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1. LA CRISI FINANZIARIA ATTUALE: ASPETTI
GENERALI
1.1. Introduzione
Nella stesura di questo capitolo, diviso in tre paragrafi, ci soffermeremo a
descrivere in generale la nascita e l’insieme degli eventi principali che hanno permesso
la diffusione di questa crisi, cosa ha effettivamente provocato nelle economie dei vari
Paesi, al di fuori, però, dell’Euroarea, perché quello che riguarda questa zona lo
tratteremo con maggiore precisione nei successivi due capitoli. Come abbiamo
annunciato, quindi, vedremo i settori che questa crisi ha colpito maggiormente, vale a
dire l’occupazione, la domanda, il commercio, gli investimenti, l’attività produttiva
ecc…, le soluzioni che sono state adottate, le conseguenze a seguito di queste soluzioni,
i comportamenti dei vari attori che hanno anche loro promosso il diffondersi di tutto ciò.
Eppure sembrava che la situazione, in generale, fino a qualche anno fa, stesse per
migliorare: la povertà in alcuni Paesi stava diminuendo, la libertà politica e l’iniziativa
individuale si stavano diffondendo in tutti gli angoli della Terra, e tutto stava andando
per il verso giusto, il continuo progresso tecnologico che avrebbe permesso uno
sviluppo di lungo periodo, e nulla avrebbe fatto presagire il raggiungimento di una
situazione simile. E invece non è stato così, adesso infatti ci ritroviamo ad affrontare
una nuova crisi, perché non è la prima, forse la più grave da ottant’anni a questa parte, a
causa della negligenza e la superficialità di alcune persone, e che consiste in pratica
nell’incapacità delle famiglie americane di pagare il loro debito immobiliare.
Questa crisi deriva effettivamente dalla crisi dei mutui subprime, e rappresenta
una svolta per la nostra cultura ed economia. In sostanza, è l’esplosione di una bolla
speculativa sul mercato immobiliare, iniziata nel 2006, e si è diffusa in molti altri Paesi
sotto forma di fallimenti finanziari e di una stretta creditizia globale. Molto
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probabilmente, però, essa minaccerà per lungo tempo l’economia mondiale, e
provocherà una quantità crescente di danni collaterali.
I valori che questa crisi sarà in grado di modificare, tra l’altro, saranno anche le
nostri abitudini di consumo, valori e rapporti fra le persone, e i rapporti tra le varie
persone non saranno più esattamente gli stessi di prima. E se non venissero bloccati,
questi cambiamenti distruttivi potrebbero provocare, per qualche decennio, danni non
solo all’economia, ma anche al tessuto sociale, alla fiducia e all’ottimismo che ispirano i
rapporti fra le persone, il loro atteggiamento verso le istituzioni comuni e verso il loro
stesso modo di vivere.
Quindi è necessario capire cosa effettivamente sta succedendo e prendere le
relative decisioni a riguardo per ristrutturare i fondamenti istituzionali dell’economia
della casa e della finanza. Questo significa attuare soluzioni di breve periodo e
determinare cambiamenti di lungo periodo che non consentano lo sviluppo di altre bolle
speculative, e che consentano l’affermarsi di nuove idee guida per guidare
l’innovazione.
In conclusione posso dire che questa crisi deve rappresentare un’opportunità per
tutti, un ultimo avviso nei confronti di una globalizzazione anarchica e sprecona.
Dobbiamo convincerci, infatti, che disponiamo dei mezzi umani, tecnologici e finanziari
per far si che questa crisi sia solo un incidente di percorso; che ne usciremo solo se
l’informazione sarà equa e disponibile per tutti; se si sapranno organizzare grandi opere
e operazioni di salvataggio di ogni tipo, com’è stato fatto già in alcuni paesi.
Bisogna, però, essere realisti, e auto convincersi che nulla di queste disposizioni
potrà essere eseguite tempestivamente, e quindi dobbiamo ricordarci che il futuro è
nelle nostre mani e dipende solo ed esclusivamente da noi e dalla nostra capacità di
trovare adeguate soluzioni.
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1.2. Effetti sulle economie mondiali
Dopo l’introduzione fatta nel paragrafo precedente, ora possiamo spiegare cosa
effettivamente ha provocato questa crisi devastante alle economie dei diversi Paesi.
Iniziamo innanzitutto a dire ciò che essa ha provocato alla nazione che ha
innescato tutto: gli Stati Uniti d’America. Sappiamo che la causa principale di ciò che
ha scaturito tutto è la crisi dei mutui subprime, che sono prestiti concessi ad un soggetto
particolarmente rischiosi che non può accedere ai tassi di interesse di mercato in quanto
ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore, collegati al mercato della casa, e
le condizioni affinché essa potesse propagarsi si erano accumulate nel tempo (Visco,
2009).
Dopo aver chiarito questo concetto, diciamo che negli Stati Uniti, all’inizio di
tutto, i primi segnali che qualcosa stava per succedere si avvertono nella prima parte del
2007 quando alcune istituzioni finanziarie ridussero la propria esposizione in titoli
collegati ai mutui che abbiamo descritto sopra, i subprime; dopodiché da settembre
2007 la stessa si intensifica e si estende in tutte le aree più importanti, trasmettendosi
alla domanda e alla produzione, all’inizio del 2008.
Dall’autunno del 2008 la crisi di queste attività raggiunse il culmine, la
produzione crolla in tutto il mondo e con essa anche il commercio.
Adesso possiamo cominciare a chiarire meglio gli effetti negativi che si sono
riprodotti nell’economia di questa potenza economica, e più precisamente possiamo dire
che gli Stati Uniti con i fallimenti di Bear Stearns e Lehman Brothers , l’acquisizione
della disastrata Merrill Lynch da parte di Bank of America, il ridimensionamento delle
pericolanti ex stelle Goldman Sachs e Morgan Stanley, i salvataggi di Fannie Mae e
Freddie Mac (società sulla cartolarizzazione
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di mutui ipotecari), che sono gli
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Operazione finanziaria messa in atto da un soggetto che consiste nella trasformazione di determinate
tipologie di attività, presenti a Bilancio ed illiquide, in titoli di libera circolazione sui mercati finanziari
internazionali.
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avvenimenti principali accaduti all’inizio di questa catastrofe, si sta indebolendo sempre
di più, e con essa anche le famiglie.
“Le famiglie stesse riducono il loro consumo sempre di più e mantengono
liquido il loro risparmio, e con ciò si assisterà a un crollo dell’acquisto di immobili e di
automobili, e a una riduzione dei rimborsi dei prestiti per gli immobili.
Le imprese inoltre fanno fronte a una caduta del loro fatturato, a un clima sociale
deteriorato, a un disimpegno degli assicuratori, a un bisogno di fondi correnti di cassa e
a una necessità di ricapitalizzazione” (Attali, 2009: 93).
Per quanto riguarda le banche, esse non presteranno fondi con la stessa audacia
di prima nemmeno a imprese sane, a causa dei problemi che possono nascondere.
Quindi questo rallentamento economico, che non interessa solo gli Stati Uniti, e
che è iniziato prima della crisi finanziaria a causa dell’aumento delle materie prime, è
peggiorato sempre di più fino a raggiungere una situazione critica nei giorni nostri, e
dove i settori maggiormente colpiti sono senza dubbio le assicurazioni, le banche,
l’edilizia, l’industria dell’automobile, le compagnie aeree, i grandi negozi di lusso, e c’è
chi pensa anche dei servizi pubblici.
Di conseguenza, la disoccupazione cresce ovunque nel mondo, e qui ha
raggiunto numeri molto allarmanti a partire da metà 2009 fino a toccare il 10 per cento
della popolazione, in Francia invece può raggiungere i picchi più elevati della sua storia
se non vengono adottate misure massicce; mentre in oriente, più precisamente la Cina,
può essere molto colpita dal punto di vista economico e politico se la sua crescita
scenderà sotto il 6 per cento l’anno.
Altri Paesi in Europa, come per esempio l’Islanda, l’Ungheria e l’Ucraina sono
oggi troppo indebitati e in condizioni insopportabili, soprattutto perché hanno collocato
poco prudentemente il loro capitale, o che hanno investito in prodotti diventati “tossici”,
come afferma Attali (2009: 97).
Altri Paesi asiatici o dell’America Latina (Messico, Cile, Russia, Malesia,
Kazakistan), sono anche loro troppo indebitati e lo saranno per lungo tempo a causa
delle loro richieste di prestiti dal FMI sempre più elevati a tassi usurari.
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Un caso particolare è quello del Giappone, dove il debito pubblico supera il 180
per cento del PIL e che potrebbe essere strangolato da un aumento imprevisto dei tassi
d’interesse.
In conclusione possiamo dire che gli Stati Uniti resteranno certamente la prima
economia del mondo, il primo esercito e la più grande massa di ricercatori. Questa
situazione peggiorerà però a causa dell’aumento del suo debito pubblico a causa del
piano Paulson, dal piano Obama e dal sostegno reiterato a diverse agenzie e banche. I
Paesi europei, infine, non indebitati collettivamente, però individualmente, non corrono
una minaccia di crisi eccessiva dovuto all’aumento imprevisto dei tassi, tutto ciò grazie
all’euro, la cui incidenza nelle riserve mondiali aumenterà a discapito del dollaro; infatti
alcuni di loro, molto indebitati come l’Italia, sono tutto sommato protetti dall’esistenza
della resistente valuta europea.
1.3. Cause e conseguenze della crisi
In questo paragrafo analizzeremo invece quando tutto ebbe inizio e in che modo
è stata scaturita questa crisi, e naturalmente anche le conseguenze che ha provocato.
Diciamo inizialmente che l’umanità ha sempre attraversato qualsiasi tipo di crisi:
religiose, morali, economiche e politiche. Da quando però il capitalismo ha avuto il
sopravvento, la crisi sembrerebbe una sua conseguenza naturale. Però oggi noi tutti
sappiamo, da qualsiasi fonte informativa, che è in atto una grossa crisi, e qualcuno
intuisce che qualcosa di molto profondo sta confusamente cambiando. Molte sono state
le supposizioni riguardo a ciò, noi pensiamo però che quella attuale non è la prima nella
Storia; essa è la prima ad avere un’estensione veramente planetaria e anche duratura, e
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da crisi finanziaria sta diventando anche crisi economica, ma non ancora monetaria,
come afferma Attali (2009: 14).
Le precedenti crisi dovrebbero essere delle opportunità per rimettere in
discussione il sistema economico o delle occasioni per metterle in discussione;
comunque hanno dimostrato, in qualsiasi caso, l’incapacità dell’uomo di avere
informazioni certe sul futuro. Nessuno quindi può dare risposte certe, e cioè se essa è
stata solo un incidente di percorso o una crisi che si può risolvere solo con una guerra
mondiale, come quella del 29, o lo scoppio di una nuova bolla speculativa come quella
dei tulipani del 1637, o ancora un lungo periodo di transizione verso un balzo in avanti
tecnologico come quella accaduta tra il 1972 e il 1982, o infine come la crisi profonda
di un sistema finanziario che portò al declino della Gran Bretagna.
Tante supposizioni, ma nessuno è in grado finora di dare risposte certe.
L’inizio di tutto è riconducibile ai primi segnali avvertiti negli USA nella prima
parte del 2007, quando alcune istituzioni finanziarie iniziano a ridurre la propria
esposizione in titoli collegati a mutui ipotecari rischiosi (i già menzionati subprime). La
situazione si aggravò notevolmente in estate portando i mercati in una situazione di
stallo in agosto, poi da quel momento essa si intensifica e si estende in tutte le aree più
importanti, trasmettendosi alla domanda e alla produzione all’inizio del 2008, e un ruolo
cruciale lo svolsero sicuramente anche le banche perché svolsero attività di
cartolarizzazione di questi mutui. Anche lo sviluppo di nuove tecnologie
dell’informazione e della comunicazione ha avuto un forte impatto sulla crescita, e sul
piano demografico, invece, insieme alla crescita della popolazione nelle economie in via
di sviluppo, si accompagna un invecchiamento della popolazione nei Paesi industriali e
in alcuni Paesi emergenti, come afferma Ignazio Visco (2009: 2).