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ufficiali. L‟aggregazione delle statistiche ha permesso, anche in questa sezione, di
evidenziare le differenze nelle strategie di allocazione del capitale tra Paesi industrializzati
e Paesi in via di sviluppo (Capitolo 2).
L‟accelerato processo di accumulazione delle riserve ufficiali verificatosi, come detto,
soprattutto nei Paesi asiatici emergenti, è stato in particolare analizzato nel caso della
Cina che risulta essere il maggiore detentore mondiale di riserve ufficiali (Capitolo 3).
In seguito è riportato uno studio riguardante il fenomeno dei Sovereign Wealth Funds.
Vengono esaminate le principali caratteristiche di questi fondi distinguendo tra le diverse
tipologie e i diversi approcci alla gestione del capitale. Si analizzano le differenze esistenti
tra i SWF localizzati nei Paesi esportatori di petrolio del medio oriente, esistenti già dagli
anni ‟50, e quelli di più recente creazione localizzati nei Paesi emergenti dell‟estremo
oriente (Capitolo 4).
Infine, viene analizzato l‟impatto che il processo di accumulazione delle riserve e la
crescita delle risorse gestite all‟interno dei Fondi Sovrani sta avendo sui mercati delle
attività finanziarie.
In primis viene visualizzato l‟effetto che l‟acquisto di titoli del Tesoro USA da parte delle
Banche Centrali ha avuto sul loro rendimento, tali effetti si sono propagati probabilmente
anche sui rendimenti in altri mercati strettamente legati a quello dei Treasury USA, come il
mercato degli Agecency USA o dei Corporate Bond USA.
In secondo luogo, in una dimensione prospettica, viene approssimativamente stimato
quale sarà l‟effetto della nascita e della crescita dei Sovereign Wealth Fund come nuova
tipologia di investitore istituzionale caratterizzata da una determinata tolleranza ai rischi di
mercato. Si evidenzia, inoltre, quale è stata ad oggi la performance dei titoli azionari
oggetto delle principali acquisizioni da parte dei SWF.
Per concludere viene riproposto il dibattito, che negli ultimi anni ha animato il mondo
accademico, circa la possibilità che l‟euro diventi la principale valuta di riserva. Vengono
presi in considerazione gli effetti che l‟accumulazione delle riserve ufficiali e la
diversificazione in termini di valuta dei portafogli delle Banche Centrali e dei SWF possono
avere sul mercato dei cambi (Capitolo 5).
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1. Accumulazione delle riserve e crescita dei Sovereign Wealth
Funds
In seguito alle crisi asiatiche degli anni 1997-98 è iniziato un processo globale di
accumulazione delle riserve ufficiali da parte delle Banche Centrali. Nel 1995 le riserve
valutarie dichiarate dai membri del Fondo Monetario Internazionale ammontavano a circa
1.390 mld$, nel 2001 toccavano i 2.054 mld$ mentre i dati di fine giugno 2007 ne
attestano un livello di 5.710 mld$1. In poco più di dieci anni le riserve ufficiali sono quasi
triplicate in termini nominali e più che raddoppiate in termini reali. Tuttavia, l‟indagine
statistica del FMI coglie meno del 70% delle riserve totali non recependo le informazioni
relative ad alcuni importanti Paesi in via di sviluppo: all‟indagine partecipano infatti 120
paesi, comprendenti i 25 Paesi industrializzati e solo 95 dei 160 Paesi in via di sviluppo.
Tra l‟altro il FMI, in questa indagine, non specifica quali siano tali paesi. Dato l‟ammontare
di riserve attestato dall‟indagine, sembra comunque che non siano comprese le riserve
gestite dalle autorità monetarie cinesi ed in particolare quelle gestite dallo State
Administration of Foreign Exchange (SAFE), un ente governativo che amministra la
maggior parte delle riserve della Banca Centrale cinese, la People‟s Bank of China.
Secondo i dati pubblicati dal SAFE i fondi da esso gestiti sono passati da 54 mld$ del
1995 ai 212 mld$ del 2001 per finire con i 1.332 mld$ di fine giugno 2007. L‟andamento di
questi dati fa comprendere come il fenomeno di accumulo di riserve valutarie si sia
accentuato di recente e si sia diffuso quasi ovunque.
Il Grafico 1 mostra la crescita degli stock di riserve a partire dal 1995. Possiamo notare
come tale processo non sia avvenuto in modo uniforme a livello mondiale: infatti nel 1995 i
Pesi industrializzati, Giappone incluso, detenevano riserve per 656 mld$ contro i 734 mld$
detenuti dai Paesi in via di sviluppo a fine giugno 2007 i primi detenevano riserve per
1.440 mld$ i secondi per 4.270 mld$. Dunque mentre nei Paesi in via di sviluppo
l‟incremento percentuale è stato del 482%, nei Paesi industrializzati è stato del 120%.
1
statistiche COFER del FMI
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Come viene evidenziato dal Grafico 2, la differente rapidità di crescita ha fatto si che con il
tempo il peso delle riserve detenute dai Paesi in via di sviluppo sul totale delle riserve
mondiali fosse sempre maggiore a scapito di quello delle riserve dei Paesi industrializzati.
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Infatti i Paesi in via di sviluppo sono passati da una quota pari al 53% delle riserve totali a
fine 1995 ad una del 75% a giugno 2007.
L‟indagine statistica “Data Template on International Reserve and Foreign Currency
Liquidity” (Data Template), elaborata congiuntamente dal FMI e dal Comitato sul sistema
finanziario globale, e facente parte degli Standard di diffusione delle statistiche (Special
Data Dissemination Standards (SDDS), è la fonte di informazioni più esauriente sulle
riserve e permette di conoscere quale sia stato il processo di accumulazione all‟interno dei
singoli paesi. Tuttavia questa fonte informativa offre una copertura geografica minore
rispetto all‟indagine COFER, infatti, solamente 65 paesi aderiscono a questa modalità di
diffusione statistica e ad essi fa capo il solo 65% delle riserve mondiali. Tra i paesi non
aderenti più importanti vi sono la Cina, Taiwan, e i paesi esportatori di petrolio del medio
oriente quali l‟Iran, il Kuwait, l‟Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar.
Il Data Template permette di analizzare l‟incremento delle riserve, in termini assoluti, tra il
gennaio del 2003 e il giugno del 2007. Risulta che tali incrementi sono stati
particolarmente elevati in Giappone dove l‟incremento di 435 mld$ ha portato le riserve a
914 mld$ (+91%), in Russia dove l‟incremento di 357 mld$ le ha portate a 406 mld$
(+724%), in India dove l‟incremento di 144 mld$ ha portato le riserve a 274 mld$ (+204%),
in Corea, i cui dati sono pubblicati a partire dal gennaio del 2005, le riserve sono passate
da 200 mld$ a 251 mld$ (+26%).
Gli incrementi visti hanno, tra l‟altro, portato Giappone, Russia, Corea ed India ad essere i
paesi con la maggior detenzione di riserve, tra quelli aderenti al modello di diffusione
statistica. Il Grafico 3 mostra quale è stato il trend evolutivo descritto per i quattro paesi
presi in considerazione.
Inoltre, l‟analisi dei dati riguardante l‟incremento percentuale dello stock di riserve ufficiali
avvenuto tra gennaio 2005 e giugno 2007 rivela che il fenomeno di accumulazione delle
riserve ha di recente toccato anche altri paesi: la Bielorussia ha incrementato le riserve del
238% portandole a 2 mld$, l‟Ucraina del 158% portandole a 26 mld$ e il Kazakistan del
141% portandole a 22 mld$.
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Un ulteriore fenomeno di cui bisogna tenere conto, e che sta riguardando soprattutto i
paesi dell‟estremo oriente e i paesi esportatori di petrolio, è la crescita dell‟importanza dei
Sovereign Wealth Fund (SWF). Questi sono fondi gestiti da governi e autorità governative,
costituiti prevalentemente da attività non domestiche e gestiti separatamente dalle riserve
ufficiali. Essi sono strettamente legati alle riserve ufficiali, i SWF, infatti, raccolgono le
eccedenze delle riserve ufficiali rispetto a quelle che possono essere quantificate come
necessarie per far fronte a bisogni di breve termine.
Le stime sugli asset internazionali a giugno 2007 eccedenti le riserve ufficiali e facenti
parte dei Fondi Sovrani variano, a seconda delle fonti, da un ammontare minimo di 1.500
mld$ ad un massimo di 3.000 mld$. È infatti molto difficile determinarne una dimensione
esatta, in quanto molti paesi non forniscono informazioni complete circa l‟ammontare e la
composizione delle proprie attività internazionali.
Il boom dei SWF è una conseguenza diretta del processo di accumulazione delle riserve
ufficiali. È plausibile ritenere che nei prossimi anni i SWF, così come le riserve ufficiali,
continueranno a crescere, in particolar modo nei paesi emergenti in cui il forte surplus di
parte corrente viene alimentato dalla continua crescita delle esportazioni.
1.1. Come e perché si accumulano riserve: Le teorie riguardanti la
domanda di riserve ufficiali
Il modo più semplice e diffuso per accumulare riserve consiste nell‟acquistare sul mercato
dei cambi l‟eccedenza di offerta di valute straniere dovuta al surplus della bilancia dei
pagamenti con l‟estero. Tale avanzo si verifica quando la somma algebrica del saldo delle
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partite correnti (export meno import di merci e servizi) e delle partite finanziarie (export
meno import da parte del settore privato di attività finanziarie) risulta positivo. In questa
circostanza la Banca Centrale può scegliere di assorbire il surplus intervenendo sul
mercato dei cambi vendendo la moneta nazionale contro la moneta estera. Questa
operazione fa aumentare le riserve in valuta estera del paese e, soprattutto, permette di
mantenere in equilibrio la domanda e l‟offerta di valuta riducendo o anche eliminando il
movimento del tasso di cambio.
Ma per quali ragioni si accumulano riserve? Le teorie apportate dalla letteratura
economica per spiegare la domanda e l‟accumulazione di riserve hanno subito delle
modificazioni con l‟avanzare del tempo. Possiamo distinguere tra due scuole teoriche: una
predilige la tesi del mercantilismo valutario, l‟altra individua motivazioni di tipo
precauzionale.
Secondo alcuni2 le ragioni dell‟accumulo sono da ricercarsi in motivazioni di natura
mercantilista: i paesi emergenti, che presentano un forte surplus della bilancia
commerciale e dunque un forte afflusso di capitali, cercano di contrastare il conseguente
apprezzamento della valuta domestica attraverso l‟acquisizione di attività di riserva
denominate in valuta estera. Le autorità di politica monetaria dunque, attraverso questi
interventi, influenzano il tasso di cambio con il fine di perseguire una politica di crescita
trainata dalle esportazioni.
A indebolire l‟interpretazione mercantilista viene però l‟osservazione che la crescita delle
riserve è un fenomeno relativamente recente rispetto alla strategia di sviluppo basata sulle
esportazioni e comincia a manifestarsi dopo le crisi sistemiche degli ultimi dieci anni, in
special modo dopo il 1997.
Secondo una diversa ipotesi, la corsa alle riserve sarebbe dettata soprattutto da
motivazioni precauzionali.
Una prima analisi teorica della questione è affrontata, nel 1966, da un autorevole lavoro di
Heller3. L‟autore, nell‟analizzare la gestione ottimale delle riserve per motivi precauzionali
da parte delle autorità monetarie, perviene ad una formula esplicita sul processo di
variazione dello stock di riserve.
La variazione delle riserve, all‟interno del modello, dipende da tre variabili fondamentali: la
propensione all‟importazione, il costo opportunità della detenzione di riserve ufficiali, la
volatilità della bilancia dei pagamenti e dei flussi di capitali ad essa legati. Secondo
2
M.P. Dooley & D. Folkerts: “An Essay on the Revised Bretton Woods System”, National Bureau of
Economic Research, Working Paper Series N° 9971, 2003
3
R.H. Heller: “Optimal International Reserves”, Economic Journal 76, 1966
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l‟autore, dunque, la detenzione di riserve internazionali liquide permette di finanziare
squilibri esterni e di evitare misure deflazionistiche con elevati costi macroeconomici.
Tuttavia, la detenzione di riserve internazionali liquide presenta un costo opportunità
(calcolabile come la differenza tra il rendimento offerto dalle attività di riserva e il
rendimento offerto da investimenti alternativi). Lo stock ottimale di riserve è, allora, quello
che minimizza il costo totale dell‟adeguamento del livello delle riserve e del finanziamento
degli squilibri della bilancia dei pagamenti.
Il lavoro di Heller ha posto i principi di base per ulteriori produzioni letterarie in materia,
come il lavoro di Hamada e Ueda4 e quello di Frenkel e Jovanovic5. Quest‟ultimo sviluppa
uno scenario rigoroso e formale delle ipotesi di Heller, ma sostanzialmente perviene alle
stesse conclusioni: lo stock di riserve ottimale aumenta con l‟aumentare della volatilità dei
flussi finanziari e diminuisce con l‟aumentare del costo opportunità.
L‟interesse per la gestione e l‟accumulazione delle riserve è risorto in seguito alle crisi
finanziarie degli anni ‟90, dando vita ad una seconda letteratura in materia la quale ha
cercato di adattare i modelli di domanda precauzionale alle caratteristiche finanziarie dei
paesi emergenti.
In questi modelli si assume che tali paesi affrontino, in periodi di stress, un accesso
limitato al prestito internazionale, che il sistema della raccolta delle tasse sia inefficiente, e
che si trovino in alcuni periodi di fronte ad improvvisi costi del debito che comportano un
aumento della probabilità di default. Le riserve, dunque, svolgono una funzione
assicurativa per fronteggiare le crisi improvvise, gli stop e le inversioni di marcia dei flussi
di capitali.
Aizenman e Marion (2004)6, utilizzano un modello biperiodale di massimizzazione di utilità
in cui si assume che nel primo periodo l‟economia affronti uno shock di produttività e che
nel secondo periodo vi sia un‟elevata probabilità di default. Gli autori dimostrano che lo
stock di riserve può ridurre il costo del livellamento intertemporale dei consumi tra uno
periodo di prosperità ed uno in cui, a causa dell‟aumento della probabilità di default, il
costo di finanziamento dell‟indebitamento sovrano è fortemente cresciuto.
4
K. Hamada & K. Ueda: “Random walks and the theory of the optimal international reserves”, Economic
Journal 87, 1977
5
J.A. Frenkel & B. Jovanovich: “Optimal International Reserves: A Stochastic Framework”, Economic
Journal 91, 1981
6
J. Aizenman & N. Marion: “International reserve holdings with sovereign risk and costly tax collection”,
Economic Journal 114, 2004
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In seguito Aizenman (2004)7, insieme ad altri autori, dimostra che la detenzione di riserve
mitiga la probabilità di una crisi bancaria, riducendo così i costi di una improvvisa paralisi
nell‟afflusso dei capitali internazionali. In questo modello la domanda di riserve aumenta
sia con l‟aumento dei costi attesi di una crisi nel mercato del credito sia con la capacità
delle riserve di ridurre la probabilità di crisi.
Infine, Aizenman e Lee (2005)8 dimostrano che uno shock di liquidità all‟interno di un
paese emergente può portare, nel caso in cui lo shock superi lo stock di riserve, allo
smobilizzo degli investimenti in un primo periodo e alla conseguente riduzione della
produzione in un secondo periodo. Un maggiore stock di riserve può, allora, diminuire i
costi attesi della crisi di liquidità e dello smobilizzo degli investimenti.
1.2. Le riserve ufficiali sono in eccesso rispetto ai livelli ottimali?9
Anche se le riserve possono essere uno strumento molto utile per scongiurare le crisi
legate alla volatilità dei flussi di capitali, esiste un limite alla quantità necessaria per
fronteggiare le turbolenze finanziarie. La regola approssimativa più conosciuta per
calcolare il livello ottimale delle riserve in valuta estera è la regola Greenspan-Guidotti,
secondo questa un paese può essere considerato prudente se detiene riserve ufficiali per
un ammontare pari al totale del debito estero che dovrà essere rimborsato entro l‟anno.
Attualmente il rapporto tra riserve e debito estero di breve termine in tutti i Paesi asiatici è
ben al di sopra di uno. Cina, India e Taiwan, in particolare, hanno rapporti molto elevati.
Anche se il rapporto Greenspan-Guidotti è l‟indicatore più conosciuto del livello di
adeguatezza delle riserve ufficiali se ne possono considerare altri. Ad esempio il rapporto
tra riserve ufficiali e importazioni che stima il periodo di tempo per cui un paese può
sostenere il livello corrente delle importazioni nel caso in cui gli afflussi di capitali si
interrompessero improvvisamente. Una regola empirica approssimativa legata a questo
indicatore afferma che un paese dovrebbe detenere uno stock di riserve ufficiali in grado di
coprire le importazioni per tre o quattro mesi. Tutti i Paesi asiatici sono ben al di sopra
anche di questo indicatore.
7
J. Aizenman, Y. Lee e Y. Rhee: “International Reserve Management and Capital Mobility in a Volatile
World: Policy Consideration and a Case Study of Korea“ National Bureau of Economic Research, Working
Paper Series N° 10534, 2004
8
J. Aizenman & J. Lee: “International Reserves: Precautionary versus Mercantilist Views, Theory and
Evidence”, National Bureau of Economic Research, Working Paper Series N° 11366, 2005
9
In questo paragrafo viene riportato l‟approccio utilizzato da G. Cifarelli e G. Paladino: “The buffer stock
model redux? An analysis of the dynamics of foreign reserve accumulation” Working Paper Università di
Firenze, Dept. di Economia n.02, Maggio 2007
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Queste regole empiriche, dunque, attestano un livello di riserve in eccesso rispetto ai livelli
prudenziali di adeguatezza. Tuttavia queste sono estremamente semplicistiche e tendono
a sottostimare i requisiti precauzionali effettivi. Al contrario Cifarelli e Paladino10 stimando
l'approccio precauzionale attraverso tecniche di cointegrazione giungono a sostenere che
nella maggior parte dei Paesi, da loro esaminati, non sembra esserci una tendenza ad
un eccessivo accumulo di riserve.
Infatti, Cifarelli e Paladino ritengono che le Banche Centrali dei Paesi asiatici non si stiano
comportando in maniera irrazionale. La “sovraccumulazione” che risulta dalle regole
empiriche approssimative può essere attribuita alla “paura di fluttuazioni” dei governi o a
tesi mercantiliste, o ad entrambe congiuntamente. Nel primo caso le riserve ufficiali
vengono accresciute per ridurre la vulnerabilità degli shock esterni in paesi con accesso
limitato ai mercati finanziari globali. La possibilità di attingere a delle riserve permette di
adeguare i consumi in caso di shock esteri e di ridurre la probabilità di crisi di liquidità.
L‟accumulazione mercantilista delle riserve è guidata dal desiderio di mantenere un livello
competitivo del tasso di cambio con il fine di sostenere la crescita economica.
In ogni caso la determinazione di un “livello ottimale” di riserve valutarie non può avvenire
attraverso l‟applicazione di regole generali e comuni a tutti i paesi, infatti, il livello ottimale
può dipendere dalle peculiarità del sistema economico-finanziario di ciascun paese come
le caratteristiche istituzionali, il grado di mobilità dei capitali e di liberalizzazione dei
mercati finanziari.
10
G. Cifarelli e G. Paladino: “The buffer stock model redux? An analysis of the dynamics of foreign reserve
accumulation” Working Paper Università di Firenze, Dept. di Economia n.02, Maggio 2007