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INTRODUZIONE
Nelle attività innovative si uniscono e sviluppano conoscenze e processi di
apprendimento, competenze per utilizzare tecnologie esistenti e adottarne di
nuove, capacità e risorse per introdurre nuovi processi produttivi e realizzare
nuovi prodotti per affermarsi sui mercati. In questo percorso si intrecciano
competenze individuali, aspetti strutturali e comportamentali di imprese e di
organizzazioni pubbliche, quali università, centri di ricerca, soggetti governativi,
in forme differenziate a seconda delle tecnologie dei settori produttivi, dei contesti
economici e istituzionali. Le imprese sono gli attori principali nella produzione,
nell’adozione e nell’utilizzo di nuove tecnologie; sono continuamente impegnate
in processi di apprendimento e di accumulazione delle conoscenze.
Le imprese costituiscono dunque il canale d’uscita di output innovativi. La
loro attività di sfruttamento delle risorse disponibili avviene grazie anche ad altri
agenti, per cui le università giocano un ruolo cruciale nella ricerca di base e nella
formazione di capitale umano, sostenendo l’innovazione, la diffusione della
tecnologia e la produzione delle imprese.
Il lavoro qui svolto include dunque una prima parte volta ad analizzare
l’innovazione ed in particolare il modo con cui questa si diffonde in un territorio
analizzando i fattori che contribuiscono alla sua adozione e diffusione,
l’importanza della dimensione spaziale per una più rapida diffusione, nonché la
prossimità geografica, come fattore agevolatore di knowledge spillovers. Quindi
la capacità imprenditoriale come canale principale di trasmissione della
conoscenza in una regione, e l’imprenditorialità intesa come l’identificazione di
opportunità non sfruttate. Nella seconda parte si introducono gli effetti della
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ricerca in particolar modo della R&S proveniente dalle università e dalle imprese
private, generatrice di input innovativi. L’analisi di tali input innovativi sarà vista
utilizzando una funzione di produzione di conoscenza, e la necessità delle imprese
di stabilirsi in localizzazioni centrali a tali fonti generatrici di conoscenza
sfruttabile per favorire l’attività innovativa. Per cui la descrizione dei meccanismi
sottostanti gli academic spillover.
La terza parte è perciò indirizzata al ruolo svolto dall’Università degli Studi
di Padova nell’ambito di trasferimento tecnologico, e per far ciò saranno
analizzati i vari progetti di cui l’Università è fondatrice, o partner.
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1.
L’INNOVAZIONE E L’IMPRENDITORIALITÀ
1.1. L’innovazione e la sua diffusione
Il successo di un nuovo prodotto, di un nuovo processo o di una pratica
all’interno di una società, si fonda su tre pilastri di studio fondamentali:
l’invenzione (un idea nuova), la commercializzazione/innovazione (che mette
l’invenzione in pratica), e la sua diffusione.
Mentre la fase se pur alquanto complessa dell’invenzione è ben intuibile,
per innovazione si intende la prima realizzazione e l’introduzione nel sistema
economico di un’invenzione, cioè la capacità di mettere in pratica un’idea nuova.
L’innovazione può riguardare l’introduzione di nuovi prodotti o di nuovi
processi produttivi, ma anche la nascita di nuovi modelli organizzativi, l’apertura
di nuovi mercati o il reperimento di nuove fonti di approvvigionamento.
Schumpeter (Malerba, 2000, pag.27-28) la definisce come un “processo ad
esito incerto”, e ne definisce tre caratteristiche essenziali:
- essa puo essere compresa solo ex post, mentre non lo può mai essere ex
ante; per cui la sua previsione non è calcolabile prima della sua
introduzione;
- durante il processo innovativo l’imprenditore ha una razionalità
limitata, non potendo afferrare esaurientemente tutti gli effetti e le
ripercussioni dell’impresa progettata;
- le innovazioni non rimangono eventi isolati e non sono distribuite in
modo uniforme nel tempo, ma al contrario tendono a concentrarsi
spazialmente in certi settori e nei loro dintorni.
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In recenti anni due scuole di pensiero si sono confrontate nell’analisi delle
caratteristiche, determinanti e conseguenze dell’innovazione e del cambiamento
tecnologico: i neoclassici e gli evolutivi.
Il presupposto dell’approccio neoclassico è una situazione di incertezza
debole in cui gli operatori economici sono in grado di valutare in termini
probabilistici la quantità di innovazione prodotta da un determinato ammontare di
spesa in ricerca e sviluppo (R&S). Ai risultati in termini di innovazione
corrisponderà un determinato tasso di crescita. In base a questa visione, per
incrementare la crescita fino al suo livello di equilibrio è sufficiente implementare
politiche di sostegno alla spesa in R&S (Romer, 1990). Nell’approccio
neoclassico l’innovazione è funzionale ad una strategia d’impresa mirata ad
ottenere un potere di mercato. Molta enfasi è data sulle valutazioni e decisioni che
condizionano la capacità dell’azienda di generare innovazione davvero
differenziante, come creazione di un divario competitivo rispetto ai concorrenti.
Secondo l’approccio evolutivo, invece, gli operatori si muovono in un
contesto di forte incertezza, non potendo prevedere l’esito del cambiamento
tecnologico, che è il frutto tanto di azioni deliberate, quanto di eventi casuali. A
partire dal lavoro di Nelson e Winter (1982), l’approccio evolutivo ha posto alla
base del cambiamento tecnologico e della crescita i processi di generazione di
novità, cioè le innovazioni, e i meccanismi di selezione operati dal mercato,
sottolineando la concentrazione delle innovazioni nel tempo e nello spazio e la
loro interazione con l’economia, la società ed il contesto istituzionale.
Quest’ultimo è particolarmente importante, perché può facilitare il cambiamento
tecnologico o costituirne, invece, un impedimento. Nel pensiero evolutivo,
l’innovazione è vista come un processo di esplorazione, generazione e selezione
di varietà (tecnologiche, prodotti, mercati, comportamenti organizzativi). Le
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imprese hanno un ruolo centrale, come agenti eterogenei che apprendono ed
interagiscono in ambienti incerti ed in cambiamento, in cui l’ipotesi di equilibrio è
implausibile. In questo approccio si dà enfasi sui processi di apprendimento,
competenze e comportamenti organizzativi che condizionano la capacità di
assorbimento e rielaborazione della conoscenza.
L’innovazione, acquisisce una rilevanza economica nel tempo nel sistema
economico. La diffusione dell’innovazione si verifica con l’intreccio di due
fenomeni distinguibili come:
- la selezione operata dal mercato a scapito delle imprese ritardatarie e a
favore delle imprese innovative;
- l’imitazione delle imprese innovative da parte di quelle imprese definite
nel punto precedente ritardatarie. In questo caso si parla di adozione
dell’innovazione.(Malerba, 2000, pag.285)
Nel caso della selezione, i modelli elaborati, si occupano dello studio di
innovazioni più sofisticate e rilevanti di quelle a cui si applicano con successo i
modelli di pura adozione. Alla presenza di queste innovazioni ogni impresa deve
rivedere le pratiche organizzative e le strategie da tempo organizzate, poiché alta è
la presenza di elementi di incertezza radicale. Si reintroducono quindi elementi di
eterogeneità tecnologica, cognitiva e organizzativa che sono difficilmente
eliminabili attraverso l’adozione di un macchinario o una novità produttiva. In
questi modelli la raffigurazione della tecnologia e del suo rapporto con le imprese
è quella tipica dell’approccio evolutivo. Questi modelli di diffusione sono quindi
molto complessi e molti di questi si prestano alla sola simulazione.
Dopo l’introduzione di un’innovazione comincia in genere il tentativo di
imitazione da parte di altri soggetti economici, che possono a loro volta introdurre
importanti modifiche incrementali. All’innovazione fa seguito la sua diffusione,
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cioè il processo tramite il quale un singolo o un’impresa adottano in un sistema
economico una nuova tecnologia, o ne rimpiazzano una vecchia con una nuova.
Generalmente il processo di adozione di una nuova tecnologia procede in modo
lento nella fase iniziale, accelera man mano che aumenta la sua diffusione, per poi
rallentare nuovamente quando la popolazione è satura. Se si costruisce un grafico
ponendo su un asse il numero di utilizzatori di un nuovo prodotto e sull’altro il
tempo, la curva che ne risulta è a forma di S (Fagerberg, Mowery, Nelson, 2005).
Se guardiamo all’adozione di una tecnologia in termini di benefici e costi,
una serie di semplici presupposti genererà questa curva. Due modelli principali
spiegano infatti, attraverso due meccanismi, la dispersione nei tempi di adozione.
Il primo, il modello dell’eterogeneità, presuppone che consumatori diversi si
aspettino di avere benefici diversi dall’innovazione. Se la distribuzione tra i
consumatori è normale, il costo del nuovo prodotto è costante o decresce nel
tempo, e i consumatori adottano quando il beneficio che ricevono per il prodotto è
maggiore al suo costo, allora la curva di diffusione avrà la classica forma ad S.
Il secondo modello, è quello dell’apprendimento epidemico. In questo
modello, benché i consumatori possano avere gusti identici ed il costo della nuova
tecnologia rimanga costante nel tempo, non tutti sono adeguatamente informati
sulle tecnologie contemporaneamente. L’adozione dell’innovazione e quindi la
sua diffusione è collegata alla diffusione dell’informazione ad essa relativa. È
necessario che l’informazione raggiunga i potenziali adottatori. La scelta di
adottare una nuova tecnologia comporta che se ne conoscano, almeno in parte, le
peculiarità, e che si sappia qualcosa sulla sua adattabilità alla situazione del
potenziale adottatore. Una delle determinanti più importanti della diffusione è
quindi una buona informazione riguardo alla tecnologia. In alcuni casi essa può
dipendere dalle azioni del fornitore. La maggior parte delle volte l’informazione