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Introduzione
La scelta di sviluppare in questa mia relazione finale il tema della crisi idrica e
dell’eventuale supporto che la cooperazione internazionale può dare nella gestione
della stessa, è dovuto in particolar modo a un interesse per la cooperazione nato
dall’esperienza in un campo di volontariato. Successivamente il percorso universitario
mi ha dato la prima possibilità di approfondire questi temi in particolare con il
programma Globus Placement svolto alla fine del terzo anno; ho avuto la possibilità di
entrare in contatto con una realtà che già in periodi precedenti alla vincita della borsa
di studio mi ero prefissata di analizzare, questa realtà è quella boliviana con lo
specifico caso della città di Cochabamba dove ho vissuto tre mesi. Ho voluto
concludere il ciclo di studi triennale con un elaborato che riguardasse l’argomento
“Crisi idrica”, il quale occupa uno dei primi posti nella scala di prerogative
dell’intervento della cooperazione internazionale allo sviluppo. Sempre più negli ultimi
decenni si è sentito parlare di “Crisi”, partendo dalla crisi petrolifera per arrivare alla
più recente nonché attualissima, crisi economica di cui ogni giorno abbiamo notizia da
qualsiasi fonte informativa. C’è però una crisi contemporanea a tutto questo,
contemporanea ai crack finanziari e alle tante misure di politica economica che
arrivano in soccorso a un sistema che sembra funzionare poi non così bene; una crisi
più silenziosa, che non riempie le prime pagine dei giornali, e forse neanche le ultime,
una crisi che colpisce un miliardo di persone, una crisi che nonostante l’alta
percentuale di popolazione su cui essa ricade, sembra a Noi, società occidentale, non
interessarci. Eppure siamo abituati ad avere dei canali di informazione dove
percentuali cosi alte dovrebbero far scalpore, fino a poco tempo fa si parlava di un
sesto dell’ intera popolazione mondiale. Può accadere che quel dato scorra tra i titoli di
un notiziario per arrivare alle orecchie del grande pubblico come un numero tra i tanti
freddi numeri che quel giorno un giornalista si è preso la briga di ricercare in qualche
articolo o statistica. Dietro quella cifra c’è il volto di una moltitudine di persone che
non ha accesso a fonti d’acqua sicura, “Persone” che ogni giorno sono vittime della
crisi idrica, la quale non permette loro di vivere una vita dignitosa, partendo da
elementari azioni come la possibilità di poter bere acqua che non vada a
compromettere le loro condizioni di salute. La crisi idrica miete più vittime di quanto
possa fare una guerra, la maggioranza appartiene a Paesi sottosviluppati o ai cosiddetti
Pvs, che ogni giorno, partendo già da una situazione di disuguaglianza, vedono acuire il
proprio stato di povertà e l’impossibilità di realizzare un proprio potenziale.
Viviamo in una società dove tutto sembra incentrato sullo sviluppo economico, uno
sviluppo sfrenato, che per molti anni, in tanti (e forse alcuni ancora oggi lo pensano)
hanno creduto potesse essere illimitato e svincolato da qualsiasi regola o limite,
partendo dal mancato rispetto di uno dei più “banali”limiti: il limite ambientale. Ci si è
così lanciati in una corsa sfrenata che doveva condurre a una crescita continua del
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capitale, della ricchezza nonché dei consumi per avere un mondo sempre più
tecnologico, omogeneo e che corrispondesse a un modello ideale di società del
benessere. Agli occhi di alcuni questo potrebbe essere il miglior modello di sviluppo,
l’unico in grado di portare al tanto desiderato progresso.
Io nelle pagine a seguire mi soffermerò su un tipo di sviluppo differente,alternativo,
“più umano”, il cui centro è l’individuo, che parte dal basso e che ha come fine
principale quello di creare un circolo virtuoso di pratiche e politiche capace di
modificare lo stato attuale di disuguaglianza che condanna una fascia troppo ampia
della popolazione a vivere in modo non dignitoso.
Mi occuperò di analizzare ciò che riguarda il diseguale accesso alle risorse idriche in
quanto l’acqua più di ogni altro bene è fonte di vita e mezzo attraverso il quale si può
sviluppare qualsiasi attività umana. Spesso la realtà sopradescritta è vista come molto
lontana da Noi, da Noi che abbiamo tutto persino il superfluo, da Noi che diciamo di
essere cittadini di una società globale ma nel momento in cui ci troviamo, in qualità di
cittadini di questo grande sistema, a dover contribuire alla risoluzione di un problema
che è solo geograficamente lontano da Noi, ci dissociamo da tutto ciò. Credo che solo
quando si avrà la consapevolezza di avere una responsabilità comune e condivisa “di
ciò che accade da questa o dall’ altra parte del modo” potremo definirci veramente
cittadini di una grande società globale.
Questo lavoro di tesi si sviluppa partendo da un’analisi della crisi idrica a livello globale
con dati relativi ai primi anni del nuovo millennio; viene fornita un’ immagine di quella
che era la situazione riguardante le possibilità d’ accesso alla risorsa acqua e vengono
analizzati fattori fondamentali ad essa collegati come l’inquinamento ambientale o
crisi che con essa procedono di pari passo come la crisi dei servizi igienico-sanitari. Il
discorso si evolve poi descrivendo il ruolo chiave dei fornitori con la figura centrale del
dibattito pubblico-privato e il particolare riferimento al caso dei Paesi in via di sviluppo.
Vi è in seguito sottolineato il raggiungimento di due traguardi importanti: la
dichiarazione dell’ accesso all’acqua come diritto umano fondamentale e il
raggiungimento dell’ Obiettivo di Sviluppo del Millennio che sicuramente non
rappresentano l’arrivo a una soluzione di tutti i problemi ma possono servire ad
indicare una strada di buone pratiche e buone politiche. Successivamente il discorso si
sposta dal contesto internazionale al caso specifico boliviano con la descrizione della
situazione idrica generale del Paese e con l’ analisi dettagliata della crisi che vive la
Valle Centrale e la sua città più importante, Cochabamba. Qui il dibattito pubblico-
privato sopracitato viene trasferito ad un caso concreto, quello cochabambino e della
Guerra dell’ Acqua la quale portò in piazza migliaia di persone a lottare contro le
misure di privatizzazione adottate dal governo boliviano e dalla municipalità. Il lavoro
va concludendosi analizzando quelli che possiamo definire i lasciti della guerra con il
trionfo del sistema pubblico; un trionfo però non ancora del tutto completo in quanto
problemi nella gestione di tale sistema hanno portato alla ricerca di soluzioni
alternative. Quella da me studiata è la gestione comunitaria delle risorse idriche con il
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progetto Yaku al sur dove la cooperazione internazionale allo sviluppo contribuisce in
maniera notevole a rafforzare, in materia di acqua, le capacità autogestionali della
comunità.
I dati utilizzati sono in gran parte ricavati da documenti e report delle Nazioni Unite,
reperibili su internet, come Human Development Report 2006 Beyond Scarcity: Power
Poverty and the Global Water Crisis il quale è stato di fonadamentale importanza per
avere un quadro della situazione generale precedente al 2010 anno in cui è stato
raggiunto l’OSM. Altri dati fondamentali per l’elaborazione dei capitoli iniziali son stati
ricavati dal portale dell’ Unesco e da altri siti dedicati al tema ambientale. Per il corpo
della tesi, nonché l’analisi del caso boliviano ho potuto usufruire di una vasta
bibliografia sul tema visto che ciò ha una rilevanza internazionale generale molto
importante. In fine, fondamentale è stata la mia esperienza sul campo che mi ha
permesso di comprendere meglio quella che è la realtà cochabambina oggi, e di capire
qual è stata la sua evoluzione a partire dalla vittoria di quella che loro chiamano Guerra
por la Vida comprendendo come gli abitanti di una città in rapida evoluzione cerchino
di far fronte ad alcune inefficienze del servizio idrico. L’esperienza è stata dunque la
fonte principale che mi ha permesso di elaborare le parti finali di questo lavoro,
conoscendo chi ogni giorno convive con il problema mancanza d’acqua e con chi lavora
per risolverlo. Importanti sono stati gli incontri con i membri di Agua Sustentable,
organizzazione che lavora nel progetto Yaku al sur e con il coordinatore della ONG CeVi
in Bolivia il quale mi ha fornito i dettagli tecnici del progetto. Però ogni tecnicismo o
dato che riguardi il progetto studiato risulterebbe nullo senza il grande contributo che
mi ha dato il vivere in Bolivia e il conoscere il senso forte di comunitarismo che sta
permettendo a questo Stato plurinazionale di guardare al futuro.
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Capitolo 1
La crisi idrica come problema globale
1.1 Panoramica generale del problema
“Certo che mi piacerebbe andare a scuola. Voglio imparare a leggere e a scrivere. Ma
come faccio? Mia madre ha bisogno che io vada a prendere l’acqua e qui la fontanella
è aperta solo dalle dieci a mezzogiorno. Bisogna mettersi in fila presto.”
Yeni Bazan, anni 10, El Alto, Bolivia
La voce di Yeni Bazan è una delle tante voci di quelle persone che ogni giorno non
hanno la possibilità di accedere in modo diretto e sicuro a una fonte di
approvvigionamento idrico; secondo i dati forniti dal Rapporto sullo Sviluppo Umano
del 2006, 1,1 miliardi di persone nei Paesi in via di sviluppo hanno un accesso
inadeguato all’ acqua e 2,6 miliardi sono prive dei servizi igienico-sanitari di base
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L’acqua è elemento fondamentale per una buona realizzazione dello sviluppo umano.
L’acqua costituisce un sistema complesso e fragile, risorsa ed ecosistema al tempo
stesso, necessaria per qualsiasi attività umana siano queste di consumo o di
produzione. Nel caso in cui, le persone si trovino in una situazione dove non è garantita
loro la possibilità di avere acqua pulita nelle proprie case, o quantomeno vicino alla
propria abitazione, e non sia garantita loro la possibilità d’accesso all’ acqua quale
risorsa produttiva fondamentale, per attività di sostentamento come l’agricoltura o
l’allevamento, si presenta una condizione in cui il sistema di scelte e di libertà a livello
individuale e comunitario è assolutamente compromesso.
Questa situazione si prefigura non a causa di un deficit naturale della disponibilità della
risorsa ma per via di scelte politico-istituzionali sbagliate che non sempre hanno nella
rosa degli interessi primari, l’incentivo e il rafforzamento delle opportunità di sviluppo
per le fasce di popolazione che si trovano in una condizione di disuguaglianza, andando
a considerare l’acqua come un bene fra i tanti beni del libero mercato. Dall’ inizio di
questo secolo è prevalsa tra i dibattiti sull’ acqua un’ idea catastrofistica che fa capo al
pensiero di Malthus, il quale nel 1800 teorizzò che l’incessante crescita della
popolazione avrebbe portato a una domanda continua d’acqua, non sostenibile dalla
capacità stessa della risorsa idrica di rigenerarsi; predisse che l’intera popolazione
mondiale sarebbe andata verso una “cupa aritmetica” della penuria. Questa non è
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I dati fanno riferimento a quanto indicato nel Rapporto sullo Sviluppo Umano del 2006, descrivendo
quella che era la situazione precedente alla realizzazione dell’ Obiettivo di Sviluppo del Millennio.