2tendente ad un (lacunoso e parziale) tentativo di federalismo amministrativo, una
falsa idea del diritto del lavoro che viene, in tal modo, de- strutturato.
Si è passati dal periodo storico della prassi concertativa a quello più attuale del
“dialogo sociale” tra il governo ed, a volte, quelli tra i rappresentanti dei
lavoratori e dei datori di lavoro,disponibili al confronto su scelte di principi non
sempre condivise, che ha rischiato di rappresentare (e a volte ha rappresentato)
solo in parte le esigenze e le istanze collettive.
Qualcuno ha parlato della fine del diritto del lavoro, annunciandone l’epilogo
solo sulla base del fatto che è in atto la trasformazione radicale delle modalità di
acquisizione delle risorse professionali tipica della fase industriale del sistema
produttivo, e sta nascendo una nuova fase del diritto del lavoro coerente con le
trasformazioni che le organizzazioni di produzione ed erogazione di beni e
servizi, con particolare accentuazione del fenomeno della terziarizzazione, hanno
registrato. In realtà si sta elaborando un nuovo concetto di subordinazione per il
quale, per problemi di costi e di oneri, si appronta una disciplina sostanziale
molto meno rigida della precedente.
Negli ultimi tempi, purtroppo, “mentre l’economia e la società vanno veloci, il
diritto del lavoro e le norme in genere vanno avanti con la lentezza di un
ghiacciaio”
1
. Si sente la necessità di un adattamento della struttura lenta e pesante
del diritto del lavoro ad una società che cambia velocemente.
Ci sarebbe, forse, bisogno di “riscrivere” i principi generali e rivederli,
mantenendo in auge quelle fattispecie che nei secoli hanno caratterizzato il diritto
del lavoro, mirando più al concreto che all’astratto, e cercando di dare una
stabilità ad un diritto del lavoro flessibilizzato, senza, però, abbassare la soglia
delle tutele e delle garanzie dei lavoratori in nome di un processo di adeguamento
agli altri Paesi europei.
1
ROMAGNOLI, Il lavoro in Italia: un giurista racconta, Bologna, Il Mulino, 1995.
3C A P I T O L O I
IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO:
EVOLUZIONE STORICA
SOMMARIO: 1.1. IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO NEL CODICE DEL 1865 E
LA CATEGORIA DELLA LOCATIO OPERIS ET OPERARUM - 1.2. IL CONTRATTO DI
LAVORO SUBORDINATO NEL CODICE 1942: EVOLUZIONE NORMATIVA - 1.3. IL
DECRETO LEGISLATIVO 276/2003 (RIFORMA BIAGI): INTRODUZIONE DI UNA TERZA
CATEGORIA: I PARASUBORDINATI. ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE CON IL LAVORO
DIPENDENTE.
1.1. IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO NEL CODICE DEL 1865 E LA
CATEGORIA DELLA LOCATIO OPERIS ET OPERARUM
Il codice civile del 1865 non parlava esplicitamente, in relazione al contratto in
generale, di contratti a prestazioni corrispettive bensì dava una definizione all’art.
1099 di contratto bilaterale (distinto dal contratto unilaterale), nel quale “i
contraenti si obbligano reciprocamente gli uni verso gli altri”.
L’art. 1099 esigeva che i contraenti si obbligassero reciprocamente ma, in realtà,
richiedeva, per la configurazione del contratto stesso, solo l’esistenza di una
pluralità di obbligazioni da questo nascenti e ripartite tra i contraenti.
Gli interpreti dell’abrogato codice ravvisavano nella bilateralità di cui all’art.
1099 un sinonimo di sinallagmaticità ed affermavano che, perché un contratto
fosse classificato come bilaterale necessitava di due requisiti:
- la produzione di obbligazioni;
- la reciprocità tra le obbligazioni medesime, nel senso che, oltre ad essere legate
da un nesso di interdipendenza, trovassero l’una nell’altra la loro ragione.
Il contratto di lavoro subordinato in particolare non trovava una specifica ed
organica regolamentazione nel Codice del 1865 in quanto non era riconosciuta la
4connessione istituzionale tra impresa e lavoro. Era disciplinata in generale la
locazione delle opere che ricomprendeva la locatio operis (lavoro autonomo) e la
locatio operarum (lavoro subordinato).
L’art. 1570 c.c. del 1865 recitava: “La locazione delle opere è un contratto, per
cui una parte si obbliga a fare per l’altra una cosa mediante la pattuita mercede”.
Il lavoro subordinato, definito come la locazione della propria opera all’altrui
servizio, trovava una definizione solo nell’art. 1627c.c..
La distinzione operata dal Codice non riguardava il lavoro subordinato ed
autonomo ma era riferita alla locazione delle opere e delle cose.
E’ il caso di soffermarsi, in questa sede, esclusivamente sul lavoro subordinato e
si può allora constatare come l’unica norma che si riferiva al lavoro subordinato
era l’art. 1628 c.c. del 1865 che statuiva che “nessuno può obbligare la propria
opera all’altrui servizio che a tempo o per una determinata impresa” e vietava,
dunque, la continuità nel tempo del contratto
2
per combattere la schiavitù.
La collocazione da parte del legislatore del contratto di lavoro subordinato nella
categoria della locatio operarum era legata alle dottrine e alle teorie connesse alle
situazioni socio- economiche e politiche del tempo che delineavano lo scenario
del codice preunitario e che portavano gli interpreti ad intravedere nel rapporto di
lavoro subordinato un contratto a prestazioni corrispettive posto nella categoria
dei contratti sinallagmatici.
Lodovico Barassi
3
, diversamente dal resto della dottrina, affermava che la
collocazione del contratto di lavoro nell’ambito dei contratti sinallagmatici non
fosse soddisfacente ed era eccessiva in quanto non si giustificavano gli
inconvenienti relativi ai vincoli di libertà contrattuale individuale e collettiva;
perché la corrispettività biunivoca non garantiva l’utilità della prestazione di
lavoro.
“Non poteva non apparire singolare che in un contratto destinato allo scambio
equivalente uno dei due contraenti (il datore di lavoro) rimanesse obbligato in
2
Anche se era ammessa la stipulazione del contratto sine die che trovava giustificazione nel
fatto che le parti avrebbero avuto possibilità di disdire e quindi il contratto era sottoposto ad
un termine seppur incerto. GHERA, Diritto del lavoro, Bari, Cacucci, 2003, p. 28 ss.
3
BARASSI, Il contratto di lavoro, Milano, 1915, I, p. 83 nota 2.
5via di principio alla propria prestazione anche quando l’altro legittimamente si
asteneva dall’adempiere”
4
.
Classificare il contratto di lavoro subordinato come contratto sinallagmatico era
più un residuato storico del tempo che una effettiva realtà attuale di
regolamentazione del contratto stesso, del rapporto di lavoro e, in particolare,
dell’obbligazione retributiva.
Altro elemento che veniva rilevato da Barassi era la “regula iuris che sovrasta
ogni altra e che sarebbe al riparo da deroghe o eccezioni”
5
. Tale regola era
quella della “corrispondenza biunivoca tra retribuzione e lavoro effettivo, per cui
se il lavoratore non ha lavorato, quale che sia stata la causa, la retribuzione non
gli spetta: potranno spettargli indennità sostitutive e risarcitorie della retribuzione
mancata, non questa, però”
6.
Dunque, principio giuridico del rapporto di lavoro
era quello per cui in ogni caso la retribuzione dovesse seguire alla prestazione di
lavoro effettivo.
La qualificazione del contratto bilaterale o sinallagmatico stava a significare che:
- le due obbligazioni si fondevano insieme legate dal principio della buona fede;
- secondo il suddetto principio se una prestazione “fosse caduta” l’altra non
avrebbe dovuto essere eseguita;
- le due prestazioni andavano eseguite simultaneamente.
La distinzione tra locatio operis et operarum aveva rilievo al fine di stabilire una
diversa imputazione e ripartizione del rischio derivante dalla mancata
realizzazione lavorativa.
L’impossibilità sopravvenuta per effetto del caso fortuito o della forza maggiore
impeditivi dell’esecuzione della prestazione e, quindi, incidenti sulla perdita
totale o parziale del corrispettivo da parte del lavoratore era, secondo la dottrina,
sempre sopportato dal lavoratore; si seguiva, cioè, la regola dei contratti di
scambio secondo cui casum sentit debitor: il debitore era esonerato dall’obbligo
di eseguire la prestazione divenuta impossibile, ma perdeva il diritto alla
controprestazione.
4
ZOPPOLI L., La corrispettività nel contratto di lavoro, Napoli, 1990, p. 34.
5
BARASSI, op. cit.
6
DI MAJO, I licenziamenti illegittimi tra diritto comune e diritto speciale, in Riv. giur. lav.,
1974, I, cit. p. 284
6Ancora secondo Barassi
7
, invece, nel caso in cui la impossibilità della prestazione
lavorativa dipendeva dal datore di lavoro e rendeva impossibile la continuazione
del lavoro stesso ad una sezione o parte dell’impresa, e il lavoratore potesse dire
che era prontissimo al lavoro, sussisteva il diritto alla mercede da parte del capo
dell’azienda. Nel caso in cui, invece, l’impedimento sorgeva nella persona del
lavoratore, questi doveva subirne la conseguenze anche in mancanza di colpa
propria.
Nel caso in cui, infine, si fossero verificati eventi di caso fortuito e forza
maggiore, ci sarebbe stato bisogno di invocare il principio di proporzionalità-
corrispettività e di applicare l’art.1578 c.c. del 1865 secondo cui “la distruzione
della cosa locata non lascia vivo il contratto, ma dà il diritto a ritenerlo estinto,
cessato quindi il diritto al prezzo, o almeno diminuito”.
L’orientamento seguito era giusto anche se le conclusioni non erano sempre
condivisibili ed i risultati erano scarsamente incisivi. Il modo di interpretare i
contratti di lavoro subì poi, come vedremo, una decisiva virata con l’entrata in
vigore del Codice civile del 1942 e di alcune leggi speciali.
7
Cfr. op. cit.
71.2. IL CONTRATTO DI LAVORO SUBORDINATO NEL CODICE 1942: EVOLUZIONE
NORMATIVA
Il codice vigente non ha riprodotto la disposizione dell’art. 1099 del codice
preunitario, né fa alcun cenno alla distinzione tra contratti bilaterali e contratti
unilaterali. Un riferimento c’è in relazione ai contratti a prestazioni corrispettive,
che rappresentano una categoria diversa rispetto a quella dei contratti bilaterali.
Nel Codice civile il legislatore ha ripreso dalla legislazione speciale in materia di
impiego privato
8
il concetto di collaborazione per definire quello di
subordinazione.
Punto di partenza della nostra indagine è l’art. 2094 c.c. rubricato Prestatore di
lavoro subordinato, che recita: “E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga
mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro
intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.
Viene identificata la collaborazione con lo scopo della prestazione di lavoro alle
dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore, svolta dal lavoratore in cambio
della retribuzione. Questo elemento della collaborazione è segno della
connessione istituzionale, assente nell’abrogato codice, tra impresa e lavoro o,
meglio, tra lavoratore e datore di lavoro quali parti di un rapporto obbligatorio. La
collaborazione, dunque, è espressione della funzione organizzativa del contratto
di lavoro, causa, cioè, dello stesso secondo quanto afferma una parte della
dottrina
9
. Altra parte, invece, intravede nello scambio prestazione di lavoro-
retribuzione la causa dello stesso.
Il contratto di lavoro subordinato ha ad oggetto una obbligazione, quella del
lavoro come prestazione di fare e di attività personale economicamente utile.
L’orientamento volto ad inquadrarlo tra i contratti a prestazioni corrispettive è
autorevole e prevalente
10.
L’articolo 2094 c.c. viene visto come una conferma
della causa contrattuale tipica prima individuata, quella cioè, di uno “scambio tra
8
R.D.L. 13 novembre 1924, n. 1825. Tale legge ravvisava il connotato specifico della
subordinazione dell’impiegato nell’attività professionale e nell’esercizio di mansioni di
collaborazione fiduciaria.
9
GHERA, Diritto del lavoro, Bari, Cacucci, 2002
10
CESSARI, In tema di struttura del contratto di lavoro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1958, p.
1262; SMURAGLIA, La persona del prestatore nel rapporto di lavoro, Milano, 1967, p.
422 ss.
8lavoro e retribuzione vincolato alla reciprocità, per cui l’obbligazione e la
prestazione di una parte è in funzione dell’obbligazione e della prestazione
dell’altra
11
”. Si stabilisce così che il contratto di lavoro è contratto oneroso di
scambio
12
. Questo implica che si ha un sinallagma genetico, nel senso che ad una
corrispettività delle obbligazioni corrisponde una corrispettività delle
prestazioni
13
.
Il fondamento della corrispettività è stato più o meno riportato dai principi relativi
ai contratti di lavoro ed in particolare nell’art. 2094 c.c. del 1942. L’unico dubbio
che si pone è in relazione alla regola della postnumerazione secondo la quale la
corresponsione della retribuzione sia solo a lavoro eseguito o, comunque, decorso
il termine entro il quale la prestazione avrebbe dovuto essere eseguita. Tale
regola, però, avrebbe finito con discostarsi dalla regola dei contratti a titolo
oneroso, secondo la quale le due prestazioni vanno eseguite simultaneamente
14
.
Questo criterio della postnumerazione sarebbe giustificato dal principio di
proporzionalità e troverebbe la propria origine nella prassi, essendo legata al
tempo dell’adempimento dell’obbligazione datoriale
15.
Il tempo del lavoro
conferma la inscindibilità del binomio scambio (utile per il datore di lavoro)-
corrispettività. E l’interesse del lavoratore ad essere retribuito ed inquadrato
anche per i risvolti qualitativi della prestazione fa delineare uno scambio non solo
tra tempo- lavoro e retribuzione ma anche tra retribuzione e apporto lavorativo
connotato da una serie di interessi dell’una e dell’altra parte.
Ritornando alla identificazione del contratto di lavoro nella categoria
sinallagmatica, possiamo affermare che questa considerazione va rimeditata in
relazione al significato che assume la corrispettività nel diritto dei contratti; in
relazione alla rispondenza della disciplina legislativa e contrattuale dei rapporti di
lavoro subordinato ed, infine, in relazione alla inutilità della identificazione stessa
verso gli obiettivi per cui è stata delineata. Bisogna chiedersi se, al distacco totale
11
SANTORO PASSARELLI F., Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1985, pp. 152 s.
12
DELL’ OLIO, I soggetti e l’oggetto del rapporto di lavoro, in Trattato di diritto privato
diretto da P. Rescigno, XV/1, I, Torino, 1986, p. 238 s.
TREU, Onerosità e corrispettività nel rapporto di lavoro, Padova, Cedam, 1968.
13
SANTORO PASSARELLI F., op. cit., Napoli, 1985.
14
Secondo la teoria riportata nel § 1, seguita da BARASSI, Il contratto, Milano, 1915.
15
Art. 2099 c.c., 1° comma, ultimo inciso: Retribuzione. “La retribuzione del prestatore di
lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta nella misura
determinata, con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito”.
9dalla concezione della sinallagmaticità dei contratti in esame, segua
immancabilmente l’abbandono della concezione scambista del contratto di
lavoro.
Possiamo affermare che potrebbe essere seguito un orientamento che sottolinei la
“funzione organizzativa” del contratto di lavoro
16
, intesa come funzione capace di
raccordare valenza economica del lavoro con quella socio- politica riconosciuta
al lavoratore, in contrapposizione ad una funzione scambista dello stesso.
1.3. IL DECRETO LEGISLATIVO 276/2003 (RIFORMA BIAGI). INTRODUZIONE DI
UNA TERZA CATEGORIA: I PARASUBORDINATI. ELEMENTI DI DIFFERENZIAZIONE
CON IL LAVORO DIPENDENTE
Il richiamo alla funzione organizzativa del contratto di lavoro consente di
introdurre ed analizzare alcune fattispecie disciplinate dall’art. 61, commi 1°e 2°,
del Decreto Legislativo 10 settembre 2003, n.276.
Tale norma, all’interno di un complesso disegno di riforma del mercato del
lavoro, dei rapporti di lavoro e degli stessi strumenti contrattuali, sembra definire
alcune figure, a valle della locatio operis ed a monte della locatio operarum, che
non possono essere tralasciate in una analisi della evoluzione storica del contratto
di lavoro subordinato, proprio per la loro valenza di istituti di confine con le
tradizionali categorie del lavoro subordinato. Tali strumenti rappresentano ormai
la via preferita dalle aziende per la immissione nelle strutture organizzative di
giovani in possesso di professionalità non operaie al limite con il lavoro
professionale autonomo.
17
16
PERSIANI, Trattamento di integrazione salariale, retribuzione e autonomia collettiva, in
I nuovi problemi della retribuzione, Padova, 1982, p. 91 ss; ID., Contratto di lavoro e
organizzazione, Padova, 1966.
17
BORTONE, “Il lavoro parasubordinato”, in Lavori e Precarietà, Editori Riuniti, 2004, p.
137 ss.