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INTRODUZIONE
La crisi di Suez del 1956 fu un evento di svolta molto importante che modificò l’equilibrio
di potenza nel Mediterraneo creatosi nel periodo successivo alla Seconda Guerra
Mondiale. Mise in crisi i rapporti e le relazioni tra Francia e Gran Bretagna da un lato e
Stati Uniti d’America dall’altro, arrivando perfino a vedere allineate le politiche e le
strategie americane e sovietiche. Gli eventi che si susseguirono già a partire dal 1955
erano stati di estrema importanza anche per l’Italia, Potenza mediterranea naturalmente
interessata a quell’area di importanza strategica - che, tra l’altro, nel biennio 1955/56
sedeva nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU come membro non permanente - e alla quale
venne fornita un’occasione per mettersi alla prova, tentando di responsabilizzarsi davanti
a un fatto di grande rilevanza internazionale.
Il tema da noi trattato risulta essere strettamente collegato alla situazione politica
internazionale nel Medio Oriente e, in particolare, al rapporto tra Egitto e Israele. Proprio
quest’ultima entità statuale, formatasi appena otto anni prima della crisi e il cui
riconoscimento internazionale era profondamente contestato dai Paesi arabi, in primo
luogo dall’Egitto, entrò in gioco come nuovo elemento di riferimento per le ex Potenze
coloniali di Francia e Gran Bretagna. Ciò ci costringe, pertanto, a prendere in
considerazione anche le cause del lungo conflitto tra la popolazione araba e la
popolazione israeliana e il perché delle quattro guerre arabo-israeliane, tra le quali, in
particolare, il Secondo conflitto si pone come punto di svolta internazionale.
In questo contesto, riuscì l’Italia a fornire un suo contributo durante la crisi o era ancora
troppo scossa dalle due Guerre Mondiali appena concluse? Che cosa indusse, in quella
situazione di Guerra Fredda, l’allineamento delle politiche estere di Stati Uniti e Unione
Sovietica? Queste sono alcune delle numerose e grandi domande che mi sono posta
riguardo la storia tra la Stato israeliano e le popolazioni arabe, inserite all’interno del
macro-tema mediorientale. Tra i numerosi argomenti studiati durante l’insegnamento di
Storia della Politica e delle Relazioni Internazionali, furono le relazioni tra queste due
popolazioni a colpirmi maggiormente, poiché non riuscivo a comprendere come due
civiltà potessero odiarsi a tal punto da scatenare non una, ma ben quattro guerre nel
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susseguirsi di pochi anni e soprattutto dopo gli orrori vissuti a causa delle guerre
precedenti.
Durante il percorso universitario, fu la Seconda guerra arabo-israeliana ad attirare la mia
attenzione in modo particolare, dal momento che il suo legame con la crisi del canale di
Suez presentava e metteva in connessione importanti aspetti politico-internazionali ed
economici, oltre che naturalmente questioni strettamente territoriali. La Prima guerra era
stata infatti causata dalla nascita dello Stato israeliano, mentre in seguito il terzo e il
quarto conflitto avrebbero avuto origine dal continuo aumento di tensioni nei territori; ma
ciò che non mi era chiaro erano le cause della Seconda guerra e di come un progetto di
costruzione di una diga e la nazionalizzazione del canale di Suez potessero avere creato
così tanti gravi problemi da determinare un pretesto per dare inizio ai combattimenti. Ho
dunque ritenuto opportuno focalizzarmi su un aspetto in particolare e mettere così in luce
il punto di vista italiano, perché l’Italia rappresenta uno Stato occidentale, certamente
europeo ed eminentemente mediterraneo, che si rivela essere forse il più interessato agli
avvenimenti e agli equilibri del Medio Oriente. Mia intenzione era analizzare come i
governi italiani avessero affrontato una questione ritenuta di estrema importanza e se e
quali risultati avessero raggiunto; inoltre, desideravo mettere in luce l’azione italiana a
livello internazionale in quella che fu forse la più importante crisi avvenuta nel
Mediterraneo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ovvero da quando il prestigio
dello Stato italiano era sceso a livelli minimi.
Per analizzare la crisi del Mediterraneo del 1956 ho utilizzato un’ampia letteratura, non
solo riguardante il Secondo conflitto arabo-israeliano, ma anche relativa alla storia
generale, in modo da avere più chiaro il quadro argomentativo globale. Altresì utili sono
state numerose riviste, periodici e raccolte di documenti diplomatici di ogni Stato
maggiormente interessato alle ostilità, come ad esempio i Foreign Relations of the United
States, o i testi di documenti consultabili in Rete nel sito istituzionale dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite; documenti che rivelavano aspetti importanti nei processi decisionali
degli Stati o le vere motivazioni di fondo. Di grande aiuto sono stati la monografia di
Gian Paolo Calchi Novati, Il canale della discordia, Suez e la politica estera italiana, e
il settimanale Relazioni Internazionali.
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L’analisi e l’interpretazione dei fatti accaduti hanno l’obiettivo di delineare le motivazioni
e le cause che portarono allo scoppio della Seconda guerra arabo-israeliana, approfondire
gli eventi che sono accaduti durante l’operazione Musketeer e indagare come la crisi abbia
modificato gli equilibri post-bellici. L’intero studio è stato condotto nell’ottica della
politica estera italiana: come i governi che si sono succeduti agirono, quali linee di azione
e di strategia furono adottate nei confronti di Israele e dei palestinesi, quali sforzi furono
attuati dai diplomatici italiani nel cercare di collaborare con le Potenze occidentali
nonostante certe emarginazioni e, in generale, quale fu il ruolo dell’Italia in seno
all’Alleanza Atlantica, che si espresse talvolta nel segno di una originale autonomia,
durante i vari incontri internazionali tenutisi sia a Londra, sia al Palazzo di Vetro per
tentare di risolvere la questione.
Quanto all’architettura del lavoro, il primo capitolo della tesi si concentra sullo studio
della situazione antecedente la Seconda guerra arabo-israeliana, partendo dalla
progettazione del canale di Suez fin dagli anni Cinquanta dell’Ottocento fino ad arrivare
all’analisi della lunga lotta tra la popolazione araba e la popolazione israeliana nel
territorio dell’ex mandato britannico di Palestina. La nascita ufficiale dello Stato di Israele
nel 1948 aveva infatti determinato lo scoppio delle prime ostilità, dando origine alla Prima
guerra arabo-israeliana: ho quindi indagato le cause scatenanti, lo svolgimento dei
conflitti e le conseguenze che tale scontro determinò, non solo a livello mediorientale, ma
su scala internazionale. Successivamente ho analizzato i numerosi eventi che
caratterizzarono l’anno 1955 e in particolare l’atteggiamento che uno dei principali Paesi
arabi, l’Egitto, tenne nei confronti del mondo occidentale e del blocco orientale.
Se dunque il primo capitolo ha l’obiettivo di spiegare il contesto generale, in modo tale
da fornire le conoscenze di base per potere comprendere meglio l’intero argomento
trattato e funge quindi da inquadramento generale, nella seconda parte l’oggetto della mia
ricerca si è concentrato in un’unica annata, il 1956, cuore della tesi. Ho analizzato le cause
del provvedimento di nazionalizzazione egiziano della Compagnia del canale di Suez,
determinato dal ritiro dei finanziamenti inglesi, statunitensi e della Banca Mondiale per
la costruzione della diga di Assuan, e le sue successive conseguenze, a partire dalle
reazioni iniziali di numerosi Stati fino ad arrivare alla convocazione di un gran numero
di incontri e conferenze. Tra quest’ultime occorre citare le riunioni tenutesi a Londra, la
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seduta del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 26 settembre 1956 e i tentativi
statunitensi e sovietici di risolvere la situazione, arrivando anche a ipotizzare una sorta di
collaborazione. Dopo aver esaminato gli accordi trilaterali segreti tenuti a Sèvres tra
Francia, Gran Bretagna e Israele, ho indagato a fondo l’operazione Musketeer, la quale
diede inizio al Secondo conflitto arabo-israeliano.
Infine, nel terzo e ultimo capitolo, la mia analisi si è concentrata sulle conseguenze, le
ripercussioni e i risultati politici e territoriali della crisi, partendo dal lungo processo di
ritiro delle truppe dal territorio egiziano fino ad arrivare alle conseguenze economiche.
Ho analizzato l’azione egiziana seguita alla guerra, che si evidenzia con la pubblicazione
di due memorandum riguardanti la gestione del canale di Suez, e ho fornito particolare
attenzione alla nuova politica estera statunitense, caratterizzata dalla cosiddetta “Dottrina
Eisenhower”. Infine, ho brevemente analizzato il contesto generale degli anni successivi
la guerra di Suez, fornendo un accenno alla Terza e alla Quarta guerra arabo-israeliana.
L’intera analisi degli argomenti trattati si intreccia con la risposta alla crisi e la linea di
azione della politica italiana, attraverso l’approfondimento del punto di vista, del ruolo
internazionale e delle varie opportunità che lo Stato italiano seppe cogliere. Questo lavoro
mi ha pertanto permesso di delineare, nelle conclusioni, il ruolo della politica italiana
nella questione e gli sviluppi di cui essa è stata protagonista, attraverso la ripresa degli
eventi più importanti. A ciò ho anche affiancato le imprescindibili linee di azione attuate
dalle Nazioni Unite, per poi sottolineare l’inserimento degli Stati Uniti nel contesto
mediorientale e la loro sostituzione a Francia e Gran Bretagna come Potenza preminente.
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CAPITOLO I
Dalla costruzione del canale di Suez alla Prima guerra
arabo-israeliana
1. Il canale di Suez
a. La costruzione del canale e la sua importanza strategica
L’istmo di Suez è una sottile striscia di terra che unisce l’estremità nord-orientale
dell’Egitto alla penisola del Sinai e quindi all’Arabia, costituendo così l’unico
collegamento tra l’Africa e l’Asia. Fin dall’antichità esso costituì un ostacolo e un limite
alle comunicazioni marittime tra il Mediterraneo e il Mar Rosso; infatti, nel corso dei
secoli molti Faraoni, Califfi o Re cercarono di risolvere o arginare parzialmente il
problema utilizzando le tecniche e gli strumenti di quei tempi. A partire dal XVIII secolo,
il primo contributo alla costruzione di una via d’acqua in quel territorio fu determinato
dalla Francia, il cui interessamento per l’istmo, e in generale per l’intero Egitto, si era
incrementato dal momento in cui l’Inghilterra conquistò le Indie (1763). Questa
attenzione francese ebbe i primi risultati concreti in occasione della campagna d’Egitto
del generale Napoleone Bonaparte, il quale, dopo una lunga ricognizione, accompagnato
dai suoi esperti in materia, diede il compito all’ingegnere Jacques-Marie Le Père di
studiare i dettagli tecnici e territoriali del taglio dell’istmo; purtroppo però, nel 1803, Le
Père presentò una memoria in cui constatò l’impossibilità della costruzione di un canale
lungo quel tracciato a causa della presenza di un dislivello di circa 10 metri tra il
Mediterraneo e il Mar Rosso
1
. Nonostante questa prima sconfitta, ingegneri di altre
nazionalità continuarono a studiare il territorio e cercarono di creare nuovi progetti di
costruzione.
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Il rapporto, intitolato Mèmoire sur le canal des Deux Mers, conteneva il progetto per la costruzione di due differenti
canali alimentati dal Nilo e forniti di chiuse, per i quali sarebbero stati necessari diecimila operai per la realizzazione
in quattro anni di tempo. Nel suo progetto però, era presente un grave errore di calcolo riguardante i 10 metri di
dislivello tra i due mari (dislivello che in realtà non era presente), il quale aveva determinato nel progetto la presenza
del sistema di chiuse.
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Soltanto il 27 novembre 1846 venne finalmente costituita la “Société d’études du canal
de Suez” con sede a Parigi, i cui membri, nonostante appartenessero a tutte le Nazioni,
furono divisi in tre gruppi di promotori: uno francese, uno inglese e uno austriaco (detto
anche italo-austriaco-tedesco). I gruppi di promotori erano composti da dieci membri
ciascuno ed erano guidati rispettivamente dall’ingegnere Paulin Talabot per la Francia,
dal costruttore di ferrovie Robert Stephenson per l’Inghilterra e dall’ispettore generale
delle ferrovie austriache Luigi Negrelli
2
. Il lavoro dei tre ingegneri era autonomo e veniva
svolto con diversa intensità: il gruppo inglese preferiva la costruzione di una linea
ferroviaria piuttosto che un canale marittimo, il gruppo francese era tentato di
abbandonare il progetto del canale diretto e tornare all’idea di costruzione di un canale
indiretto, mentre il gruppo austriaco era il più attivo e promosse con grande entusiasmo
gli studi e i lavori sul canale, creando un vero e proprio progetto di canale diretto che
diventò, con il passare del tempo, il progetto definitivo che venne poi realizzato
3
.
Dal 1849 ci furono alcuni ostacoli al progetto determinati dalle successioni dei Viceré
egiziani: Mohamed Alì, morto il 2 agosto 1849, era favorevole alla costruzione del canale,
mentre il suo successore Abbas Pascià era fortemente influenzato dagli inglesi e di
conseguenza era ostile al progetto di costruzione. Ad Abbas Pascià succedette Said
Pascià, di mentalità aperta e molto legato a Ferdinand de Lesseps
4
, ex diplomatico
francese da tempo in contatto con il gruppo di promotori del canale di Suez. Fu proprio
Lesseps che propose al Viceré egiziano di prendere in considerazione l’istituzione di una
società con l’obiettivo di sopperire alle enormi spese per la costruzione del canale,
allegando a detta richiesta un dettagliato rapporto riguardante i vantaggi che sarebbero
derivati da questa grande impresa. Lesseps, infatti, sottolineò sia i grandi sforzi fatti nel
2
Luigi Negrelli (1799-1858) fu un ingegnere italiano con cittadinanza austriaca, esperto in opere ferroviarie. Dopo
essersi laureato in ingegneria presso l’Università di Innsbruck, lavorò presso la Direzione dei lavori pubblici dell’area
corrispondente alle attuali tre regioni del Trentino-Alto Adige, Tirolo e Vorarlberg. Dopo un periodo di attività in
Svizzera (1830-1835) tornò in Austria a dirigere la costruzione di nuove linee ferroviarie. Successivamente, si stabilì
nel nord Italia costruendo altre grandiose ferrovie, ottenendo anche numerosi riconoscimenti.
3
Cfr. Il canale di Suez nella storia, nell’economia, nel diritto, a cura dell’ufficio Studi dell’Istituto per gli studi di
politica internazionale, Milano, 1935.
4
Ferdinand de Lesseps (1805-1894) era un diplomatico e imprenditore francese. Studiò per intraprendere la carriera
diplomatica e i suoi primi incarichi furono quello di Viceconsole a Lisbona e, più tardi, a Tunisi. Quando iniziò a
lavorare al progetto di costruzione del canale di Suez, venne nominato console al Cairo (1833) e, poco tempo dopo,
console generale ad Alessandria. Nel frattempo, lavorò in molti Paesi europei e venne anche chiamato urgentemente
da Roma come legato della neonata Repubblica Romana. Si occupò della costruzione del canale di Suez fino al 1869 e
successivamente divenne un grande sostenitore di numerose opere importanti, tra cui il Canale di Panama.
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passato per creare un collegamento tra il Mediterraneo e il Mar Rosso, sia gli enormi
benefici che si sarebbero potuti realizzare, per l’Egitto in particolare, ma anche nei
confronti di molti Paesi, tra cui la Gran Bretagna, la Francia, gli Stati italiani, la Russia e
gli Stati Uniti. Mohammed Said Pascià rimase positivamente colpito dal rapporto
presentato e decise di concedere a Lesseps l’atto di concessione per la costruzione e la
direzione di una compagnia internazionale per il taglio dell’istmo e lo sfruttamento del
canale tra i due mari. L’atto, formalizzato il 19 maggio 1855 con una durata limitata di
99 anni
5
, prevedeva, oltre a numerosi obblighi da rispettare durante la costruzione del
canale, anche l’obbligo di rendere accessibile il canale a tutte le bandiere senza
distinzione
6
.
In seguito all’atto di concessione rimanevano soltanto due problemi da superare:
l’opposizione britannica e il problema della costruzione e del finanziamento della
Compagnia del canale di Suez
7
. Per ovviare al problema dell’opposizione inglese, venne
creata da Lesseps una “Commissione internazionale di tecnici”, composta dalle persone
più competenti in materia, tra cui Luigi Negrelli, unico membro già appartenente alla
Società degli studi del canale di Suez, e Pietro Paleocapa
8
, ministro dei lavori pubblici
del Piemonte, il quale diede un contributo fondamentale in ambito tecnico-politico. La
prima riunione della Commissione internazionale dei tecnici fu il 30 ottobre 1855 a Parigi
e, durante questa prima seduta, venne deciso di recarsi in Egitto per un sopralluogo e,
successivamente, si emanò un documento conclusivo riguardo la costruzione del canale.
5
Di conseguenza, l’atto doveva rimanere in vigore fino al 1968 in quanto il canale fu inaugurato nel 1869.
6
Tra gli articoli più importanti dell’atto di concessione del 1855 possiamo ricordare l’articolo 1 riguardante la
costituzione della Compagnie universelle du canal de Suez e l’articolo 2 in cui veniva sottolineato che il direttore della
Compagnia sarebbe sempre stato nominato dal governo egiziano. All’articolo 3 veniva determinata la durata dell’atto
(99 anni) e all’articolo 4 si sottolineava il fatto che i lavori della costruzione del canale sarebbero stati eseguiti a spese
esclusive della Compagnia. L’articolo 9, infine, prevedeva che, spirata la concessione, il governo egiziano si sarebbe
sostituito alla Compagnia e sarebbe entrato in possesso del canale e degli stabilimenti inerenti, pagando alla compagnia
il valore che fosse poi determinato. L’Atto di concessione del 1855 è consultabile nel volume, contemporaneo alla
costruzione del canale, di C. Vimercati, Il Canale dell'istmo di Suez: sua influenza di pace per l’Europa e di
rigenerazione per l’Italia, Livorno, 1864, pp. 73 e ss.
7
Problema ulteriormente aggravato sia dall’opposizione britannica che ostacolava la raccolta di capitali, sia dalla
contrapposizione tra Lesseps e il gruppo di promotori originari. Lesseps, infatti, cercò di rilevare una posizione
predominante negli studi e nella costruzione del canale di Suez.
8
Pietro Paleocapa (1788-1869) fu uno scienziato, politico e ingegnere italiano. A Venezia si occupò di progetti nel
settore delle ferrovie, dei trafori e dei canali navigabili. Nel 1813 partecipò alla Campagna di Germania e venne fatto
prigioniero e, una volta tornato in Italia, svolse numerosi lavori di costruzione, creandosi una grande carriera e
ottenendo numerose onorificenze. Dal 1855 contribuì in modo fondamentale alla progettazione del canale di Suez
insieme all'ingegnere Luigi Negrelli.
10
Il 5 gennaio del 1856 si approvarono gli statuti e i documenti di base
9
della Compagnie
universelle du Canal maritime de Suez
10
e venne firmato il secondo atto di concessione.
Poco dopo, dal 23 al 25 giugno 1856, la Commissione di tecnici, in seguito a varie sedute
plenarie, adottò in modo definitivo il progetto Negrelli, basato sull’ipotesi di costruzione
di un canale diretto, così come presupposto nel 1847.
La Gran Bretagna, visto il considerevole avanzamento in quegli anni in merito alla
costruzione del canale, intensificò notevolmente la propria opposizione sia attraverso
l’utilizzo dei giornali, sia in sede parlamentare; inoltre, vennero anche intraprese azioni
diplomatiche di opposizione nei confronti di altri Stati e presto il loro dissenso diventò
un’opposizione politica diretta. Nonostante questa grande “campagna” di protesta, le
motivazioni tecniche presentate dalla Gran Bretagna furono facilmente controbattute e
replicate dai principali ingegneri della Commissione internazionale dei tecnici. Lesseps,
che si occupava del lato finanziario, aprì la sottoscrizione del capitale azionario della
Compagnie universelle du canal de Suez il 5 novembre del 1858. Esso venne sottoscritto
principalmente in Francia, mentre in Gran Bretagna vennero sottoscritte poche decine di
azioni; anche l’Italia partecipò in modo molto generoso.
I lavori per la costruzione del canale iniziarono il 25 aprile del 1859 e, dopo le iniziali
incertezze di diritto e alcuni incidenti locali, proseguirono con lentezza, ma riuscirono a
compiersi in maniera eccellente.
9
Tra i documenti di base è possibile trovare il Regolamento, il cui obiettivo era la tutela dei lavoratori egiziani durante
la costruzione del canale e gli statuti riguardanti la Compagnie universelle du canal de Suez. Cfr. documenti e statuti
di base in Vimercati, Il Canale dell'istmo di Suez, pp. 184 e ss.
10
Ibid, cit., pp. 188 e ss. La Compagnie universelle du canal de Suez era una società egiziana a carattere universale con
sede legale a Parigi e sede amministrativa a Ismailia. Benché l’obiettivo di Lesseps fosse quello di far apparire la
Compagnia come una società del tutto nuova, in realtà essa si poteva considerare come una trasformazione e una
derivazione della Società degli Studi. La sua durata era uguale a quella della Concessione, ovvero di 99 anni e, spirato
questo periodo, sarebbe stato il governo egiziano a entrarne in possesso dando alla Compagnia un giusto indennizzo.
Sarebbe stato poi il governo egiziano a valutare la possibilità di confermare la concessione per un altro periodo di tempo
successivamente alla scadenza dei 99 anni. La Compagnia era «amministrata da un consiglio composto di 32 membri,
i quali rappresentano le Nazioni principali interessate all’impresa. Un comitato, scelto nel suo seno, è specialmente
incaricato della direzione e della gestione degli affari sociali. Gli amministratori sono nominati dall’assemblea generale
degli azionisti per otto anni. [...] Il consiglio di amministrazione nomina ogni anno tra i suoi membri un presidente e
tre vicepresidenti, che possono sempre essere rieletti.». Vi erano anche un comitato di direzione e un’Assemblea
generale degli azionisti; il Comitato di direzione era composto dal Presidente del Consiglio di amministrazione e da
quattro amministratori, il cui compito principale era quello di gestire gli affari della società. L’Assemblea generale
degli azionisti era composta da tutti gli azionisti che detenevano almeno venticinque azioni e generalmente si riuniva
ogni anno. Un’ulteriore attività della Compagnia era l’amministrazione delle città sorte lungo il canale, tra cui, per
esempio, Porto Said, Porto Fuad, Porto Tewkif e Ismailia.
11
Il 17 novembre del 1869 il canale venne ufficialmente inaugurato con il primo viaggio da
Porto Said a Suez compiuto da una nave francese seguita da altre settanta (circa) di
differenti nazionalità, tra cui anche quelle italiane.
L’Italia ebbe un ruolo determinante nella costruzione del canale, non solo dovuto alla
presenza di Luigi Negrelli, ingegnere che creò il progetto di edificazione, ma anche grazie
al lavoro di tante altre persone e ingegneri coinvolti nei lavori di esecuzione pratica della
costruzione. Infatti, alcune delle parti più ostiche e complesse da realizzare, furono
affidate a ingegneri italiani, i quali riuscirono nell’impresa grazie alla loro alta
specializzazione nel settore e grazie all’utilizzo di macchinari speciali, suscitando
l’ammirazione e l’approvazione da parte di Lesseps e dei dirigenti inglesi e francesi
11
. Per
un’appropriata valutazione storica e tecnica del lavoro e degli sforzi richiesti dalla
realizzazione del canale di Suez, è necessario tenere in considerazione il grande aiuto
fornito dall’opinione pubblica italiana. Infatti, dal 1855 al 1869, molti giornali italiani
pubblicarono numerosi articoli a favore della costruzione, mostrando la sua grande utilità
e cercando di contrastare l’opposizione britannica. I giornali in questione sono
centoventuno
12
e tra questi è possibile ritrovare i due principali che furono creati
appositamente per trattare esclusivamente della questione del canale: il Bollettino
dell'Istmo di Suez, diretto da Ugo Calindri, e il Canale di Suez, diretto da Luigi
Torelli. Oltre all’attività di propaganda giornalistica, è possibile sottolineare anche le
azioni di interessamento effettuate dalle Camere di Commercio, dai sodalizi scientifici e
da alcuni porti italiani
13
. Questo testimonia come la popolazione italiana sia stata quella
per la quale la costruzione del canale trovò la più forte e ampia difesa e approvazione.
«Una abbreviazione della distanza e una diminuzione nella durata del viaggio hanno come
conseguenza d’aumentare all’infinito le relazioni e gli scambi»: questo era ciò che
11
A. Monti, Gli italiani e il canale di Suez, a cura del Regio Istituto per la storia del Risorgimento Italiano, Roma,
1937.
12
Si veda elenco dei principali giornali impegnati nella promozione per la costruzione del canale in Monti, Gli italiani
e il canale di Suez, cit., pp. 157-161.
13
Alcune Camere di Commercio italiane inviarono una commissione di rappresentanti nel 1865 in visita ufficiale ai
lavori del canale. Alcuni porti italiani promossero numerose iniziative in vista dell’apertura del canale; da evidenziare
la proposta del 1867 di creare una Società di navigazione a vapore per la tratta Venezia-Suez.
12
Lesseps, riferendosi alla costruzione del canale di Suez, aveva sempre sostenuto
14
. La
realizzazione dell’opera infrastrutturale ha originato una svolta incredibile in ambito
commerciale ed economico. Il grandioso e utilissimo collegamento tra il Mar Rosso e il
Mediterraneo permise, infatti, la navigazione diretta da quest’ultimo fino all’Oceano
Indiano, evitando così di circumnavigare l’Africa lungo la rotta del Capo di Buona
Speranza. Oltre a una riduzione delle distanze, questa grande opera permise anche un più
grande utilizzo delle navi a vapore determinato dalla presenza, nella nuova tratta, di
numerosi e comodi scali in cui poter effettuare rifornimento di carbone. Il traffico di
materiali dall’Oriente all’Occidente vide principalmente lo scambio di materie prime e
prodotti agricoli, mentre il traffico opposto interessò per lo più prodotti meccanici e
manufatti di ogni genere, testimoniando così la grossa differenza che caratterizzava le
diverse aree del mondo coinvolte dall’apertura del canale
15
. Nel corso del tempo
iniziarono a transitare nel canale anche le navi-cisterne evidenziando così lo sviluppo del
traffico di petrolio, che sarebbe divenuto una risorsa estremamente importante. L’Italia
aumentò ampiamente il suo utilizzo del canale nel corso degli anni successivi
all’inaugurazione anche grazie allo sviluppo della marina mercantile italiana. La tratta
marittima venne poi notevolmente utilizzata da Francia, Gran Bretagna, Germania,
Olanda (in quanto le permetteva una più agevole comunicazione con le Indie olandesi),
Stati Uniti, Paesi scandinavi, Russia e Giappone.
Per concludere, è possibile evidenziare come, in seguito alla costruzione e
all’inaugurazione del canale, il governo britannico cambiò radicalmente il suo
atteggiamento: da un lato, accorgendosi dell’enorme importanza economica del canale lo
cominciò a utilizzare intensamente, dall’altra iniziò a interessarsi maggiormente
dell’amministrazione dello stesso, lamentandosi della forte preminenza in ambito
gestionale e finanziario raggiunta dalla Francia. Il governo inglese riuscì a ottenere le
azioni precedentemente possedute dal Viceré d’Egitto Ismail, il quale, essendo in una
14
Il canale di Suez nella storia, nell’economia, nel diritto, a cura dell’ufficio Studi dell’Istituto per gli studi di politica
internazionale, cit., p. 53.
15
Si veda la tabella che indica il totale in peso, suddiviso in anni, del traffico del canale nelle due tratte in Il canale di
Suez nella storia, nell’economia, nel diritto, a cura dell’ufficio Studi dell’Istituto per gli studi di politica internazionale,
cit., p. 55.
13
difficile situazione finanziaria, dovette vendere le sue quote. In questo modo vennero
anche assegnati tre seggi in più alla parte britannica all’interno dell’Assemblea della
Compagnia, ponendosi al secondo posto come azionista della società. Inoltre, la Gran
Bretagna, in seguito all’indebolimento dell’Impero ottomano dovuto alla guerra russo-
turca (1877-1878), occupò Cipro nel 1878 e l’Egitto (che dipendeva formalmente
dall’Impero ottomano) a partire dal 1882: questo suo dominio si estese nel corso del
tempo fino ad arrivare a garantire agli inglesi una posizione di preminenza in tutto il
territorio in prossimità del canale. Durante i contrasti con l’Egitto per la sua occupazione,
l’Inghilterra chiuse per alcuni giorni il transito delle navi, scatenando una dura reazione
da parte degli altri Stati, i quali sottolinearono la violazione della neutralità del canale da
parte inglese. Per cercare di risolvere la questione, Lesseps riuscì a far riaprire il canale
agli inglesi in cambio di alcune concessioni molto vantaggiose per i britannici, le quali
determinarono un aumento della loro presenza e importanza all’interno della Compagnia.
Ciò determinò ulteriormente la preminenza inglese all’interno dell’impresa del canale e
la diminuzione dell’importanza francese. Questo fatto pose la necessità di regolamentare
l’utilizzo del canale sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di vista politico e, dopo
difficili e lunghe trattative, venne raggiunta la Convenzione del 1888.
b. La Convenzione di Costantinopoli del 1888
A causa degli avvenimenti sopra citati, le parti interessate iniziarono a valutare la
possibilità di istituire un regime internazionale definitivo per l’utilizzo del canale. Fu la
Gran Bretagna a proporre il 3 gennaio 1883 la convocazione di una conferenza
internazionale, che però non ebbe seguito. La suddetta proposta venne ripetuta il 29
novembre 1884 e, dopo alcune trattative, venne firmata da Gran Bretagna, Francia, Italia,
Germania, Austria-Ungheria, Russia e Impero ottomano una dichiarazione che prevedeva
la convocazione di una conferenza a Parigi, la quale si riunì il 30 marzo 1885. A causa di
numerosi scontri tra Gran Bretagna e Francia, le trattative diplomatiche della Conferenza
furono lunghe e si conclusero il 25 ottobre 1887 con la creazione di un progetto che
costituì la base della Convenzione. Essa venne poi firmata ufficialmente il 29 ottobre
14
1888 a Costantinopoli da Gran Bretagna, Francia, Italia, Germania, Austria-Ungheria,
Spagna, Paesi Bassi, Russia e Impero ottomano.
La Convenzione di Costantinopoli è composta da 17 articoli, determina lo status giuridico
del canale di Suez e vale erga omnes
16
costituendo, inoltre, un punto di partenza per la
creazione di molti altri accordi riguardanti situazioni simili. Il primo articolo evidenzia lo
scopo principale del documento stesso e afferma che:
«Il Canale Marittimo di Suez sarà sempre libero e aperto, in tempo di guerra come in tempo di pace, a
qualunque nave mercantile o da guerra, senza distinzione di bandiera. Di conseguenza, le Alte Parti
contraenti si dichiarano d’accordo di non recare pregiudizio al libero uso del canale, in tempo di guerra
come in tempo di pace. Il Canale non sarà mai soggetto all'esercizio del diritto di blocco.»
17
È necessario sottolineare che il rispetto di quanto citato al primo articolo non è riferito
solamente al canale in sé, ma anche ai canali accessori di alimentazione (art. 2) e agli
impianti in generale (art. 3). Il quarto articolo sosteneva che all’interno del canale non
potevano essere attuati atti o azioni con l’intento di ostacolare la libera navigazione; sono
stati, pertanto, istituiti dei limiti che le navi, in tempo di guerra, dovevano rispettare (art.
4, art. 5, art. 6, art. 7). Gli articoli otto e nove riguardavano il compito degli Stati firmatari
di vigilare sulla corretta applicazione ed esecuzione delle clausole e la possibilità per essi
di utilizzare alcuni mezzi e strumenti per garantire la sua corretta messa in atto. I
successivi articoli, invece, riguardavano principalmente la difesa del canale,
l’uguaglianza tra le Potenze che hanno diritti sovrani sul collegamento marittimo e
l’accessibilità del trattato anche ad altre Potenze.
È possibile quindi sottolineare la presenza di “quattro principi generali”
18
nella
Convenzione:
1) la libertà di navigazione commerciale, sia in tempo di pace, sia in tempo di guerra;
16
Dato che la Convenzione di Costantinopoli ha valore erga omnes, tutte le navi di commercio e di guerra di tutti i
Paesi del mondo potranno transitare nel canale di Suez. L’utilizzo della via d’acqua non è, quindi, esclusivo dei Paesi
firmatari.
17
Convenzione di Costantinopoli del 29 ottobre 1888, consultato in
https://www.suezcanal.gov.eg/English/About/CanalTreatiesAndDecrees/Pages/ConstantinopleConvention.aspx, il 14
luglio 2022.
18
A. Fahmy-Abdou, La nazionalizzazione della società del Canale di Suez, 1962, p. 17.
15
2) la libertà di passaggio delle navi da guerra viene concessa, ma con alcuni limiti
19
;
3) la neutralità del canale, in quanto, in tempo di guerra, esso non può essere chiuso o
attaccato;
4) la non preclusione al governo egiziano di realizzare tutte le misure necessarie per
difendere il proprio territorio e per garantire e mantenere l’ordine pubblico.
La Convenzione del 1888 rimase in vigore anche dopo la Seconda Guerra Mondiale e
questo testimonia l’importanza e il grande rispetto di questo documento, valido ancora
oggi, che è riuscito a sopravvivere alle due Guerre Mondiali.
2. L’eterna lotta arabo-israeliana
a. Una terra per Arabi ed Ebrei
La contrapposizione tra Arabi ed Ebrei trova le sue origini in vari ambiti che vanno ben
oltre la mera questione politico-territoriale. Alla morte di Salomone
20
(933 a.C.), le tribù
ebraiche del nord si separarono da quelle del sud e, nel territorio dell’attuale Palestina, si
formarono due regni, Israele al nord e Giuda al sud, i quali sarebbero poi stati entrambi
conquistati rispettivamente dagli Assiri (721 a.C.) e dai Babilonesi (587 a.C.).
L’occupazione del territorio generò la prima dispersione di una parte del popolo ebraico
in vari territori, anche in altri “Stati”, e questo fenomeno venne definito come
“diaspora”
21
. Successivamente il territorio palestinese fu occupato prima dagli Arabi (nel
VII secolo)
22
e in seguito, dopo la parentesi dei regni e principati crociati (XI-XIII secolo),
dagli ottomani (1516), i quali ne fecero una provincia del loro immenso impero che durò
fino al termine della Prima Guerra Mondiale (1918).
19
Non è possibile effettuare una sosta ed è vietato lo sbarco di truppe o di materiali.
20
Nell’antichità, nel territorio oggi conosciuto come Palestina, si formarono due regni: il regno di Davide (1000 a.C.)
e il regno di Salomone (961 a.C.) con capitale Gerusalemme. Salomone, secondo la Bibbia, è stato il terzo Re d’Israele
e fu l’ultimo che governò il regno unificato di Giuda e Israele, nel periodo considerato dell’età ideale.
21
Con il termine “diaspora” si intende una dispersione, generalmente riferita a un popolo, il quale viene costretto ad
abbandonare il suo territorio d’origine, disseminandosi in varie parti del mondo.
22
In seguito alla nascita dell’Islam, la Palestina fu una delle prime conquiste territoriali degli Arabi. Gran parte degli
abitanti iniziò a utilizzare la lingua araba e a convertirsi all’Islam.