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Introduzione
«Il mondo ci ha messo molto a rendersi conto che stiamo vivendo
quest'anno all'ombra di una delle più grandi catastrofi della storia
moderna. Ma adesso che ha preso coscienza di ciò che sta accadendo,
pur non conoscendone le ragioni e le origini, l'uomo della strada è pieno
di timori che potrebbero rivelarsi eccessivi, così come in precedenza,
quando si profilava il disastro, non manifestava il benché minimo segno
di quella che sarebbe stata una ragionevole ansia. Comincia a dubitare
del futuro. Si sta svegliando da un bel sogno per affrontare la dura
realtà? O sta scivolando in un incubo che svanirà presto? Non deve
avere dubbi. Quello non era un sogno. E' un incubo, che svanirà con il
mattino. Perché le risorse della natura e le capacità degli uomini sono
fertili e produttive come prima. Il ritmo dei nostri progressi verso la
soluzione dei problemi materiali della vita non è meno rapido. Siamo
capaci come prima di assicurare a tutti un tenore di vita elevato -
rispetto, mettiamo, a vent'anni fa - e presto impareremo a ottenere un
tenore di vita più alto. Non ci ingannavamo prima. Ma oggi siamo
coinvolti in un colossale sconquasso, avendo perso il controllo di una
macchina delicata di cui non conosciamo i meccanismi. Il risultato è che
le nostre possibilità di ricchezza potrebbero andare sprecate per un po’
di tempo, forse anche lungo.»
John Maynard Keynes, La grande crisi del 1930
Questa parole sono state scritte quasi un secolo fa, mentre il mondo si addentrava
in quella che oggi è chiamata la “grande depressione”, eppure leggendole sembra
che siano state scritte oggi.
Oggi, come nel 1930, viviamo all’ombra della catastrofe economica.
La grande crisi iniziata nel 2007 negli USA, ha immediatamente contagiato
l’economia mondiale e continua a peggiorare. Ci troviamo nuovamente in una
situazione molto difficile e complessa da affrontare, una crisi globale. Ma da dove
ha avuto origine questa crisi? E’ possibile risolverla?
Il mio studio di tesi si è incentrato su queste due domande con un focus
particolare sull’Unione Europea e sul nostro Paese, l’Italia.
La tesi è suddivisa in tre capitoli.
Nel primo capitolo si cerca di dare una risposta alla prima domanda “da dove ha
avuto origine la crisi?” e cerca di ripercorrere gli anni dal 2007 ad oggi che hanno
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portato l’Europa a questa situazione. Verranno inoltre fatti degli approfondimenti
sul caso della Grecia e dell’Irlanda, considerati degli esempi portanti a ciò che sta
accadendo alla maggior parte dei paesi dell’Unione.
Nel secondo capitolo, ho continuato a rispondere alla prima domanda “da dove ha
avuto origine la crisi?” concentrandomi sul caso italiano. Ho infatti analizzato la
struttura e la composizione del nostro debito pubblico, e di come si è evoluto
dall’unità ad oggi.
Nel terzo, e ultimo capitolo della tesi, ho cercato di rispondere all’altra domanda
“è possibile risolvere la crisi?”. Nella prima parte del capitolo, sono stati
analizzati gli interventi di maggiore importanza eseguiti dall’Unione per risolvere
la crisi a livello locale e globale. Mentre nella seconda parte del capitolo ho
cercato di rispondere alla domanda concentrandomi sul caso dell’Italia e
valutando e approfondendo l’ipotesi di uscita dall’Unione Monetaria.
Infine, saranno esposte le conclusioni della tesi.
Chiudono la tesi la bibliografia e la sitografia, consultate nel corso della
trattazione
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I Capitolo
LA CRISI DEL DEBITO PUBBLICO
1.1 Origini della crisi
E’ dagli USA, nella prima metà del 2007 che si cominciano a manifestare i primi
segni di una tensione finanziaria. Di fatti, alcune istituzioni finanziare, le più
importanti, hanno cominciato a diminuire la propria esposizione in titoli collegati
a mutui ipotecari rischiosi
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. Nella seconda metà del 2007 i segni della tensione
finanziaria iniziano a manifestarsi in maniera più evidente fino a portare i mercati
interbancari in una situazione di stallo. Da quel momento in poi, la crisi
comincerà a espandersi e intensificarsi in maniera esponenziale, in un breve arco
temporale, interessando i principali mercati e aree, andando poi a colpire nei primi
mesi del 2008 anche la domanda e la produzione. Nella seconda metà del 2008 i
problemi sui mercati finanziari cominciano a farsi sempre più evidenti e sempre
più gravi, si comincia a parlare di vera e propria crisi. La crisi, che nel 2008 ha
messo a dura prova il sistema finanziario e bancario americano, comincia ad
espandersi con maggiore violenza attaccando ogni singolo Stato, diventando una
crisi del sistema economico mondiale. Si possono distinguere tre fasi della crisi.
1.1.1 Fasi della crisi
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Prima fase: turbolenze finanziarie e rallentamento dell’economia
Tra l’estate del 2007 e quella del 2008, il quadro macroeconomico mostra i primi
segnali di indebolimento, sebbene le turbolenze finanziarie connesse alla crisi dei
titoli subprime esercitino effetti ancora molto contenuti sull’attività economica. Il
credito alle imprese cresce a ritmi elevati e non vi sono chiare indicazioni di
restrizioni dell’offerta. Nella prima metà del 2008 si verificano aumenti dei prezzi
delle materie prime, di dimensioni eccezionalmente elevate, a cui si associa un
progressivo incremento dell’inflazione al consumo effettiva e attesa in tutta l’area
dell’euro. Gli scambi internazionali, seppur meno evidenti rispetto agli anni
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I cosiddetti subprime.
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Questioni di Economia e Finanza, La trasmissione della crisi finanziaria globale all’economia
italiana. Un’indagine controfattuale, 2008-2010 di Michele Caivano, Lisa Rodano e Stefano Siviero
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precedenti, non mostrano ancora un sensibile deterioramento, ma le esportazioni
subiscono una fase di sostanziale ristagno.
Seconda fase: la crisi finanziaria investe l’economia reale
Alla fine dell’estate 2008, il fallimento della banca d’affari Lehman Brothers
segna l’inizio della fase più acuta della crisi, che si protrae fino a marzo 2009. I
premi al rischio sui tassi interbancari, già in crescita da oltre un anno, subiscono
un repentino balzo verso l’alto. In un contesto di eccezionale incertezza circa la
qualità degli attivi bancari, la capitalizzazione di borsa delle principali banche
mondiali crolla in poche settimane; si moltiplicano i segnali di peggioramento
nelle condizioni di offerta di credito. La crisi investe l’economia reale: la
produzione industriale si contrae a ritmi sempre più intensi fino a crollare alla fine
del 2008, in concomitanza con la caduta senza precedenti del commercio
mondiale tra il novembre 2008 e il gennaio dell’anno successivo. L’eccezionale
calo delle esportazioni e degli investimenti che ne consegue, insieme
all’inasprimento delle condizioni di credito e alla caduta delle prospettive di
domanda, porta a una fortissima contrazione del PIL che, all’inizio della
primavera 2009, torna sui valori di quasi un decennio prima. La caduta produttiva
inizia a gravare anche sull’occupazione. La risposta delle politiche economiche si
intensifica progressivamente. Nell’ottobre 2008 le banche centrali delle principali
economie mondiali dispongono un taglio coordinato dei tassi di policy; la fase di
riduzione prosegue fino a maggio 2009, portando i tassi di interesse su livelli
storicamente molto bassi. Tale situazione comporta una serie di misure di politica
monetaria non convenzionali miranti ad assicurare che il credito continui ad
affluire all’economia. Nel contempo i governi predispongono misure di stimolo
all’attività economica, estendendo l’ambito di copertura degli ammortizzatori
sociali, in modo da far fronte al progressivo indebolimento del mercato del lavoro
e introducendo strumenti di sostegno alla patrimonializzazione delle banche.
Terza fase: le tensioni finanziarie si attenuano
A partire dal secondo trimestre 2009 la caduta dell’attività economica si fa meno
intensa. Gli indicatori qualitativi iniziano a segnalare il diradarsi del pessimismo,
anche se l’incertezza resta alta. I premi per il rischio, già in discesa, continuano a
ridursi, favoriti da una maggiore stabilità dei mercati finanziari. L’inasprimento
delle condizioni di credito si attenua progressivamente, fino ad arrestarsi alla fine
del 2009.
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1.1.2 Il debito pubblico
Prima di introdurre la crisi in merito al debito pubblico mi è sembrato opportuno
approfondire come nasce il debito pubblico e come è strutturato.
Per debito pubblico si intende il debito che lo Stato contrae con altri soggetti
economici, che possono essere nazionali o esteri, che hanno sottoscritto un credito
allo Stato acquisendo obbligazioni o titoli di Stato destinati a coprire il deficit
pubblico nel bilancio dello Stato.
Secondo la definizione fornita dal Dipartimento del Tesoro sappiamo che «il
debito pubblico è pari al valore nominale di tutte le passività lorde consolidate
delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, enti locali e istituti
previdenziali pubblici). Il debito è costituito da biglietti, monete e depositi, titoli
diversi dalle azioni – esclusi gli strumenti finanziari derivati – e prestiti, secondo
le definizioni del SEC 95.»
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Inoltre, è anche uno strumento che gli Stati utilizzano per risolvere il problema di
mancanza di liquidità, ad esempio:
Quando si ha bisogno di avere un minimo di cassa per affrontare i
pagamenti più immediati;
Quando si ha bisogno di finanziare operazioni a medio e lungo periodo,
come ad esempio degli investimenti in infrastrutture.
Come nasce però il debito pubblico? Il processo di formazione del debito di uno
Stato è molto simile al modo in cui ogni persona si indebita; ci si indebita quando
si spende di più di quello che si guadagna, di conseguenza si ricorre al debito
quando ci troviamo difronte a un disavanzo pubblico. Il debito pubblico è infatti il
modo in cui lo Stato, o più in generale l’insieme delle amministrazioni pubbliche
di un paese, finanzia un disavanzo nel suo bilancio.
Il bilancio pubblico è il bilancio di quell’insieme, degli enti pubblici, chiamato
amministrazioni pubbliche e costituito dalle amministrazioni dello Stato, dalle
amministrazioni locali e dagli enti di previdenza. La spesa pubblica è
rappresentata dalle uscite del bilancio pubblico, ed è costituita da due componenti
principali: la spesa pubblica corrente e la spesa per investimenti pubblici.
La spesa pubblica corrente a sua volta si divide in:
spesa pubblica per l’acquisto di beni e servizi (ad esempio l’acquisto di
materiale per gli ospedali o le scuole, oppure il pagamento dei servizi
telefonici o elettrici);
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http://www.dt.tesoro.it/it/debito_pubblico/_link_rapidi/debito_pubblico.html.
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spesa per trasferimenti pubblici (ad esempio le spese di prestazioni sociali
o gli interessi pagati ai detentori dei titoli del debito pubblico esistente).
La spesa pubblica corrente rappresenta oltre il 90% delle spese delle
amministrazioni pubbliche, la restante parte è costituita dalla spesa per
investimenti pubblici che ha l’obiettivo di aumentare la dotazione pubblica di beni
durevoli (ad esempio la costruzione di opere pubbliche).
Le entrate del bilancio pubblico, invece, sono rappresentate dalle imposte, dai
contributi sociali e dalle entrate in conto capitale che derivano dalla vendita del
patrimonio pubblico.
Le imposte che rappresentano, solitamente, più della metà delle entrate si
dividono in due categorie:
imposte dirette che sono correlate alla ricchezza, sia quando esiste già
come un bene (es. il patrimonio) sia quando viene prodotta svolgendo un
servizio o una prestazione (il reddito); esempi sono l’IRPEF, l’IRES e
l’IRAP;
imposte indirette che sono quei tributi che non sono commisurati al
reddito, ma colpiscono la manifestazione indiretta della capacità
contributiva (ad esempio l'Iva, l'Imposta di registro, le Imposte Ipotecarie
e Catastali, le Imposte di Bollo, le Accise).
Anche i contributi sociali, che rappresentano il 30% circa delle entrate, possono
essere suddivisi in due categorie:
previdenziali, sono versamenti obbligatori effettuati all'INPS (Settore
privato) e all'INPDAP (settore pubblico) per ottenere successivamente una
prestazione pensionistica;
assistenziali, versamenti altrettanto obbligatori, effettuati all'INPS o
all'INAIL, per ottenere la copertura di rischi legati all'invalidità, alla
malattia, agli infortuni.
La differenza tra entrate e uscite dà come risultato il saldo primario. Il saldo
primario è appunto la differenza tra le entrate delle amministrazioni pubbliche e le
loro spese al netto degli interessi corrisposti sul debito pubblico. Se le uscite sono
superiori alle entrate allora stiamo parlando di disavanzo pubblico o deficit,
mentre se le entrate sono superiori alle uscite avremo un avanzo pubblico o
surplus.
Quando ci troviamo in una situazione di deficit, il governo deve indebitarsi. Nel
momento in cui chiede un prestito e lo riceve, emette e consegna al creditore un
titolo che genericamente si chiama titolo del debito pubblico. Il creditore che
sottoscrive i titoli di stato, al momento della sottoscrizione ottiene il diritto di