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Introduzione
L’economia mondiale è sempre stata fisiologicamente e storicamente caratterizzata da periodi di
crescita e da fasi intermedie di recessione, in altre parole da onde di ciclicità (Kondrat’ev, 1925).
Occorre osservare in proposito che, mentre le fasi di crescita sono in genere caratterizzate da
movimenti lenti e regolari ripartiti su un arco di tempo abbastanza prolungato, le fasi di crisi si
presentano spesso improvvise e repentine con effetti negativi pressoché immediati. Analizzando i
cicli economici nella storia si può osservare che, mentre nelle epoche passate le crisi traevano la
loro genesi da fattori naturali e/o politici (catastrofi naturali, carestie, guerre), in epoca moderna e
in modo più marcato a partire dall’inizio del novecento i fattori scatenanti sono stati innescati da
improvvise implosioni del sistema finanziario. Questa caratteristica, specialmente nel mondo
occidentale in cui il sistema finanziario ha via via assunto un ruolo strategico centrale, ha prodotto
in più occasioni, come già sopra detto, crisi improvvise e in taluni casi devastanti che si sono
rapidamente estese al mondo dell’economia reale. La diffusione di crisi del genere è oggi
oltremodo amplificata dalle sempre più strette interrelazioni economico-finanziarie del mondo
globalizzato.
Volendo fare un accostamento in qualche modo simbolico, nelle moderne economie avanzate
l’economia reale si può identificare in un motore ed il settore finanziario ne rappresenta il
lubrificante che ne consente lo scorrevole funzionamento. Quando quest’ultimo viene meno alle
proprie funzioni o tende a derogare eccessivamente dal principio primario di complementarietà, il
motore si blocca. E’ questo il motivo forse principale della estrema rapidità con la quale le crisi
moderne si sono propagate, in quanto una volta innescata la stessa comporta un immediato
disordine sui mercati finanziari (calo dei valori degli strumenti finanziari, ‘’panic selling’’, ecc.) ed
una reazione autodifensiva da parte della popolazione che tende immediatamente a ridurre i
consumi.
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CAPITOLO 1
La Crisi Finanziaria 2008-2009
La crisi finanziaria tutt’ora in corso, originata a partire dal 2007 da un numero relativamente
piccolo di insolvenze dei mutui sub prime, si è tramutata in una crisi sistemica globale a causa della
ricaduta a catena su altri strumenti finanziari innovativi (in particolare cartolarizzazioni) consentiti
da una politica monetaria permissiva e dalla mancanza di una adeguato quadro di
regolamentazione.
Con l’obiettivo di far fronte alla crescente crisi di sfiducia e di ritornare ad una situazione più
governabile, le banche hanno teso ad accumulare liquidità (fornita in numerosi casi e
copiosamente dai governi centrali) ed a razionare il credito, con negative conseguenze nei
confronti di imprese e famiglie. Dall’altra parte le aziende hanno manifestato la tendenza a
mantenere la loro stessa liquidità al fine di ripristinare rapporti più prudenziali tra debito e
capitale, posponendo dunque gli investimenti.
Le famiglie hanno patito di un effetto negativo sulla ricchezza, quindi su risparmio e consumo. Il
risultato è stato un calo generalizzato della domanda aggregata con effetti eccezionalmente
elevati sulla disoccupazione e sulla povertà in tutto il mondo.
Grafici disoccupazione e tasso di disoccupazione (R. Baldwin et. al, 2009)
La mutata composizione della domanda aggregata ed in particolare la caduta della stessa nei paesi
meno sviluppati e più in generale nelle fasce sociali più povere del mondo, ha peraltro preceduto
la crisi finanziaria ed è dovuta a cambiamenti strutturali nella distribuzione del reddito. Dal 1980
anche in molti paesi avanzati il salario medio ha stagnato e si sono accentuate disuguaglianze a
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favore dei ceti sociali a reddito più alto. Il trend ha diverse cause, tra le quali una globalizzazione
asimmetrica, deficienze nella corporate governance ed il progressivo venir meno delle
convenzioni sociali egualitarie che erano emerse dopo la seconda guerra mondiale. Dato che la
propensione marginale al consumo è necessariamente maggiore tra i redditi bassi, questa
tendenza nella redistribuzione dei redditi avrebbe avuto l'effetto macroeconomico di deprimere la
domanda aggregata.
La crisi ha quattro caratteristiche distinte. La prima è quella di essere realmente globale, colpendo
indiscriminatamente tutti. La seconda è che, molto di più che nel caso di crisi passate, quella
presente è dominata da un diffuso senso di iniquità e preoccupazione. La terza peculiarità è che le
sue radici si situano sia in cause strutturali che nella mancanza di un’adeguata cornice di
regolamentazione del settore finanziario. La quarta è che è la certezza dimostratasi illusoria nelle
capacità di autoregolazione dei mercati ha portato ad un eccesso di deregulation e ad una
sottovalutazione se non addirittura una presunzione di dannosità dell'intervento pubblico. In più
potremmo definire la crisi come ‘etica’ dati i numerosi casi di frode, corruzione, azzardo morale
che spesso emergono dagli ambienti economici più importanti.
Dal Mutuo Americano al Riso alla Cantonese
La crisi finanziaria che ha preso forma negli USA si è rapidamente diffusa a livello planetario per
diversi motivi. Innanzitutto la centralità del sistema economico americano nell’economia mondiale
e la tutt’ora permanente predominanza geopolitica degli stessi Stati Uniti sono alla base del
contagio globale verso il resto del mondo. Il ruolo di trascinatrice che l’economia americana ha
sull’intero pianeta è elemento che va ben oltre e ragionamenti di tipo prettamente economico. E’
il modello nel suo complesso che è stato preso a riferimento come archetipo di sviluppo globale.
Il fatto che la crisi dei mutui ipotecari sub prime prima, e il fallimento di un colosso bancario come
la Lehman Brothers poi, siano state le prime cause nel propagarsi della crisi, lascia perplessi a
riguardo dell’intero apparato finanziario mondiale e di come esso sia regolamentato, e ancor più
da chi realmente ha il potere di influenzarlo. Nei fatti la crisi finanziaria internazionale che
tutt’oggi stiamo vivendo ha attraversato una fase di collasso finanziario prima, passando
rapidamente dalla borsa americana alle altre maggiori borse mondiali, e ripercuotendosi poi
nell’economia reale, quindi sulla domanda globale, sul consumo, sugli investimenti, sul risparmio.
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L’eccessiva ‘finanziarizzazione’ di molte economie sviluppate, in particolar modo nel modello
anglosassone -Stati Uniti e Regno Unito- ha consentito il proliferare di mezzi finanziari innovativi
(cosiddetta ‘finanza creativa’) che incorporavano rischi impliciti. I cosiddetti mutui ipotecari ‘sub
prime’ creati negli USA da operatori della finanza immobiliare sono nient’altro che mutui concessi
a persone senza adeguate garanzie di reddito e di sicurezza del lavoro, che se da un lato hanno
sottoposto il sistema finanziario statunitense a rischi eccessivi, dall’altro hanno avuto una ricaduta
positiva nel far avere una casa anche ai meno abbienti e smuovere il mercato immobiliare.
Ad avviso di molti osservatori economici (N.Linciano, 2008) il problema principale è stato tuttavia
provocato dall’uso invalso nelle case di mutuo e nelle banche statunitensi di proporre, persino di
loro iniziativa e periodicamente, il rifinanziamento dei mutui stessi sulla sola scorta dell’aumento
dei prezzi degli immobili. Ciò allo scopo di alimentare il proprio business fornendo ulteriori mezzi
liquidi ai mutuatari al fine di finanziare i loro consumi specialmente di beni durevoli (es. auto,
elettronica, ecc.) ma anche voluttuari (vacanze, viaggi, ecc.) e si basava sul fatto che gli interessi
sui mutui erano fiscalmente detraibili. Tale impostazione che prescindeva da un’analisi delle
capacità di rimborso –che invece costituisce il fondamento di analisi delle banche europee- ha
gonfiato artificialmente sia l’economia che il valore stesso degli immobili. Al primo sgonfiarsi della
bolla immobiliare il meccanismo ha mostrato tutti i suoi limiti.
Gli istituti erogatori di questi mutui dovevano però recepire nuovi capitali, e l’operazione si
concretizzava con ‘’l’impacchettamento’’ dei mutui stessi e con la contestuale emissione di titoli
obbligazionari (cartolarizzazione). Questi titoli, considerato anche il rating delle emittenti,
venivano collocati in tutte le piazze finanziarie mondiali. Chiaramente questi strumenti finanziari
incorporavano un rischio concreto e moltiplicatorio apparentemente lontano e non sempre
esplicitato in modo trasparente ai sottoscrittori.
Quando numerosi mutuatari sono diventati insolventi, la bolla immobiliare ha iniziato a sgonfiarsi
e conseguentemente molte banche hanno richiesto il reintegro dei margini di garanzia, il
meccanismo è entrato in crisi rivelando la propria fragilità. A seguire gli investitori istituzionali ed i
risparmiatori privati, che erano stati attirati da questo tipo di obbligazioni ad alto rendimento,
sono stati investiti da un’ondata di panico che si è tradotta in vendite indiscriminate ed a prezzi
stracciati scatenando un effetto domino.
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L’eccessiva ed indiscriminata cartolarizzazione attuata da banche e finanziarie americane ha creato
quindi una bolla speculativa senza precedenti. Tali titoli obbligazionari a copertura dei mutui si
erano oramai diffusi in tutto il mondo creando le premesse per il successivo scatenarsi e la rapida
espansione e moltiplicazione della crisi.
Occorre soggiungere che la grande massa di liquidità creatasi dai suddetti strumenti finanziari era
in precedenza affluita anche nel settore immobiliare di altri paesi (vedi Spagna, Emirati Arabi,ecc.)
e sul mercato delle materie prime. Lo scoppio delle relative bolle ha quindi determinato
l’estensione della crisi al resto del mondo, ed in particolar modo quella relativa ai prodotti
alimentari ha coinvolto pesantemente soprattutto i paesi in via di sviluppo.
Inizialmente sembrava solo una questione di finanza, di titoli e di grandi gruppi bancari, poi a
macchia d'olio la crisi ha coinvolto, seppure in misura differente, i paesi di tutto il mondo, con
implicazioni sociali, politiche, geostrategiche e ambientali che condizionano le scelte fatte dai
governi e gli orizzonti dei singoli.
Effetti generali della Crisi
Le economie del mondo sono state duramente colpite dalla crisi finanziaria e dal crollo delle
attività economiche. Le economie avanzate hanno avuto un declino senza precedenti del 7,5% del
PIL durante il quarto trimestre 2008. Anche i paesi emergenti hanno sofferto considerevolmente,
sebbene in maniera minore, ed hanno registrato una contrazione del 4% degli aggregati.
Il danno viene inflitto alle economie sia attraverso il canale finanziario (es. Emerging Europa ed ex
Commonwealth, alto grado di penetrazione di flussi di capitale) che tramite quello commerciale
(es. Asia, paesi esportatori manifatturieri). La crisi mondiale è stata accompagnata da un collasso
degli scambi commerciali internazionali senza precedenti dovuto in primis ad un’inusuale e
sincronizzata diminuzione generale della domanda.
In un ambiente caratterizzato da un alto grado d’incertezza riguardo l’evoluzione della turbolenza
finanziaria, i soggetti si sono trovati di fronte ad un evento da loro non controllabile e di difficile
comprensione, ed hanno preferito diminuire o rinviare decisioni di spesa, investimenti, e attività
economiche di ogni tipo. La ‘paura dell’ignoto’ ha quindi congelato l’economia mondiale,