INTRODUZIONE
La crisi missilistica dell’ottobre del 1962 fu quella che, durante la
guerra fredda, più delle altre, tenne il mondo col fiato sospeso. Per la prima
volta si sfiorò concretamente il rischio di una guerra nucleare senza confini.
Fiumi di parole sono stati spesi per analizzare l’argomento, come si
evince dalla copiosa storiografia al riguardo, ma questa tesi rilegge quegli
eventi da un angolo prospettico inconsueto. Ovvero cerca di capire in che
modo quegli avvenimenti siano stati interpretati e raccontati da “L’Unità”,
l’organo ufficiale del Partito Comunista Italiano.
Pertanto, viene anche dato spazio all’accordo segreto stipulato tra il
presidente degli Stati Uniti e Kruscev per porre termine alla congiuntura
internazionale. Il “patto”, che suonava come una sorta di do ut des,
prevedeva che il leader sovietico avrebbe rimosso i missili da Cuba se
Kennedy avesse fatto lo stesso con gli Jupiter e i Thor dislocati in Turchia
ed in Italia.
La vicenda di quei drammatici giorni è descritta, ovviamente, non solo
in forma cronachistica e cronologica, ma basandosi sulle testimonianze
dirette di persone vicine al presidente Kennedy, come Schlesinger e Robert
Kennedy, Segretario della Giustizia, nonché fratello del presidente.
Dall’analisi delle loro memorie emerge con prepotenza tutta la
drammaticità, e risalta in tutta la sua grandezza la figura e la fermezza di
2
Kennedy e della sua Ex-Comm. Ossia della Commissione creata ad hoc per
fronteggiare le eventuali conseguenze causate dall’avere puntati contro, alle
porte di casa, missili di una gittata e di una potenza distruttrice tali da poter
radere al suolo Washington in poco meno di cinque minuti.
Il cuore della tesi, tuttavia, risiede nello spoglio sistematico degli
articoli apparsi in quei giorni su “L’Unità”. Prendendo in esame i
commenti, i pezzi informatici, e le prese di posizione della Direzione del
PCI apparsi sul giornale nell’ottobre e nel novembre del 1962, ho
individuato taluni temi che ricorrono con insistenza.
Mi sono soffermata innanzitutto sull’ostinato atteggiamento, ma forse
più esatto sarebbe dire bronzea sfacciataggine del quotidiano comunista
nell’occultare le prove delle fotografie dei missili; ho poi dedicato un certo
spazio a degli articoli scritti per screditare gli Stati Uniti ed il loro
imperialismo, e per esaltare, viceversa, l’isola caraibica, presentata
costantemente come “gloriosa”, “eroica”, “coraggiosa”; nonché, infine, sul
ruolo di grande mediatore amante della pace attribuito a Kruscev,
presentato come un eroe internazionale tutto impegnato a dirimere la
delicata controversia internazionale grazie alla sua assennatezza e al suo
buon senso.
Alcune pagine sono dedicate alla trattazione del ruolo
dell’intellighenzia, ossia del fascino che Cuba ha avuto su quanti, disillusi e
disincantati di fronte al socialismo sovietico, ravvisarono in quello
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caraibico un modo alternativo di vivere il comunismo, lontano dalle
malefatte denunciate da Kruscev nel famigerato Congresso del 1956.
“L’Unità” dà conto della mobilitazione degli intellettuali in moltissimi
articoli, riportando sistematicamente tutti gli appelli firmati dalla cultura
italiana di quel periodo e mettendo in risalto la loro costante e sentita
mobilitazione per la causa cubana.
La tesi, in breve, non si limita solo ad una mera descrizione dei fatti di
tredici giorni, ma si propone di capire in che modo, attraverso il suo
quotidiano, il più importante Partito comunista d’occidente, esaminava le
crisi internazionali, misurando così il suo grado di autonomia e di
dipendenza da Mosca.
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LA RIVOLUZIONE CUBANA
1.1 L’instaurazione del regime castrista
In seguito all’abrogazione dell’emendamento Platt del
1934, (adottato nel 1903 dagli Stati Uniti, prevedeva
un’ingerenza statunitense negli affari militari cubani,
erodendo parzialmente, di fatto, la sovranità dell’isola),
l’ex sergente Fulgencio Batista si affermò come l’arbitro
indiscusso dei destini di Cuba con un colpo di Stato
1
militare. Fu aiutato, nella preparazione del golpe, da un
considerevole manipolo di sottoufficiali e soldati. Egli
instaurò una dittatura, governando come hanno sempre
fatto i dittatori nell’America Latina, vale a dire “in virtù
2
dell’esercito”.
A parte due parentesi governative, rispettivamente di
Grau San Martin e Prìo Socarràs, durante le quali Cuba
sperimentò un regime caratterizzato da un altissimo grado
di corruzione, Batista tornò illegalmente al potere nel 1952
e vi rimase fino al 1959. Tale settennato fu segnato da una
crescente repressione, terrorismo di matrice poliziesca e, di
conseguenza, forme di rivolta da parte della popolazione,
1
H. Thomas, Storia di Cuba, Torino, Einaudi, 1973, pp. 312-313
2
H. Herring, Storia dell’America Latina, Milano, Rizzoli, 1971, pp. 562-563
5
3
“sdegnata ed afflitta dalla dittatura”. Batista poteva contare
sull’appoggio dell’esercito, da contare a 30.000 unità, e
sulla borghesia cubana. E elargiva infatti cariche, in modo
da rafforzare il suo potere. Fu anche capace di assicurarsi il
consenso delle organizzazioni dei lavoratori, apportando
miglioramenti ai salari e più in generale alle condizioni di
vita; l’economia conobbe, in quel periodo, un momento
florido, grazie all’esportazione dello zucchero (principale
fonte di reddito dello Stato caraibico) che sfiorò il tetto del
76 per cento (grazie alla stabilizzazione del prezzo della
materia prima), mentre profitti minori, ma non trascurabili,
venivano assicurati anche dalla coltivazione del tabacco e
4
dall’estrazione di prodotti minerari.
Ad ogni modo, Batista impose una dittatura completa,
imbavagliando la stampa, chiudendo le università ed
imprigionando tutti quegli oppositori al regime che non
riuscirono a rifugiarsi all’estero. In seguito ad una
ribellione armata, Batista sciolse il Congresso ed impose la
legge marziale. La dittatura, a quel punto, divenne
5
completa.
3
Ibidem, p. 564
4
Ibidem, p. 564
5
Ibidem, pp. 561-563
6
La ribellione contro la dittatura iniziò a prendere forma
dapprima tra gli studenti universitari. A capo di costoro vi
era un giovane e brillante avvocato, Fidel Castro. Il 26
luglio del 1953 poco più di un’ottantina di guerriglieri,
guidati da Castro, salparono alla volta di Cuba con l’intento
6
di rovesciare il regime di Batista. Per i ribelli, le
operazioni iniziali furono un vero e proprio disastro: per
una sfortunata serie di vicissitudini sbarcarono nella parte
sud-occidentale dell’isola, dove l’esercito regolare di
Batista riuscì ad intercettarli. Seguirono scontri sanguinosi,
il regime dittatoriale ebbe la meglio ed i pochi
sopravvissuti, circa una decina, riuscirono a mettersi in
salvo nelle zone montagnose nella parte interna dell’isola.
Oltre a Fidel Castro ed a suo fratello Raul, vi era anche
Ernesto Guevara, un medico argentino ribattezzato dai
7
cubani “Che”.
Batista scatenò un’ondata di repressione nei confronti
di tutti i cittadini la cui lealtà al regime veniva considerata
dubbia; in conseguenza di ciò, pertanto, nell’agosto dello
stesso anno Fidel Castro ed il fratello si consegnarono al
regime e vennero condannati a quindici anni di carcere.
6
Thomas, Storia di Cuba, cit., p. 677
7
R. Massari, Che Guevara: pensiero e politica dell’utopia, Roma, Erre Emme, 1993, p.92
7
Tuttavia, sotto la pressione dell’opinione pubblica, il
dittatore li rilasciò dopo solo undici mesi di detenzione. I
due ribelli ripararono così in Messico, dove raccolsero
ulteriori alleati in vista dell’elaborazione di un piano per
8
spodestare Batista.
Nei due anni che seguirono, Castro tenne sotto scacco
le forze dell’esercito di Batista. Quella che, inizialmente,
era un’esigua banda di ribelli ingrossò le sue file e operò
numerose azioni di guerriglia nelle piantagioni di zucchero
dell’isola. Sicché si può dire che nella prima metà del 1957
Cuba era gremita di unità combattenti ostili al regime. La
lotta si protrasse per tutto l’anno successivo: da una parte
Fidel Castro ed i suoi adepti saccheggiavano e si davano a
feroci scorribande, dall’altra il dittatore rispondeva
scatenando e massacri nei confronti dei sospetti
simpatizzanti con i ribelli. Nonostante l’embargo posto
dagli Stati Uniti sugli invii di armi al governo Batista, il
flusso illegale di materiale ai ribelli non ebbe sosta. Ne
seguì una vera e propria guerra senza quartiere tra le forze
di Castro e Batista. Tuttavia, nel gennaio del 1959, venne
posta fine alla lunga era del regime. Batista si rifugiò a
Santo Domingo. Le masse diseredate, stanche e insofferenti
8
Herring, Storia dell’America Latina, cit., p. 565
8
del corrotto e reazionario governo de l’Avana, issarono
ovunque, nell’isola, la bandiera rossonera del movimento
del 26 luglio ed affissero sui muri il ritratto del giovane
avvocato ribelle. La defenestrazione di Batista fu vista
dappertutto con sollievo: Fidel Castro venne salutato come
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il nuovo “messia di Cuba”.
Appena giunto al potere, Fidel Castro diede l’ordine
che i criminali del regime abbattuto fossero puniti senza
indugio. A causa di ciò, quasi cinquecento uomini
affrontarono il plotone di esecuzione senza la garanzia di
processi adeguati, noti, invece, per la brevità e la
disinvoltura con cui vennero sentenziate pene di morte.
Castro fece piazza pulita anche di tutti i ministeri,
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sistemando persone fidate nelle posizioni chiave.
La riforma agraria costituì la punta di diamante del
programma di Castro. La legge per metterla in atto entrò
ufficialmente in vigore nel giugno del 1959. In base ad
essa, le grandi proprietà terriere cubane, spagnole e
americane avrebbero dovute essere divise. Ai proprietari
sarebbe stato permesso di conservare un minimo delle loro
proprietà, a fronte di un compenso in titoli nazionali. Alle
9
Ibidem, pp. 561-566
10
Ibidem, pp.564-568
9