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INTRODUZIONE
Le ondate migratorie nel corso degli anni sono diventate un fenomeno di carattere globale e
internazionale in costante crescita che vedono lo “spostamento di una persona o di un gruppo
di persone, attraverso il confine internazionale, includendo qualsiasi tipo di spostamento
delle persone, a prescindere dalla durata, dalla composizione e dalle cause” (Perruchoud
Richard and Redpath Jillyanne, 2011). Questa definizione così ampia copre tutte le forme di
migrazione (migrazione volontaria o forzata, interna o internazionale, a lungo o a breve
termine), le diverse motivazioni della migrazione (migrazione a causa di persecuzione
politica, conflitti, problemi economici, cause ambientali o una combinazione di queste
motivazioni o la migrazione alla ricerca di migliori condizioni economiche e di
sopravvivenza o ancora di benessere o altri motivi, come il ricongiungimento familiare) e a
prescindere dai mezzi utilizzati per la migrazione (migrazione legale o irregolare).
Ogni giorno sentiamo parlare di migranti in fuga dalla propria terra d’origine che
attraversano confini terrestri o confini marittimi, legalmente o senza documenti, per
raggiungere un paese sul quale dare inizio ad una nuova vita. L’America del Nord si
conferma da anni quale principale polo di attrazione, seguita poi dall’Asia occidentale e
dall’Europa occidentale e mediterranea.
In un mondo segnato dalla diseguale distribuzione della ricchezza, le migrazioni sono un
fenomeno inevitabile a cui tutti i paesi si trovano a far fronte.
Sono i singoli stati, le organizzazioni sovranazionali e internazionali che attraverso politiche
migratorie adeguate si occupano di gestire i flussi migratori sia per quanto riguarda migranti
regolari sia per i migranti irregolari.
In questa ricerca affronterò la crisi migratoria al confine tra Messico e Stati Uniti, analizzerò
i migranti in viaggio attraverso Messico che scappano dal Triángulo Norte dell’America
centrale (Guatemala, Honduras ed El Salvador), regione che registra la maggiore
disuguaglianza tra la popolazione intera, dove si può parlare di una vera e propria crisi
migratoria in atto che rappresenta un grave elemento di instabilità per gli equilibri geopolitici
della regione centro-americana.
Possiamo definire una crisi migratoria come un flusso migratorio complesso e di larga scala
che è il risultato di uno sconvolgimento sociale o naturale (guerre, rivoluzioni, calamità
naturali), che produce significative fragilità per i singoli individui e le comunità coinvolte.
Una crisi migratoria può essere improvvisa oppure lenta al suo insorgere. Può avere cause
naturali (siccità, terremoti, alluvioni) o dovute all’uomo (conflitti, pulizie etniche, ecc..) e
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può avere luogo all’interno di un paese o lungo i confini di più Stati. In questo tipo di crisi
sono molte le tipologie di migranti coinvolti: rifugiati, lavoratori, persone in transito. Inoltre,
può trattarsi di un fenomeno misto che coinvolge sia migranti intrappolati in un Paese non
più sicuro dal quale non possono raggiungere il paese d’origine, sia migranti che riescono a
fuggire in un paese terzo e confinante, ma nel quale comunque risultano essere bloccati,
nell’impossibilità di raggiungere quello d’origine.
Il fenomeno che ha preso piede in questa zona è quello delle cosiddette caravane de
migrantes ossia una modalità di migrazione che si realizza per via terrestre composta da una
marcia di gruppi significativi di soggetti di origine centroamericana organizzati
autonomamente con lo scopo di arrivare negli Stati Uniti.
La modalità di viaggio collettiva li rende più sicuri e allo stesso tempo gli permette di
ricevere un’ampia attenzione mediatica con la speranza che si traduca in assistenza da parte
di organizzazioni governative o di organizzazioni non governative ma anche con lo scopo di
dare sensibilità al tema, si tratta di una fuga come manifesto, come rivolta, a dimostrazione
dell’impossibilità di vivere in condizioni umanitariamente non dignitose (Internazionale,
2018). Sono ormai tantissime le carovane di migranti dirette negli Stati Uniti, alla ricerca del
sogno americano, una migrazione dunque, che rivela un complesso scenario economico,
politico e sociale.
Nell’ultimo anno sono stati arrestati lungo il confine tra Stati Uniti e Messico 1,7 milioni di
immigrati, cifre mai viste prima, si può parlare di accoglienza? Qual è stato nel corso degli
anni lo sviluppo delle politiche migratorie da parte americana?
Nella presente ricerca si farà riferimento in particolare ad articoli di giornale, riviste, libri e
siti internet data l’attualità degli argomenti toccati, che in molti casi saranno in lingua
spagnola o inglese. La tesi sarà strutturata in tre capitoli.
Nel primo capitolo si cercherà di ricostruire le origini dei flussi migratori partendo dal
contesto storico-politico trattando i rapporti di confine tra il Messico e gli Stati Uniti,
arrivando al contesto sociale in cui vivono i migranti che scelgono di andarsene dal proprio
paese considerando, quindi, l’ambiente nel quale vivono e le loro condizioni umanitarie.
Nel secondo capitolo entreremo nel caso particolare delle carovane di migranti: le difficoltà
e gli ostacoli che migliaia di persone si trovano ad affrontare lungo il cammino, le condizioni
nelle quali viaggiano e la meta che intendono raggiungere.
Infine, nel terzo capitolo saranno analizzate le risposte istituzionali ai flussi migratori, ossia
l’evoluzione delle politiche migratorie messe in atto dai governi americani, in particolare
analizzando le idee contrastanti tra le presidenze democratiche di Obama e Biden e la
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presidenza repubblicana di Trump quando i tre paesi latino-americani facenti parte del
Triángulo Norte, ossia Guatemala, Honduras ed El Salvador, si trovavano stretti nella morsa
delle minacce militari e commerciali del presidente.
Oggi molti migranti si stanno riversando negli Stati Uniti nella speranza che la fortuna sia
dalla loro parte ora che la Casa Bianca è occupata da un presidente più solidale.
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CAPITOLO 1
Il contesto storico-politico del confine Messico-Stati Uniti e il contesto
socio-economico del Triangolo del Nord
Stando a una panoramica internazionale nel 2019 il numero di migranti nel mondo è
aumentato attestandosi a circa 272 milioni, pari al 3,5% della popolazione mondiale. In 50
anni il numero di immigrati nel mondo è quasi quadruplicato (era pari a 84 milioni nel 1970).
L’India rimane il paese con il maggior numero di emigrati all’estero (17,5 milioni), seguita
da Messico e Cina (rispettivamente 11,8 milioni e 10,7 milioni). Gli Stati Uniti, invece, sono
il principale paese di destinazione con 46,2 milioni di immigrati internazionali, seguito
dall’Arabia Saudita con 13,1 e dalla Russia con 11,9.
Figura 1: Immigranti negli Stati Uniti, numeri e percentuali, 1990-2021 più le prospettive
del Census Bureau fino al 2060 (Dati tratti da: Decennial Census per gli anni dal 1900 al
2000, American Community Survey per il 2010 e Current Population Survey (CPS) per il
2021)
Come si può notare nel grafico nel 2021 il 14,2% della popolazione americana era
rappresentata da immigrati: la popolazione immigrata, indicata come nati all'estero dal
Census Bureau, è composta da quegli individui che non erano cittadini statunitensi alla
nascita. Comprende cittadini naturalizzati, residenti permanenti legali (titolari di carta
verde), lavoratori temporanei e studenti stranieri e immigrati clandestini. Non include i nati
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da immigrati negli Stati Uniti, compresi i genitori di immigrati senza documenti, o quelli
nati nei territori periferici degli Stati Uniti, come Porto Rico.
Come si può osservare nella figura 1, l’immigrazione in America non si è mai stabilizzata,
al contrario l’immigrazione è stata oggetto di continue fluttuazioni nel corso della storia e
degli eventi. Ma da dove provengono tutti i migranti?
1.1 Immigrazione negli Stati Uniti in cifre
Il Messico è il primo paese di origine della popolazione immigrata statunitense. Nel 2018,
circa 11,2 milioni di immigrati che vivevano negli Stati Uniti provenivano da lì e
rappresentavano il 25% di tutti gli immigrati statunitensi. I successivi gruppi di origine più
grandi erano quelli provenienti dalla Cina (6%), dall'India (6%), dalle Filippine (4%) e da El
Salvador (3%) come si può osservare dall’immagine che segue.
Figura 2: Paesi di origine degli immigrati negli Stati Uniti nel 2018 (Fonte: Pew Research
Center, dati tratti dall’American Communty Survey (IPUMS) del 2018)
Note: La Cina include Macau, Hong Kong, Taiwan e la Mongolia
A completare la top ten c'erano gli immigrati da Vietnam, Cuba, Repubblica Dominicana,
Corea e Guatemala. Questi dieci paesi rappresentavano collettivamente il 57% di tutti gli
immigrati negli Stati Uniti nel 2018. Sebbene superi ancora di gran lunga qualsiasi altro
gruppo di immigrati, la quota messicana sulla popolazione totale nata all'estero è diminuita
dal 2000, quando era del 30%. Un miglioramento delle condizioni economiche in Messico
ha contribuito al declino della migrazione internazionale dalla metà degli anni 2000
ampliando le opportunità disponibili per i lavoratori messicani in patria, dissuadendoli così
dal trasferirsi all'estero (Massey et al. 1994). Tuttavia, tale crescita economica non ha portato
a un miglioramento sostanziale del tenore di vita della maggior parte dei messicani. Una
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seconda spiegazione attribuisce il declino in Messico-USA migrazione all'aumento degli
sforzi delle forze dell'ordine in materia di immigrazione negli ultimi due decenni. La spesa
del governo degli Stati Uniti per il pattugliamento delle frontiere è aumentata di nove volte
dal 1992 (Dipartimento per la sicurezza interna degli Stati Uniti 2012). Una terza
spiegazione attribuisce il declino in Messico-USA migrazione alle mutevoli caratteristiche
demografiche della popolazione messicana e, in particolare, al calo dei tassi di fertilità negli
ultimi decenni (Passel et al. 2012). Il tasso di fertilità totale in Messico è sceso da circa 6
figli per donna nel 1974 a 2,08 figli per donna nel 2009. Un calo della fertilità di questa
portata potrebbe influenzare il tasso di migrazione internazionale in diversi modi.
Il predominio dell'immigrazione latinoamericana e asiatica alla fine del XX e all'inizio del
XXI secolo è in netto contrasto con la tendenza a metà del 1900, quando gli immigrati erano
in gran parte europei. Gli italiani erano il primo gruppo di origine, costituendo il 13% degli
stranieri nati nel 1960, seguiti da tedeschi e canadesi (circa il 10% ciascuno).
Figura 3: Popolazione immigrata messicana negli Stati Uniti d’America, 1980-2019 (Dati
tratti dal Census Bureau fino al 2010, dall’American Community Survey (ACS) fino al 2019
e Campbell J. Gibson and Kay Jung, “Historical Cunsus Statistics on the Foreign-Born
Population of the United States: 1850-2000” pubblicazione n. 81, U.S. Census Bureau,
Washingrton DC, Febbraio 2006)