6
Di fatto la fine della Seconda Guerra Mondiale, sebbene l’abbia vista uscire
vincitrice, ha messo fine all’Impero Britannico e con esso anche la forma di Stato
che si era sviluppato nei due secoli precedenti; senza aver subito alcuna invasione,
l’Impero fu smantellato da chi lo difendeva da nemici ben più brutali: gli Stati
Uniti d’America
2
. L’incertezza sul proprio ruolo nel mondo, situazione che è stata
definita dal Segretario di Stato americano Acheson, sembra trovare riscontro
nell’atteggiamento della Gran Bretagna nell’affrontare la sfida posta dallo scenario
post-bellico nei suoi rapporti con le ex-colonie e con i partner europei entro nuovi
organismi economici e politici regionali come l’ Unione Europea, ed in misura
diversa il Commonwealth, soprattutto per quanto riguarda la cessione di fette
sempre più larghe di sovranità.
Considerata dal suo interno, invece, la fine dell’ era imperiale e il dopo-guerra
hanno restituito uno Stato appena uscito dalla più pesante e pressante crisi che
abbia mai dovuto superare e che fu affrontata con il conferimento da parte del
Parlamento al Governo di poteri quasi-dittatoriali per il mezzo degli Emergency
Powers Defence Acts del 1939 e del 1940.
Lo Stato apparato aveva scoperto a partire dalla Prima Guerra Mondiale e più
compiutamente con il secondo conflitto mondiale, che la mobilitazione generale era
2
Mead, W.R. Il Serpente e la Colomba p.159. L’Autore, nella sua descrizione della politica estera
americana nella Storia, descrive come la legge affitti e prestiti del 1939 ebbe effetto sul patrimonio
britannico: “le sue proprietà all’estero furono offerte ai capitali americani secondo le condizioni
imposte dal tempo di guerra; la Gran Bretagna dovette razionare i cibi essenziali e i materiali per
il riscaldamento fino all’inizio degli anni Cinquanta; per più di un decennio i cittadini inglesi non
furono in grado di cambiare liberamente e in quantità illimitata sterline in dollari. Il recupero della
Gran Bretagna dopo la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale fu più lento e meno deciso di quelli
della Germania e del Giappone dopo la sconfitta.”
7
possibile e che era un metodo efficace, oltre che conveniente, di gestire e guidare la
Nazione; le necessità della ricostruzione rafforzarono questa visione.
Il Governo cominciò ad essere a capo di larghe burocrazie che promuovevano le
loro politiche sempre più a discapito del Parlamento, che, però, già lamentava il
continuo rafforzarsi della prevalenza dell’esecutivo alla fine dell’età Vittoriana.
Il fortissimo centralismo amministrativo e la questione irlandese, in seguito nord-
irlandese, contribuirà al rinascere di forti sentimenti nazionali, soprattutto in
Scozia, facendo sorgere nuove questioni circa il futuro sviluppo del Regno Unito di
Gran Bretagna e la sua continua esistenza come Stato territoriale.
Entro questo quadro storico vedremo svilupparsi i principi cardini espressi da A.V.
Dicey a cavallo del XIX e XX secolo, secondo cui la sovranità del Parlamento, il
principio della superiorità del “governo del diritto” e le convenzioni sono le
caratteristiche essenziale dell’arrangiamento costituzionale britannico.
Nella seconda parte descriveremo come la legislazione approvata in concomitanza
al riformismo promosso dal nuovo partito laburista sia e, in quale misura, un nuovo
corso rispetto al tradizionale assetto liberale della costituzione britannica.
Infine verranno analizzati gli effetti dell’entrata in vigore dell’ Human Rights Act
1998 sull’ordinamento giuridico britannico.
Prima sarà necessario descrivere i capisaldi del quadro costituzionale secondo
l’ordine storico entro i quali si sono affermati e successivamente evoluti, riuscendo
a fare convivere la continuità con il cambiamento.
8
La Natura della Costituzione Britannica.
Il vero carattere della Legge Fondamentale è sempre stato oggetto controverso
3
.
Una delle caratteristiche della tradizione politica britannica è che l’esistenza della
costituzione è semplicemente presunta; ed essendo presunta sarà oggetto di
un’attività di scoperta piuttosto che di progettazione. La descrizione dei suoi
cambiamenti è la prova di un processo politico condiviso che conferisce legittimità
al suo risultato.
L’accettazione della costituzionalità di un processo politico precede la nozione
stessa di costituzione, individuando il ruolo del temperamento sociale e della
tradizione britannica all’interno di questa organizzazione del potere.
Il problema allora è quello di definire l’estensione della costituzione e in cosa
questa consista.
In questa realtà, l’interpretazione ha un ruolo fondamentale nell’individuare quali
sembrano essere i principi trainanti e, di conseguenza, coagulare attorno a questi
l’enorme massa sempre in espansione di fonti legali e politiche.
La definizione dei principi che governano la Costituzione Britannica si è svolta
sempre attraverso la compressione pragmatica di esperienze politiche e
amministrative piuttosto che da forme a priori o dalla formulazione di obiettivi
4
.
3
Cit. in Gollancz, The Hidden Wiring, p. 33; la Regina disse che “ la Costituzione Britannica è
sempre stata ineffabile e sempre lo sarà”.
4
Foley , The politics of the Constitution, p 13.
9
Sarà indispensabile ripercorrere alcune delle tappe dell’evoluzione storica della
Gran Bretagna e, in particolare, del ruolo e del funzionamento della common law
nel progressivo avvicinamento ai giorni nostri nel tentativo di effettuare una
comparazione con i principi cardine del costituzionalismo.
10
Le origini.
Il sistema legale britannico e, in particolare quello inglese, hanno origine in quel
periodo a cavallo tra l’undicesimo e il tredicesimo secolo, a partire quindi dalla
conquista normanna del 1066.
Gli elementi che hanno consentito la nascita di questa organizzazione di potere
possono essere ritrovati da una parte, in una monarchia non particolarmente forte
rispetto a quelle continentali
5
ad essa contemporanee e, dall’altra, in una classe
aristocratica, per lo più baronale organizzata in modo feudale, che però al suo
interno non presentava posizioni di particolare forza tali da poter mettere in
pericolo il potere regio.
Questo, assieme alla capacità organizzativa importata dalla esperienza francese,
permisero di stabilire presso le isole britanniche un regno stabilito su un equilibrio
tra corte regia e feudi che di fatto poneva dei limiti all’autorità.
L’evoluzione storica della common law e dell’equity sono necessari per introdurre
quei presupposti concettuali che hanno permesso la crescita delle libertà civili
inglesi che ora possiamo osservare in quella parte intangibile dell’ordinamento
giuridico britannico chiamata costituzione.
5
Jouon de Longrais, citato in Cavanna, Storia del diritto Moderno in Europa, ricorda che “verso la
fine dell’XI secolo l’Inghilterra contava all’incirca tre milioni di abitanti, mentre non più di
diecimila erano i cavalieri, i vassalli e i dignitari normanni trapiantati con le loro famiglie nel paese,
coloro cioè che costituiscono la classe dirigente inglese. Tolti da questi diecimila persone donne,
vecchi e bambini che sono esclusi dalla vita pubblica, il numero di soggetti che ne risulta è assai
esiguo per istituire un raccordo funzionale e capillare fra centro e periferia nell’amministrazione del
regno”. P.509
11
La Magna Charta Libertatum del 1215, oltre alle più svariate previsioni, stabilisce
i “privilegi” dei Baroni nei confronti del Re, in particolare la necessità dell’assenso
per potere “legiferare”, come indicato al punto 14, ed il fatto di essere giudicati da
loro Pari, al punto 21. Questo documento stabilisce il principio che nessuno,
compreso il Sovrano, è al di sopra della legge.
La lotta per il potere, una volta placatosi il conflitto senza un chiaro vincitore,
come nella guerra , confluisce in una sorta di armistizio che determina lo stato di
fatto e la propria influenza; e come per un armistizio quei punti di comune
convivenza di solito hanno vita breve, essendo i suoi confini spostati in
continuazione: le disposizioni furono violate dal re pochi mesi dopo la ratifica ed
ebbe successivamente diverse versioni modificate rispetto alla prima stesura.
Questo stato delle cose poteva, nel lungo periodo, portare ad una tendenza
centrifuga da parte dei poteri baronali che avrebbe eventualmente disintegrato il
regno; tale tendenza è resa evidente soprattutto dal localismo nell’amministrazione
della giustizia secondo le tradizioni cresciute in ciascun territorio.
Questa tendenza fu contrastata efficacemente dalla Corte Regia che, attraverso la
sua azione rappresentava quei principi medievali assai sentiti, come l’universalità,
realizzò il processo di accentramento della giurisdizione tramite la creazione di un
complesso unitario e permanente di Corti giudiziarie regie, rafforzando i vincoli di
subordinazione dei locali ufficiali del regno sia facendo girare le varie contee da
giudici centrali viaggianti e infine con l’evoluzione di meccanismi di intervento
12
regio nello svolgimento dell’attività processuale popolare o feudale espressi nel
sistema dei Writ.
Van Caenegem osserva come “la common law sia stato uno degli elementi
produttivi, piuttosto che un prodotto, della precoce unità nazionale inglese”.
6
Di fatto, il potere regio si esplicava sul territorio tramite lo strumento della giustizia
regia che offriva rimedio alle ingiustizie e si proponeva di proteggere la pace del
regno.
Tutte le liti sottoposte alle Corti inglesi si configurano come controversie di diritto
pubblico. L’aspetto pubblicistico del diritto inglese appare nella speciale tecnica
del writ. Il writ non è una semplice autorizzazione ad agire concessa all’attore.
Esso si presenta come un comando dato dal Re ai suoi agenti, in modo che questi
ordinino al convenuto di comportarsi in modo conforme al diritto, soddisfacendo la
pretesa dell’attore; dinanzi alla corte reale, l’azione sarà giustificata, più che dal
rifiuto opposto dal convenuto alla domanda dell’attore, dall’aver egli disobbedito a
un ordine dell’amministrazione. Il processo inglese è di diritto pubblico, non di
diritto privato
7
.
Con l’espandersi del suo ruolo e l’aumento delle richiesta di soddisfazione che
eludeva la giustizia baronale, la giustizia regia si materializzò nella Curia Regis
attraverso la cancelleria e nell’attività dei suoi chierici.
Il richiedente giustizia otteneva dalla cancelleria un writ, nel quale era contenuto il
provvedimento emanato dal potere regio che valeva la soddisfazione nella
6
Cit. in Cavanna 1982, p. 529
7
David, cit. in Cavanna 1982, p 502
13
controversia. Inizialmente questo writ era personalizzato ed aveva prezzo
elevatissimo, ma in seguito, soprattutto sotto il regno di Enrico II , la cancelleria
adottò la consuetudine di conservare copia dei writ, per poi renderli disponibili a
chi ne avesse avuto bisogno in seguito.
Il numero dei writ aumentò velocemente fino a che nel 1258, le Provisions di
Westminster definirono che sarebbero stati usati i writ presenti fino a quel
momento nei registri della Cancelleria e che quindi impedirono ai chierici di
crearne di nuovi e d’altro lato stabilivano che i funzionari della Cancelleria regia
non lasciassero ingiustamente prive di un rimedio processuale talune situazioni per
cui non esistessero dei writ appositi e che tuttavia presentassero forti analogie con
fattispecie ordinariamente tutelate mediante un writ esistente.
Quella dei chierici era stata una vera attività legiferativa, che aveva suscitato le ire
dei baroni che si sentirono derubati del loro diritto di assistere e consigliare il Re
quando legiferava, attraverso la Curia Regis in composizione feudale; quella che
appariva come una semplice operazione di archivio, era diventata una operazione
che aveva toccato gli equilibri politico-costituzionali del Regno.
A ogni writ corrispondeva un nuovo diritto soggettivo e questi a lungo andare
intaccarono la giurisdizione dei baroni.
Le Corti di Westminster sebbene rappresentassero il potere regio, riuscirono a
mantenere la propria autonomia rispetto a questo, nella loro affermazione di essere
gli unici custodi del diritto poiché erano loro le sentenze che rivelavano i principi
della tradizione giuridica nazionale del diritto inglese consuetudinario. Tale
14
atteggiamento monopolistico annichiliva ogni possibile intervento legislativo volto
a modificare gli effetti giudiziali della common law e portava a considerare
intoccabili le sentenze che quella testimoniavano
8
.
Si delineò così quella distinzione tra sfera della legalità e quella della politica: la
legalità riguardava diritti positivamente riconosciuti è amministrata secondo un
ragionamento logico da persone addestrate a farlo mentre la sfera della politica
implicava scelte di altra natura che tenevano conto del consenso di chi
rappresentava gli interessi politicamente rilevanti per lo Stato.
9
Questa distinzione tuttavia era destinata ad essere vissuta nella tensione tra i vari
poteri, trovando nel risultato di ogni tappa di questo lungo percorso di lotte
istituzionali, il principio che avrebbe retto le cose al di la di venire.
Il cristallizzarsi intorno all’ XIV secolo dei rimedi elaborati dalle Corti della
Capitale entro schemi sempre più rigidi portò la common law ad un’atrofia che non
le permetteva più di rispondere alle esigenze di una società dinamica come quella
inglese.
La tradizione che permetteva al suddito di ricorrere al Re in caso di denegata
giustizia era tutt’altro che morta e infatti produsse l’altra parte del binomio del
diritto inglese : l’equity.
Ancora un volta la Corte di cancelleria fu al centro del rinnovamento, come lo era
stato con il sistema dei writ. Il cancelliere, di solito un ecclesiastico e confessore
8
Cavanna, A.1982. Storia del diritto moderno in Europa, Milano, dott. A. Giuffré Editore. p.568
9
Sacco, R. 1999. Sistemi Giuridici Comparati, Torino, UTET
15
del Re, una volta che la mole dei reclami era aumentata, venne delegato dal King’s
Council a scegliere quali di questi reclami fosse opportuno sottoporre al sovrano.
A partire dalla fine del XV secolo il Cancelliere comincerà a decidere
autonomamente delle questioni e il suo ufficio in questa sede verrà
istituzionalizzato nella Court of Chancery.
Sebbene non potesse interferire nei meccanismi della common law e imporre certe
soluzioni, la Court of Chancery poteva provvedere per i casi lasciati senza tutela
dalla common law, sospendere la procedura di common law e occuparsi
direttamente del caso, sottrarre una causa ai tre tribunali ingiungendo le parti di non
rivolgersi ad essi oltre che bloccare l’esecutività di una sentenza di common law e
sostituirvi una propria.
Il Cancelliere tuttavia non aveva alcun potere costrittivo nei confronti dei giudici
di common law, sulla base delle disposizioni inserite nello Staute of Northampton
del 1328 che impediva anche ad un ordine provvisto del sigillo regio di intralciare
lo svolgimento della common law. La progressiva invadenza dell’equity spinse i
giudici delle tre corti di Londra a proclamarsi vincolati dalle “antiche consuetudini
del regno”, in una posizione sempre più indipendenti dalla Corona.
L’equity era caratterizzata dall’espressione di un diritto della coscienza superiore a
quello delle forme delle procedure legali. Il principio era stato preso a prestito dal
diritto canonico così come la sua procedura inquisitoria, scritta e segreta.
Il cancelliere non poteva creare nuovi diritti positivamente riconoscibili dalle Corti
di common law né modificare o ignorare diritti tutelati dalla common law; egli
16
poteva agire esclusivamente sulla persona del convenuto attraverso sanzioni
personali.
Lo scontro frontale tra common law ed equity fu inevitabile con l’ascesa al potere
della dinastia Tudor nel XVI con le sue tendenze assolutistiche e che fece della
Court of Chancery il principale strumento espressivo delle prerogative reali.
La segretezza, la discrezionalità, la mancanza di una giuria e la immediata
esecutività delle decisioni rendevano l’equity lo strumento ideale per le aspirazioni
di sovrani come Enrico VIII o di Elisabetta I.
Se la politica antipapale di Enrico VIII, aveva segnato la fine del diritto canonico in
Inghilterra, la creazioni di cattedre di diritto romano a Oxford e Cambridge e
l’istituzioni di nuove Corti come le Court of Request e Court of Admiralty ,che
erano molto aperte agli influssi delle procedure e alle dottrine giuridiche
continentali, avevano aperto un altro fronte pericoloso per la sopravvivenza stessa
della common law.
Fu tuttavia nel XVII secolo che si passò alle vie di fatto nella guerra civile che mise
l’uno contro l’altro il Parlamento sostenuto dalle Courts of common law e la
monarchia e il suo strumento di potere, la Court of Chancery; questo scontro
generò i primordi di quello che sarebbe stato il futuro liberalismo inglese che
risiede nell’ affermazione che il potere statuale non può interferire in ciò che
riguarda la vita e i beni dei singoli se non nei modi autorizzati dalla legge
10
.
10
Cit. in Cavanna, A.1982, p. 544
17
La dottrina dei precedenti nella common law
Il giudice inglese è il creatore della common law. Questo è possibile grazie alla
dottrina dei precedenti e la dottrina dello stare decisis che fondano sia il cardine
attorno a cui ruota l’idea inglese di certezza del diritto sia sono la condizione stessa
del successivo sviluppo giurisprudenziale della common law.
Il precedente consiste in una decisione di un caso già risolto che può essere usato
come base per decisioni successive.
In pratica viene attribuito valore normativo ad un decisone del passato e, in questo
modo, si crea una norma per il futuro.
Il giudice allora utilizza il precedente come un elemento vincolante, ma i risultati
che ne derivano hanno carattere creativo.
Secondo Summer Maine “il fatto è che il diritto è stato completamente cambiato,
la finzione è che esso rimane quel che è sempre stato”
11
.
La common law nacque come l’originale sviluppo giurisprudenziale che i giudici
della monarchia normanna impressero al proprio diritto e alle customs locali.
La base formale dello sviluppo trova spunto nell’assunto che ogni sentenza fosse
solo il riconoscimento di una preesistente consuetudine.
Con l’allontanarsi nel tempo dei riferimenti alle originali consuetudini, nel ceto dei
giudici si affermò la tradizionale visione secondo cui le loro decisioni e quelle dei
loro predecessori non fossero altro che enunciazioni evocate da una consuetudine
generale del regno in vigore da tempo immemorabile.
11
Cit. in ibid., p.567
18
Questa consuetudine era in realtà una invenzione utile per far apparire la decisione
del giudice non come una sua invenzione ma come proveniente da una norma
consuetudinaria preesistente.
Ciò che fu tramandato, in realtà è quel complesso di criteri di logica giuridica con
cui venivano risolti i casi, che i giudici ancora oggi chiamano reason.
Siccome solo i giudici potevano (e possono) conoscere ed enunciare il diritto, è
necessario ricorrere a delle sentenze già enunciate su un caso se bisogna
formularne una nuova.
Le sentenze sono mezzi per conoscere il diritto .
Con il tempo il diritto acquistò evidenza formale solo attraverso le sentenze ed
essendone i giudici gli unici custodi, solo loro potevano rivelare i principi della
consuetudine nazionale e di conseguenza ogni tentativo di intervenire con l’intento
di modificare gli effetti della common law erano destinati ad avere scarsa autorità.
L’odierna dottrina dello stare decisis ha i suoi antecedenti nel riferimento
giudiziale alla giurisprudenza anteriore e nel rispetto dei suoi valori costanti.
Ma non è possibile ancora affermare di trovarsi di fonte alla regola dei precedenti
quale oggi è utilizzata. Per raggiungere questo stadio saranno necessarie i
Judicature Acts che preciseranno l’esatta gerarchia delle Corti e il raffinamento
della qualità dei Law Reports ( raccolte di decisioni giudiziali) avvenute nel XVIII
secolo.
Figura necessaria per raggiungere la completezza teorica della dottrina dei
precedenti fu Edward Coke: egli non solo raccolse i casi discussi e li commentò ma
19
basò l’evoluzione della common law sullo sviluppo delle giurisprudenza dei
precedenti e dei principi giuridici accolti nelle sentenze.
Coke impersonava la dottrina del primato della common law nei confronti della
corona e nel momento in cui il Parlamento appoggiava una tale visione la reason fu
posta alla base della common law come quella ragione convenzionale e collettiva
tramandati attraverso i secoli nel corpo dei giuristi inglesi.
La reason era così sottratta al potere del sovrano che così implicava il principio
dell’autonomia della magistratura, unico ceto in grado di esprimerla attraverso le
sue sentenze.
Quindi i precedenti erano per il giudice un vincolo tassativo. Ma l’essenza di tale
regola sta nella tassatività della ratio decidendi ovvero quel principio giuridico
generale in base al quale il caso è stato deciso.
La regola consiste nel fatto che la decisone di una Corte superiore è assolutamente
vincolante per le Corti inferiori.
Così le decisioni della House of Lords sono vincolanti per tutte le corti, compresa
la stessa House of Lords; le decisioni della Court of Appeals sono vincolati pe tutte
le corti compresa la Court of Appeals; le decisioni della High Court costituiscono
precedenti vincolanti per gli organi giudiziari inferiori e hanno un valore non
strettamente vincolante ma altamente autoritativo per tutte le divisions della High
Court.
Di norma ogni decisione di un giudice di grado uguale o superiore costituiscono
precedenti.