2
INTRODUZIONE
Esistono due grandi misteri tuttora irrisolti ai quali l’essere umano cerca di rispondere
da secoli: il primo si riferisce alla nascita dell’universo; il secondo, invece, riguarda
l’esperienza cosciente e, in particolare, il modo in cui qualcosa di materiale possa
produrre il pensiero.
La Fisica sta facendo enormi passi in avanti nella spiegazione del primo quesito,
utilizzando la matematica, i dati empirici, le tecnologie e, più in generale, il metodo
scientifico. Tale metodo conoscitivo ha ampliato la concezione del nostro universo fin
dai tempi di Galileo e ha consentito il progresso scientifico e tecnologico tuttora in atto.
Per quanto riguarda la spiegazione dell’esperienza cosciente, la situazione sembra
essere meno definita. Per molti anni, infatti, l’idea che la coscienza non potesse essere
oggetto di ricerche scientifiche è stata predominante. Per secoli il problema della
coscienza è stato trattato esclusivamente dalla filosofia e dalla religione. Solo negli
ultimi decenni, l’evoluzione delle neuroscienze, ha consentito l’adozione di un
approccio più scientifico a tale argomento.
Il problema di fondo, nello studio della coscienza, sembra essere di tipo metodologico.
Mentre nello studio di fenomeni fisici abbiamo un essere cosciente (l’essere umano) che
adotta un metodo scientifico per spiegare un fenomeno naturale, nello studio della
coscienza la situazione diventa più complessa. In questo caso, infatti, la coscienza cerca
di studiare la coscienza stessa. Nessun altro elemento dell’universo sembra comportarsi
in modo analogo (porsi nelle condizioni di comprendere se stesso).
Il problema dell’approccio alla spiegazione della coscienza sembra risiedere nella
struttura del metodo scientifico, il quale tende a separare l’osservatore dall’oggetto di
studio. Tale separazione è incompatibile con un approccio verso la coscienza, poiché, in
questo caso, ciò che studia i fenomeni (la nostra coscienza) coincide con ciò che si cerca
di comprendere.
Anche la Fisica quantistica, nel corso degli anni, si è trovata a dover rivedere le basi del
metodo scientifico, poiché in alcuni esperimenti (come, ad esempio, quello delle due
3
fenditure -Joshua Kincaid, 2016- ) i risultati sembrano essere influenzati dal processo
osservativo. Si passa, dunque, da una concezione oggettiva e immutabile dei fenomeni
che sembrano indipendenti dall’osservatore, a una concezione più dinamica, che vede
non solo l’osservatore interconnesso con il fenomeno osservato, ma perfino i risultati
interdipendenti dall’osservazione cosciente.
Un altro problema nello studio della coscienza risiede nella difficoltà di comprendere la
relazione che la interconnette alle forze dell’universo. Le neuroscienze hanno raggiunto
una conoscenza profonda dei processi cerebrali. Si è, infatti, in grado di attribuire, con
una distinta precisione, quali attività cerebrali sono associate a determinate funzioni
cognitive, tuttavia non si può ancora comprenderne il perché. Mentre la Fisica mette in
relazione le forze e gli elementi conosciuti per creare un quadro più ampio della
situazione, la coscienza non è mai stata messa in relazione con qualcosa che vada oltre
le localizzazioni cerebrali e le funzioni corporee. In altre parole sembra che gli studi
sulla coscienza non vogliano allontanarsi dalla scatola cranica.
L’accostamento della coscienza ai fondamenti universali finora conosciuti, potrebbe
rappresentare una possibilità (sebbene non immediatamente intuitiva) di ampliare la
nostra comprensione. Anche se la coscienza sembra avere delle caratteristiche
totalmente differenti dalle forze conosciute in natura, è, tuttavia, innegabile che essa sia
connessa alle proprietà strutturali della Materia e che avvenga all’interno di uno Spazio
e di un Tempo.
La Teoria dell’Informazione Integrata di Giulio Tononi è uno degli studi più
promettenti sul fenomeno della coscienza. Essa è sostenuta da un modello matematico,
che consente di misurare la coscienza, partendo dalle proprietà materiali del cervello e
considerando il modo in cui sono interconnessi i neuroni. Tononi è stato uno dei primi a
uscire dalla scatola cranica, trattando la coscienza non solo come un’espressione del
funzionamento cerebrale, ma anche come una particolare modalità con la quale sono
organizzate le informazioni, formando un insieme il cui risultato è superiore alla somma
delle singole parti che formano un sistema.
L’obiettivo che si prefigge questa tesi è di mettere in relazione la Teoria
dell’Informazione Integrata di Tononi con le basilari nozioni di Spazio e di Tempo
4
riscontrabili nella Teoria della Relatività. A tale scopo saranno utilizzate delle formule
della Teoria della Relatività descritte da Daniel Styer (professore dell’Oberlin College
dell’Ohio) nel suo libro “Comprendere davvero la Teoria della Relatività” derivanti
dalle trasformazioni di Lorentz.
Lo scopo è comprendere in che modo la coscienza si relaziona con lo Spazio e con il
Tempo e se esistono delle condizioni limite di esistenza della coscienza all’interno
dell’universo. Inoltre, si cercherà di comprendere se i livelli di coscienza dipendono
esclusivamente da proprietà intrinseche della materia che prescindono lo spazio-tempo,
o se la velocità alla quale viaggia la materia nello spazio-tempo modifica le
caratteristiche della coscienza. In altre parole, i livelli di coscienza potrebbero dipendere
dalla velocità alla quale viaggia un sistema in grado di generare coscienza. Ciò
comporterebbe una concezione relativistica della coscienza, la cui connessione con le
strutture cerebrali (ormai ampiamente dimostrata) la pone nella condizione di essere
così collegata alla materia da essere sottoposta alle leggi della relatività. L’obiettivo è,
dunque, comprendere la funzione della coscienza all’interno di un contesto più ampio,
al fine di affrontare un problema tanto complesso con una visione più olistica. Non una
psicologia intesa “come galassia”, come la presenta in chiave metaforica Fulcheri
(Fulcheri, 2005), ma una coscienza realmente connessa all’intera struttura dell’universo,
fin dai fondamenti più profondi di Spazio e di Tempo.
5
1. LA COSCIENZA E I SUOI CORRELATI NEURALI
1.1 Dentro la scatola cranica
Applicare un approccio scientifico alla coscienza si rivela tuttora complicato, anche alla
luce del fatto che non esiste una definizione univoca della parola “coscienza”. Prima di
proseguire la discussione sull’argomento è importante chiarire il significato di questa
parola, che può rivelarsi fonte di dubbio e d’incertezze. La parola ‘coscienza’ deriva dal
latino conscire che significa “essere consapevoli”, conoscere. Va distinta, però, la
coscienza intesa in senso religioso, come insieme di norme morali, con un potere
pseudo punitivo, che indirizzano la persona verso la “retta via” (rendendola
“coscienziosa” e responsabile), dalla coscienza utilizzata nell’ambito delle
neuroscienze. Nell’ambito psicologico-scientifico è ormai opinione comune, intendere il
fenomeno della coscienza come “quella cosa che svanisce quando ci addormentiamo in
un sonno senza sogni (o siamo in uno stato di coma o sotto anestesia) e che riappare
quando ci svegliamo o quando sogniamo”. La coscienza racchiude tutto ciò di cui
facciamo esperienza. Senza la coscienza non esisterebbe ciò che siamo, ciò che abbiamo
e ciò di cui facciamo esperienza. Ad esempio, se un albero cade in un luogo in cui non
c’è nessuno ad ascoltare, non produce suoni o rumori, poiché, questi, sono il risultato
della percezione della coscienza, la quale trasforma le vibrazioni delle onde sonore in un
suono. Un albero, cadendo, produce delle vibrazioni, ma se queste non sono incanalate
all’interno di un sistema uditivo ed elaborate da un sistema cosciente, non diventeranno
un suono. Se non ci fosse la coscienza, non esisterebbero suoni, ma solo vibrazioni. Il
suono deriva dalla percezione delle vibrazioni che sono incanalate nel sistema nervoso
per mezzo delle orecchie; il cervello elabora le vibrazioni e integra le informazioni
derivanti da queste al fine di renderle “leggibili”, costruendo, così, ciò che noi
definiamo “suono”. In altre parole, il suono esiste solo all’interno della dimensione
mentale. Il filosofo inglese Alan W. Watts espone questo concetto in chiave più
metafisica: “Attraverso i nostri occhi, l’universo percepisce se stesso. Attraverso le
nostre orecchie, l’universo ascolta le sue armonie. Siamo i testimoni attraverso cui
l’universo diventa cosciente della sua gloria, del suo splendore”. Allo stesso modo
l’astrofisico naturalista Hubert Reeves suggerisce che “l’universo è una macchina per
6
fare coscienza”. La coscienza è, dunque, l’occhio per mezzo del quale l’universo guarda
se stesso.
Le neuroscienze, attraverso sistemi di neuroimaging, collocano questo “occhio”
all’interno dei cosiddetti “correlati neurali della coscienza” (NCC). I NCC sono quelle
porzioni del cervello che sembrano essere funzionalmente collegate all’esperienza
cosciente. Ciò è deducibile partendo dal fatto che queste aree sono più attive, rispetto ad
altre, quando è in atto un’esperienza cosciente e, inoltre, il loro danneggiamento
comporta un’inevitabile perdita dello stato cosciente. “Un correlato neurale della
coscienza è uno specifico pattern di attività cerebrale che correla con particolari
esperienze consce. Non è chiaro come un processo fisico, come l’attività neurale, possa
dar luogo a un fenomeno soggettivo come la consapevolezza”. (G.Rees, G.Kreiman, &
C.Koch, 2002).
Vanno distinti i “NCC completi” dai “NCC contenuto-specifico” e dalle “condizioni di
sfondo”. (C.Koch, 2016)
I NCC completi (Full NCC) si riferiscono al substrato che supporta l’esperienza
generale, indipendentemente dal suo contenuto. I NCC contenuto-specifico (content-
specific NCC) invece, si riferiscono al substrato neurale che supporta un particolare
contenuto dell’esperienza, come ad esempio volti visti, sognati o immaginati. Infine, le
condizioni di sfondo (background condition) sono quei fattori che permettono la
coscienza, ma senza contribuire direttamente all’esperienza, come ad esempio i sistemi
di eccitazione che garantiscono un adeguato arousal ai NCC, oppure adeguati livelli di
glucosio e ossigeno. (C.Koch, 2016)
Per far si che un insieme di neuroni sia considerato come un NCC contenuto-specifico,
è necessario che a una stimolazione di questi, corrisponda una determinata esperienza,
anche in assenza di stimoli esterni che possano causare quell’esperienza. Ciò significa
che quando i NCC contenuto-specifico, ad esempio, per la percezione dei volti, sono
stimolati artificialmente, mediante stimolazione magnetica transcranica (TSM), il
partecipante deve vedere una faccia, pur non essendo presente nel suo campo visivo. Se,
invece, l’attività di quest’area è bloccata, il partecipante non dovrebbe essere in grado di
vedere nessun volto, anche se presente. L’individuazione dei NCC contenuto-specifico,