3
della nazione
2
. Li enumera: lo sbarco di Giulio Cesare, “che per primo”, dice da
inglese parlando idealmente ai suoi connazionali, “ci rivelo’ al mondo civilizzato, e
il mondo civilizzato a noi”; lo sbarco di Hengist e Horsa, “che ci dette i nostri
antenati inglesi, e i nostri caratteri inglesi”; lo sbarco di Agostino, “che ci dette il
nostro cristianesimo latino”; lo sbarco di Guglielmo il Conquistatore, “che ci dette
la nostra aristocrazia normanna” e, infine quello di Guglielmo III, “che ci dette la
nostra libera costituzione”. Cinque sbarchi di uomini provenienti dal continente, e
cinque – o meglio sei – importanti personaggi che, con le loro gesta, renderanno
realizzabile la costruzione della nazione inglese. Il terzo in ordine cronologico
degli sbarchi enumerati dallo Stanley, quello di Agostino, non solo porto’ agli
Anglo-Sassoni il cristianesimo latino ma, dando avvio all’ opera di
cristianizzazione di quelli, rendera’ possibile la loro stessa acculturazione
romana, ed il loro inserimento in una quantita’ di strutture che lungi dall’essere
unicamente religiose, erano non di meno politiche, sociali, in una parola
latamente culturali, divenendo percio’ finalmente parte dell’immenso orbe
romano. Le future implicazioni, non solo religiose, saranno negli anni ben
evidenti. Come questa cristianizzazione sia avvenuta, con quali mezzi e quanto
realmente profonda sia stata, specie a livello delle masse, e’ quanto ci
promettiamo di indagare.
Certo e’ che, quando l’isoletta di Thanet fece da approdo – nel 597 - al manipolo
di missionari romani, capitanati dal futuro vescovo di Canterbury, la Britannia
aveva gia’ avuto modo di conoscere il messaggio evangelico che essi stavano
per portarvi. Solo che quello era andato scomparendo o, meglio, spostandosi
assieme alle popolazioni cristiane dell’isola, essenzialmente celte, oramai
incalzate verso ovest dal propagarsi delle orde pagane emigrate dal nord Europa
continentale.
Intanto, da quel lontano 1854, in cui con gli studi dello Stanley aveva avuto inizio
una riflessione critica dell’avvenimento ed una sua prima, attenta valutazione, gli
studi si sono succeduti durante tutto il novecento, con grande intensita’, e vi si
sono distinti in particolar modo studiosi inglesi e tedeschi. Il Brechter fu autore di
un’opera sulle fonti della missione
3
, la quale creo’ uno spartiaque tra gli storici
2
STANLEY, Historical Memorials… p.19-21
3
BRECHTER, Die Angelsachsen Mission…
4
anglosassoni, divisi tra chi condivideva le sue asserzioni, ad esempio, circa l’
autenticita’ del Libellus Responsionum – la serie di domande che Agostino rivolse
a Gregorio, e le risposte di questi - e chi invece le rigettava pressoche’
completamente
4
. Scorrendo la bibliografia internazionale scopriamo pero’ che i
lavori piu’ importanti sull’argomento sono di marca britannica, come sarebbe
peraltro ovvio supporre. Vi si distingue specialmente il Blair, che conta molti
contributi sul problema della missione anglo-sassone, sempre pero’ inseriti
all’interno di opere piu’ vaste, come quella sulla Chiesa anglo-sassone nel
medioevo
5
, o l’altra dedicata a Beda, nella quale spiccano per un accenno di
sistematicita’ tre capitoli dedicati alla missione
6
, nei quali viene trattato con un
certo filo logico-cronologico il fulcro della storia della missione, letto attraverso le
epistole scritte da Gregorio e, ancora, in base al resoconto narrativo tramandato
da Beda. Quasi del tutto assente e’ pero’ in lui una critica delle premesse alla
missione stessa, e soprattutto, un bilancio dei risultati di questa. La Deanesly
dedico’ nel 1964 una monografia ad Agostino
7
, la quale e’ si incentrata
sull’attivita’ svolta dal santo in Kent, ma si allarga per forza di cose alle
problematiche inerenti, costituendo un eccellente studio sulla missione oltre che
sulla figura del vescovo di Canterbury. Il Godfrey
8
, dedica una interessante
sezione della sua storia della Chiesa anglo-sassone al problema, servendosi
meno di quanto abbia fatto il Blair delle lettere gregoriane, ma proponendo una
buona e ragionata sintesi. Caratteristica preminente di buona parte della
storiografia di marca inglese e’, in definitiva, la proposizione di articoli di sintesi,
come quelli inseriti nell’ambito delle piu’ estese e generali storie della Chiesa
anglo-sassone cui abbiamo teste’ accennato
9
, oppure di contributi specifici su
determinati aspetti reputati – a ragione – particolarmente significativi e bisognosi
4
In particolare la Deanesly dedichera’ – assieme a Grosjean - un importante studio per controbattere le
asserzioni del Brechter sull’inautenticita’ del Libellus. Cfr. DEANESLY, GROSJEAN, The Canterbury
Edition...
5
Vedi BLAIR, Anglo-Saxon England…p. 33-47 e 129-140
6
BLAIR, The World... p. 41-88
7
DEANESLY, Augustine… in particolare pp.23-87
8
GODFREY, Anglo-Saxon England…
9
L’elenco di questi potrebbe essere moltiplicato a dismisura, tanti sono gli studiosi che hanno trattato
l’argomento nelle loro storie della Chiesa. Di specificamente inglesi si ricordano, oltre quelli gia’ accennati:
STENTON, Anglo- Saxon England...; DEANESLY, The Pre-Conquest Church...; IBIDEM, A History...;
FISHER, The Anglo-Saxon Age...; GALLYON, The Early Church...
5
di chiarimenti, come la questione dell’autenticita’ del Libellus
10
, quella della
cronologia della missione
11
, o quella non meno importante di una supposta
“strategia missionaria” - specifica e ben delineabile – usata da Gregorio in quella
occasione
12
. Qualunque studio sulla cristianizzazione anglo-sassone non puo’
certamente fare a meno dell’opera dell’ Harting
13
, che rappresenta, anche se
vecchia ormai di piu’ di trent’anni, un lavoro ancora insuperato per capacita’ di
sintesi, ampiezza e profondita’ di trattazione. Tuttavia proprio la sua vastita’
costituisce, per noi, un limite, in quanto il suo scopo non e’ uno studio sistematico
della missione, ma quello piu’ vasto del cristianesimo anglo-sassone sino all’VIII
secolo, di cui, evidentemente, la missione di Agostino e’ parte essenziale, ma pur
sempre e solo, comunque, in quel volume, una parte.
La storiografia italiana invece, ha dedicato attenzione al problema in maniera
asistematica e aspecifica, esclusivamente nell’ambito di studi sulla figura e
l’importanza di Gregorio Magno di cui, come si sa, la missione in Kent costituisce
uno dei lasciti piu’ grandi ed importanti
14
. Essa viene quindi trattata piu’ come
appendice all’operato del grande pontefice o come menzione d’eccellenza, che
come studio sistematico e strutturato di un progetto, della sua realizzazione e
delle conseguenze per i diretti interessati, gli Angli. A ben vedere, quindi, pur
essendo numerosi i contributi e gli studi sull’argomento nel panorama striografico
internazionale, manca pero’ del tutto – e si avverte - un’opera sistematica in
merito; un’opera che oltre che inserire l’avvenimento nel suo giusto contesto
romano e all’interno dell’operato e dell’importanza della figura del pontefice, ne
delinei altresi’ il significato, le conseguenze e la portata reale dei risultati, tutto
attraverso l’attenta lettura delle epistole scritte dallo stesso Gregorio, nostra fonte
principale in merito. Da questo punto di vista, forse, il presente lavoro ha
qualcosa da suggerire, e costituisce per certi versi, un unicum.
10
Per la quale indichiamo MEYVAERT, Bede’s Text…; piu’ recentemente il MEENS, A Background…;
ma fondamentale sulla questione e’ lo studio congiunto di DEANESLY, GROSJEAN, The Canterbury
Edition...; ulteriori indicazioni bibliografiche sono presenti in questi studi.
11
Rimando in particolare al MARKUS, The Chronology...
12
Si veda MARKUS, Gregory The Great...
13
HARTING, The Coming...
14
Importanti i lavori della Paronetto che con la sua passione per Gregorio ha enucleato forse meglio di
chiunque altro le caratteristiche della missione in Kent. Vedi PARONETTO, Gregorio Magno e gli Anglo-
Sassoni...; IBIDEM, Lettere...; IBIDEM, Un Maestro...; importanti contributi all’interpretazione della
missione in MANSELLI, Il soprannaturale...p. 56-57; FALCO, La Santa Romana Repubblica...p.132-134.
6
LA CRISTIANIZZAZIONE DEGLI ANGLO-SASSONI ATTRAVERSO
L’EPISTOLARIO DI GREGORIO MAGNO
Che cos’e’ la storia? E’ una ribellione dell’uomo a vivere
nel solo presente. E’ un allargamento dell’universo a una
dimensione nuova, che sorpassa di gran lunga l’utilitarismo
del puro presente. E’ l’aspirazione alla rottura delle catene
del Dasein individuale ed effimero, per spaziare nel Sein
dell’intera vita di un popolo o dell’umanita’. (...) Non sara’
l’unico tratto che distingue l’essere umano dall’animale,
ma certo la conservazione e il recupero dell’essere passato
sono fra le conquiste piu’ belle della nostra specie.
Giuliano Toraldo di Francia, Tempo, cambiamento, invarianza,
Einaudi, Torino, 1994, pp.29-30
7
PRIMA DEGLI ANGLO-SASSONI: FINE DELLA BRITANNIA
CELTO-ROMANA
A guardarla dall’alto di una cartina geografica, l’isoletta di Thanet, cosi’ modesta
per estensione, quasi attaccata alle coste del Kent, a due passi da Canterbury,
non sembrerebbe nemmeno aver assistito all’ inizio di un grande evento quale
quello che ci accingiamo a descrivere. Era infatti il 596 d.C., allorche’ vi misero
piede, per la prima volta, alcuni monaci missionari dopo aver attraversato a piedi
buona parte dell’Europa. Sappiamo gia’ che proprio lo storico sbarco del
manipolo di monaci sotto la direzione di Agostino, gia’ priore al monastero
romano del Celio, futuro vescovo di Canterbury, fu messo dal reverendo Stanley
come terzo – in ordine cronologico – di quei cinque sbarchi che, secondo l’erudito
e a ragione, avrebbero fatto la storia inglese.
Gia’ alla meta’ dell’ottocento quindi non doveva passare inosservata la reale
portata di un tale avvenimento, e Agostino veniva posto accanto a grandi
personaggi quali Giulio Cesare, Hengist e Horsa, Guglielmo il Conquistatore e
Guglielmo III, i quali dettero l’ avvio a periodi storici ben determinati
15
. Agostino fu
l’iniziatore di quella fase storica che vide gli Anglo-Sassoni, stanziati nei territori
precedentemente romani di Britannia, abbandonare il proprio paganesimo per
abbracciare la nuova fede cristiana che giungeva da Roma, attraverso le Gallie,
con la benedizione di re Ethelbert.
In realta’ essa era dovuta in qualche modo penetrare nell’isola gia’ nei primi
secoli dell’ era cristiana, solo che, a farne la conoscenza erano stati non gia’ i
temibili pagani germanici ancora di la’ da venire, bensi’ le popolazioni celte, vere
prime abitatrici dell’isola.
15
STANLEY, Historical Memorials... Nel passo che elenca gli sbarchi in l’Inghilterra, e le conseguenze
storiche degli stessi, scrive: “...Lo sbarco di Giulio Cesare che per primo,ci rivelo’ al mondo civilizzato, e il
mondo civilizzato a noi; lo sbarco di Hengist e Horsa, che ci dette i nostri antenati inglesi, e i nostri caratteri
inglesi; lo sbarco di Agostino, che ci dette il nostro cristianesimo latino; lo sbarco di Guglielmo il
Conquistatore, che ci dette la nostra aristocrazia normanna” e, last not least, “lo sbarco di Guglielmo III,
che ci dette la nostra libera costituzione”.
8
Esso rimase pertanto poco piu’ di un ricordo allorche’, spinti da successive
ondate migratorie dal nord Europa continentale, gli Anglo-Sassoni sospinsero le
precedenti popolazioni agli estremi margini occidentali dell’isola, loro con il
proprio retaggio cristiano, costringendoli addirittura ad attraversare la Manica, per
trovare rifugio tra le altre popolazioni celte del continente, in Bretagna
16
. Ma
andiamo con ordine.
La Britannia era stata parte dell’Impero romano per oltre quattro secoli
17
. I suoi
conquistatori non erano riusciti, pero’, ad andare oltre quella linea che poi verra’
sancita con l’erezione di una muraglia: il Vallum Hadryani
18
. Esso formera’ il
limite estremo dell’ Orbis Romanus a nord, che e’ insieme limite di una civilta’, e
della civilta’ per eccellenza, la romana, appunto. Oltre quella sorta di colonne
d’Ercole era troppo pericoloso avventurarsi e, forse, non ne valeva la pena.
Freddi, montagnosi e infertili com’erano, quei territori dovevano apparire
veramente ai civili Romani – civili, nel senso di abitanti e amanti delle citta’ –
propri di civilta’ primitive, per di piu’ irriducibili a qualsivoglia tentativo di pactum,
men che meno con la guerra, cio’ di cui fornivano un adeguato esempio i bellicosi
e fieri Pitti – Picti, come li definivano i Romani – che usavano dipingersi il corpo
prima di scendere a battaglia. A sud di quella frontiera si estendevano i territori
celtici piu’ o meno romanizzati
19
. Qui sembra che i Romani e le popolazioni celte
vivessero nella maggior pace e prosperita’ possibile, al punto che, con l’andar del
tempo, “i Britanni di condizione piu’ agiata divennero piu’ romani degli stessi
romani”
20
. Tuttavia da nord ad ovest a sud, numerose popolazioni spingevano
alle frontiere, minacciando quella civilta’: dai primi due punti, le popolazioni
celtiche di Scozia e Irlanda, dall’ultimo, i pirati provenienti dalle coste continentali
germaniche
21
.
16
Fu in quel momento che l’antica Armorica si trasformo’ in Bretagna. Cfr. GASPARRI, Prima delle
nazioni...p. 96-100
17
BLAIR, Anglo Saxon England... p. 1 e seg.
18
Che andava dal Tyne al Firth of Solway, venne eretto nel 122 d.C.. Bisogna ricordare che diciotto anni
dopo, cioe’ nel 140 d.C., Antonino Pio ne costrui’ un’ altra, a nord del primo, per far da baluardo ad una
ulteriore area d’espansione romana, in verita’ molto malsicura. Quindi, la vera frontiera tra mondo romano
e popolazioni d’oltre confine puo’ essere considerato il Vallo di Adriano.
19
Vd. GASPARRI, Prima delle nazioni... pp.43-56
20
DUNCAN, La cristianita’... p.16
21
Cfr. CHADWICK, Celtic Britain...p.41-43
9
Le popolazioni del nord, in particolare, non dovettero rispettare quella
separazione dei due mondi che era appunto il Vallo di Adriano, se nel 369
Teodosio si vide costretto ad approntare una restaurazione della frontiera.
22
Evidentemente qualcosa iniziava a cambiare nell’ordinata ed efficiente macchina
di difesa romana. Quella ricostruzione si era resa necessaria dopo i grandi
attacchi perpetrati a danno delle difese romane da bande unite di Pitti, Scoti e
Sassoni.
Dalla seconda meta’ del IV secolo, la situazione interna della Britannia celto-
romana continua a peggiorare: nel 383 Magno Massimo, alto comandante delle
truppe romane in Britannia, passa il Canale fino in Gallia, per sottrarre a Graziano
il controllo dell’ Impero d’occidente, portando con se buona parte delle truppe che
stazionavano sull’isola. Alla fine del IV secolo, si occupera’ della sicurezza
dell’isola Stilicone, il grande generale di Teodosio. Ma nel 401-402, anche lui
privera’ la Britannia di altre truppe, per servirsene sul continente, contro il pericolo
goto
23
.
Era l’epoca delle Voelkerwanderungen
24
, e si cercava di difendere il continente
dalle ondate migratorie delle popolazioni germaniche provenienti da nord e da
est, privando magari zone marginali, come la Britannia, di parte del loro apparato
difensivo. Nel frattempo, l’isola conosceva la confusione militare e governativa,
con i tentativi di usurpazione del comando da parte di Marco, Graziano e
Costantino. Quest’ultimo, in particolare, per dimostrare la sua lealta’ verso
l’imperatore, e la sua buona fede alla causa romana, attraversa il Canale fino in
Gallia, portandosi dietro quel che rimaneva delle truppe di stanza in Britannia.
25
Cosi’, l’ultima terra romanizzata nell’estremo nord europeo restera’ privata dei
propri reparti difensivi, conoscendo nel contempo un aumento delle incursioni di
popolazioni pagane provenienti dal nord Europa germanico cui, nonostante i
disperati sforzi, era costretta a soggiacere.
22
BLAIR, Roman Britain... p. 148
23
STENTON, Anglo-Saxon England...p.20-24
24
In realta’ “l’argomento rimane assai ampio, in quanto l’arco cronologico dell’ultima Voelkerwanderung
germanica copre quasi un millennio di storia, tra il III secolo a.C. ed il VI d.C.”. GASPARRI, Prima delle
nazioni... p. 64
25
BLAIR, Anglo Saxon England... p. 2-3
10
Accade infatti che i Britanni, ormai spogliati del residuo di forze militari ancora
presenti, espulsero i propri governatori, approntando gli arrangiamenti che
poterono per la propria difesa e si appellassero ad Onorio per ricevere gli aiuti
necessari. Contro le speranze, Onorio, nel 409, rispose con una lettera in cui
esortava le civitates britanne a pensare da se’ alla propria difesa
26
. Quella data
segna il definitivo abbandono romano dell’isola, e la fine di un predominio politico
e militare.
Da ora innanzi i Britanni verranno lasciati soli nella resistenza ai pagani assetati
di terre. Momenti disperati in nome dell’autoconservazione di una civilta’ antica,
su cui si erano innestati da alcuni secoli la civilizzazione romana e, con essa, il
messaggio cristiano. Lotte strenue che non mancarono di dar avvio ad epopee
leggendarie, come quella legata al mito piu’ o meno storico di Artu’
27
.
Era dunque gia’ esistita su suolo britanno una chiesa cristiana, romano-celta,
sulla origine della quale possediamo, pero’, scarse notizie. Se ne puo’ escludere
da subito l’origine apostolica, che la farebbe risalire addirittura a Giuseppe
d’Arimatea, e che non sembra essere piu’ che una devota leggenda
28
. Il
cristianesimo indiscutibilmente vi penetro’ alla fine del II secolo, verosimilmente
attraverso vari canali, rappresentati soprattutto da rotte commerciali,
stanziamento di legioni romane, tentativi missionari provenienti dalla cristiana
Irlanda, come quello di S. Patrizio. Le testimonianze a tal proposito sono evidenti:
prova indiretta sono le menzioni che fanno Origene
29
e Tertulliano
30
, i quali
parlano di luoghi dell’isola gia’ convertiti a Cristo. Le fonti piu’ autorevoli
certificano poi la presenza di martiri – Albano di Verulanio, Aronne e Giulio di
Caerleon sull’ Usk – e di alcuni vescovi – Eborio, Restituto, Adelfio – registrati tra
26
Cfr. BLAIR, Roman Britain, p. 155-156
27
In realta’ il silenzio di Gildas al proposito, fa supporre allo Stenton che l’Artu’ storico fosse una figura
meno imponente di quello della leggenda. Cfr. STENTON, Anglo-Saxon England...p.3. E’ tuttavia
innegabile che dietro la figura leggendaria sia esistito un valoroso personaggio celto-romano, che ebbe un
posto di primo piano nella lotta di resistenza dei romano-britanni contro l’avanzare dei Germani. E’ stata
avanzata l’ipotesi che dietro la figura di Artorius, eroe nazionale dei Celti di Britannia e della Bretagna
continentale, vi sia quella di Ambrogio Aureliano, probabilmente un romano, che fu appunto uno degli
attori principali della resistenza bretone, prima della disfatta di Old Sarum. Cfr. GASPARRI, Prima delle
nazioni...p.98
28
Si tenga presente che gia’ nei primi secoli cristiani e specialmente in area mediterranea, era invalso l’uso
per alcune comunita’ cristiane di rannodare la loro fondazione a supposte origini apostoliche. Un esempio
per tutti puo’ essere quello della comunita’ di Alessandria d’Egitto, che riconosceva come proprio fondatore
niente meno che l’evangelista Marco in persona. Cfr. Su questo punto, SIMONETTI, Cristianesimo antico...
29
“Il cristianesimo era una forza unificatrice sopra ai Britanni”, in ORIGENE, Homelia in Ezechiele, IV
11
i partecipanti al concilio di Arles del 314
31
. Segno che esisteva gia’ una vera e
propria chiesa celto-romana, da tutti riconosciuta e di una certa consistenza.
Vengono menzionate come diocesi di questi vescovi le citta’ romane di York,
Londra e Lincoln. Lo sviluppo di una chiesa pre-gregoriana sarebbe attestato
anche dall’affermazione di Atanasio, secondo cui, tra gli oltre 300 vescovi che
votarono in suo favore al concilio di Sardica nel 345, vi sarebbero stati anche dei
vescovi britanni, dei quali pero’ non cita ne’ i nomi, ne’ le diocesi
32
. Ma prima
ancora di tutte queste, abbiamo la testimonianza di Beda che, nella sua Historia
Ecclesiastica, attesta che Lucio, re dei Britanni, avrebbe chiesto a papa Eleuterio
di diventare cristiano: Anno ab Incarnatione Domini centesimo quinquagesimo
sexto (...) quorum temporibus cum Eleutherus vir sanctus pontificatui Romanae
Ecclesiae praesset, misit ad eum Lucius Brittaniarum rex epistolam, obsecrans
ut per ejus mandatum Christianus efficeretur : et mox effectum piae postulationis
consecutus est, susceptamque fidem Brittani usque in tempora Diocletiani
principis inviolatam integramque quieta in pace servabant
33
. Il passo attesterebbe
la nascita di una comunita’ e, insieme, della adesione all’ortodossia della
stessa
34
. Il passo, interessantissimo, e’ per molti versi simile a quello relativo alla
richiesta di Ethelbert, re del Kent, di una missione da Roma per diventare
cristiano, lui, con tutto il suo popolo. Ma questo e’ un argomento che affronteremo
tra breve. Per ora rileviamo che l’isola aveva conosciuto una forte presenza
cristiana prima della venuta dei barbari e prima che questi, a loro volta, la
conoscessero, grazie ad Agostino di Canterbury. Bisogna altresi’ considerare
come quella cristiana non fosse la sola fede presente tra le popolazioni britanne;
molti altri culti e credenze pagane si dividevano la stessa piattaforma di fedeli
35
.
30
“ I distretti dei Britanni erano inaccessibili alle legioni romane, ma sottomesse a Cristo”, in Adversus
Judaeos, 7
31
Cfr. MANSELLI, Scritti ... pp. 81-96
32
Su tutto questo punto, WARREN, La conversione... p. 313-315
33
BEDA, Historia... I, 4
34
Beda trae la notizia dal Liber Pontificalis, ed Duchesne I (2) 222 ss., ma stando agli studiosi, non avrebbe
fondamento storico.Cfr. CHADWICK, Celtic Britain... p. 45
35
Un cenno brevissimo dobbiamo riservare ai culti di matrice orientale, come quello mitraico, giunti
probabilmente al seguito delle legioni romane, senza considerare poi i survivals di culti di tipo druidico,
tipicamente celtici, e che avevano come corollario tutta una serie di affascinanti rituologie presso fonti,
menhir o alberi.
12
L’archeologia, invece, non reca molte testimonianze della presenza cristiana in
Britannia nell’epoca romana: di cio’ sono responsabili proprio le ondate migratorie
provenienti dalle coste continentali, che provocarono un’ondata di distruzione
senza precedenti.
Solo una chiesa, quella di Sinchester – Calleva Atrebatum – e’ sopravvissuta
tutta intera sino ai nostri giorni
36
. Motivi cristiani sono comunque presenti in
numerosi resti trovati in varie parti dell’isola. A prescindere dalla chiesa or ora
menzionata, il monogramma di Cristo, Chi-Rho, e’ stato trovato nei mosaici, nei
pavimenti e nelle pietre di costruzione di alcune ville site in Britannia centrale.
Cio’ a testimonianza, una volta di piu’, che il culto cristiano vi era pur sviluppato,
anche se subi’ un drastico ridimensionamento con l’arrivo dei pagani. In verita’, il
suo ridimensionarsi ando’ di pari passo con il ridimensionarsi della presenza delle
popolazioni celtiche nella Britannia orientale e, via via, in quella centrale, e con il
loro spostarsi, come abbiamo detto, ai margini occidentali dell’isola
37
.
Cio’ equivalse alla ripaganizzazione di intere regioni su cui erano vissute
popolazioni cristiane, e sulle quali erano state edificate delle chiese. Questa
ripaganizzazione significo’ anzitutto distruzione di chiese e luoghi di culto – come
abbiamo sopra accennato – , e asservimento di interi territori alle pratiche
ancestrali germano-continentali. A costoro, nel giro di poco piu’ di un secolo,
rivolgera’ un interessato pensiero uno dei piu’ grandi papi di tutta la Chiesa:
Gregorio Magno.
36
BLAIR, Anglo-Saxon England...p.19
37
In quelle regioni del sud dell’isola che ancora oggi possiedono un vivo e fiero retaggio celtico: Galles e
Cornovaglia.