Capitolo I
conseguente crisi istituzionale scatenatasi dal 1956. Si può anzi
sostenere che la Costituzione del 1958 nasceva in un clima ostile
all’integrazione europea, intrisa com’era dell’ideale giacobino della
sovranità nazionale
1
.
Il Trattato di Roma che istituiva la Comunità
Economica Europea, pur firmato anche dalla Francia il 25 Marzo
1957 e non ancora in vigore al momento dell’elaborazione della
nuova Costituzione, non ebbe quindi, per i detti motivi, alcuna
conseguenza teorica e normativa nel testo costituzionale.
Quest’ultimo si presentava, così, di fatto, poco o nulla adatto
all’integrazione nel sistema francese, non tanto dei trattati in
generale, quanto piuttosto di quelli inerenti allo sviluppo della
cooperazione europea.
1
J. PETOT, L’Europe, la France et son Président, « Revue du droit public et de la science politique en
France et a l’étranger », 1993, pp. 355-356 ; altri sottolineano la stridente contraddizione tra la posizione di
de Gaulle e dei partiti a lui vicini, fortemente critica verso l’integrazione europea e le cessioni di sovranità,
e il ruolo che il Generale inevitabilmente dovette avere nella firma e applicazione dei Trattati di Roma, ivi
comprese alcune importanti inevitabili cessioni di sovranità. Certo de Gaulle avrebbe successivamente
ostacolato ogni forma di integrazione in senso federale. Cfr. G. D. LAVROFF, Le droit constitutionnel de la
5ème République, Paris, Dalloz, 1995, p. 661.
Capitolo I
Si può osservare come in esso fosse previsto
l’inquadramento della materia dei trattati internazionali in generale
agli articoli 5, 11, 52, 53, 54, 55
2
, ma nessuna norma che
prevedesse il trasferimento di diritti sovrani a istituzioni
internazionali, se si eccettua il rinvio al preambolo della
Costituzione del 1946
3
, che però faceva riferimento
“all’organizzazione e alla difesa della pace” e, comunque, “sotto
riserva di reciprocità”; norme, queste, difficilmente utilizzabili per
l’integrazione europea.
2
Secondo l’articolo 5 “Il Presidente della Repubblica garantisce il rispetto della Costituzione. Mediante il
suo arbitrato, assicura il regolare funzionamento dei poteri pubblici e la continuità dello Stato. E’ garante
della indipendenza nazionale, della integrità del territorio e del rispetto dei trattati” Secondo l’articolo 11
“Il Presidente della Repubblica, su proposta del Governo durante le sessioni o su proposta congiunta delle
due assemblee, pubblicate sul Journal officiel, può sottoporre a referendum ogni disegno di legge
concernente l'ordinamento dei pubblici poteri, le riforme relative alla politica economica o sociale della
Nazione ed ai servizi pubblici che vi concorrono, o tendente ad autorizzare la ratifica di un trattato che,
senza essere contrario alla Costituzione, potrebbe comunque incidere sul funzionamento delle istituzioni.
Quando il referendum è indetto su proposta del Governo, questi fa, dinanzi a ciascuna assemblea, una
dichiarazione che è seguita da un dibattito. Quando il referendum porta all'adozione del disegno di legge, il
Presidente della Repubblica promulga la legge entro quindici giorni dalla proclamazione dei risultati della
consultazione.” Secondo l’articolo 52 “Il Presidente della Repubblica negozia e ratifica i trattati. È
informato di ogni negoziato tendente alla conclusione di un accordo internazionale per il quale non è
richiesta ratifica.” Secondo l’articolo 53 “I trattati di pace, i trattati di commercio, i trattati o accordi
relativi all'organizzazione internazionale, quelli che impegnano le finanze dello Stato, quelli che
modificano disposizioni di natura legislativa, quelli relativi allo status delle persone e quelli che
comportano cessione, scambio o aggregazione di territori, possono essere ratificati o approvati solo in virtù
di una legge. Essi entrano in vigore solo dopo la ratifica o l'approvazione. Nessuna cessione, scambio e
aggregazione di territorio sono valide senza il consenso delle popolazioni interessate.” Secondo l’art. 54
“Qualora il Consiglio costituzionale, incaricato dal Presidente della Repubblica, dal Primo ministro, dal
Presidente di una delle due assemblee, da sessanta deputati o sessanta senatori, dichiari che un impegno
internazionale contiene clausole contrarie alla Costituzione, l'autorizzazione a ratificare o ad approvare
l'impegno internazionale in questione può intervenire solo dopo revisione della Costituzione.” Secondo
l’articolo 55 “I trattati o accordi regolarmente ratificati o approvati hanno, una volta pubblicati, efficacia
superiore a quella delle leggi, con riserva, per ciascuno accordo o trattato, della sua applicazione dall'altra
parte”. Ciò costituisce, tra l’altro, una limitazione delle prerogative parlamentari. I trattati internazionali
prevalgono, dunque, anche sui regolamenti interni delle Camere. Si veda al proposito il § 3.1.2. Cfr. G. D.
LAVROFF, Le droit constitutionnel de la 5ème République, Paris, Dalloz, 1995, p. 677 e 679.
3
Si veda l’Appendice
Capitolo I
Oltre a ciò la formulazione dell’articolo 3
4
, comma
I, secondo il quale “La sovranità nazionale appartiene al popolo…”
escludeva ogni forma di cessione della medesima.
Si aggiunga: l’articolo 5, comma II, che individua il
Capo dello Stato come “garante dell’indipendenza nazionale”, che,
se minacciata, lo autorizza all’assunzione dei poteri eccezionali di
cui all’articolo 16
5
, l’articolo 54
6
che subordina la ratifica dei
trattati dichiarati contrari alla Costituzione dal Conseil
Constitutionnel a una modifica della stessa, ben difficilmente
ipotizzabile in un sistema politico fondato sui presupposti appena
enunciati, stante ovviamente la necessità, per l’adozione di tale
4
Secondo l’articolo 3, comma I, “La sovranità nazionale appartiene al popolo che la esercita per mezzo dei
suoi rappresentanti e mediante referendum”
5
Secondo l’articolo 16 “Quando le istituzioni della Repubblica, l'indipendenza della nazione, l'integrità del
territorio o l'esecuzione degli impegni internazionali sono minacciati in maniera grave ed immediata e il
regolare funzionamento dei poteri pubblici costituzionali è interrotto, il Presidente della Repubblica adotta
le misure richieste dalle circostanze dopo aver ufficialmente consultato il Primo ministro, i Presidenti delle
assemblee ed il Presidente del Consiglio costituzionale. Egli ne informa la nazione con un messaggio. Tali
misure devono essere ispirate dalla volontà di assicurare ai poteri pubblici costituzionali, nel minor tempo
possibile, i mezzi necessari per provvedere ai loro compiti. Il Consiglio costituzionale è consultato al
riguardo. Il Parlamento si riunisce di pieno diritto. L'Assemblea nazionale non può essere sciolta durante
l'esercizio dei poteri eccezionali.”
6
E’ questo l’altro fondamentale strumento nelle mani del Presidente della Repubblica che entra in stretta
correlazione col potere estero e sul quale ci soffermeremo più avanti. Basti qui sottolineare come in virtù di
esso si impegni di fatto il Capo dello Stato a occuparsi della materia della ratifica dei trattati in maniera
minuziosa e fino alla sua conclusione nel caso di quei trattati che implichino la preventiva riforma della
Costituzione per la loro integrazione nel sistema francese. Tale norma è quasi certamente destinata a
rimanere a lungo lo strumento ideale per risolvere i conflitti tra i trattati e le norme costituzionali,
nonostante la recente riforma (legge costituzionale n° 92-554 del 25 Giugno 1992) che ha esteso l’adizione
del Conseil Constitutionnel a 60 deputati o 60 senatori. Ne è un esempio l’adizione del 13 Agosto 1992 che
sembra indicare come tale ultimo percorso sia più adatto ad essere seguito nello spirito di una verifica delle
applicazioni di sentenze costituzionali emesse in virtù di una precedente adizione del Conseil ad opera del
Capo dello Stato. Si veda il paragrafo 1.2.2 e L. FAVOREU, P. GAÏA, Les décisions du conseil
constitutionnel relatives au traité sur l’Union européenne, « revue française de droit constitutionnel »,
1992, vol. 11, p. 399
Capitolo I
riforma, dell’essenziale concorso delle due Camere
7
; infine
l’articolo 11 dava con il referendum uno strumento in più al Capo
dello Stato, rispetto all’appena citato articolo 54, per porre in
questione anche i trattati che non siano contrari alla Costituzione.
In effetti la dottrina costituzionale e il sistema
politico francese, anche per una pregressa tradizione culturale,
continuarono per i decenni successivi a svilupparsi tenendo in
scarsa considerazione le conseguenze dell’adesione alla C.E.E., che
pure andava significativamente sempre più ad incidere negli anni
con le sue strutture all’interno di quelle degli Stati membri.
Tale quadro ha resistito per un periodo
incredibilmente lungo, finchè ha dovuto, per forza di cose, subire
un parziale cambiamento in occasione di importanti riforme
comunitarie negli anni Settanta
8
e una trasformazione assai più
profonda, come vedremo in seguito, con la necessità di ratificare il
Trattato di Maastricht firmato il 7 Febbraio 1992.
7
Si noti come l’articolo 55 preveda che i trattati abbiano all’interno del sistema francese rango superiore a
quello delle leggi, ma sempre sotto riserva di reciprocità; ciò con l’evidente intento di conciliare il
principio di preminenza del diritto internazionale con la volontà di creare un ostacolo ai trattati implicanti
cessioni unilaterali di sovranità, che altri non sono che quelli relativi all’integrazione europea. Cfr. J.
PETOT, L’Europe, la France et son Président, « Revue du droit public et de la science politique en France
et a l’étranger », 1993, pp. 355
8
In occasione della riforma del sistema di finanziamento delle Comunità europee con l’istituzione delle
cosiddette “Risorse proprie” e in occasione dell’istituzione del suffragio universale diretto per l’elezione
del Parlamento europeo e delle relative importanti sentenze del Conseil Constitutionnel del 1970 e 1976
(Cfr. le décisions 70-39 DC del 19 Giugno 1970 e 76-71 DC del 30 Dicembre 1976)
Capitolo I
Oggi non possiamo più capire la dinamica
costituzionale della Quinta Repubblica senza conoscere
l’organizzazione istituzionale europea, stanti le crescenti ricadute
ordinamentali del suo funzionamento e la continua produzione di
norme comunitarie alla adozione delle quali le istituzioni francesi, e
non solo esse, non possono più sottrarsi.
I riflessi dell’integrazione europea sull’assetto
costituzionale francese rivestono poi un’importanza, se possibile,
ancora maggiore quando si vada a considerare come, anche per
compensare l’inadeguatezza del testo costituzionale sopra citata
9
, la
quasi totalità delle iniziative francesi di sostegno alla cooperazione
comunitaria sia stata intrapresa, al di là delle formali dichiarazioni
di ossequio alla sovranità parlamentare, dal Presidente della
Repubblica, il cui ruolo interno oltre che estero è stato quindi
esaltato, oltre che dalla prassi costituzionale francese in sé, anche
dagli impegni comunitari.
9
E per contrastare le resistenze parlamentari e dell’opinione pubblica alla riduzione delle prerogative della
sovranità nazionale.
Capitolo I
Il tutto a detrimento del peso delle Assemblee
legislative e del pieno equilibrio costituzionale francese.
10
Va, tuttavia, considerato che tale situazione ha
cominciato gradualmente a modificarsi negli ultimi anni, in seguito
ad una graduale estensione del ruolo del Primo Ministro in politica
estera e, specialmente, in campo europeo
11
.
Un ruolo determinante in questo senso si deve
all’azione del Consiglio europeo, al quale, è bene non dimenticarlo,
10
J. PETOT, L’Europe, la France et son Président, « Revue du droit public et de la science politique en
France et a l’étranger », 1993, pp. 326-329 e 357-361. L’autore sottolinea inoltre come la Francia sia
l’unico Paese per cui l’azione della C.E.E. comporti l’esaltazione del potere presidenziale anziché di quello
delle Assemblee. Ciò si è accentuato negli ultimi decenni. La stessa formulazione dell’Atto Unico Europeo
del 1986 e del Trattato di Maastricht circa la composizione del Consiglio europeo rafforza paradossalmente
il ruolo delle Assemblee di tutti gli altri Paesi membri e allo stesso tempo invece il carattere
presidenzialista della Francia; infatti l’espressione “capi di Stato o di governo”, usata per indicare i
componenti del Consiglio europeo, sortisce l’effetto citato in virtù della peculiare posizione costituzionale
del Capo dello Stato nel sistema francese (e delle consuetudini in questo senso), per cui delle due cariche
citate è notoriamente la prima a godere di maggior preminenza nella Costituzione francese, mentre è la
seconda in tutte le altre. Si veda anche G. D. LAVROFF, Le droit constitutionnel de la 5ème République,
Paris, Dalloz, 1995, p. 679 ove si cita S. Pierre-Caps, L’adaptation du Parlement français au système
communautaire, Revue française de droit constitutionnel, 1991, (6)-, p.232.
11
Taluni hanno osservato come il tradizionale rapporto istituzionale privilegiato tra Capo dello Stato e
Ministro degli Affari Esteri venga gradualmente ad essere sostituito da quello tra Primo Ministro e
Ministro degli Affari Esteri. A titolo esemplificativo può citarsi il ruolo avuto dal Primo Ministro Balladur
nella vicenda dei negoziati per la riforma del GATT e, in tema di integrazione europea, la nuova
dimensione assunta da esso in relazione ai negoziati per i più recenti accordi comunitari e, soprattutto, alla
procedura di proposizione ed elaborazione del diritto derivato comunitario, direttamente afferente con
l’attività normativa interna. Illuminanti, peraltro, a questo proposito, le performances e l’evoluzione della
cohabitation, a cominciare dalla prima del 1986. Essa ha costituito l’innovazione più importante nella
forma di governo francese dal 1958. Il dato fondamentale emerso da tale esperienza è stato quello di
dimostrare che essa non comportava gravi crisi istituzionali per il sistema francese, oltre a quello di
ridimensionare di fatto il ruolo del Presidente della Repubblica rispetto a quello del Primo Ministro, che
fino a quel momento era, in effetti, stato limitato dall’autorità presidenziale. Ciò non significa che,
ridimensionato nel ruolo, il Capo dello Stato abbia dovuto rinunciare alla sua funzione, che anzi si è,
secondo taluni, rafforzata, anche nei periodi di cohabitation. La maggiore accentuazione dell’aspetto
parlamentare della forma di governo francese non ha, insomma, intaccato la posizione del Presidente della
Repubblica. Si veda BRUNO F., Il parlamento italiano e i trattati internazionali. Statuto albertino e
costituzione repubblicana, Giuffre’ editore, 1997, p.209; TREAN C., Quai, Élisée, Matignon. Les centres de
décision en matière de politique étrangère, « Revue française d’administration publique, Les affaires
étrangères, 69, 1994, p.44, ISOART P., Les rapports du Président de la République et du Premier Ministre
en politique étrangère, in De Gaulle et ses Premiers Ministres 1959-1969, Paris, 1990, p.259-260,
PICIACCHIA P., La forma di governo della IV e V Repubblica, Giuffrè, Milano, 1998, p. 203-210.
Capitolo I
l’unico Capo di Stato a partecipare è quello francese
12
e i
componenti del quale, in virtù dell’Atto Unico Europeo e del
Trattato di Maastricht, sono titolari di poteri affatto nuovi e che non
coincidono con quelli riservati al Presidente in materia di trattati
internazionali dagli articoli 52 e 53 della Costituzione francese. Da
qui, essenzialmente, la necessità di modificare la medesima, di cui
parleremo nel Capitolo II.
Passando ora specificamente al testo della
Costituzione francese abbiamo visto come, secondo la lettera
dell’art.52 “Il Presidente della Repubblica negozia e ratifica i
trattati. E’ informato di ogni negoziato tendente alla conclusione di
un accordo internazionale per il quale non è richiesta ratifica.”.
Una significativa porzione del potere estero viene
dunque in effetti attribuita al Capo dello Stato.
Secondo, tuttavia, l’art. 53 “I trattati di pace, i
trattati di commercio, i trattati o accordi relativi all’organizzazione
internazionale, quelli che impegnano le finanze dello Stato, quelli
che modificano disposizioni di natura legislativa, quelli relativi allo
status delle persone e quelli che comportano cessione, scambio o
aggregazione di territori, possono essere ratificati o approvati solo
12
Si veda anche J. MASSOT, Chef de l’État et chef du Gouvernement ; dyarchie et hiérarchie. Préface de
G.Vedel. Paris, La Documentation Française, 1993, p.105.
Capitolo I
in virtù di una legge. Essi entrano in vigore solo dopo la ratifica o
l’approvazione.
Nessuna cessione, scambio e aggregazione di
territorio sono valide senza il consenso delle popolazioni
interessate.”
13
.
Emerge dunque che, pur spettando al Presidente
della Repubblica ampie prerogative in materia di politica estera in
quanto principale soggetto titolare del potere estero, tuttavia vi
siano alcune materie costituzionalmente riservate alla legge
ordinaria di autorizzazione alla ratifica dei trattati internazionali.
In merito alla figura del Presidente della
Repubblica si dice, forse semplicisticamente, della riforma del
1958 che essa ha comportato un aumento notevole del suo ruolo; e
pur non potendo qui negarsi la veridicità di gran parte della portata
di tale affermazione, corre tuttavia l’obbligo di accennare anche al
fatto che già nella cosiddetta Quarta Repubblica francese, vale a
dire dal 1946 al 1958, per quanto fosse il ruolo presidenziale assai
13
Si aggiunga che tutte le decisioni di politica estera prese dal Capo dello Stato necessitano di controfirma
ministeriale (articoli 19 e 22 della Costituzione). Osserva B. Chantebout in B. CHANTEBOUT, Droit
constitutionnel et science politique, Paris, Colin, 1997, p. 571, che i suoi poteri in materia non sarebbero,
sulla semplice base del testo costituzionale, così estesi, se il costume costituzionale affermatosi non facesse
del Capo dello Stato l’effettivo capo della diplomazia; e ciò anche in periodi di cohabitation, per il fatto che
la pratica anch’essa affermatasi gli attribuisce il diritto di partecipare come rappresentante della Francia,
con il Primo Ministro o il Ministro degli Esteri, a tutti gli incontri al vertice. Ciò comporta inevitabilmente
un accordo tra l’Eliseo e il Governo sulla politica estera.
Capitolo I
più limitato, il Presidente in carica, V. Auriol
14
, ha innegabilmente
dedicato specifica attenzione al settore della politica estera.
Sempre informato dal Governo sulla politica estera,
egli ha infatti considerato tra i suoi compiti quello di “assicurare la
continuità della politica estera e difendere gli interessi vitali della
nazione”. Basti come unico esempio la posizione e il ruolo francese
in occasione della nascita della Comunità Europea di Difesa, che
fallirà proprio per l’opposizione della Francia
15
.
Si parla, per la Quinta Repubblica, di domaine
réservé
16
del Presidente della Repubblica nel settore della politica
estera, rispetto al quale sono stati anche formulati dubbi sulla
costituzionalità, stante la crescente internazionalizzazione di tutte le
materie, anche quelle interne, per cui il Presidente potrebbe trovarsi
a decidere di questioni solo formalmente afferenti al potere estero,
ma in realtà rilevanti più incisivamente sul versante del diritto
interno.
14
Si veda F. BRUNO, Il parlamento italiano e i trattati internazionali. Statuto albertino e Costituzione
repubblicana, Giuffre’ editore, 1997, p. 205 e ISOART P., Les rapports du Président de la République et du
Premier Ministre en politique étrangère, in De Gaulle et ses Premiers Ministres 1959-1969, Paris, 1990,
p.259-260.
15
F. BRUNO, op. cit., Giuffre’ editore, 1997, p. 205
16
La teoria del domaine réservé è da attribuirsi in origine, nel 1959, al decano G. Vedel e al presidente del
Conseil Constitutionnel Chaban-Delmas, secondo quanto detto da Maurice Duverger in Une république
consulaire, Encyclopédie française, L’État, p. 221. Cfr. J. MASSOT, Chef de l’État et Chef du
Gouvernement ; dyarchie et hiérarchie. Préface de G.Vedel. Paris, La Documentation Française, 1993, p.
102
Capitolo I
Dunque, ciò che già si verificava in precedenza è
stato in parte istituzionalizzato con la riforma del 1958, che ha dato
vita alla Costituzione della Quinta Repubblica. Ciò per varie
ragioni.
La genesi di tale fenomeno del dominio riservato è
essenzialmente da ricercarsi, oltre che nelle precedenti pratiche
costituzionali citate, nella peculiare situazione politica che vide
nascere e svilupparsi la riforma del 1958
17
, di cui abbiamo detto
all’inizio di questo paragrafo.
Sia per la crisi algerina che per quella istituzionale
le soluzioni furono infatti fondamentalmente dovute all’azione del
Generale de Gaulle, specialmente nel periodo 1958-62; in qualche
modo, dunque, la prassi di tale periodo risente anche della sua
condotta e personalità. Non mancano peraltro autorevoli
commenti
18
secondo i quali il cosiddetto “arbitrato presidenziale”
introdotto con la Costituzione del 1958 non fosse stato concepito
esclusivamente per evitare il ripetersi delle pericolose crisi
istituzionali della Quarta Repubblica, quanto più in generale per
conferire alla figura del Capo dello Stato l’effettiva ed esclusiva
17
J. MASSOT, Chef de l’État et Chef du Gouvernement ; dyarchie et hiérarchie. Préface de G. Vedel. Paris,
La Documentation Française, 1993, p.104-105.
18
C. MORTATI, Le forme di governo. Lezioni, Padova, Cedam, 1973, pp.270-271
Capitolo I
guida dello Stato; il che risulta anche dai successivi emendamenti
costituzionali. Seppure taluni
19
preferiscano parlare oggi di
domaine privilégié anziché di domaine réservé per il fatto che le
prerogative presidenziali non sono certo da ritenersi esclusive
20
,
potendo comunque il Primo Ministro o i Ministri occuparsi di
politica estera, la formula domaine réservé ha avuto ben più ampia
fortuna sia per il fatto di essere stata utilizzata fin dall’origine della
crisi istituzionale del 1956 in ambito dottrinale e parlamentare, sia
perché già utilizzata da M. Hariou nel suo saggio del 1923, dove,
peraltro, parlando appunto di una sorta di dominio presidenziale
ante litteram, delineava quasi profeticamente l’idea di un
bicefalismo dell’Esecutivo, secondo il quale al Presidente del
Consiglio sarebbe spettata la politica interna e al Capo dello Stato
quella estera
21
. Quanto utile ed efficace si sia rivelata tale
concezione per l’ordinamento francese è stato evidente con la
cohabitation Mitterrand-Chirac, che ha puntualmente confermato
nella sua prassi l’impostazione di Hariou
22
.
19
F. GOGUEL, Nassaince d’une coûtume, in De Gaulle et ses Prémiers Ministres 1959-69, Paris, 1990, p.
288
20
Si ricordi che molte delle decisioni presidenziali, sottoposte all’obbligo di controfirma ministeriale,
impegnano la responsabilità del Governo e sono, quindi, sottoposte al controllo parlamentare. Cfr. J.
MASSOT, Chef de l’État et chef du Gouvernement ; dyarchie et hiérarchie. Préface de G.Vedel. Paris, La
Documentation Française, 1993, p. 103
21
F. BRUNO, op. cit., p. 207; si veda anche G. D. LAVROFF, Le droit constitutionnel de la 5ème République,
Paris, Dalloz, 1995, p. 691.
22
F. BRUNO, op. cit., p. 207
Capitolo I
§ 1.2 Altri modi di integrazione dei trattati
nel sistema costituzionale francese: il
referendum e l’attività del Conseil
Constitutionnel
§ 1.2.1 L’articolo 11 della Costituzione per il
referendum popolare sull’integrazione dei trattati
La procedura referendaria trova, in via di principio,
larga applicazione nella Costituzione francese, dal momento che
essa è esplicitamente prevista all’articolo 3
23
come una delle due
forme principali, accanto alla rappresentanza parlamentare, di
manifestazione della sovranità nazionale.
Tuttavia, come avremo modo di vedere più avanti,
sia negli ulteriori articoli della Costituzione che determinano
l’esercizio concreto di tale istituto, sia nella pratica effettiva della
Quinta Repubblica, essa ha avuto un impiego limitato; essa
23
Secondo l’articolo 3 “La sovranità nazionale appartiene al popolo che la esercita per mezzo dei suoi
rappresentanti e mediante referendum. Nessuna frazione del popolo né alcun individuo può attribuirsene
l'esercizio. Il suffragio può essere diretto o indiretto nei modi previsti dalla Costituzione. Esso è sempre
universale, uguale e segreto. Sono elettori, nelle condizioni stabilite dalla legge, tutti i cittadini francesi
maggiorenni di ambo i sessi che godono dei diritti civili e politici. La legge promuove l'uguaglianza di
accesso delle donne e degli uomini ai mandati elettorali e alle funzioni elettive senza distinzione di sesso.”
Capitolo I
incontra infatti limitazioni normative nel testo costituzionale
24
, sia
per ciò che riguarda la natura delle materie sulle quali essa può
essere utilizzata
25
, sia per la qualità e il ristretto novero degli organi
costituzionali abilitati a farne la proposta (Il Presidente della
Repubblica, che ha il potere di indire il referendum, il Governo e le
due Camere congiuntamente).
Il popolo, dunque, non è titolare del potere di indire
referendum, anche se proposte di riforma costituzionale in questo
senso sono state presentate nel recente passato, ma sempre respinte
dalle Camere.
L’unica possibilità, secondo la normativa vigente,
di aumentare le chances che il Presidente della Repubblica lo
eserciti, risiederebbe, secondo taluni autori, nella condizione tipica
della cohabitation, quando cioè egli non disponga di una
maggioranza parlamentare che lo sostenga; tali autori ritengono,
infatti, che saranno questi i casi nei quali potrà rivelarsi più
conveniente per il Capo dello Stato appellarsi al voto popolare
24
Cfr. D. TURPIN, Droit Constitutionnel, Paris, P.U.F., 1992, p. 365 ; G. D. LAVROFF, Le droit
constitutionnel de la 5ème République, Paris, Dalloz, 1995, p.562, 692 e 693
25
Secondo l’articolo 11, così riformato dalla legge costituzionale 4 Agosto 1995 n° 95-880 per estendere le
materie su cui richiedere un referendum, esse oggi sono “…l'ordinamento dei pubblici poteri, le riforme
relative alla politica economica o sociale della Nazione ed ai servizi pubblici che vi concorrono…”. Tale
riforma implica che possano essere sottoposte a referendum anche materie in precedenza di esclusivo
dominio parlamentare. Cfr. B. CHANTEBOUT, Droit constitutionnel et science politique, Paris, Colin, 1997,
p. 570
Capitolo I
piuttosto che correre i rischi insiti in un voto delle Camere
26
.
Altri autori, tuttavia, hanno posizioni diverse.
Risulta piuttosto opinabile l’affermazione in base alla quale il Capo
dello Stato non sarebbe, in nessuna circostanza, disposto a correre
il rischio del ricorso all’istituto del referendum, pur disponendo di
una maggioranza parlamentare omogenea; la realtà delle
circostanze politiche si mostra, evidentemente, più complessa. In
effetti la prassi successiva al 1958 mostra il contrario, e cioè che il
Capo dello Stato si trova in condizione di ricorrervi proprio quando
disponga di una maggioranza omogenea in Parlamento, legando le
proprie sorti a quelle del Referendum
27
.
L’articolo 11 della Costituzione risulta
immediatamente in relazione diretta con i poteri presidenziali e con
il potere estero.
26
Tra di essi G. D. LAVROFF, Le droit constitutionnel de la 5ème République, Paris, Dalloz, 1995, p.563-
564. Da ciò emergerebbe, sempre secondo tali autori, come il costituente del 1958 abbia voluto
esplicitamente relegare il referendum popolare nella figura di istituto eccezionale di esercizio della
sovranità, dal momento che, secondo tale impostazione, avrebbe più probabilità di essere utilizzato nei
periodi più delicati dal punto di vista politico-istituzionale.
27
Si consideri, inoltre, l’ampio uso che del referendum ex articolo 11 della Costituzione è stato fatto negli
ultimi decenni, in occasione della ratifica di importanti accordi o provvedimenti comunitari, come, ad
esempio, nel 1970 (allargamento della CEE), 1976 (Parlamento europeo), e 1992 (Trattato di Maastricht).
Si veda LUCHAIRE F., La Constitution de la République française, Université Paris I, C.D.C., Paris,
Economica, 1979, p. 162 e ss. e LECLERCQ C., Droit constitutionnel et institutions politiques, 10ª edizione,
Litec, 1999, p. 450-459.