7
composizione del loro insieme nel palinsesto, e domanda, cioè consumo di quanto
la televisione offre.
Da un lato sia ha, quindi, per quanto concerne l’offerta, lo studio degli aspetti
tecnologici, economico-imprenditoriali, organizzativi del palinsesto,
socioculturale e politico-istituzionali del fare televisione, e dall’altro, hanno
rilevanza lo studio dei consumi e dei consumatori di televisione: in altri termini si
traduce nella scomposizione e nell’analisi degli elementi più semplici che
costituiscono il consumo, cioè l’ascolto, le scelte di consumo e le pratiche di
visione in relazione alle informazioni di carattere socio-demografico dei
consumatori/utenti. Entrambi i nuclei tematici hanno rilevanza per il marketing in
quanto sono legati da un rapporto che si potrebbe definire intimo”, in cui la
domanda genera l’offerta e viceversa.
In sintesi, il presente lavoro si propone l’obiettivo di analizzare, commentare ed
evidenziare le caratteristiche delle imprese televisive in generale, partendo da una
panoramica generale sulla storia e sull’evoluzione della tv pubblica per prima,
della tv commerciale poi, delle strategie assunte per competere in un mercato
complesso quale è quello televisivo fino ad effettuare un'analisi sul consumo e
sulle modalità di fruizione da parte degli spettatori.
Nella prima parte del lavoro ho ritenuto opportuno dare una visione d’insieme
della realtà televisiva, la sua storia, la sua evoluzione e i cambiamenti
fondamentali nel passaggio dalla Paleo-Tv, la tv di 30 anni, molto diversa dalla tv
odierna e nella quale i programmi e la loro disposizione nelle varie fasce orarie
veniva pensata in chiave pedagogico-educativa, alla Neo-Tv, la tv di oggi che più
si avvicina alle esigenze della tv commerciale. Ho effettuato una panoramica
sull’origine della Rai e sulla nascita della televisione commerciale, per meglio
comprendere in quale panorama competitivo operano le nostre imprese televisive.
L’adozione del modello americano di tv e la conseguente rivoluzione dei
palinsesti hanno portato ad un ribaltamento delle finalità del broadcasting
tradizionale, non più servizio pubblico ma impresa tesa al profitto, alla
massimizzazione degli ascolti e alla raccolta pubblicitaria. Cambia il ruolo della
programmazione e il suo rapporto con la produzione. La pubblicità diviene una
delle variabili strategiche fondamentali. Ho trattato quindi anche lo stretto e
8
necessario legame tra televisione e pubblicità, i meccanismi delle tipologie
pubblicitarie (spot, telepromozioni, televendite e sponsorizzazioni) e ho analizzato
le principali disposizioni in materia di pubblicità televisiva.
La parte centrale del lavoro parte da una premessa, più che generale, sul
marketing e sull’importanza della sua azione nel panorama che si è venuto a
creare con la concorrenza. Verranno distinti il marketing strategico, cioè le
operazioni di analisi del mercato, dell’ambiente e del consumatore, analisi della
concorrenza, selezione del target, misurazione e previsione della domanda,
segmentazione, “targettizazione” e posizionamento e il marketing operativo, con
il quale si intendono le operazioni relative al marketing-mix, ovvero le concezioni
del prodotto, del prezzo e della promozione.
In seguito ho approfondito le dinamiche relative ad un’impresa televisiva, ovvero
le principali funzioni e il contesto in cui opera. L’analisi dell’azienda televisiva si
basa sul fenomeno della produzione, cioè sul prodotto televisivo, costituito dal
palinsesto (l’insieme dei diversi programmi audiovisivi organizzati entro una
griglia temporale). In base alle previsioni qualitative e quantitative della domanda
del pubblico si compone l’offerta televisiva.
La costruzione del palinsesto rappresenta, soprattutto nella logica della tv
commerciale, lo strumento essenziale per la creazione del valore aggiunto.
L’impresa televisiva, la cui attività primaria è quella si predisporre un palinsesto,
si trova a dover decidere se acquistare o produrre quindi parleremo delle scelte
strategiche che le imprese sono costrette ad affrontare, valutando i costi e i rischi.
A questo punto le politiche di marketing e le strategie di vendita diventano un
aspetto fondamentale delle dinamiche competitive, mettendo in collegamento la
fase di produzione e quella di vendita e facilitando la conquista di una forte
posizione competitiva sul mercato.
Analizzando ciascun concorrente sotto il profilo dell’audience e quindi dei gruppi
di audience raggiunti, si possono identificare le categorie di concorrenti e i
meccanismi competitivi. Ho analizzato in particolare l’attività dell’azienda
televisiva del Gruppo Mediaset, soffermandomi sulla sua struttura, sulla gestione
e la realizzazione dei palinsesti, sulla produzione dei programmi e sulla gestione
9
dei diritti televisivi.
Attraverso un delineamento storico-descrittivo, delle caratteristiche dei palinsesti
nelle diverse fasi storiche (dal palinsesto paleo-televisivo a quello neo-televisivo)
si può dimostrare come l’americanizzazione (avvenuta in Italia con l’acquisto di
uno storico serial americano, di cui parlerò in seguito) abbia influenzato la
programmazione: dalla programmazione orizzontale, basata sull’unità di lavoro
giorno si è passati ad una programmazione verticale, che prende in considerazione
l’intera settimana. Inoltre la rigidità del palinsesto, adottata sempre sul modello
del network americano, dalle emittenti private ha avuto come scopo primario
quello di raggiungere due obiettivi: la forte identificazione di rete e la
simulazione, con messa in onda in contemporaneamente dei programmi, della
diretta che la legge ancora non consentiva, poiché ancora prerogativa
dell’emittenza pubblica.
Ho ritenuto oltretutto opportuno trattare l’argomento palinsesto, analizzando nello
specifico il suo contenuto, la logica su cui si basa e la sua forma perchè, lavorare
su un palinsesto, significa: assortire il più possibile programmi e titoli,
determinare gli obiettivi economici che s'intende perseguire affinché siano
coerenti con le tipologie di clienti che s'intende raggiungere e lavorare sul tempo,
scegliendo i segmenti più opportuni in cui collocare i diversi programmi, affinché
il target scelto possa effettivamente consumarli.
Nella parte finale del lavoro ho focalizzato l’attenzione sull’ascolto televisivo,
sulle tecniche di rilevazione dell’Auditel, sulla segmentazione del pubblico
televisivo in base a delle variabili specifiche. Ho ritenuto opportuno dare una
visione dei risultati che le indagini condotte dai vari Istituti di ricerca nazionali
hanno prodotto, indagini utili agli operatori di marketing che riescono, in questo
modo a classificare i target e a raggiungerli nel modo più efficace e funzionale
agli obiettivi dell'impresa.
.
10
I. BREVE ANALISI DELLA REALTÁ TELEVISIVA
1. Introduzione: il mondo televisivo
Il Novecento è il secolo in cui, nel mondo industrializzato e per la prima volta, i
prodotti dell'idea e dell'immaginazione vengono messi a disposizione di tutti
attraverso l'etere ed assumono un ruolo centrale nella vita delle masse.
Essi costituiscono ormai una risorsa economicamente rilevante e condizionano il
comportamento, il gusto e la mentalità di ogni individuo: la storia delle
comunicazioni di massa è la storia della società del XX secolo.
Fra i prodotti della cultura popolare, concepita e realizzata per il popolo e per le
masse, la televisione più degli altri mezzi ha determinato la fisionomia
dell'immaginario sociale. Essa rappresenta l'agente principale attraverso il quale la
modernità è entrata nelle nostre case, nella nostra intimità èd è riuscita a
concentrarsi nella dimensione pervasiva e invasiva dell'ascolto televisivo
1
. Nel
corso degli anni, dalla sua nascita nelle seconda metà del Novecento ad oggi, la
televisione ha conquistato lo scenario sociale, politico ed economico, diventando
un mezzo potente e complesso; ha attraversato vicende travagliate con la sua
normativa imperfetta e mai definita. Numerosi sono gli studi che hanno
interessato il settore della comunicazione in generale e in particolare quello
televisivo, numerosi i dibattiti, le critiche nonché i tentativi di assoggettarla al
potere politico. La televisione stessa è potere, potere di scandire le nostre giornate,
potere di accompagnarci nelle nostre abitudini quotidiane, potere di convincere e
"far desiderare", potere di collocarsi tra la vita privata e la vita pubblica degli
individui, è il mezzo attraverso il quale tutti possiamo, senza distinzione,
partecipare alla vita pubblica. È una rivoluzione storica che ha guidato le
trasformazioni del senso comune che i processi sociali degli anni '50 richiedevano,
ha contribuito ad unificare le lingue nazionali, superando particolarismi e dialetti,
ha costituito, in un certo senso, una forma di socializzazione e di educazione alla
vita urbana, di "costruzione di società".
1
Cfr. Monteleone F., 1992
11
Nel mondo ci sono oggi oltre un miliardo di apparecchi televisivi, 325 milioni in
Europa, 30 milioni in Italia. In 8 case su 10, nel mondo, c'è un televisore. 200
satelliti diffondono programmi televisivi sopra le nostre teste. Almeno un miliardo
di esseri umani guarda la televisione ogni giorno. Le dimensioni raggiunte dal
fenomeno televisivo sono quindi imponenti; nessun altro fra i mass media
raggiunge una platea così vasta, né il cinema, né altre forme di spettacolo dal vivo
o riprodotto, né giornali quotidiani o settimanali
2
.
2. Origini della televisione: cenni storici
La televisione è un fenomeno recente che si colloca tutto nella seconda metà del
XX secolo. Per tutti gli anni '30 in vari paesi (Inghilterra, Stati Uniti, Francia,
Germania, Unione Sovietica e Italia) si effettuarono esperimenti che portarono
all'inizio ufficiale delle trasmissioni. La seconda guerra mondiale bloccò tutto,
infatti, nella forma in cui la conosciamo, la televisione è "figlia del dopoguerra". Il
suo sviluppo fu, da quel momento in poi, rapidissimo in tutto il mondo. La
televisione è un servizio a "rete", non si tratta però di una rete, come quella del
telefono, simmetrica e bidirezionale in cui si può chiamare ed ascoltare allo stesso
tempo, ma una rete piramidale unidirezionale, chiamata, con il termine inglese
broadcasting, vale a dire diffusione larga. Gli utenti possono soltanto ricevere e
non comunicare con la stazione televisiva, né tra loro. Inizialmente la trasmissione
avveniva solo via etere, cioè utilizzando le onde hertziane, successivamente il
segnale è stato irradiato via cavo, poi via satellite.
Alla fine degli anni '40, la televisione esisteva solo in quattro paesi al mondo, Stati
Uniti, Inghilterra, Francia, Unione Sovietica, le potenze vincitrici della seconda
guerra mondiale. Gli apparati di ripresa e trasmissioni erano all'epoca molto
costosi e non accessibili a tutti, oltretutto la copertura del territorio rappresentava
un problema con il quale confrontarsi necessariamente poiché il territorio
necessita assolutamente di una capillare rete di distribuzione del segnale,
costituita da impianti fissi di trasmissione o ripetizione. La televisione nasce
quindi negli stati più importanti e, al loro interno, nelle grandi città.
Successivamente si estende alle altre nazioni e dalle città arriva alle campagne; si
2
Cfr. Menduni E, 2003
12
diffonde inizialmente nelle famiglie benestanti per poi estendersi anche a quelle
meno abbienti che prima fruivano la televisione in locali collettivi come bar e
ritrovi. Un processo così complesso impiegò, su scala mondiale un tempo molto
breve: meno di un ventennio. Prima del 1960 la tv era arrivata in 56 paesi, nel
1970 invece, i paesi dotati di televisione erano praticamente raddoppiati.
Nonostante il differente sviluppo nei tanti paesi, qualcosa accomuna l'esperienza
televisiva in contesto così vari: la capacità di questo mezzo di modificare ovunque
abitudini e stili di vita personale e familiari, di suscitare attenzione intorno a sé e
di proporre modelli comportamento, di rappresentare una forma significativa di un
uso quotidiano del tempo, e di costituire un punto di riferimento per chi la guarda.
Se la radio è stata la prima forma di broadcasting, la televisione nasce come il suo
perfezionamento, un sistema di trasmissioni di immagini e suoni allo stesso
tempo
3
.
Per quanto riguarda il contesto televisivo italiano, nel corso di 50 anni, la
televisione ha superato due fasi distinte, che ne hanno scandito la storia: dalle
origini agli anni Settanta e l'avvento delle televisioni commerciali; attualmente è
giunta nella terza fase, quella dell'abbondanza.
La prima fase, dalle origini agli anni Settanta o agli inizi degli anni Ottanta, è stata
quella della scarsità dello spettro distributivo e dell'offerta di contenuti: un
numero limitato di canali e di ore di programmazione nell'arco della giornata. In
Italia, questo periodo ha coinciso con il monopolio del servizio pubblico.
La seconda fase si è aperta con l'avvento delle televisioni commerciali ed è stata
sostanzialmente una fase di crescita: un numero esteso e variegato di canali si è
reso disponibile alla scelta degli spettatori, si è accesa la competizione per la
conquista dell'audience che si è distribuita in diversa misura entro l'ampia
articolazione dello spettro (sei reti nazionali e numerose reti locali).
Negli anni Novanta, sebbene con ritmi e tempi diversi nei vari paesi, si è avviata
la terza fase: quella dell'abbondanza, caratterizzata dall'avvento delle tecnologie e
dalla sinergica combinazione tra satellite e digitale, dalla moltiplicazione dei
canali, dalla diversificazione delle modalità d'accesso ai contenuti televisivi e
dalla tendenza alla segmentazione dell'audience. In questa fase comincia ad essere
3
Cfr. Menduni E, 2003
13
di vitale importanza la capacità per le emittenti di sopperire al fenomeno della
povertà dei contenuti causata dall'aumento dei canali. Così, con il proliferare dei
canali via cavo e via satellite, ad un'offerta televisiva free si affianca l'offerta
televisiva pay. Televisione free e pay ormai convivono all'interno degli stessi
sistemi televisivi, all'interno delle stesse abitazioni multi-canale. L'avvento di
questa nuova tipologia d'offerta ha influenzato fortemente il modo di fare
televisione
4
.
Per quanto riguarda i contenuti, cioè l'offerta televisiva, si possono individuare
altri tre differenti periodi nella storia della televisione: il periodo del palinsesto
pedagogizzante, il periodo del palinsesto dei partiti e il periodo del sistema misto
5
.
I primi due si collocano nel periodo che va dall'origine della Rai alla riforma del
1975, il terzo coincide con l'avvento del sistema misto. Per meglio comprendere
l'evoluzione in termini anche e soprattutto politici, di questo potente mezzo,
risulta necessario ripercorrere la storia, a sommi capi, dei due gruppi televisivi
padroni dello scenario televisivo del nostro paese: Rai e Mediaset.
2.1. Il servizio pubblico radiotelevisivo: la Rai
Dopo la caduta del regime fascista, l'EIAR (Ente Italiano per le Audizioni
Radiofoniche), denominazione assunta dall'Ente Radiofonico di Stato tra il 1928 e
il 1944, il 26 ottobre 1944 si trasforma in RAI (Radio Audizioni Italia). Il servizio
televisivo è svolto in regime di monopolio, una convenzione ventennale con lo
Stato nel 1952, affida alla RAI la mission di servizio pubblico
6
. Il concetto di
servizio pubblico si giustifica sui principi della neonata Costituzione
Repubblicana: la legittimità del monopolio si basa sull'idea che "ai fini di utilità
generale la legge può riservare (…) allo Stato (…) determinate imprese che si
riferiscano a determinati servizi pubblici essenziali (…) ed abbiamo carattere di
preminente interesse generale (art. 43). Questa affermazione non è in
contraddizione con gli articoli costituzionali di tutela della libertà di pensiero,
4
Cfr. Buonanno M., 2002
5
Cfr. Mancini P., 2000
6
Il concetto di servizio pubblico si fonda sull'idea che la produzione e la diffusione di programmi
radiofonici e televisivi su tutto il servizio, su tutto il territorio, costituisca un "bene pubblico",
d'importanza nazionale, di cui lo Stato si fa garante, e non un fatto privato, interamente demandato
al mercato. Cfr. Grasso A., 2002
14
d'espressione dell'arte e della scienza, di iniziativa economica (art.21, 23, 41) ma è
caratterizzata da una riformulazione del concetto nel dopoguerra, ispirata da ideali
democratici: assicurare un servizio radiofonico e televisivo accessibile a tutti,
sull'intero territorio nazionale, concorrere alla crescita culturale del paese,
concorrere alla formazione di un'opinione pubblica consapevole, garantendo
accesso e visibilità alle diverse forze politiche e culturali presenti nella società e
rappresentando i fatti con imparzialità e completezza, preservando le minoranze,
sempre sulla base della Costituzione.
Quando nasce, quindi nel '54, la televisione risente dell'influsso cattolico e
proseguendo per almeno un biennio, il controllo della Dc sulla Rai è
marcatamente caratterizzato da una forte influenza dell'Azione cattolica. Il
carattere pedagogizzante di questi primi anni è in stretta relazione quindi con la
cultura cattolica all'interno della quale la televisione nasce e si sviluppa. Il mondo
cattolico appare spaventato dagli scenari che la televisione sta aprendo nella
società, dalla possibilità che possa diffondere contenuti e valori non cristiani e,
allo stesso tempo, speranzoso della grande potenzialità dei mass media nella
diffusione dell'evangelizzazione e della morale cattolica. I timori e le speranze
sono condivisi anche dal mondo dell'intellettualità italiana e dalla sinistra:
speranza della funzione educativa, paura di un uso egemonico della televisione da
parte dei gruppi dominanti. Nel 1961 Ettore Bernabei viene nominato Direttore
generale della RAI, rimarrà in carica fino al 1974. Nei quattordici anni della sua
dirigenza ha seguito una politica di autoritarismo illuminato, ha potenziato
l'azienda dotandola di professionalità, di una struttura e di un'organizzazione che
rimarrà inalterata per decenni
7
. L'obiettivo di fare della RAI una delle maggiori
televisioni al mondo è stato perseguito con tenacia attraverso una politica di
nomine e assunzioni, tesa a compiacere il potere politico e ingenti investimenti
che hanno determinato un forte aggravamento del deficit dell'azienda. Bernabei ha
abbandonato la RAI in seguito alla riforma del 1975, quando la televisione è stata
sottratta al monopolio della Dc per garantirne un controllo più esteso da parte del
Parlamento.
In questo periodo, caratterizzato dalla combinazione tra fattori politici, modelli
7
Cfr. Mancini P., 2000
15
culturali, religiosi e storie personali, si dispiega quella che viene definita
programmazione pedagogizzante: in sostanza, la radio e la televisione devono
servire come strumenti di educazione e di veicolazione culturale. La presenza di
forze politiche e culturali molto forti fa sì che questi dettino i valori a cui la
programmazione deve ispirarsi
8
.
Sul finire degli anni Sessanta il quadro politico muta, le forze della sinistra
acquistano potere e sembrano sempre più prendere consapevolezza del potere
della televisione. Con la vittoria nel 1975 delle elezioni da parte della sinistra in
tutte le maggiori città italiane, si assiste all'indebolimento dei poteri della Dc,
diminuisce la capacità che essa aveva di imporsi sulle scelte radiotelevisive. Si
assiste allo sganciamento della società italiana dal rispetto delle direttive imposte
dalla gerarchia cattolica e sembrano scomparire quei valori universalmente
riconosciuti che avevano, fino a quel momento, caratterizzato la funzione
pedagogica di radio e tv.
Con l'istituzione delle regioni, nel 1970, si frammenta ulteriormente il quadro
politico, la Dc continua ad indebolirsi e le Regioni, appoggiate dalla sinistra
spingono affinché si ponga fine al monopolio e venga data attuazione alla riforma
del 1975. Con l'effettiva attuazione della riforma, il passaggio del controllo sul
sistema radiotelevisivo passa dal Governo al Parlamento. La commissione
parlamentare rappresenta lo specchio della rappresentanza politica all'interno del
Parlamento e si trasferisce all'interno dell'apparato della RAI con la nomina degli
organismi dirigenti. Alla parola palinsesto pedagogizzante si sostituisce quella di
pluralismo. Il compito della RAI ora è dare spazio alle voci che compongono le
fila del pluralismo sociale, politico e culturale. Da questo momento in poi, l'unica
preoccupazione dei partiti sarà quella di avere un proprio spazio nella
programmazione RAI e dei rappresentanti nel suo organigramma. Si fa strada il
periodo che, dopo la riforma, fu chiamato periodo dei partiti. In pratica la riforma
ha gettato le basi di quella che sarebbe stata nominata la lottizzazione
istituzionalizzata: ad ogni partito che compone la maggioranza di governo e ad
alcuni partiti dell'opposizione spettano fette del potere RAI, proporzionate alla
8
Cfr. Mancini P., 2000
16
loro rappresentanza politica.
9
Per estensione, il termine lottizzazione indica la pratica politica di spartizione
delle cariche in enti pubblici o soggetti a controllo pubblico, effettuata non in base
al criterio della competenza professionale, ma tenendo esclusivamente conto
dell'appartenenza e della fedeltà a partiti e gruppi politici. In pratica Raiuno viene
assegnata alla Dc, Raiudue al Psi, Raitre al Pci
10
. Numerose furono le critiche e le
riserve avanzate anche se, effettivamente, la lottizzazione rispondeva ad una
logica del "pluralismo in un'unica azienda".
Nel 1976, a distanza di solo un anno dalla riforma, questa risultava già
pienamente superata. La sentenza n.202 del 1976, dichiarando costituzionalmente
illegittimi alcuni articoli della precedente riforma, rivoluziona l'intero quadro
normativo, dichiara legittime le emittenti private operanti localmente via etere e al
tempo stesso dispone che venga istituito un sistema di autorizzazioni all'esercizio
dell'attività televisiva, tale da salvaguardare il sorgere di concentrazioni. Lo
scenario muta notevolmente, le circostanze e la normativa, operante a fatti già
compiuti, aprono la strada alla costituzione di quello che sarà il nostro sistema
attuale: il sistema misto.
2.2. La riforma RAI del 1975
Il 14 aprile 1975 viene promulgata la legge n.103, denominata legge di riforma
RAI, in gran parte ispirata ai criteri indicati dalle due sentenze del 1974
11
che
hanno visto, nei mesi successivi alla loro attuazione, il proliferare di una miriade
di emittenti private via cavo
12
, forti della legittimazione costituzionale.
9
Cfr. Mancini P., 2000
10
Cfr. Grasso A., 2002
11
Con la sent. N. 225/74 la Corte Costituzionale ribadisce per l'ennesima volta la legittimità del
monopolio statale sulle trasmissioni via etere, segnalando allo stesso tempo l'illiceità di un
meccanismo tale da non consentire garanzie di imparzialità e di accessibilità all'informazione e
alla cultura, e traendone come conseguenza, l'illegittimità della trasmissione in Italia di programmi
esteri il cui offuscamento avrebbe costituito un ostacolo "alla libera circolazione delle idee", non
giustificato, in tal caso, dalla limitatezza dei canali utilizzati dal nostro paese. Con la sentenza
226/74, originata principalmente dalle richieste giudiziarie di numerose emittenti operanti via
cavo, viene sancito il principio innovativo che la riserva statale sulle telecomunicazioni non può
estendersi alle televisioni via cavo che operano in ambito locale, nel quale l'iniziativa privata può
tranquillamente svolgersi senza rischi di tipo oligopolistico, date le modeste risorse a disposizione.
12
È importante segnalare tra queste, la nascita nel mese di settembre dello stesso anno, di
TeleMilano, emittente voluta dall'imprenditore Silvio Berlusconi al servizio del quartiere di
Milano2.
17
In primo luogo, la legge di riforma, dopo aver ribadito la riserva a favore dello
stato delle trasmissioni radiotelevisive "su scala nazionale", afferma il principio
secondo il quale, tale funzione, deve essere esplicata con mezzi che garantiscano
"indipendenza, obiettività e apertura alle diverse tendenze politiche, sociali e
culturali". A questo scopo, la legge attribuisce la gestione dell'ente
concessionario
13
ad un Consiglio d'Amministrazione composto di 16 membri, 6
dei quali eletti dall'assemblea dei soci (SIAE e IRI) e 10 dalla Commissione
parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi,
organo i cui membri sono designati pariteticamente dai presidenti delle due
Camere del parlamento, tra i rappresentanti di tutti i gruppi parlamentari. A tale
commissione sono affidati tutti i compiti di programmazione e di controllo della
neoriformata RAI.
L'innovazione fondamentale della riforma consiste nel passaggio del controllo del
sistema radiotelevisivo dal potere esecutivo, vale a dire il governo per
disposizione di Mussolini, al potere legislativo, il parlamento, la cui composizione
elettiva sembra offrire maggiori garanzie di rispetto dei criteri pluralistici indicati
dalla Corte Costituzionale.
In secondo luogo, la legge contiene la duplice previsione dell'istituzione di una
terza rete pubblica e dell'autorizzazione per l'esercizio da concedere alle emittenti
private via cavo, il cui bacino d'utenza non superi i 150.000 abitanti, con assoluto
divieto di interconnessione per trasmissione contemporanea tra le reti. Infine la
legge sancisce il diritto alla diffusione nel nostro paese di programmi di organismi
esteri.
Non si può ignorare che il quadro legislativo appena disegnato risulti di fatto già
superato dalla realtà dei fatti: le televisioni via cavo appena legalizzate, infatti,
erano state già soppiantate dalle emittenti via etere che già risultavano operanti.
Con la sentenza n.202 del 1976, già accennata nel paragrafo precedente, si apre il
periodo indicato comunemente con il termine deregulation, a sottolineare la
carenza della legislazione nel settore. Si assiste da questo momento in poi ad una
rincorsa per accaparrarsi le frequenze rimaste libere.
13
La convenzione avrà la durata di 6 anni e potrà avvalersi, a integrazione del canone di
abbonamento, dei proventi della pubblicità, purchè la pubblicità non superi il 5% della durata delle
trasmissioni.
18
2.3. La televisione commerciale: Mediaset
I vuoti incolmabili e i varchi aperti dalla normativa insufficiente nel settore non
avevano fatto altro che spianare la strada ad una miriade di emittenti televisive
private. Nel 1978 si calcola che queste siano addirittura superiori alle 400. Esse
costituiscono ormai un fenomeno di costume: creatività, localismo, precarietà dei
mezzi utilizzati, qualche trasgressione e forme di commercializzazione, ne
rappresentano le caratteristiche preminenti della loro programmazione, al quale il
pubblico si accosta con grande curiosità.
La natura commerciale della televisione privata è la caratteristica maggiormente
in evidenza. Essa appare subito con le aste televisive di ogni tipo di prodotto:
telefonando da casa "al numero in sovrimpressione" si partecipa ad un'asta in cui
le offerte fanno salire continuamente il prezzo, senza alcuna garanzia per il
compratore. Messa sotto osservazione dalla pubblica sicurezza, che la ritengono
illegale, l'asta evolve nella televendita. La congenialità tra la tv locale e la vendita
è strettissima all'inizio e tale rimarrà in seguito
14
. La particolare natura del mezzo
televisivo e l'uso del telefono consentono una gestione orale di transazioni che si
fondano generalmente su contratti scritti, controlli e verifiche. Di fronte al potere
dell'oralità televisiva molti consumatori abbandonano le iniziali diffidenze. Dove
è necessario toccare con mano, si sviluppa una forma diversa di vendita: la
telepromozione. In cui il banditore deve convincere i clienti a venire a vedere di
persona.
La televisione privata ha concesso grande spazio anche a maghi, astrologi e
occultisti, cui l'impostazione pedagogica della Rai aveva sbarrato ovviamente la
strada. A tarda sera vanno in onda le trasgressioni, spogliarelli improvvisati,
servizi su locali notturni; complessivamente la programmazione locale privata dà
spazio ad un'Italia minore, provinciale ma non più povera e finalmente ansiosa di
accedere maggiormente ai consumi.
Nel settembre 1978, ben tre anni dopo la riforma, la situazione stava per mutare
irreversibilmente. TeleMilanocavo, la rete via cavo operante nel solo quartiere di
Milano 2, si converte alla trasmissione via etere, grazie alla consulenza tecnica
della Società Elettronica Industriale di Adriano Galliani, e acquista una nuova
14
Si pensi che ancora nel 1993, le entrate da televendite costituivano ancora il 36% delle entrate
dell'universo televisivo locale. Cfr. Menduni E., 2002.
19
denominazione: TeleMilano 58. Intanto una minuscola società a responsabilità
limitata, la Fininvest, finanziaria d'investimento con sede a Roma, viene
trasformata nella Fininvest Spa, capitale 52 miliardi, con sede a Milano. Gli studi
di Telemilano sono a Milano 2, la dotazione tecnica risulta abbastanza discreta e
lo staff è composto da circa 40 persone, la pubblicità è affidata alla concessionaria
cattolica Publipei ma sostanzialmente si tratta ancora di una televisione come le
altre, almeno per il momento.
Nel 1979 Berlusconi costituisce una società per la commercializzazione dei
programmi televisivi, Reteitalia. La prima operazione è l'acquisto della società
cinematografica Titanus e di un ampio stock di film. Altri acquisti di telefilm,
cartoni animati e serie tv, vanno ad incrementare un magazzino che permette una
programmazione di qualità indubbiamente superiore rispetto alle altre televisioni
private. Nel settembre dello stesso anno, Berlusconi costituisce una propria
concessionaria pubblicitaria, Publitalia '80.
Publitalia comincia a raccogliere pubblicità in modo nuovo, puntando sul fatto che
la tv si rivolge ad un pubblico di massa, in cui abbondano i "non lettori", le
casalinghe e la parte di popolazione poca ricettiva alla pubblicità sui giornali.
Questo rende la pubblicità televisiva utile soprattutto a quelle aziende che devono
commercializzare beni di largo consumo. Publitalia raccoglieva diversi investitori,
le medie industrie a cui la Sipra, concessionaria Rai, negava l'accesso alle reti
pubbliche per motivi politici e burocratici, e gli imprenditori emergenti. A loro la
concessionaria offre la consulenza necessaria a girare gli spot televisivi ed
un'assistenza continua dopo l'investimento. Nasce un circuito che raggruppa ben 5
emittenti private al nord e 5 al sud, nel frattempo Berlusconi acquista il 50% di
Elettronica Industriale (1980). Quando, nel 1980, venne chiamato a dirigere i
palinsesti Mike Bongiorno, volto noto della Rai, Telemilano 58 venne denominata
Canale5
15
. Nel frattempo l'editore Rusconi, in gravi difficoltà economiche, è
costretto a vendere alla Fininvest il suo network Italia1, inaugurato il 1 gennaio
del 1982, che raccoglie 6 emittenti e 17 affiliate. Mondadori non avrà maggior
fortuna con la sua impresa televisiva, nonostante sia una rete con modesti ascolti e
di stampo raffinato, nonostante ingaggi grandi nomi dell'informazione, le spese
15
Cfr. Menduni E., 2002
20
generali sono alle stelle e le perdite risultano così ingenti da costringere alla
vendita. L'unico acquirente interessato è la Fininvest. Nell'agosto del 1984, Silvio
Berlusconi acquista le antenne, le attrezzature e il magazzino programmi e il
marchio, ma non acquista Retequattro S.r.l, le cui perdite restano accollate alla
Mondadori. Con l'acquisto dei due network ormai la Fininvest ha lo stesso numero
di reti televisive della Rai, una raccolta pubblicitaria superiore, con ascolti del
40%, mentre il fatturato di Publitalia supera notevolmente quello della Sipra
16
.
L'anno 1984 può essere considerato come la data d'inizio del duopolio televisivo
italiano.
Nello stesso anno, la Magistratura, che considera illegittima la ripetizione dei
segnali in contemporanea, la blocca. Il tutto si capovolge in un successo per
Berlusconi perché il Governo Craxi riesce a far approvare la seconda versione di
un suo decreto (L.10/85
17
), con una piena legittimazione delle reti Fininvest,
offrendo alle altre parti contropartite nel servizio pubblico. La televisione italiana
è un duopolio tra la Rai e Fininvest; la Rai blocca nel frattempo l'emorragia degli
ascolti trasformando la terza rete, culturale e decentrata, in un'emittente aggressiva
e di qualità.
Solo nel 1990 si arriva a una modesta soluzione legislativa, dopo quattordici anni
di vuoto legislativo, la legge Mammì legittima il duopolio, introduce la figura del
Garante per la Radiodiffusione e le misure antitrust
18
. Il cavo è di fatto ancora
16
Cfr. Menduni E., 2002
17
La legge n.10 del 4 febbario 1985, la cosiddetta "legge Berlusconi", converte definitivamente
l'ultimo dei decreti precedenti, a conclusione di una spro dibattito parlamentare, consentendo in via
provvisoria, fno all'approvaizione della legge generale sul sistema radiotelevisivo, la prosecuzione
dell'attività delle singole emittenti televisive private operanti sul territorio nazionale. La legge
prevede comunque un termine di efficacia delle proprie disposizioni, termine che tuttavia il
governo alla scadenza rinvierà, considerate le enormi difficoltà di percorso incontrate dai progetti
di legge in materia presentati in parlamento nel corso dei successivi 1986 e 1987.
18
La legge n.223 del 5 agosto 1990, detta legge Mammì, elaborata dal Ministro delle Poste e
Telecomunicazioni dopo un lungo periodo di deregulation, costituisce la prima legge che regola in
maniera organica il sistema radiotelevisivo, riconoscendo, accanto alla già esistente attività
pubblica, l'iniziativa dei privati e il loro valore, locale e nazionale, e di conseguenza la nascita del
"sistema misto" radiotelevisivo. La normativa stabilisce i principi generali dell'antitrust: nessun
soggetto può possedere più di tre televisioni nazionali, chi ha tre reti non può avere la proprietà di
alcun giornale, chi ha due reti può possedere solo quotidiani che non superino l'8% della tiratura
nazionale annua, chi possiede una sola rete può avere la proprietà di quotidiani con tiratura al
massimo del 16% e chi non possiede televisioni può avere la proprietà di quotidiani con tiratura
nazionale fino al 20%. Il 20% è la soglia massima di fatturato nel campo dei mass media. Per
quanto riguarda la pubblicità vengono stabilite delle limitazioni essenziali, vedi § 3 di questo cap.
Anche le tv private avranno diritto alla diretta e ogni rete nazionale assume l'obbligo di trasmettere
un proprio telegiornale. La legge istituisce la figura del Garante della Radiodiffusione e l'editoria,