20
La dimensione esterna del principio di coerenza riguarda invece i principi seguiti dall’Unione nella
cooperazione con Stati terzi e organizzazioni internazionali ossia la protezione dei diritti
fondamentali, dello stato di diritto e della democrazia
84
.
Il principio di coerenza è necessario per ragioni di credibilità ed efficacia. Da un lato, affinché
l’operato dell’Unione rimanga credibile, si dovrebbero richiedere i medesimi requisiti in termini di
rispetto dello stato di diritto e dei diritti fondamentali ai Paesi terzi così come agli Stati membri.
Dall’altro lato, la conformità al valore dello stato di diritto è prerequisito essenziale ai fini della
conservazione dei diritti e degli obblighi derivanti dai Trattati
85
.
4. La tutela dello stato di diritto
I meccanismi che possono essere impiegati dalle istituzioni dell’Unione in risposta alle
violazioni dello stato di diritto commesse da uno Stato membro sono diversi e di varia natura a
seconda degli effetti che essi possono dispiegare: quelli di natura giuridica producono
conseguenze giuridicamente vincolanti al contrario di quelli di natura politica
86
. In questo
paragrafo verranno analizzati gli strumenti che ad oggi sono stati impiegati al fine di salvaguardare
il rispetto dello stato di diritto a partire dall’articolo 7 TUE proseguendo poi con la disamina dei
rimedi alternativi quali l’articolo 258 TFUE, l’articolo 267 TFUE, il Meccanismo di cooperazione e
verifica per la Bulgaria e la Romania, il framework e il nuovo Rule of Law Mechanism della
Commissione e il dialogo annuale del Consiglio sullo stato di diritto.
sulla situazione dei diritti fondamentali nell’Unione europea GU C 285 del 29.8.2017, pagg. 112-134 ([Il Parlamento
europeo chiede di] assicurare che ogni decisione adottata si basi su una valutazione e su criteri obiettivi, come pure di
sormontare le critiche quanto alla mancanza di indicatori e di criteri di valutazione, alle differenze di trattamento e
alla parzialità politica”); Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo. Articolo 7 del
trattato sull’Unione europea – Rispettare e promuovere i valori sui quali è fondata l’Unione. COM(2003) 606 final.
84
Cfr. articolo 21, paragrafo1, TUE: “L'azione dell'Unione sulla scena internazionale si fonda sui principi che ne hanno
informato la creazione, lo sviluppo e l'allargamento e che essa si prefigge di promuovere nel resto del mondo:
democrazia, Stato di diritto, universalità e indivisibilità dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, rispetto della
dignità umana, principi di uguaglianza e di solidarietà e rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto
internazionale.”
85
C. Closa, op. cit., in C. Closa e D. Kochenov (a cura di), op. cit., pp. 19-22.
86
R. Mańko, Protecting the rule of law in the EU Existing mechanisms and possible improvements, briefing del Servizio
Ricerca del Parlamento europeo, Unione europea, 6 novembre 2019, p. 4.
21
4.1 L’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea
Il meccanismo ex articolo 7 TUE merita particolare attenzione poiché non opera
esclusivamente a tutela dello stato di diritto, ma viene impiegato, più in generale, a garanzia dei
valori dell’Unione disciplinati dall’articolo 2 TUE.
Da un lato, l’accettazione, la promozione e il rispetto dello stato di diritto, quale valore fondante
dell’Unione, costituiscono sia condizione di adesione, così come stabilito dall’articolo 49 TUE, sia
requisito di permanenza ed esercizio dei diritti derivanti dallo status di Stato membro. Dall’altro
lato, non essendo previsto un meccanismo di espulsione degli Stati membri che non dovessero
conformarsi ai valori dell’Unione, si può ricorrere al meccanismo disciplinato all’articolo 7 TUE.
Sebbene l’articolo 7 TUE fosse stato pensato con la chiara intenzione di essere azionato
specialmente nei confronti dei nuovi Stati membri, esso, sin dall’inizio, fu elaborato nel pieno
rispetto del principio di uguaglianza tra Stati membri. La versione originale di tale norma
prevedeva esclusivamente una fase sanzionatoria azionabile conseguentemente ad una violazione
grave e persistente dei valori dell’Unione
87
, il che rendeva tale meccanismo inutilizzabile nel caso
in cui ci fosse stata l’esigenza di reagire rapidamente.
Una situazione simile si presentò nel 2000 in Austria quando, a seguito del grande successo
ottenuto alle elezioni politiche del 1999, il Partito della Libertà Austriaco (FPÖ) di estrema destra
fu in grado di assicurare la propria partecipazione al Governo, un Governo che destava grandi
preoccupazioni in seno all’Unione relativamente al rispetto dei diritti umani
88
. La reazione al
risultato elettorale austriaco consisté in una serie di sanzioni bilaterali ad hoc imposte all’Austria
da parte degli altri 14 Stati membri e indirettamente gestite dall’Unione stessa, la quale, oltre a
non attivare il meccanismo ex articolo 7 TUE, agì al di fuori del quadro dei Trattati. Per cui, da un
lato, l’Austria non fu mai accusata formalmente di aver violato i principi e i valori dell’Unione e,
dall’altro lato, la commissione dei “three wise men”
89
, investita del compito di redigere una
relazione sugli avvenimenti accaduti, oltre a non esprimersi sulla legittimità delle misure adottate,
evidenziò gli effetti negativi delle sanzioni adottate e ne sollecitò la sospensione
90
: “It is our
87
V. articolo 7 del TUE (ex articolo F.1).
88
W. Sadurski, op. cit., pp. 11-12.
89
Ivi p. 18.
90
Ivi pp. 11-21; D. Kochenov, op. cit., p. 5.
22
opinion, however, that the measures taken by the XIV Member States, if continued, would become
counterproductive and should therefore be ended. The measures have already stirred up
nationalist feelings in the country, as they have in some cases been wrongly understood as
sanctions directed against Austrian citizens”
91
.
Il caso austriaco rappresentò, da un lato, un precedente del mancato impiego dell’articolo 7
TUE (tanto che il meccanismo ex articolo 7, paragrafo 1, TUE trovò le sue prime applicazioni nei
confronti di Polonia e Ungheria solo, rispettivamente, nel 2017 e nel 2018) e dall’altro lato,
l’impulso per una revisione dello stesso. Conseguentemente alla raccomandazione proposta dal
rapporto dei “three wise men” in cui veniva suggerita l’introduzione di una procedura di
accertamento preventiva e a varie proposte provenienti, inter alia, dal Parlamento e dall’Austria
stessa
92
, si giunse, prima, alla versione del Trattato di Nizza che prevedeva un meccanismo
preventivo per affrontare evidenti rischi di violazioni gravi; poi, a quella odierna dell’articolo 7
adottato formalmente dal Trattato di Lisbona. L’articolo 7 TUE, attualmente in vigore, include tre
procedure differenti attivabili al fine di salvaguardare i valori dell’Unione.
In primo luogo, l’articolo 7, paragrafo 1, TUE prevede un meccanismo preventivo o di
accertamento di natura politica
93
, quindi non mirato a produrre effetti giuridicamente vincolanti,
azionabile su proposta motivata di un terzo degli Stati membri, del Parlamento o della
Commissione. Con tale procedura il Consiglio, deliberando a maggioranza dei quattro quinti dei
suoi membri e previo parere conforme del Parlamento, “può constatare l’esistenza di un evidente
rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro dei valori di cui all’articolo 2”
94
, dopo
aver ascoltato lo Stato membro in questione e avergli eventualmente rivolto delle
raccomandazioni. Quindi, il potere di azionare il paragrafo 1 viene affidato a più attori istituzionali
così da facilitarne almeno in parte l’attivazione nonostante tale constatazione non sia condizione
necessaria per l’applicazione del paragrafo 2. L’essenza dell’articolo 7, paragrafo 1, TUE risiede
nella volontà di portare l’attenzione su situazioni che potrebbero sfociare in violazioni dei valori
dell’Unione così da favorire l’avvio di un dialogo tra lo Stato membro interessato e le istituzioni.
Quest’ultimo punto, in effetti, trova ulteriore conferma nella disposizione che autorizza il Consiglio
91
Rapporto di M. Ahtisaari, J. Frowein e M. Oreja, Parigi, 8 settembre 2000, punto 116.
92
W. Sadurski, op. cit., pp.. 21-22.
93
R. Mańko, op. cit., pp. 8-9.
94
Articolo 7, paragrafo 1, TUE.
23
a rivolgere raccomandazioni a detto Stato membro deliberando sempre con una maggioranza dei
quattro quinti. Oltre a ciò, si afferma che il Consiglio, prima di procedere con la constatazione
dell’evidente rischio di violazione grave, debba ascoltare lo Stato membro in questione e,
successivamente, attuare una regolare verifica mirata ad attestare che i motivi oggetto di
preoccupazione permangano validi.
In secondo luogo, il Consiglio europeo deliberando all’unanimità su proposta di un terzo
degli Stati membri o della Commissione e previa approvazione del Parlamento, può constatare
l’effettiva “esistenza di una violazione grave e persistente […] dei valori di cui all’articolo 2, dopo
aver invitato lo Stato membro a presentare osservazioni”
95
. La previsione di un secondo
meccanismo al paragrafo 2 evidenzia la netta differenza tra l’evidente rischio e la sussistenza di
una violazione grave per la quale si richiede l’unanimità del Consiglio europeo (senza considerare il
rappresentante dello Stato membro contro cui si vuole attivare il meccanismo) e il consenso del
Parlamento, rendendo così, de facto, la constatazione molto difficoltosa. Tuttavia, questa
onerosità è giustificata dalla natura “grave” della violazione commessa, termine con cui ci si
riferisce, presumibilmente, ad una non-conformità con l’articolo 2 TUE di carattere sistemico tale
per cui le istituzioni dello Stato membro in questione non sono in grado autonomamente di
conformarsi ai valori dell’Unione. Questa interpretazione spiegherebbe anche la ragione per la
quale il meccanismo ex articolo 7, paragrafo 2, TUE non sia stato attivato in tutte le occasioni in cui
ci sia stato uno scarso rispetto dei valori dell’Unione. Quello che invece è richiesto ai fini
dell’attuazione di tali disposizioni è una vera e propria paralisi della democrazia liberale e delle sue
istituzioni, tale da rendere impossibile qualsiasi autocorrezione, così come è avvenuto nel caso di
Polonia
96
e Ungheria
97
. In ogni caso, il significato centrale della procedura prevista al secondo
95
Articolo 7, paragrafo 2, TUE.
96
V. W. Sadurski, Poland's Constitutional Breakdown, Oxford University Press, 2019; W. Sadurski, How Democracy Dies
(in Poland): A Case Study of Anti-Constitutional Populist Backsliding, Sydney law school, 2018; M. Matczak, Poland:
From Paradigm to Pariah? Facts and interpretations of Polish Constitutional crisis, dal seminario Poland: From
Paradigm to Pariah?, Wolfson College, Università di Oxford, 2018.
97
V. K. L. Scheppele, Understanding Hungary’s Constitutional Revolution, in A. von Bogdandy e P. Sonnevend (a cura
di), Constitutional Crisis in the European Constitutional Area: Theory, Law and Politics in Hungary and Romania, Hart
Publishing, 2015; M. Bánkuti, G. Halmai e K. L. Scheppele, Hungary’s illiberal turn: Disabling the constitution, in Journal
of Democracy, 2012, pp. 138-146; Z. Szente, How Populism Destroys Political Representation: (Anti-)Parliamentary
Reforms in Hungary after 2010, in DPCE online, 2019, pp. 1609-1618.
24
paragrafo risiede nella possibilità di attivare un vero e proprio meccanismo sanzionatorio dagli
effetti giuridicamente vincolanti
98
.
Infine, l’articolo 7 TUE prevede un’eventuale fase sanzionatoria ex post con cui il Consiglio
può decidere, a maggioranza qualificata (ossia il voto favorevole del 72% dei membri del Consiglio
che totalizzino almeno il 65% della popolazione degli Stati membri
99
) di sospendere alcuni diritti
dello Stato interessato derivanti dall’applicazione dei Trattati, incluso il diritto di voto del
rappresentante del Governo dello Stato membro in Consiglio. Considerando il fatto che questo
meccanismo sanzionatorio non può essere attivato senza una previa ed effettiva attuazione del
secondo paragrafo, anche la sua applicazione risulta difficoltosa. Inoltre, si evidenzia la vaghezza
della disposizione con cui viene disciplinata la sanzione eventualmente prevista per lo Stato
membro inadempiente in quanto si fa riferimento ad “alcuni dei diritti derivanti […]
dall’applicazione dei trattati”, lasciando intendere così la possibilità di irrogare sanzioni sia di
natura economica che di natura non economica. Nonostante la vaghezza della disposizione,
rimane nettamente esclusa la possibilità di un’espulsione dall’Unione dello Stato membro in
questione
100
. Le istituzioni dell’Unione e gli Stati membri non hanno a disposizione alcun
meccanismo per costringere uno Stato ad uscire dall’Unione dato che il recesso, disciplinato
all’articolo 50 TUE, costituisce una decisione sovrana
101
.
Come affermato dalla Commissione
102
, l’articolo 7 TUE è inteso a garantire l’osservanza dei
requisiti di appartenenza all’Unione. Secondo la Commissione, sarebbe paradossale limitare le
possibilità di intervento dell’Unione esclusivamente al campo di applicazione del diritto
dell’Unione poiché questo significherebbe ignorare le violazioni gravi che potrebbero verificarsi
negli ambiti di competenza nazionale. Qualora le violazioni dei valori da parte di uno Stato
membro assumessero la gravità di cui all’articolo 7 TUE, esse rischierebbero di pregiudicare i
fondamenti stessi dell’Unione e la fiducia tra i suoi Stati membri. Nonostante ciò, l’interpretazione
che ad oggi sembra prevalere è quella secondo la quale il meccanismo ex articolo 7 TUE
98
D. Kochenov, op. cit., pp. 9-10.
99
Articolo 354 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea.
100
D. Kochenov, op. cit., pp. 10-11.
101
Corte di giustizia, causa C-621/18, Andy Wightman e a. contro Secretary of State for Exiting the European Union,
sentenza del 10 dicembre 2018, punto 50.
102
Comunicazione della Commissione COM(2003) 606 final, cit., punto 1.
25
costituirebbe un’“arma nucleare”
103
o un “opzione nucleare”
104
. Si tratta di un’ipotesi basata sul
presupposto che l’attivazione di tale misura possa essere estremamente difficoltosa, a causa delle
maggioranze particolarmente aggravate che si richiedono, e che le conseguenze della sua
applicazione possano essere devastanti
105
. La stessa, smentita da un’analisi prettamente
giuridica
106
(sebbene condivisa de facto sia dalle istituzioni, sia dagli Stati membri), si è di fatto
tradotta nella tenuta da parte dell’Unione di un comportamento di inerzia e di impotenza,
atteggiamento che ha finito per favorire i regimi responsabili di aver commesso potenziali
violazioni dell’articolo 2 TUE.
4.2 Altri strumenti di tutela del rispetto dello stato di diritto
La presenza dell’articolo 7 TUE non esclude esplicitamente la possibilità di ricorrere ad altri
strumenti. Di fatto, la Commissione, investita del compito di vigilare sulla corretta applicazione del
diritto dell’Unione, in quanto “guardiana dei Trattati”
107
, ha recentemente attivato la procedura
d’infrazione ex articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) contro gli
Stati membri sospettati di aver violato principi espressione dello stato di diritto e sanciti dai
Trattati o dal diritto derivato. La stessa Commissione, in occasione della presentazione del nuovo
quadro a rafforzamento dello stato di diritto, ha sottolineato la possibilità di “[…] affrontare
situazioni specifiche che rientrano nell'ambito di applicazione del diritto dell'Unione mediante la
procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 258 [TFUE]”
108
. La procedura di infrazione può essere
attivata a discrezionalità della Commissione ogni qual volta quest’ultima ritenga che uno Stato
membro si sia reso inadempiente agli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione al fine di ristabilire il
principio di legalità. Tale procedura è costituita da una fase precontenziosa che prevede
l’emissione da parte della Commissione di una prima contestazione degli addebiti per il tramite di
una lettera di messa in mora con cui si richiede allo Stato in questione di presentare le proprie
osservazioni in merito e a cui fa seguito l’invio di un parere motivato volto a fissare un termine
entro cui lo Stato membro debba procedere all’adempimento degli obblighi. L’articolo 258 TFUE
103
D. Kochenov, op. cit.
104
J. M. D. Barroso Presidente della Commissione europea, Discorso sullo stato dell’Unione, Speech/12/596, Sessione
plenaria del Parlamento europeo, Strasburgo, 12 Settembre 2012.
105
D. Kochenov, op. cit., p. 6.
106
D. Kochenov, op. cit.; D. Kochenov e L. Pech, Better late than never? On the Commission’s rule of law Framework
and its first activation, in Journal of Common Market Studies, 2016, pp. 1062-1074.
107
Ivi p. 2; R. Mańko, op. cit., p. 6.
108
Comunicazione della Commissione COM(2014) 158 final, cit., punto 1, p. 3.
26
prevede poi una eventuale fase contenziosa attivabile sempre a discrezione della Commissione e
da esperirsi di fronte alla Corte.
Questo strumento si inserisce tra i meccanismi di natura giuridica in quanto, in primo luogo,
la determinazione di una violazione dell’acquis comunitario, per mezzo della sentenza della Corte,
produce effetti giuridicamente vincolanti e, in secondo luogo, in caso di particolari ipotesi di
inadempimento vi è la possibilità di adottare misure ad interim o penalità finanziarie.
Tale procedura è stata attivata per ripristinare la legalità in alcuni settori specifici in alternativa
all’articolo 7 TUE, sia nei confronti dell’Ungheria che della Polonia. Contro l’Ungheria l’attivazione
è avvenuta nel caso relativo all’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici ungheresi del
2012
109
in cui la Commissione contestò la violazione della direttiva 2000/78/CE
110
sulla parità di
trattamento, in realtà nel timore del verificarsi di gravi conseguenze sul principio di indipendenza
del potere giudiziario. Invece, nei confronti della Polonia è stata azionata nel caso relativo
all’abbassamento dell’età pensionabile dei giudici ordinari e dei giudici della Corte Suprema
111
in
cui la Commissione, in primo luogo, contestò il venir meno agli obblighi incombenti in forza
dell’articolo 157 TFUE (sulla parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e di sesso
femminile) e della direttiva 2006/54/CE
112
(sull’attuazione del principio delle pari opportunità e
della parità di trattamento fra uomini e donne). In secondo luogo, fu contestata la violazione
dell’articolo 19 TUE sulla tutela giurisdizionale effettiva e dell’articolo 47 della Carta in cui è
disciplinato il diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale
113
.
Ulteriore meccanismo che può essere utilizzato al fine di tutelare il rispetto dello stato di
diritto è il rinvio pregiudiziale disciplinato all’articolo 267 TFUE. Il rinvio pregiudiziale rappresenta il
principale strumento attraverso cui la Corte garantisce un’applicazione e un’interpretazione
uniformi del diritto dell’Unione negli ordinamenti nazionali dei vari Stati membri. Esso è emerso
come fondamentale fattore di coesione e di integrazione tra gli ordinamenti giuridici degli Stati
109
Corte di giustizia, causa C-286/12, Commissione europea contro Ungheria, sentenza del 6 novembre 2012.
110
Direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di
condizioni di lavoro, cit.
111
Corte di giustizia, causa C-192/18, Commissione europea contro Repubblica di Polonia, sentenza del 5 novembre
2019; Corte di giustizia, causa C-619/18, Commissione europea contro Repubblica di Polonia, sentenza del 24 giugno
2019.
112
Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del
principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego
(rifusione) GU L 204 del 26.7.2006, pagg. 23–36.
113
R. Mańko, op. cit., pp. 6-7.
27
membri grazie al quale è stata possibile la creazione di un sistema giurisdizionale in grado di
garantire il principio di certezza del diritto di e di leale cooperazione. Legittimati ad effettuare il
rinvio pregiudiziale sono i giudici nazionali (facoltà che diventa obbligo nel caso di giudici di ultima
istanza) i quali, al fine di risolvere la controversia sottoposta al loro giudizio, con ordinanza
motivata, possono investire la Corte del compito di esprimersi relativamente all’interpretazione
dei Trattati oppure all’interpretazione o alla validità degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi
o dagli organismi dell’Unione. La sentenza dichiarativa emanata dalla Corte non è vincolante solo
per il giudice a quo che ha effettuato il rinvio ma rappresenta un’interpretazione vincolante anche
per tutti gli altri Stati membri e gli enti loro sottoposti, ai quali sarà eventualmente richiesto di
disapplicare la legislazione nazionale non conforme. Di conseguenza, l’inosservanza di una
sentenza interpretativa fornita dall’Unione a seguito di un rinvio pregiudiziale rappresenta una
violazione del diritto dell’Unione contro cui la Commissione potrebbe attivare una procedura
d’infrazione
114
.
Un’applicazione dell’articolo 267 TFUE a tutela dello stato di diritto è stata effettuata da
parte dei giudici della Corte suprema amministrativa polacca e della Corte suprema polacca
115
.
Essi, tramite il rinvio pregiudiziale, sollecitarono la Corte di giustizia ad esprimersi
sull’indipendenza della Camera disciplinare della Corte suprema polacca di nuova creazione. La
sentenza ha rappresentato un’occasione per ribadire l’importanza del principio di indipendenza
degli organi giurisdizionali sia per la tutela dei diritti che discendono dal diritto dell’Unione, tra cui
il diritto all’equo processo, sia per la salvaguardia dei valori ex articolo 2 TUE, in particolare dello
stato di diritto. Per di più, la sentenza richiamandosi contemporaneamente all’articolo 47 della
Carta e agli articoli 6 e 13 della CEDU, sottolinea come la Corte di Lussemburgo e la Corte di
Strasburgo corrano sul medesimo binario interpretativo nella piena osservanza di quanto disposto
all’articolo 52, paragrafo 3, della Carta.
Altra applicazione in questo senso dell’articolo 267 TFUE è rappresentata dal rinvio effettuato da
due giudici polacchi, i quali si interrogavano sull’osservanza del requisito di indipendenza del
potere giudiziario, così come disciplinato dall’articolo 19 TUE, da parte del nuovo regime polacco
114
R. Mańko, op. cit., pp. 7-8.
115
Corte di giustizia, cause riunite C-585/18, C-624/18 e C-625/18, Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal
Sąd Najwyższy – Polonia, sentenza del 19 novembre 2019.
28
sui procedimenti disciplinari contro i giudici
116
. Nonostante, l’irricevibilità della questione
pregiudiziale, la Corte non ha mancato di confermare il particolare ruolo svolto dal diritto ad una
tutela giurisdizionale effettiva nell’ordinamento dell’Unione il quale crea diritti direttamente in
capo ai cittadini degli Stati membri. Oltre a ciò, la Corte pur affermando che l’organizzazione del
sistema giudiziario rimane una competenza statale, ha constatato che quest’ultima non può essere
esercitata in violazione degli standard di indipendenza riconosciuti a livello europeo. Questa
interpretazione permette di considerare i giudici nazionali come organi giurisdizionali dell’Unione
in modo continuativo e non ad intermittenza a seconda dell’attività espletata. Infatti, un assetto
come quest’ultimo risulterebbe incompatibile con lo stato di diritto.
Successivamente è necessario considerare il Meccanismo di cooperazione e verifica per la
Bulgaria
117
e la Romania
118
, uno strumento ad hoc, post-adesione e di natura temporanea
elaborato nel 2007 nella evidente necessità dei due neo-Stati membri di compiere passi in avanti
nel campo della riforma giudiziaria, della lotta alla corruzione e, per quanto riguarda la Bulgaria,
della criminalità organizzata. L’obiettivo che tale meccanismo mirava a raggiungere era la
creazione di sistemi amministrativi e giudiziari efficaci e idonei ad adempiere agli impegni derivanti
dallo status di Stato membro e a garantire la corretta applicazione delle leggi, delle politiche e dei
programmi dell’Unione.
Dopo circa 13 anni dalla sua attivazione il meccanismo è ancora attivo e la Commissione è
chiamata a pubblicare regolarmente le relazioni formali frutto di un’analisi e di un monitoraggio
scrupolosi, basate su un continuo dialogo tra le autorità bulgare e rumene e i servizi della
Commissione stessa. Tuttavia, esso non si presta ad affrontare le minacce allo stato di diritto
provenienti da uno qualsiasi degli Stati già membri dell’Unione
119
poiché si rivolge esclusivamente
a situazioni transitorie pre-adesione e anche perché costituisce uno strumento di soft law
120
dal
carattere non vincolante.
116
Corte di giustizia, cause riunite C-558/18 e C-563/18, Domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Sąd
Okręgowy w Łodzi e dal Sąd Okręgowy w Warszawie — Polonia, sentenza del 26 marzo 2020.
117
V. nota 76.
118
V. nota 77.
119
Comunicazione della Commissione COM(2014) 158 final, cit., nota 16.
120
R. Mańko, op. cit., p. 4.
29
A seguire, la Commissione in risposta alle sollecitazioni del Presidente Barroso
121
e nella
volontà di superare le difficoltà di attivazione dell’articolo 7 TUE e i limiti intrinseci all’articolo 258
TFUE, adottò nel marzo 2014 un nuovo quadro dell’Unione per rafforzare lo stato di diritto. Si
tratta di un quadro complementare rispetto all’insieme di meccanismi già vigenti e con l’obiettivo
di rendere più prevedibili gli strumenti attivabili in futuro, garantendo al contempo la parità di
trattamento fra tutti gli Stati membri
122
.
Il framework dello stato di diritto si presenta come una sorta di sistema preventivo di
avviso
123
il cui principale scopo è l’avvio di un dialogo strutturato tra la Commissione e lo Stato
membro oggetto di preoccupazioni circa il rischio di minacce sistemiche allo stato di diritto. In ogni
caso, il quadro elaborato dalla Commissione non le impedisce di attivare, a sua discrezionalità e
nelle situazioni che rientrano nel campo di applicazione del diritto dell’Unione, una procedura di
infrazione ex articolo 258 TFUE, né di ricorrere all’attuazione dei meccanismi previsti dall’articolo 7
TUE
124
. Il nuovo strumento si basa sui principi della risoluzione tramite il dialogo con lo Stato
membro in questione, della garanzia di valutazione obiettiva approfondita, del rispetto della parità
di trattamento degli Stati membri e dell’indicazione di azioni rapide e concrete al fine di evitare il
ricorso all’articolo 7 TUE e si articola in tre fasi distinte.
In primo luogo, la Commissione raccoglie e analizza tutte le informazioni attinenti e valuta,
sulla base dei principi sopra enunciati, se vi sia una minaccia sistemica allo stato di diritto. In caso
positivo, essa darà inizio al dialogo con lo Stato membro in questione tramite l’invio di un parere
motivato. In questa fase ci si attende che detto Stato, in ottemperanza all’obbligo di leale
cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, collabori astenendosi dall’adottare misure
irreversibili nelle questioni su cui la Commissione ha espresso le proprie preoccupazioni.
In secondo luogo, qualora si rinvengano ulteriori prove o nel caso di mancato intervento
delle autorità nazionali, la Commissione trasmette a detto Stato una raccomandazione con cui si
121
J. M. D. Barroso Presidente della Commissione europea, Discorso sullo stato dell’Unione, Speech/13/684, Sessione
plenaria del Parlamento europeo, Strasburgo, 11 Settembre 2013. “[…]dovremmo dotarci di un quadro più generale
che, informato al principio dell'uguaglianza fra gli Stati membri, intervenga solo quando sussiste un serio rischio
sistemico per lo Stato di diritto, in funzione di parametri predefiniti”.
122
Comunicazione della Commissione COM(2014) 158 final, cit., punto 3, p. 6.
123
L. Pech e K. L. Scheppele, Illiberalism within: rule of law backsliding in the EU, in Cambridge Yearbook of European
Legal Studies, p. 10; D. Kochenov e L. Pech, op. cit., p. 7.
124
Ibid.