“La creatività ...consiste nel mantenere, nel corso
della vita, qualcosa che appartiene all'esperienza
infantile, la capacità di creare il mondo”.
(D.Winnicott)
INTRODUZIONE
Questa tesi si occupa del tema della creatività in adolescenza. Tale scelta è dovuta al
fatto che le manifestazioni creative vengono considerate un importante forma di
comunicazione, in particolar modo in una fase di sviluppo “critica” quale quella
adolescenziale.
Parlare dello spazio adolescenziale significa situarlo all’interno di una prospettiva
temporale, storica, sociale e culturale. Il comportamento dell’individuo cambia secondo
le trasformazioni psico-fisiche e sociali. Ogni stadio dello sviluppo ha i suoi problemi
specifici, le sue capacità organizzative e i suoi significati esclusivi. Ciononostante ogni
nuovo stadio si erige su quelli che lo hanno preceduto, dando così vita ad una
processualità evolutiva caratterizzata da continuità e opportunità.
Le determinanti essenziali dello sviluppo della personalità sono da ricercarsi nei primi
anni dell’infanzia.
È stato Stanley Hall, uno psicologo statunitense, all’inizio del XX secolo, il primo a
studiare scientificamente l’adolescenza.
La parola adolescenza deriva dal latino “adolescere” e significa “crescere”; è il
passaggio tra l’infanzia e l’età adulta. L’adolescenza è uno dei periodi della vita più
contrassegnati dal cambiamento. Si tratta di un processo atteso e ineluttabile, che si
pone su varie dimensioni e comporta incertezze e smarrimenti, euforia e ansia,
soddisfazione e insoddisfazione. L’adolescente non è più un bambino e non è ancora un
adulto 1
. Se da un certo punto di vista, il cambiamento è atteso come una promozione
sociale in quanto l’obiettivo di “diventare grandi” ha costellato tutta l’infanzia, insieme
alla promessa di emancipazione, di conquista di nuovi spazi liberi e del raggiungimento
dell’età adulta; da un altro punto di vista la crescita comporta la perdita di ciò che si era,
dei contorni rassicuranti di ciò che è conosciuto e famigliare ed esige il confronto con
un nuovo modo di essere e di sentire, magari affascinante, ma sconosciuto e dagli esiti
1
Kestemberg E. (1962), L’identité et l’identification chez les adolescents, Psychiat. Enf.
1
sfumati e imprevisti. Il rinnegamento dell’infanzia da una parte e la ricerca di uno
statuto di adulto stabile dall’altra, costituiscono l’essenza stessa della “crisi” che ogni
adolescente attraversa.
È proprio in questa fase che svolge un ruolo importante la creatività. Il termine
creatività viene comunemente associato a pochi individui eletti (geni o grandi talenti)
che hanno realizzato grandi opere d’arte, scoperte scientifiche o hanno inventato dei
perfezionamenti nel campo della tecnica. Si tratta di una concezione errata. Utilizzando
il paragone di un autore russo, “allo stesso modo come l’elettricità agisce e si manifesta
non solo dove si hanno grandi tempeste e fulmini accecanti, ma anche in una lampadina
tascabile, così anche la creatività sussiste di fatto non solo dove realizza insigni, storiche
creazioni, ma dovunque c’è un uomo che immagina, combina, modifica e realizza
qualcosa di nuovo, anche se questo qualcosa di nuovo possa apparire un granello
minuscolo in confronto alle creazioni dei geni” 2
.
Il tema della creatività, pur mantenendo sempre una connotazione positiva e riferendosi
a qualcosa di auspicabile, ha vissuto alterne vicende. Presente a partire dagli anni ’60 in
vari ambiti di ricerca (psicologia, sociologia, pedagogia, estetica…) e di applicazione
(formazione, pubblicità, psicoterapia…), ha visto alternarsi momenti di disinteresse e
sottovalutazione ad altri di entusiasmo e di enfatizzazione. In alcuni periodi, infatti,
sono stati in primo piano i temi della sistematizzazione, dell’efficienza e
dell’organizzazione piuttosto che quelli dell’innovazione e del cambiamento. In altri
momenti invece si è maggiormente reso esplicito il bisogno di una maggior apertura
mentale, libertà espressiva, personalizzazione, trasformazione e partecipazione diretta
alle occasioni ideative. In queste oscillazioni tra disinteresse ed entusiasmo, la creatività
è stata tendenzialmente sempre identificata come dimensione contrapposta al modo
comune di pensare, comunicare e agire.
Nelle pagine seguenti, dopo una presentazione teorica dei concetti di
adolescenza e creatività, verranno approfondite le due forme di creatività centrali in
questa tesi quali i graffiti e i tatuaggi e verrà presentata la ricerca effettuata tra 50
writers adolescenti residenti in diverse regioni d’Italia con i relativi risultati.
2
Vygotskij L. (1992), Immaginazione e creatività nell’età infantile, Editori Riuniti, Roma 2
CAPITOLO 1 - L’ADOLESCENZA
L’adolescenza è un periodo di trasformazioni totali nella personalità dei ragazzi.
Freud tracciò un’analogia tra l’analisi e il gioco degli scacchi, contrapponendo la facilità
di descrizione delle mosse d’inizio e di quelle finali alla difficoltà di concettualizzare la
parte centrale. Questo vale anche per l’adolescenza. La maggior parte degli autori ne
associa l’inizio all’evento biologico della pubertà ed è in crescita la letteratura che si
focalizza sulla fase terminale con lo scopo di chiarire le trasformazioni e i
consolidamenti che avvengono in questo periodo.
Dal momento che i fenomeni di cambiamento fisico ed emozionale legati alla pubertà
iniziano a manifestarsi in un range d’età molto ampio, variabile dai 9-10 anni ai 13-14
anni, non è possibile stabilire con precisione l’età che può essere universalmente
considerata l’inizio dell’adolescenza. Pur non essendo possibile indicare un’età esatta in
cui l’adolescenza inizia per tutti, la pubertà è un indicatore biologico molto evidente.
Più difficile è precisare quando l’adolescenza si conclude. Il termine della fase
adolescenziale è legato all’emergere dell’autonomia, della coerenza e della
responsabilità nel modo in cui l’individuo si rapporta al mondo che lo circonda.
L’adolescenza si completa quando l’individuo è diventato in grado di stabilire rapporti
significativi con un’altra persona, con i gruppi di riferimento e con il proprio ambiente
di vita.
Negli ultimi anni la forbice tra maturità fisica e maturità sociale si è ampiamente
divaricata. Individui adulti dal punto di vista biologico non sono riconosciuti tali (spesso
anche da loro stessi) sul piano sociale, perché ancora considerati in fase di formazione.
Nel mondo occidentale, mentre la pubertà è raggiunta in età sempre più precoce
rispetto al passato, il termine dell’adolescenza è più tardivo e sfumato. Questo è anche
dovuto al prolungamento dell’istruzione.
Caratteristiche adolescenziali sono le modificazioni sociali, psicologiche e
fisiche collegate le une alle altre.
Il periodo adolescenziale è caratterizzato da contraddizioni derivanti dal tentativo, da
parte del ragazzo, di trovare risposte precise ai conflitti interni e a quelli provenienti dal
mondo che lo circonda.
Lo stimolo che determina l’atteggiamento confuso di questa fase è la modificazione
biologica che avviene in questo periodo e che si ripercuote sull’equilibrio psicologico
dell’individuo.
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Kurt Lewin consiglia di impostare lo studio dell’adolescenza partendo dal dato
di fatto che questa fase di vita è un periodo di transizione tra la fanciullezza e l’età
adulta che si sviluppa in un periodo di tempo della durata di diversi anni. Le difficoltà
che man mano si incontrano in questo passaggio possono essere in parte risolte in modo
costruttivo e in parte non risolte, lasciando aperti problemi di tipo intrapsichico,
interpersonale o di inserimento sociale. Maggiori saranno le soluzioni costruttive e
maggiormente riuscito sarà il processo di crescita dell’individuo.
Collegata a questa concezione lewiniana è quella elaborata da Robert Havighurst sui
“compiti di sviluppo”. Secondo l’autore tutta la vita è caratterizzata dal succedersi di
una serie di compiti (sia di natura biologica che socio-culturale) che devono essere
risolti nel momento opportuno, pena la compromissione dello sviluppo dell’individuo.
1.1 L’APPROCCIO PSICODINAMICO ALL’ADOLESCENZA
La psicoanalisi, si basa su due ipotesi principali: la prima è quella del determinismo
psichico (secondo cui esistono profondi legami tra gli eventi mentali), mentre la
seconda (connessa alla prima) sostiene la netta prevalenza della vita mentale inconscia
rispetto a quella conscia.
Prendendo in considerazione queste affermazioni l’attenzione dello psicanalista non
sarà tanto rivolta agli atteggiamenti esterni dell’adolescente, quanto ad utilizzare questi
come «spia» per inferire eventi interni.
Dalle due ipotesi fondamentali per la psicoanalisi è inoltre possibile cogliere l’idea di
continuità nello sviluppo. L’adolescenza non è una fase di sviluppo staccata dalle altre
che la precedono (infanzia e latenza) e la seguono (maturità e vecchiaia) ma, al
contrario rappresenta una sorta di ricapitolazione
di ristrutturazione, di integrazione dei
processi avvenuti in precedenza. Nello stesso tempo anticipa per molti aspetti quella che
sarà la successiva evoluzione del ragazzo a seconda di come il suo Io e l’ambiente
riusciranno a rispondere ai cambiamenti, ai tumulti, alle contraddizioni, alle tensioni e ai
vissuti di inconsistenza che potranno venire manifestati. Quest’idea di continuità riferita
all’adolescenza sta a significar per la psicoanalisi che sono le primissime fasi dello
sviluppo quelle più rilevanti per lo sviluppo successivo. Giunti alla fase adolescenziale i
ragazzi devono riconsiderare, senza possibilità di rimandi, tutto ciò che è rimasto
insoluto negli stadi di sviluppo precedenti.
Un ultima considerazione che si può fare partendo dalle ipotesi sopra citate si riferisce
all’orientamento della psicoanalisi che ritiene molto difficile, in adolescenza, separare il
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normale dal patologico, “ciò che potrà evolvere in comportamenti più sani che malati da
ciò che, viceversa, potrà confluire in comportamenti più malati che sani”
Da questa ne
deriva una difficoltà nell’effettuare diagnosi attendibili e una condizione (quella
adolescenziale) di generale instabilità e indeterminatezza.
I primi lavori psicoanalitici in cui si parla di adolescenza risalgono a Freud, sono
da citare in particolare “Dora” (1901) e i “Tre saggi sulla teoria sessuale” (1905). Freud
afferma che nell’adolescenza “insieme al superamento e al ripudio” delle fantasie
incestuose “si compie una delle più significative prestazioni psichiche della pubertà, il
distacco dall’autorità dei genitori, che produce il contrasto, così importante per il
progresso civile, della nuova con la vecchia generazione” .
Le intuizioni di Freud sulla continuità tra infanzia e adolescenza e sulle
“deviazioni” a cui può andare incontro la sessualità, vengono riprese da E. Jones, S.
Bernfel e A. Aichorn.
E. Jones, focalizzando la sua attenzione sulla continuità nello sviluppo, sostiene che tra
infanzia e adolescenza esiste una relazione molto forte e identifica l’adolescenza come
ricapitolazione ed espansione dello sviluppo precedente.
Bernfeld analizza come le reazioni alle trasformazioni fisiche che avvengono nella
pubertà, varino da individuo a individuo: da alcuni vengono accettate più facilmente che
da altri. Questi ultimi possono arrivare a negarle e a sviluppare uno stato ansioso.
A quest’autore si deve anche l’intuizione della possibilità di un prolungarsi
dell’adolescenza; si parla così di “adolescenza protratta”, tema in primo piano in questi
ultimi anni.
Aichorn, attraverso il suo libro “Gioventù traviata”
si pone come obiettivo quello di
mostrare la possibilità di applicare la psicoanalisi al trattamento di giovani delinquenti,
compresi i soggetti “problematici”.
Nel 1936 inizia ad occuparsi di adolescenza anche A. Freud. L’autrice prende
nuovamente in esame il tema della lotta tra l’Io e l’Es affermando che l’adolescente in
questa disputa utilizzerà qualunque difesa gli si riveli utile (ad esempio può irrigidirsi su
posizioni manifestamente inappropriate o tenere separate le emozioni dai
comportamenti).
A. Freud mostra anche come in nessun altro periodo della vita si abbia bisogno, come in
adolescenza, di aiuto e nello stesso tempo lo si tema e lo si rifiuti così fortemente. Per
l’autrice la crisi in adolescenza è inevitabile e necessaria (ci si dovrebbe preoccupare se
mancasse). Non si tratta solo di un conflitto tra generazioni che si confrontano ma della
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necessità di imparare a staccarsi dagli “oggetti” che fino a poco prima costituivano
pressoché l’unico punto di riferimento.
Il ruolo centrale dell’Io nel processo di sviluppo dell’individuo analizzato da A.
Freud verrà ripreso da E. Erikson. L’adolescenza viene collocata dall’autore all’interno
di un modello psicosociale che segue stadi predeterminati connessi all’età
dell’individuo (ad esempio lo stadio che si riferisce all’adolescenza è quello
dell’identità e del rifiuto). È l’Io che integra uno stadio con l’altro, individuo e
ambiente, abilità espresse e rinforzi culturali di queste abilità. In questo senso l’Io viene
visto come realtà deputata a collegare e integrare le diverse parti del mondo interno sia
tra di loro che con la realtà esterna.
Per Erikson è di fondamentale importanza la qualità del rapporto che si stabilisce tra
madre e figlio. Questo richiede che le madri sappiano combinare la sensibilità per le
esigenze del bambino con la fiducia in se stesse “sperimentata nella forma particolare di
una determinata cultura ed appoggiata alla stabilità di questa. Ciò costituisce nel
bambino la base di un senso di identità che più tardi si combinerà al senso di essere se
stesso, di divenire quello che gli altri si attendono”
Seguendo il pensiero eriksoniano
l’identità (intesa come comprensione e accettazione del Sé e della società in cui si vive),
pur avendo in adolescenza il suo periodo maggiore di crisi, si manifesta per la prima
volta nel bambino quando riconosce la madre e si sente a sua volta riconosciuto. “Ogni
giovane deve forgiarsi una prospettiva, un orientamento centrale, un’unità funzionale da
ciò che rimane della sua infanzia e delle speranze della sua prefigurata maturità”
Questo
compito non è facile da affrontare per gli adolescenti e in funzione della difficoltà
incontrata l’autore conia il termine “crisi di identità”. Con “crisi” Erikson non vuole
dare una valenza negativa ma indicare una “svolta necessaria”
e per precisare questo
concetto aggiunge l’aggettivo “normativa” completando il termine di partenza che
risulta così “crisi d’identità normativa”.
Spesso alla teoria freudiana è stata contrapposta quella keniana e degli autori che
si rifanno a quest’ultima (ad esempio Meltzer e Winnicott). M. Klein focalizza la sua
attenzione sugli “oggetti interni”, cioè sull’esistenza di relazioni oggettuali interne.
Queste, con il ruolo assegnato dall’autrice all’aggressività, all’angoscia e alla colpa nei
primissimi stadi di sviluppo, con la valorizzazione dell’intuizione freudiana che la
mente ha una sua propria realtà separata e distinta dal mondo esterno, con la
convinzione che la fantasia non è solo la manifestazione di processi psichici inconsci
ma è essa stessa inconscia, con la scoperta del continuo e perenne oscillare
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dell’individuo tra la posizione schizo-paranoide e quella depressiva, rappresentano
progressi non solo nella comprensione del funzionamento mentale in generale, ma
anche di quello adolescenziale.
M. Klein mostra come lo sviluppo psicologico può, in qualsiasi momento ma in modo
particolare nella pubertà, essere turbato dall’angoscia e dall’aggressività. Queste
possono essere spostate in vari modi e direzioni ma solo analizzandole ed elaborandole
possono nascere e manifestarsi forme di creatività autentiche. In questo caso l’analista
“solo astenendosi dall’esercitare una qualsiasi influenza pedagogica o morale sul
fanciullo potrà riuscire ad analizzare gli strati più profondi del suo psichismo”.
Si tratta
di mobilitare le angosce rischiando di provocare un aumento dell’angoscia stessa ma
l’Io del ragazzo riuscirà a frenarla e modificarla in poco tempo.
Il pensiero Kleniano è seguito da D. Meltzer che nel suo saggio del 1978
cerca di
analizzare l’adolescenza e la confusione nella vita del ragazzo che essa comporta,
attraverso il punto di vista dell’adolescente stesso. Il ragazzo è così rappresentato come
in bilico tra l’essere ancora un bambino nella famiglia, e l’essere un soggetto isolato, tra
il far parte del mondo degli adulti e il far parte della comunità degli adolescenti. Lo
spostarsi dell’adolescente all’interno di queste diverse comunità provoca una sensazione
di “inafferrabilità” e la difficoltà di tentare un’analisi in quanto “egli non è realmente
ancorato in nessun posto”
Da questo fatto derivano il senso di identità confusa proprio
degli adolescenti e la loro sensazione che nessuno può veramente essergli d’aiuto ma
che, anzi, l’aiuto va cercato per conto proprio Si rifà, infine, all’opera keniana D. Winnicott. C’è continuità nel modo in cui
Winnicott affronta il tema dell’adolescenza e, come altri autori, sottolinea l’oscillazione
che avviene in questo periodo tra il desiderio di crescere e la paura che questo
comporta, e tra la ricerca dell’indipendenza da una parte e il bisogno di essere accuditi
dall’altra.
1.2 MATURAZIONE FISICA E SESSUALE
Uno dei primi cambiamenti a cui l’adolescente si trova di fronte è quello che riguarda il
corpo; questo comporta una profonda e irreversibile trasformazione, non solo fisica, ma
di tutta la persona. Diversamente dal neonato e dal bambino, che pure crescono
velocemente, l’adolescente si rende conto dei cambiamenti che sta vivendo e che
modificano il suo modo di rapportarsi con l’ambiente esterno. Questa presa di coscienza
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costituisce in se stessa un fattore di sviluppo, in quanto incrementa nel giovane la
motivazione ad osservarsi e a riflettere su di sé, anche a proposito di altri aspetti
dell’esperienza vissuta.
Vi è una grande variabilità nei tempi di comparsa di questo cambiamento, così
come sono molto diversi per lo stesso ragazzo (o ragazza) i momenti in cui avvengono
gli altri cambiamenti (intellettuali, emozionali, relazionali) che accompagnano quello
fisico.
Tra i 9 e i 14 anni avviene la maturazione sessuale. Questa fase viene definita da
Kestemberg “prepubertà”
e, seguendo il pensiero dell’autrice, è seguita dalle altre due
fasi (prima pubertà e pubertà avanzata) che, con la prima, vanno a costituire quella che è
definita adolescenza. Altri autori identificano due fasi di maturazione in questa fase di
sviluppo: la fase di latenza e l’adolescenza. Altri ancora (ad es. I. M. Josselyn)
considerano l’adolescenza come un unico processo che si evolve.
Variabili che intervengono nell’attribuire ciascuna fase evolutiva ad un’età
specifica sono la grande varietà dei ritmi individuali di maturazione, le trasformazioni
culturali e sociali, le diversità determinate da variabili ecologiche, dal livello
socioeconomico e dalle dimensioni delle famiglie.
Anche il tipo di alimentazione riveste un’importanza particolare in questa fase; vi deve
essere infatti un maggior apporto di minerali e calorie tale da favorire il rapido sviluppo
dei ragazzi.
Nell’adolescenza avvengono cambiamenti interni al proprio corpo (sia ormonali
che sessuali), lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari e trasformazioni corporee
globali quali la statura, il peso e i lineamenti del viso.
L’inizio dell’adolescenza è segnato da un rapido incremento della statura, dalla iniziale
maturazione delle caratteristiche sessuali secondarie e dall’entrata in funzione degli
organi sessuali primari. Questi cambiamenti incominciano ad avvertirsi verso i dieci
anni nelle bambine e i dodici nei maschi.
Durante questa fase di sviluppo si evidenziano un aumento di peso, di forza fisica,di
capacità e coordinazione motorie. Allo stesso tempo il cambiamento corporeo, essendo
il più precoce fra tutti quelli che caratterizzano l’adolescenza, può però creare problemi
consistenti perché l’individuo non è ancora psicologicamente attrezzato per
comprenderlo e interpretarlo in modo equilibrato. L’adolescente presenta così squilibri
nella presentazione di sé, nell’espressione vocale, nella postura, nella gestualità ed è
anche ritenuto maldestro nei movimenti. Questa contraddizione è possibile se si
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considera l’ipotesi che quando i movimenti siano mirati al raggiungimento di uno scopo
preciso siano coordinati e quando invece siano messi in atto in una situazione generale
non ben definita o in seguito a stimoli improvvisi siano maldestri.
Nel corso di questo periodo di rapida maturazione,il ragazzo stenta a riconoscere il
proprio corpo.
La costruzione dell’identità sessuale inizia nei primi anni di vita e si completa
con l’adolescenza, permettendo una percezione sessuata di sé e del proprio
comportamento.
Dal punto di vista fisico l’adolescenza termina con una stabilizzazione della
struttura corporea e il funzionamento completo delle ghiandole a secrezione interna.
In seguito ai primi tentativi di Freud di mettere in relazione soma e psiche non sono stati
fatti molti progressi; le moderne scoperte endocrinologiche tendono però a confermare
molte ipotesi dell’autore. In particolar modo è stata confermata la continuità tra
infanzia, adolescenza ed età adulta descritta dalla teoria psicanalitica.
“La pubertà non viene più considerata il risultato di una improvvisa attivazione di un
sistema precedentemente assopito, ma il progressivo incremento del funzionamento di
un sistema che è stato costantemente attivo fin dal periodo di sviluppo intrauterino” 3
.
L’adolescente matura l’immagine del corpo nella sua interezza e questa diventa il centro
del suo Io corporeo.
Nella tarda adolescenza l’ideale dell’Io e il Super-io vanno ad assumere una forma più
adattiva e in rapporto con la realtà.
1.2.1 LA CURA DEL CORPO IN ADOLESCENZA
“Non si può dire di essere già grandi, ma non ci si sente e non ci si vede nemmeno più
come bambini…” 4
. L’adolescente si trova nelle difficoltà di governare un corpo
caratterizzato da vistosi cambiamenti. Il ragazzo tende così ad affrontare queste
difficoltà sia procedendo alla realizzazione di una serie di equilibri tra Sé infantile e
nuovo Sé (ad esempio recuperando un’attitudine di accadimento nei confronti del corpo
che cambia, trattandolo un po’ come un corpo infantile bisognoso), sia affermando
alternativamente ora il Sé infantile,ora quello adulto, spesso avvertendo un senso di
inadeguatezza.
3
S. I. Greenspan- G. H. Pollock, Adolescenza , cit., p. 36
4
Pellicciari C. in Frontori Laura (1992), Adolescenza e oggetti. I costumi: ostacoli o alleati della
crescita?, Raffaello Cortina Editore, Milano, cit. p. 75
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