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A un certo punto Francesca avvertì la necessità di provare a
sganciarsi da un lavoro condotto singolarmente. Tutto ciò era generato da un
desiderio personale di provare a mettersi in gioco per vedere come le proprie
capacità d’espressione potessero creare un ritorno in termini di visibilità,
dialogo e confronto con i potenziali lettori.
Non convinta inizialmente delle reali possibilità del progetto, la spinta
più forte non venne solo da Manuel, che le era di sostegno morale e aveva
permesso la costruzione tecnica del sito, ma indirettamente anche da un altro
amico, Mattia, morto da pochissimo in un incidente stradale. Il fatto che fosse
suo compagno di amicizie, già dentro un gruppo che gli voleva bene, il fatto
che lui condividesse con Francesca tante passioni tra cui il cinema e la
musica, fu da sprone a percepire come un gruppo raccolto intorno a un
valore, anche se in questo caso si trattava principalmente di dolore, potesse
caricare di energia reattiva i singoli verso qualcosa a cui questi tengono
moltissimo. La scossa a mettersi in gioco per un progetto all’inizio personale,
avrebbe da questo momento coinvolto altri ragazzi che furono vicini a Mattia,
e molti altri che come il sottoscritto non lo conobbero nemmeno.
Cambiate le motivazioni, le esigenze, cambiò di conseguenza la
sostanza, la struttura e l’apparato grafico e comunicativo del sito. Il progetto
era pensato più in grande, orientato alla collaborazione di più persone con cui
scrivere insieme: la struttura era quella di una vera e propria rivista on-line.
Sempre aiutata da Manuel, si pensava di cambiare pelle al sito, uscire
dalla sfera del personale, renderlo un webmagazine dedicato solo a
tematiche più delimitate: cinema, libri e ponti, una sorta di collegamento tra le
due sezioni che contenevano solo recensioni, nella forma alternativa di testo
creativo. Una sezione più colorata, libera che rifletteva l’anima
essenzialmente giovane di Hideout e che avrebbe differenziato il sito da
molte altre riviste di cinema già presenti. L’idea nuova era in ogni caso quella
di fare un sito settoriale che recensisse film e libri di nuova uscita, facendo
del suo punto di forza l’approfondimento originale del rapporto tra i due
linguaggi.
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Francesca iniziò a coinvolgere altri amici. Hideout stava cominciando a
sintetizzare il patrimonio genetico che avrebbe costituito la sua identità.
Divenne un vero e proprio lavoro di gruppo: durante le riunioni, ogni venerdì
della settimana, giorno di uscita di nuovi film, ciascun articolo scritto veniva
letto a casa di Francesa, allora la sede ufficiale di Hideout, e dopo una
discussione e commento, veniva pubblicato. La prima a dar man forte fu
Giulia Rossi, la sua migliore amica, in breve arrivarono Mario Bonaldi, Alessio
D’Agostino, Alberto Soragni e Giuseppe Scandiffio: sette persone in tutto.
Dall'ottobre 2001 si è provveduto a redarre un certo numero di articoli,
in modo da avere sufficiente materiale da caricare appena la
programmazione del nuovo sito fosse stata terminata.
Progressivamente la redazione si ampliava: entrarono Giacomo Freri e
Guglielmo Maggioni, coinvolti da Alberto Soragni: nove membri.
Il 18 marzo 2002 Hideout è on-line.
La scelta del nero come colore di sfondo fisso del sito vuole essere un
vero e proprio omaggio alla sala di proiezione, ricreando l’ambiente del buio
cinematografico. La barra colorata doveva rappresentare la gamma di colori
del prisma della luce che si divide nei colori primari, una sorta di
rappresentazione cromatica degli elementi fondamentali del cinema che a
livello astratto si esprime nel concetto: ex tenebris lux. Il nome e il logo
Hideout restavano gli stessi per affezione all’idea iniziale, in continuità con un
progetto personale e artigianale, frutto dei lavori, delle tensioni e aspirazioni
dei due ragazzi che avevano ricreato un sogno ora in comunione con un
gruppo più folto. Si cercò di dare agli obiettivi maggiore concretezza: la
ricerca di un miglioramento continuo dei contenuti, di un confronto costante
tra i membri del gruppo e con i nuovi collaboratori, si poneva nella prospettiva
di una futura affermazione e riconoscimento nella realtà delle webmagazine
di cinema. La specificazione del taglio che Hideout avrebbe voluto seguire in
futuro (approfondimento, critica, scoop, notizie di servizio etc) non era stata
tuttavia ancora determinata.
C’era serietà e voglia di fare da parte di tutti, di collaborare per definire
meglio l’oggetto dei propri sforzi. Il fatto che allora, come oggi, si lavorasse
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gratuitamente, dimostrava l’autenticità della volontà e passione di ciascuno
nel mettersi alla prova e allenarsi in una sorta di palestra o trampolino di
lancio che potesse realizzare sogni personali (il giornalismo culturale) e
collettivo (dare vita a un progetto, una rivista, sentito comunemente e con lo
stesso entusiasmo).
Hideout cresce, nuovi collaboratori s’insediano in quella che già veniva
chiamata “redazione”. Entro io, Fabio Falzone, entrano Lorenzo Lipparini,
Alberto Brumana e Diego Farina. Giulia e Alessio smettono di scrivere per
impegni lavorativi, presto non frequenteranno più le riunioni e la piccola
comunità di Hideout. Siamo in undici. I nuovi “acquisti” apportano spunti per
giovani rubriche: nasce la rubrica dedicata al cinema trash, grazie a un
grande esperto del ramo: Alberto Brumana. Il lavoro di lettura comune dei
pezzi diventa più difficoltoso, a causa del numero eccessivo dei collaboratori
alle riunioni e della difficoltà a organizzare un gruppo ormai così numeroso e
meno omogeneo del gruppo originale. Lo svolgimento delle riunioni trasloca
molto facilmente dalla camera di Francesca Arceri al pub sotto casa, dove
l’interazione si sente meno stretta dai piccoli spazi. Il risultato è anche quello
di maggiore dispersione.
Entra Raffaele Elia, il più anziano del gruppo. Dodici membri.
L’11 marzo 2003, registravamo Hideout come rivista quindicinale al
tribunale di Milano. Il cambiamento di rotta, che prendeva un verso più
impegnativo, richiamò molti collaboratori nuovi. Il passaparola, condito con
l’incentivo di partecipare a una rivista, portò il numero dei collaboratori a
sedici. Entrano Fabia Abati, Claudia Triolo, Francesca Bertazzoni e Marco
Valsecchi. Le prime tre contribuiranno con quantità e qualità a rinvigorire la
sezione film in sala. Marco, detto Asse fonderà una nuova sezione dedicata
interamente alla critica televisiva, una delle rubriche più seguite.
Il valore aggiunto dell’attività era prodotto e sostenuto da persone
affiatate, con una forte motivazione alla base. Questo gruppo di persone,
unito da un progetto comune, divenne presto una vera e propria tribù di
amici. Gli incontri settimanali, diventano occasione di socializzazione e
intensificazione dei rapporti d’amicizia. La ritualità dell’incontro, dello
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scambio, confronto e discussione su temi di comune interesse creavano un
tessuto socialmente fertile per i rapporti umani che ormai potevano in certi
casi oltrepassare la semplice amicizia. Il successo che teneva legato il
gruppo, era appunto, ieri come oggi, la capacità di creare valore per i suoi
membri e attraverso questo, verso la qualità del lavoro che si produceva. Tra
amici, in un clima leggero, si lavorava meglio. Si può dire che “passione”,
“amicizia” e “divertimento” rappresentavano e costituiscono tutt’oggi le pietre
angolari dell’approccio alla relazione con le risorse umane di Hideout, la base
della sua cultura di gruppo.
Entra Stefania Di Mascolo, anche lei per la sezione in sala. Diciassette
membri.
Nel maggio 2003 Hideout viene segnalato, consigliato e recensito da
altre riviste importanti online come yahoo.it, cinematografo.it e dal Venerdì
della Republica. Gli accessi al sito decollano a più di 100 unità giornaliere, un
primato assoluto per allora, con le statistiche piatte sulle 30 unità. Da quel
momento la redazione ha un moto d’orgoglio e durante tutta l’estate
l’entusiasmo porta idee e proposte di modifica del sito.
Nasce la rubrica dedicata ai videoclip, realizzata dalla collaborazione
mia e di Alberto Soragni. La rubrica sarà la più letta dopo la sezione in sala.
In settembre, il gruppo si dà una forma organizzativa quasi definita,
sicuramente più solida. Trova una sede dove svolgere in tranquillità le proprie
riunioni. Il luogo è situato in Corso di Porta Vigentina 15/b, Milano. La filosofia
che s’iniziava a seguire, più concentrata sulla crescita di Hideout in termini di
accessi, qualità degli articoli e quindi coordinamento interno, porta alcuni
membri ad abbandonare il progetto. Escono Alberto Soragni e Giuseppe
Scandiffio, due “veterani”. Di certo quell’abbandono ha un certo peso sulle
certezze (positive) relative rapporti interni al gruppo. C’è una specie di
scollamento e abbattimento generale. Rimaniamo in quindici. Ma il sito è in
fase di crescita continua dal punto di vista della visibilità.
In dicembre Hideout, stabile sui 150 accessi al giorno, collabora con
l’associazione giovanile Gnu.tone e il Consiglio di zona 3 di Milano,
nell’organizzazione dell’evento Taglia corto, concorso di cortometraggi
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dedicato ai giovani milanesi.
Entrano Luca ed Enrico Bocedi, grazie ai contatti con i registi
dell’evento di dicembre. Entrano Silvia Poli e Simone Penati, questi ultimi
contribuiranno all’articolazione della rubrica in libreria con una sottosezione
dedicata al fumetto (Simone) e un potenziamento di la sottile linea rossa, una
delle rubriche più rappresentative di Hideout perché dedicata proprio alle
trasposizioni romanzo-pellicola. Ora siamo in diciotto. Dalla rete iniziano ad
arrivare richieste di collaborazione. Osvaldo Contenti, da Roma, è uno dei più
assidui scrittori per la sezione in sala. Subito dopo comicia a partecipare un
altro ragazzo, Carlo Prevosti per la sezione cinema e due ragazzi, Alice
Amato ed Enrico Presazzi per la sezione libri. Il numero sale a ventidue.
L’iniezione d’energia portata dai nuovi arrivati sarebbe servita ad affrontare
preparati la successiva fase di crescita. Gli uffici stampa delle case di
distribuzione cominciano a mandarci gli inviti alle anteprima. L’entusiasmo è
palpabile.
Marzo 2004 sarà la data che segna il riconoscimento ufficiale della
rete, in particolar modo del motore di ricerca Google. A distanza di un anno
dalla registrazione in tribunale come rivista, Hideout risulta tra i primi hits
sulla rete in ordine ai criteri di ricerca rivolti ai film in sala, videoclip, tv e libri.
Gli accessi raggiungono il picco di 670 unità, la media si stabilizza intorno alle
550. Si avvia un continuo lavoro sull’identà della rivista e la qualità dei
contenuti. Grazie a migliorie organizzative e studi mirati per la pianificazione
dello sviluppo del lavoro svolto grazie al focus group, si pensa ad un piano di
sviluppo pubblicitario, di comunicazione e al restyling del sito, ora in fase di
progettazione.
Attualmente il gruppo di Hideout è composto da tutte queste persone:
Francesca Arceri, Mario Bonaldi, Giacomo Freri, Guglielmo Maggioni,
Raffaele Elia, Fabio Falzone, Lorenzo Lipparini, Alberto Brumana, Diego
Farina, Fabia Abati, Claudia Triolo, Francesca Bertazzoni, Marco Valsecchi,
Stefania di Mascolo, Osvaldo Contenti, Enrico Bocedi, Luca Bocedi, Silvia
Poli, Simone Penati, Carlo Prevosti, Enrico Presazzi, Alice Amato.