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Introduzione
L’intento di questa tesi è di illustrare e confrontare due delle più importanti teorie che
trattano di creatività. Lo scopo è di provare a stabilire quelli che possono essere
considerati i punti fondamentali delle formulazioni prese in esame, paragonarle e usare i
punti in comune per mettere in luce l’utilità di questa facoltà psichica, nonché
l’importanza di insegnarla e valorizzarla. Affrontare questo tema significa innanzitutto
scontrarsi con la difficoltà di circoscrivere un argomento così ampio da non riuscire a
rientrare in una semplice definizione, anzi proprio per natura così sfuggevole, di
difficile descrizione.
E’ stato quindi utile preparare un breve excursus sulle definizioni offerte dalle varie
scuole di pensiero per inquadrare brevemente il concetto e fornirne un’idea di partenza.
Una volta introdotto il tema è stato nuovamente analizzato attraverso quelle che sono a
mio parere le teorie più interessanti, le quali sono state messe poi a confronto per trarne
conclusioni.
La prima a essere presa in causa è la teoria triarchica dell’intelligenza utile per
comprendere quella sull’investimento della creatività, entrambe formulate da Robert
J.Sternberg, uno psicologo americano nato a Newart NJ. a oggi docente di psicologia
presso l’università di Yale; le conclusioni di questo autore verranno messe a confronto
con la teoria di H. Gardner sulla fisiologia della creatività attraverso lo studio delle vite
di noti personaggi geniali, conseguente sviluppo di un precedente lavoro di Gardner
sulle intelligenze multiple.
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Sternberg è uno degli autori che in questi anni si è maggiormente interessato allo studio
della creatività, partendo da quella che può essere definita come una propria teoria sul
pensiero intelligente. L’ossatura di questa formulazione sostiene che il pensiero umano
si basi fondamentalmente su tre tipi d’intelligenza; quella analitica, quella pratica e
quella creativa. Il pensiero analitico si distingue per la capacità di spiegare cause ed
effetti per il saper scomporre, giudicare e valutare l’ambiente circostante. Il pensiero
pratico si evidenzia nella capacità di mettere in atto progetti concreti, nell’abilità di
usare strumenti, di saper organizzare e mostrare come si fa. L’intelligenza creativa si
esprime attraverso la scoperta, l’abilità di immaginare, ipotizzare e di saper inventare.
Sternberg sottolinea innanzitutto l’errore di come troppo spesso si abbia la tendenza a
confinare l’intelligenza creativa in ambiti che generalmente coinvolgono le arti e non ad
esempio in contesti puramente scientifici come possono essere gli studi matematici.
Questa sorta di pregiudizio che dovrebbe essere superato, induce a una visione limitata
di questo fenomeno, infatti, per quanto l’intuizione sia parte fondamentale del processo
creativo, ne fanno parte anche ad esempio, l’elaborazione, la capacità di superare
ostacoli ed anche la motivazione.
Sternberg nella teoria dell’investimento ci mostrerà come il processo creativo significhi
invece fondamentalmente saper prendere una decisione, la decisione di essere creativi.
Una scelta di questo genere implicherà la necessità da parte del soggetto coinvolto di
porsi delle domande, ridefinire i problemi, scegliere di investire su se stessi, saper
prendere dei rischi sensibili e superarli assumendosi la responsabilità sia dei successi
che dei fallimenti. Questa serie di passaggi identificati nel processo creativo, mostrano
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come Sternberg offra una visione dello stesso in forma d’ investimento o meglio come
spinta verso l’affermazione di una propria creatività. L’autore ci propone inoltre un
campione rappresentativo dei diversi contributi creativi che egli ha identificato partendo
dai test da lui sviluppati, i quali differiscono sia per quantità sia per il tipo di creatività
che rappresentano. Sternberg come Gardner mette in relazione l’individuo con il campo
nel quale lavora e l’ambiente che risponderà in modo positivo o no alla scoperta
creativa; distingue inoltre otto tipi fondamentali di contributi creativi divisi in tre
macrocategorie. La prima è rappresentativa di persone che accettano i paradigmi dei
costrutti sui quali stanno lavorando, la seconda corrisponde a categorie di esseri umani
che sono in grado di rifiutare i paradigmi e la terza quella d’individui che invece li
integrano.
Questo confronto ci permette di costatare come la teoria di Sternberg incontri quella di
Gardner sulla fisiologia della creatività; potremo notare, infatti, come entrambi gli
autori abbiano identificato delle tipologie di personalità creative simili; inoltre la
fenomenologia dell’atto creativo descritto da Sternberg ottiene un riscontro nell’esame
della fisiologia della creatività esaminata da Gardner.
Howard Gardner è uno psicologo americano (nato nel 1943)docente all’università di
Harward il quale, partendo da uno studio sui danni celebrali, si rese conto che questa
facoltà doveva esser analizzata non come fattore singolo piuttosto come molteplice.
Gardner sottolinea inoltre come l’intelligenza non dovrebbe venir misurata da un unico
punteggio ma dovrebbe essere considerata come formata da diversi tipi di intelligenza
(in un primo tempo ne vengono identificate almeno sette)le quali dovrebbero essere
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quindi adeguatamente misurate. Partendo dalla propria teoria sulle intelligenze multiple,
Gardner si accorse che nello stesso modo in cui l’intelligenza per essere analizzata
doveva essere considerata multiforme, così anche la creatività per essere compresa nella
sua pienezza, doveva esser considerata pluralistica a fortiori. Nacque da qui l’idea di
investigare le vite dei sette famosi personaggi sopra citati per tentare di identificare ciò
che Gardner definisce come fisiologia della creatività; ovvero la normale condizione
nella quale questa facoltà si esprime e in quanti modi questo avviene così da poter
eventualmente sviluppare quelli che sono i fattori di aiuto e stimolo alla stessa.
Il metodo d’indagine scelto da Gardner è di natura comparativa e coinvolge tre
elementi; l’individuo, il campo o sistema simbolico nel quale lavora e infine l’ambiente
che valuta se la produzione creativa sia realmente originale e quindi degna di questo
nome.
Lo scopo è di ricercare modelli che come dice direttamente l’autore, ci aiutino a trovare
“somiglianze rivelatrici e differenze istruttive” (Gardner, 1993, p.23). Confrontando in
questo modo le esistenze di persone rappresentanti intelligenze differenti, l’autore cercò
di mostrare in quale maniera la creatività emergesse e quali sono i principi che regolano
questo tipo di facoltà. Non potendo, però, per mancanza di riferimenti, confrontare le
diverse forme di creatività e la loro nascita attraverso un unico punto di vista (non
esiste, infatti, un'unica forma di creatività), Gardner decide di prendere in
considerazione le capacità intellettuali, il profilo di personalità, la posizione sociale di
provenienza e il loro programma creativo comprensivo di eventuali sconfitte o
realizzazioni. Le due teorie sono largamente integrabili, le caratteristiche di personalità
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identificate da entrambi gli autori concordano e anche la scomposizione dell’atto
creativo trova molte somiglianze; Gardner, infatti, desume dal suo studio che l’atto
creativo sia frutto di un’interazione e di una decisione. Nel modo in cui per Sternberg
l’essenza della creatività risiede in una scelta e in una programmazione ben distante
dall’istinto, così anche per Gardner questa va ricercata nell’insieme dei processi di
attenzione, conoscenza, investimento, tolleranza per le difficoltà e capacità di
promuovere se stessi. Gardner parte dalle formulazioni di Wallas il quale scompone
l’atto creativo in più parti quali preparazione, incubazione, illuminazione e revisione;
integra inoltre questa teoria considerando l’importanza di studiare i sistemi simbolici nei
quali è avvenuta la scoperta creativa, i quali necessiteranno di specifiche attività mentali
per essere compresi. Entrambe hanno come scopo quello di sottolineare l’importanza
della creatività e dello studio della stessa in quanto parte indispensabile dello sviluppo
intellettivo ed educativo; nonché ricordare quanto sia necessario ristrutturare i sistemi
scolastici in modo tale che possano comprenderla.
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CAPITOLO I
EZIOLOGIA DELLA CREATIVITÀ
ATTRAVERSO LE TEORIE COGNITIVA,
PSICODINAMICA ED EVOLUTIVA.
I.1.Cognitiva
Nella parte introduttiva è già stato ripetuto quanto sia difficile affrontare un argomento
così ampio e sfuggevole come quello della creatività. Entrando nel campo della
psicologia cognitiva è utile ricordare quanto agli inizi degli studi fosse in particolar
modo complesso affrontare l’analisi di questa capacità. Le difficoltà risultarono notevoli
soprattutto perché non erano ancora stati colti e definiti quelli che vengono oggi
identificati come i procedimenti necessari per la formazione del pensiero. Questo settore
di studi si prese carico di analizzare e identificare le strategie cognitive che utilizzavano
la creatività non solo nell’espressione delle arti in genere o anche di studi scientifici ma,
soprattutto, nella quotidianità a livello di risoluzione dei problemi in ogni ambito.
Partendo da questo interessamento della psicologia nei confronti della capacità di
affrontare le problematiche, nasce l’identificazione della capacità produttiva del
pensiero; che può essere definita come la forma embrionale di ciò che poi verrà
esplicitata come creatività. Secondo Wertheimer il pensiero produttivo ”consiste nel
rendersi conto delle caratteristiche strutturali della situazione –problema e delle
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esigenze di miglioramento che vi sono implicite” (Rubini, 1979, p.22). Questo significa
che per essere in grado di risolvere un problema, il pensiero a primo impatto osserva e
analizza la situazione nel suo insieme; da questo punto in avanti è in grado di
identificare le fasi problematiche del processo e, grazie a un meccanismo di centratura
cognitiva, è finalmente in condizione di indirizzarsi verso una soluzione dei nodi
problematici per mezzo di una serie di operazioni identificate come: raggruppamento,
segregazione, centratura, decentratura e trasposizione. Queste azioni permettono, infatti,
di passare da una situazione caotica e confusa a una più chiara e risolutoria. La serie di
passaggi necessari per la soluzione dei problemi, in particolare, centratura e
decentratura degli elementi, viene considerata come il vero atto di ristrutturazione
produttiva ovvero il nucleo originale dell’agire del pensiero. Il contributo più
importante offerto dall’autore è proprio quello di aver spostato il centro d’interesse dei
propri studi dal pensiero intelligente a quello produttivo, indicando quest’ultimo come
creativo o addirittura come creatività.
Anche J.P.Guilford si interessò molto allo studio di questa capacità cognitiva; il
presupposto teorico fu che la comprensione della personalità umana e quindi anche del
suo pensiero, poteva essere appresa attraverso una forma di analisi, che andava a
scomporre in unità più piccole le istanze che venivano prese in considerazione. In una
prima definizione l’autore identifica la creatività come avente caratteristiche quali : ”a)
produce elementi ideativi con elevata numerosità e variazione, se pur non collegati in
organizzazioni efficacemente risolutorie di problemi; b) introduce miglioramenti
situazionali anche là dove i dati sono strutturati in maniera sufficientemente buona ed
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efficace; c) produce idee nuove, nel senso di inconsuete, tali che, senza essere
stravaganti, non sono comuni alla maggior parte delle persone” (Rubini, 1979, p.30).
Partendo da queste basi Guilford prosegue sostenendo che il pensiero creativo possa
essere ulteriormente parcellizzato in altre componenti quali, fluidità (intendendo con
questo termine un’importante produzione di idee simile proprio ad un fluido),
flessibilità, elaborazione e valutazione. In un passaggio successivo, ribadendo il valore
della creatività come risolutoria di problemi, evidenzia l’importanza dell’analisi e della
scomposizione delle variabili in una particolare situazione; la loro ricomposizione
attraverso deduzione, induzione, inferenza e memoria; le quali agendo possono condurre
alla produzione di soluzioni e di nuove idee. Il punto di arrivo degli studi dell’autore, si
concretizza in una classificazione generale delle attività mentali divise in pensiero
convergente o logico e pensiero divergente; intendendo il primo, come quella forma di
pensiero che si esprime all’interno del campo che si sta indagando; mentre il secondo
come quella forma di espressione del pensiero che riesce ad andare oltre alla definizione
del problema e quindi riesce a coglierne gli elementi innovativi. La creatività così
indagata troverà collocazione nella seconda definizione.