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singole imprese
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.
La joint venture, comunque, non è solitamente il punto di
partenza, ma l’assetto finale di un rapporto già forte e consolidato
con un Paese straniero e con il suo mercato.
Può essere preceduta da molte forme di rapporto ricomprese nella
nozione di collaborazione industriale, intendendo fare riferimento
ad una nozione che indica una serie di operazioni molto diverse
tra loro, quali subfornitura, trasferimento di tecnologia, accordi di
franchising, etc., e che presuppone l’assunzione di una parte di
rischio imprenditoriale (quest’ultimo elemento è ciò che la
distingue poi dal commercio internazionale, il quale non prevede
assunzione di rischi).
Le parti di queste operazioni sono definite partners, proprio per il
fatto che sono associate nella condivisione dei risultati, positivi o
negativi, che verranno prodotti dall’andamento dell’iniziativa.
L’imprenditore, perciò, comincia ad esportare, magari attraverso
un agente o un distributore, per poi approfondire personalmente
la conoscenza sul mercato locale e solo quando riterrà tale
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Sergio M. Carbone - Andrea D’Angelo, Cooperazione tra imprese e appalto
internazionale, Giuffrè, Milano, 1991: “Insomma, complessità tecnica
dell’operazione economica, dimensioni organizzative che le caratterizzano,
esigenze di tipo finanziario, oltreché opportunità di natura industriale o politica
rivolte ad una più razionale distribuzione dei rischi e/o ottimizzazione delle risorse
esistenti sono gli elementi che storicamente sono stati, e continuano a rimanere,
alla base della cooperazione tra imprese. Tanto che essi si riscontrano
comunemente nella disciplina rilevante al riguardo nell’ambito dei più diversi (per
storia e cultura) ordinamenti giuridici statali e nei vari modelli contrattuali
impiegati in proposito dalle imprese.”
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conoscenza sufficiente, comincerà a prendere in considerazione
gli inviti di operatori locali di organizzare nel Paese linee
produttive o, semplicemente, preparare parti di prodotto o
assemblaggi. La joint venture quindi si configura come un fatto
molto spesso occasionale.
E’ inoltre importante precisare che non bisogna confondere il
contratto di joint venture con il contratto di costituzione della
società, poiché il contratto di joint venture è qualcosa di ben
differente e vale da supporto al contratto societario. Infatti,
mentre quest’ultimo contratto ha valore costitutivo e perciò,
essendo pubblico, ha efficacia nei confronti dei terzi, il contratto
di joint venture, invece, generalmente rimane segreto e valido
esclusivamente tra le parti che lo hanno posto in essere.
Il contratto di joint venture, pur integrando e modificando il
contratto di società, non può fare niente nei confronti dei terzi, i
quali sono tutelati da quanto previsto nel contratto che ha dato
vita alla società. Risulta evidente la strumentalità della società nel
raggiungere gli obiettivi preposti dalla joint venture,
strumentalità che comunque garantisce ai terzi quanto previsto
dalle leggi societarie vigenti nei paesi ove la joint venture si
costituisce.
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1.2) CLASSIFICAZIONI
Secondo una definizione generale, la joint venture rappresenta la
forma più completa e integrata di collaborazione, poiché
presuppone l’associazione dei partners nell’esercizio
dell’impresa, e quindi la loro collaborazione in tutte le funzioni
aziendali e produttive
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; tale nozione però non consente, per la sua
ampiezza e generalità, di delineare un preciso istituto giuridico.
Gli accordi di joint venture, infatti, possono assumere una varietà
di forme che difficilmente una definizione potrebbe esprimere
appieno.
Perciò, la dottrina ha operato diverse classificazioni seguendo
principalmente tre criteri differenti: teleologico, economico e
giuridico; anche se tali classificazioni, pur differenziandosi per il
punto di partenza della loro trattazione, conducono a conclusioni
tra loro speculari o se non altro mostrano una loro possibile
integrazione.
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Andrea Astolfi, Il contratto di joint venture, Giuffrè, Milano, 1981:
“L’opportunità di integrare risorse complementari per la realizzazione di obiettivi
di comune interesse è la prima finalità assolta dal contratto di joint venture nel suo
possibile diverso atteggiarsi, sia quando volto all’attuazione di investimenti
congiunti, sia quando indirizzato alla realizzazione di opere di complessità tale da
rendere necessaria la partecipazione alla loro esecuzione di imprese diversamente
specializzate. In ambedue i casi, il contratto di joint venture soddisfa l’esigenza di
più imprese di partecipare direttamente al perseguimento di un risultato economico,
mantenendo peraltro la propria autonomia giuridica ed operativa ed assumendo,
esclusivamente, l’obbligo di eseguire quelle attività ad esse devolute nel contesto
del regolamento negoziale.”
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Una prima classificazione, fondata sull’elemento teleologico, ci
conduce alla distinzione tra joint ventures strumentali e joint
ventures operative.
Le joint ventures strumentali esauriscono la loro funzione nel
compimento di una singola operazione, generalmente la
realizzazione di un’opera complessa (come avviene nel caso
tipico di partecipazione di imprese ad una gara di appalto
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), in
vista della quale sono state costituite (e parlando di joint ventures
strumentali all’esecuzione di un contratto di appalto, possiamo
ulteriormente distinguere fra joint ventures “verticali”, dove le
attività dei partecipanti sono ripartite secondo competenze e
specializzazioni tecniche di ciascuno, e joint ventures
“orizzontali”, dove invece le attività vengono ripartite in
considerazione dell’entità dell’impegno richiesto dalla
realizzazione, troppo gravoso per una singola impresa
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).
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La stipulazione di un contratto di joint venture strumentale alla partecipazione ad
una gara d’appalto è motivata dall’opportunità di coordinare le attività di più
imprese per la realizzazione di un’opera la cui particolare complessità richiede la
partecipazione di più soggetti specializzati in diversi settori complementari.
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Cesare Vaccà, Origine e lineamenti dei contratti di joint venture, in Le joint
venture: profili giuridici e modelli contrattuali, Egea, Milano, 1992: “Quale
esempio del primo caso può indicarsi la realizzazione di grandi impianti industriali
ad opera di joint ventures al cui interno operano imprese cui compete la
costruzione delle opere civili, altre responsabili degli impianti elettrici, altre ancora
fornitrici dei macchinari, altre responsabili dei montaggi e dei collaudi etc. Ricorre,
invece, frequentemente la joint venture cosiddetta orizzontale in relazione a grandi
opere di ingegneria civile (strade, trafori, dighe), la cui realizzazione richiede
risorse tecniche e finanziarie di gran lunga eccedenti le disponibilità di singole
imprese: più operatori, pertanto si associano al fine di eseguire lotti distinti (ma
tecnicamente eguali) della medesima opera.”
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Caratteristiche di questa forma sono l’oggetto per sua natura
delimitato ed il riferimento ad un cliente determinato cui è
destinata l’opera realizzata in comune. Si tratta di una
collaborazione a termine anche qualora non sia possibile
quantificarne dall’inizio la durata e, salvo casi eccezionali, non
comporta la creazione di una società di capitali: basteranno, dato
il carattere occasionale della collaborazione, forme associative
più semplici (le joint ventures strumentali sono infatti spesso
regolate con un contratto specifico, che regolerà i rapporti fra i
partners, le rispettive prestazioni, gli organi da istituire, etc.),
caratterizzate da una responsabilità solidale ed illimitata dei
partners. Il committente, tra l’altro, predilige una tale scelta,
poiché evita così la creazione di una struttura eccessivamente
costosa e complessa qual è una società di capitali, e quindi a
responsabilità limitata, creata appositamente per il singolo affare,
e che non gli offrirà perciò sufficienti garanzie sul piano
finanziario.
Le joint ventures operative, viceversa, si presentano come delle
forme di collaborazione a tempo indeterminato, quali quelle che
si instaurano per dare vita ad una nuova impresa, ristrutturarne
una esistente o crearne una nuova linea produttiva: sono,
insomma, quelle in cui le parti intendono esercitare
congiuntamente una attività imprenditoriale in un settore
economico di interesse comune.
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Queste operazioni mirano al lancio di un prodotto sul mercato,
ciò che avviene di solito in via stabile o comunque senza limiti di
tempo.
Per queste forme di collaborazione sono state utilizzate strutture
societarie, perché più adatte a creare e mantenere una
collaborazione duratura nell’esercizio dell’impresa
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.
Altra classificazione, basata invece su criteri di carattere
economico in relazione alla natura dell’operato prestato dai
partners, distingue le joint ventures in equity joint ventures, non-
equity joint ventures, ed equity-non-equity joint ventures.
Le prime si caratterizzano per il fatto che i capitali vengono
conferiti direttamente nell’impresa comune; le seconde sono
caratterizzate invece per il fatto che i partners conferiscono i
propri brevetti, marchi, know-how, assistenza tecnica, etc., senza
partecipare al capitale; e le ultime si caratterizzano sia per una
partecipazione diretta al capitale e sia per un conferimento di
tecnologia o di diritti in esclusiva.
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Giovanni Di Rosa, Joint venture strumentale e joint venture operativa, in
L’associazione temporanea di imprese: il contratto di joint venture, Giuffrè,
Milano, 1998: “In buona sostanza, allora, il criterio discretivo è rinvenibile
nell’oggetto del contratto, che, nelle joint ventures di tipo strumentale, presenta un
contenuto più ampio dovendo ricomprendere altresì, ossia oltre all’organizzazione
dell’investimento come tale (propria delle joint ventures operative), anche, e in via
preliminare in quanto presupposto, l’organizzazione della presentazione di
un’offerta per l’esecuzione di un obbligo da assumere rispetto ad un terzo. Siamo
in presenza pertanto di un rapporto contrattuale unico quanto al profilo della
collaborazione tra più imprese, rispetto a cui però in maniera diversa si articola la
realizzazione dell’obiettivo comune.”
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Un’ultima classificazione, di carattere esclusivamente giuridico,
porta alla distinzione tra contractual joint ventures e joint
ventures corporations.
Le prime sono istituite mediante accordi che privilegiano gli
aspetti della cooperazione interaziendale a determinati stadi
dell’attività di impresa senza dar luogo né ad accentuate forme di
integrazione, né alla creazione di strutture organizzative distinte
da quelle degli associati: in base a tali accordi le imprese
interessate si presentano di fronte alla controparte come imprese
distinte ma collegate
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; presentano, cioè, un’offerta congiunta e si
obbligano congiuntamente ad eseguire l’opera complessiva
affidando ad una di esse (impresa capofila) il compito di gestire
unitariamente i rapporti col committente e di coordinare i lavori
nella fase esecutiva
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.
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Daniele Bonvicini, Le “joint ventures”: tecnica giuridica e prassi societaria,
Giuffrè, Milano, 1977: “In sostanza, i partecipanti ad un raggruppamento
occasionale intendono riunire le proprie risorse per il solo periodo necessario al
compimento del singolo “affare”, limitatamente alle ben individuate esigenze dello
stesso, e, nel contempo, evitare il ricorso ad organismi tendenzialmente stabili,
quali le figure tipiche societarie le cui caratteristiche strutturali ed i cui “oneri”
delle relative discipline legislative (sotto il profilo dell’assorbimento
dell’individualità giuiridica e patrimoniale dei consociati, dell’esercizio di nuova e
diversa attività d’impresa, degli oneri - qui più propriamente - formali, del regime
impositivo, etc.) non lasciano spazio alle esigenze di specie.”
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Giovanni Di Rosa, Il contratto di joint venture e la collaborazione tra imprese, in
L’associazione temporanea di imprese: il contratto di joint venture, Giuffrè,
Milano, 1998: “In questo caso assume carattere preminente la integrazione di
risorse (umane, tecnologiche) complementari e differenziate, nel quadro di diversi
apporti imprenditoriali che, comunque, si inseriscono in un contesto di autonomia e
individualità delle singole imprese, correlativamente alla partecipazione al rischio
economico dell’iniziativa, la cui misura viene definita a priori nel comune
regolamento contrattuale. Si viene in tal modo a realizzare un raggruppamento a
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Nel contempo, ciascuna impresa conserva piena autonomia
giuridica ed economica nel compimento della parte dell’opera o
della specifica prestazione da essa direttamente assunta e
risponde direttamente nei confronti del committente per la parte
di propria competenza
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Le seconde mostrano, invece, spiccati elementi societari, essendo
dotate di propri organi, quindi di una struttura organizzativa
differente rispetto a quella dei singoli associati, e proiettando la
propria attività nel tempo con caratteri di sostanziale stabilità.
Soddisfano, quindi, le esigenze proprie delle operazioni cui si
collegano investimenti a medio-lungo termine.
La joint venture corporation è di gran lunga la forma di
collaborazione mista più utilizzata e, normalmente, si realizza
attraverso la costituzione di una società di capitali, cui affidare la
conduzione dell’iniziativa congiunta, secondo la legge stabilita
dal Paese in cui si vuole operare.
base contrattuale che lascia intatta la personalità e l’autonomia delle parti e si pone,
anzi, in funzione sostitutiva dei raggruppamenti a struttura societaria,
determinandosi un rapporto obbligatorio che presenta carattere temporaneo e
comporta una collaborazione di tipo parziale, ossia riferita a determinati settori o
fasi di attività.”
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Cesare Vaccà, Origine e lineamenti dei contratti di joint venture, in Le joint
venture: profili giuridici e modelli contrattuali, Egea, Milano, 1992: “Le joint
ventures cosiddette contractual, caratterizzate dall’assenza di strutture
organizzative paragonabili a quelle societarie, sono riscontrabili con maggior
frequenza nella prassi dei rapporti (specie internazionali) relativi alla esecuzione di
contratti d’appalto per la realizzazione di grandi opere civili od impianti
industriali.”
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Questa società congiunta o comune è una società per azioni in cui
i soci sono legati da una relazione personale, fondata sulla
reciproca fiducia. Vi sono molteplici motivazioni che inducono
tanto l’operatore straniero quanto l’operatore locale a preferire la
joint venture corporation, con vantaggi reciproci (ma di questo
approfondiremo nel cap.3).
Bisogna però intendersi che, nelle joint ventures corporations, la
costituzione della società per azioni non rappresenta il fine della
cooperazione tra le imprese, ma solo il mezzo attraverso il quale i
partners attuano l’oggetto del loro accordo. L’accordo societario
si colloca, dunque, nell’ambito del più ampio contratto di joint
venture con il quale i partners provvedono a disciplinare tutti gli
aspetti della reciproca collaborazione
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Giovanni Di Rosa, Il contratto di joint venture e la collaborazione tra imprese, in
L’associazione temporanea di imprese: il contratto di joint venture, Giuffrè,
Milano, 1998: “Altra peculiarità dello schema di joint venture corporation è che,
rispetto ai partecipanti, il vincolo contrattuale che unisce vicendevolmente costoro
si traduce nell’accordo parasociale che scandisce le regole dei rapporti tra soci, i
quali soltanto per tramite della corporation danno vita a relazioni con i terzi. Si
determina in questo modo il superamento della responsabilità illimitata dei soci per
le obbligazioni assunte per il tramite della corporation, dal momento che
quest’ultima rappresenta il centro d’imputazione dell’attività dei partecipanti.
Ecco allora che la realtà complessa del fenomeno viene descritta precisando che i
partecipanti usano dello schema societario attraverso un adattamento degli schemi
della personalità giuridica alla volontà delle parti, facendo pertanto prevalere il
momento contrattuale rispetto all’aspetto istituzionale della società per azioni.”
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1.3) LA PRASSI DEI RAPPORTI INTERNAZIONALI
Negli accordi di joint venture, anche se abbiamo potuto
evidenziare forme di cooperazione sostanzialmente differenti, si
possono mettere in rilievo alcune caratteristiche comuni nella
prassi dei rapporti internazionali.
Un primo aspetto è quello della particolarità dello scopo
perseguito nel contesto della joint venture, rispetto all’attività dei
partners; si tratta cioè di una collaborazione delimitata, che non
intacca, per il resto, l’autonomia delle parti. Cosa, fra l’altro,
evidente per le associazioni temporanee di imprese, data la
cooperazione per un singolo affare; ma valida anche per quelle
joint ventures societarie che implicano la scelta di collaborare in
una singola iniziativa imprenditoriale, senza coinvolgere le
restanti attività, senza arrivare a delle concentrazioni.
Altro aspetto è quello della strumentalità rispetto agli obiettivi
economici perseguiti dalle parti. Ciò è chiaro nelle joint ventures
strumentali il cui fine ultimo è la fornitura dei prodotti o servizi
dei partners ad un cliente. Ma anche nelle joint ventures
operative possiamo ritrovare tale aspetto, visto che loro oggetto è
praticamente sempre un’attività che serve a soddisfare dei
bisogni dei partners: infatti, se consideriamo le tipiche finalità
perseguite attraverso joint ventures societarie (come la ricerca e
lo sviluppo di un nuovo prodotto, la produzione locale con la
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tecnologia di un partner straniero, la fabbricazione di prodotti
intermedi utilizzati dai partners), vediamo che esiste praticamente
sempre un legame ulteriore con i partners che fa della joint
venture anche uno strumento di realizzazione di determinate
politiche aziendali.
E’ infatti del tutto eccezionale il caso in cui due società decidono
di operare congiuntamente in un settore del tutto privo di
collegamenti con la loro attività.
Altro aspetto, ancora, rappresenta la costituzione di un’apposita
struttura organizzativa per il raggiungimento degli scopi della
joint venture. Ciò è ovvio per le joint ventures corporations, però
anche le contractual joint ventures implicano un minimo di
strutture comuni.