
persegua finalit� polemiche e politiche che non competono allo storico.� in R. DE FELICE, op. cit., p.248. Inoltre, il
termine �revisionismo� � stato spesso usato per definire l�opera di studiosi (o pseudo-studiosi) che negano l�esistenza di
un sistema concentrazionario di sterminio durante la seconda guerra mondiale: quindi, ha assunto una connotazione
negativa e spregiativa, non consona all�opera degli storici di cui ci occupiamo.
35
A. DE BERNARDI in A. DE BERNARDI-S. GUARRACINO, op. cit., p.113.
36
E. SACCOMANI, Fascismo, in N. BOBBIO-N. MATTEUCCI-G. PASQUINO, Dizionario di politica-II ed., Torino,
1983, Utet, p.397.
Il fascismo-movimento rappresenta l�aspetto rivoluzionario del fascismo (� Il
fascismo movimento � quel tanto di velleit� rinnovatrice, di interpretazione di certe
esigenze, di certi stimoli, di certi motivi di rinnovamento; � quel tanto di
�rivoluzionarismo� che c�� nel fascismo stesso, e che tende a costruire qualcosa di
nuovo.�
37
), la spinta innovatrice dei ceti medi emergenti, (�Il fascismo fu quindi il
tentativo del ceto medio, della piccola borghesia ascendente − non in crisi − di porsi
come classe, come nuova forza.�
38
). Il fascismo-movimento costituisce la carica
moderna e rivoluzionaria interna al fascismo, una spinta innovatrice che non si perde
durante gli anni del regime: �[...] il fascismo movimento � una costante della storia
del fascismo, una costante che perde via via di importanza, di egemonia, che diventa
sempre pi� secondaria, ma che � sempre presente. Il fascismo movimento � il �filo
rosso� che collega il marzo 1919 all�aprile del �45 [...]�
39
. Sempre a questo riguardo:
In quanto espressione delle aspirazioni del ceto medio emergente, o di una sua parte
consistente, ad un ruolo politico autonomo nei confronti tanto della borghesia quanto del
proletariato, il fascismo-movimento avrebbe rappresentato un momento di rottura rispetto al
passato, una proposta d�ammodernamento delle strutture della societ� italiana avente una sua carica
rivoluzionaria.
40
Il fascismo-regime si identifica, invece, in modo pi� netto con la dittatura
personale di Mussolini: anzi, si pu� dire che Mussolini guadagn� il potere che ebbe,
grazie alla funzione di mediazione e di compromesso che seppe attuare tra il
fascismo-movimento e il fascismo-regime, tra gli esponenti pi� estremisti del suo
movimento e i moderati, coloro che desideravano una istituzionalizzazione del
fascismo:
Il fascismo-regime, invece, in quanto risultato del compromesso tra l�ala moderata del
movimento e le vecchie classi dirigenti avrebbe segnato l�arresto della spinta eversiva del
movimento delle origini e il prevalere dei tradizionali rapporti di potere tra le classi, ma non un
momento di pura e semplice reazione. La delega della gestione del potere politico al fascismo da
parte della borghesia, infatti, segn� l�avvio di un processo di ricambio dell��lite dirigente che, se
non fosse stato interrotto dalla caduta del regime a seguito delle vicende belliche, avrebbe potuto
sfidare i centri di potere reali fino ad allora controllati dalle vecchie classi dominanti.
41
37
R. DE FELICE, Intervista sul fascismo (a cura di M.A. Ledeen), Milano, 1992, Mondadori, p.29.
38
Ibidem, p.33.
39
Ibidem, p.28.
40
E. SACCOMANI, op. cit., p.397.
41
Ibidem.
De Felice e altri studiosi hanno insistito sul carattere moderno e non passatista
del fascismo, sul fatto che l�ideologia fascista sia stata �una modalit� di declinazione
della modernit� del tutto imprevista fino alla fine del XIX secolo�
42
. Gino Germani
ha, con i suoi studi, inserito il fascismo nel filone dell�autoritarismo moderno, in
particolare parlando della mobilitazione delle classi medie, mentre A.J. Gregor ha
fatto notare �[...] the appeal of the italian movement for the construction of a new
industrial Italy, its stress on technological futurism and productivism, the expansion
of Italian industrialization and ecological ridimensionamento�
43
.
Per quanto riguarda gli aspetti ideologici del movimento fascista, resta
fondamentale il lavoro di E. Gentile sulle origini dell�ideologia fascista, le cui radici
risalgono agli albori del secolo, e sul fascismo inteso come religione politica, come
fenomeno di sacralizzazione della politica. Senza dimenticare le opere pioneristiche
di Zeev Sternhell sulla destra rivoluzionaria in Francia, la quale, secondo l�autore
ebbe non poca influenza su Mussolini e sulla elaborazione dottrinaria del fascismo, e
i lavori sulla nazionalizzazione delle masse di George Mosse, che hanno dimostrato il
carattere moderno e di massa del nazionalsocialismo e hanno contribuito alla nascita
della nuova storiografia sul fascismo.
Tutti questi lavori configurano una nuova visione del fascismo, lontana dalle
ideologizzazioni di un tempo e, soprattutto, rivolta a considerare il fascismo non
come un blocco unitario, bens� prendendone in considerazione le varie sfaccettature,
al fine di costruire un quadro di questa esperienza storica il pi� possibile esaustivo e
dettagliato.
42
A. DE BERNARDI in A. DE BERNARDI-S. GUARRACINO, op. cit., p.119.
43
S.G. PAYNE, op. cit., p.18.