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INTRODUZIONE
La responsabilità sociale è un concetto quanto mai attuale, oggetto di
dibattito e studio da parte di numerosi esperti ed accademici che, nel corso
degli anni, hanno reso tali tematiche centrali sia nelle strategie d'impresa che
nell'attenzione dell'opinione pubblica.
Il continuo ed inarrestabile sviluppo economico ed industriale, facilitato
dall'avanzare tecnologico, ha senza dubbio incrementato il livello della qualità
della vita, almeno nei paesi industrializzati, rendendo i mercati sempre più
efficienti e pronti a soddisfare qualunque esigenza. L'incremento produttivo,
però, se da una parte ha favorito l'occupazione, contribuendo a migliorare la
situazione economico-sociale di numerose comunità, dall'altra ha creato degli
inevitabili deficit in termini di impatto ambientale e sfruttamento del lavoro.
Il rapporto tra uomo - ambiente - lavoro è caratterizzato da indubbia
dinamicità e la ricerca di un equilibrio statico, da parte degli operatori
economici, si rivelerebbe una strategia fallimentare. Sarebbe piuttosto
opportuno integrare, nel governo di ciascuna azienda, la gestione di tali aspetti
per sfruttare al massimo le sinergie che ne scaturiscono. L'introduzione del
concetto di responsabilità sociale ha quindi lentamente modificato il ruolo
stesso dell'azienda nel panorama economico: ad oggi, ogni impresa, sia
pubblica che privata, non è solo considerata un centro produttivo di beni e
servizi ma un vero e proprio centro nevralgico per il territorio e la comunità in
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cui opera, da cui trae risorse preziose e alla quale deve rivolgere particolare
cura e attenzione. Nelle strategie aziendali, la tutela dell'ambiente deve
coniugarsi con la valorizzazione dell'uomo e delle sue capacità, obiettivi da
perseguire con costanza e continui investimenti, con regole comportamentali e
condotte etiche ineccepibili. I vantaggi che derivano in termini di immagine
ma anche di fatturato sono notevoli, come verrà ampiamente dimostrato nel
proseguo del lavoro.
Nel primo capitolo si analizzerà il concetto di Corporate Social
Responsability indagandone l'evoluzione storica e normativa, sia italiana che
europea. Verrà esaustivamente descritta la Stakeholder theory e sarà dedicato
ampio spazio all'analisi della responsabilità sociale in Italia, con particolare
enfasi sia al ruolo avuto da Adriano Olivetti nella diffusione di tale teoria sia
alla sua concreta applicazione nelle piccole - medie imprese, che senza dubbio
rappresentano il tratto distintivo del tessuto economico nazionale. Verrà anche
introdotto il Bilancio sociale quale principale strumento comunicativo della
responsabilità sociale d'impresa, descrivendone le finalità.
Il secondo capitolo, invece, sarà incentrato sullo studio dei modelli di
Bilancio maggiormente diffusi, individuandone struttura e regole redazionali,
oltre che i rispettivi punti di forza e di debolezza. Nello specifico, saranno
descritti in modo approfondito lo schema proposto dal Gruppo per il Bilancio
sociale, un'iniziativa italiana che ha avuto il merito di pubblicare una serie di
documenti - guida nella redazione dello schema, e gli standard internazionali
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del Global Reporting Iniziative. Sarà anche proposta una breve esposizione
dell'evoluzione normativa sul tema.
Nel terzo capitolo, infine, verrà studiato l'approccio alla responsabilità
sociale di due grandi multinazionali, come Nestlè e Ferrero. Saranno analizzati
i rispettivi report sociali ed indagate le strategie attuate in ambito socio -
ambientale, evidenziando i principali risultati ottenuti, anche in termini di
iniziative e progetti effettivamente realizzati. Sarà anche approfondita la
responsabilità sociale in ambito pubblico, descrivendo il ruolo del bilancio
sociale anche come strumento di trasparenza nelle mani della Pubblica
Amministrazione, per un rapporto con i cittadini sempre più ispirato alla
correttezza e reciproca fiducia. Nello specifico, verrà proposto al lettore il caso
del Bilancio sociale redatto dal Comune di Brindisi.
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CAPITOLO I
LE FONDAMENTA TEORICHE E LA DISCIPLINA DI
RIFERIMENTO
1. La Corporate Social Responsability
1.1 Origini ed evoluzione storica
La relazione tra etica e impresa ha radici storiche e sociali ben più
lontane di quelle che la teoria economica suggerisce. Sin dall’antichità, infatti,
la morale ha influenzato in modo determinante il comportamento degli uomini
d’affari traducendosi in regole che riflettevano gli usi e i costumi della società:
già nella Grecia di Aristotele e Platone si discuteva il rapporto tra uomo e
lavoro. Platone, per esempio, considerava attività come il commercio non
adatte ai cittadini di una polis e proponeva l’eliminazione della proprietà
privata in favore della specializzazione e della divisione del lavoro.
Aristotele riprende gli enunciati di Platone, del quale condivide la
visione del rapporto tra individuo e lavoro, e sottolinea la necessità che
ciascun individuo agisca per il bene della comunità alla quale appartiene,
poiché senza lo Stato non può esserci autosufficienza
1
. Egli, inoltre, riteneva
profondamente immorale lo sfruttamento delle abilità, da parte di un qualsiasi
individuo, con lo scopo primario di ottenere un guadagno ingiustificato.
Un’altra personalità importante che si è occupata del rapporto tra uomo e
danaro è stato San Tommaso d’Aquino che, nel Medioevo, ha introdotto il
1
P. LEOCI, “La responsabilità sociale delle aziende e il bilancio sociale: novità e
prospettive”, Cacucci editore, Bari, 2012, p. 34 e ss.
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concetto del giusto prezzo: non era considerato lecito il comportamento dei
commercianti che aumentavano in modo ingiustificato il prezzo, approfittando
di situazioni di estrema difficoltà o sfruttando il minor potere contrattuale della
controparte, in difetto di informazione
2
. Ma è nella prima età moderna che si
assiste ad una proliferazione di contributi e teorie da parte di numerosi
studiosi, pensatori e teologi tra cui Martin Lutero, Adam Smith, John Stuart
Mill, Vilfredo Pareto e Alfred Marshall.
Nell’etica luterana il lavoro è considerato nobilitante per la vita di un
uomo e per questo è necessario ogni sforzo possibile per svolgerlo al meglio
3
;
nella visione di mercato di Adam Smith, invece, si coniuga la realtà
individuale con quella collettiva, nella convinzione che la ricerca del
benessere individuale porti automaticamente ad una massimizzazione del
benessere della società
4
.
In antitesi rispetto alle regole dell’etica comune si pone l’utilitarismo di
Mill che afferma la centralità dell’individuo e il suo agire egoistico mentre
solo in alcuni casi contempla la possibilità di svolgere attività rivolte al
benessere collettivo
5
.
A Pareto, invece, si deve l’introduzione del concetto dell’Ottimo
Paretiano, un punto di equilibrio garantito dalla giusta allocazione delle
risorse, la cui modifica comporterebbe un inevitabile peggioramento della
2
Ivi, p. 39.
3
Ibidem.
4
Ivi, p. 54.
5
Ivi, p. 64.
7
condizione di una delle due parti
6
.
Marshall, infine, approfondisce la teoria dell’economia di mercato nel
più ampio ambito del comportamento umano, sostenendo la necessità di agire
in via preliminare sul carattere del singolo e solo successivamente passare a
considerare e implementare il progresso della società
7
.
Proseguendo in questo excursus storico, la struttura sociale ed economica
del mondo ha subìto notevoli cambiamenti ed evoluzioni anche e soprattutto
negli ultimi cinquanta anni: si parla non a caso di età moderna, che ha preso
avvio con la fine della seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda.
Tralasciando tutte le implicazioni politiche di tali avvenimenti, questo periodo
è caratterizzato da una crescita smisurata del prodotto interno lordo nei paesi
Occidentali, mentre il Pil ha subito una crescita molto lenta, a tratti stagnante,
nei paesi Orientali. In Europa, Giappone, Australia e Nord America si riscontra
un forte incremento della produzione industriale che apporta benefici a livello
economico e sociale ma contribuisce parallelamente a creare i primi disagi di
natura ambientale
8
. L’era moderna è stata pervasa dall’innovazione
tecnologica che ha indotto numerosi e profondi cambiamenti non solo nella
vita di ogni singolo individuo ma anche nell’organizzazione delle imprese. Le
aziende si sono trovate a dover competere in mercati sempre più aperti e
globalizzati, in cui per sopravvivere è diventato necessario implementare tanto
le strategie offensive quanto quelle difensive, adattandosi ad una realtà sempre
6
Ivi, p. 72.
7
Ivi, p. 76.
8
Ivi, p. 81.
8
più dinamica. In tutto questo contesto le aziende hanno trascurato l’attenzione
all’individuo in qualità di essere umano e hanno puntato tutto sul consumatore
in qualità di soggetto che genera profitto. Solo successivamente, con il
crescente interesse verso temi sociali quali la tutela dell’ambiente, la difesa dei
diritti umani, il rispetto della dignità dell’uomo, il diritto del singolo a lavorare
in condizioni ottimali e il contrasto allo sfruttamento minorile, le aziende
hanno cominciato a comprendere che non era sufficiente generare un elevato
profitto, ma bisognava porre maggiore attenzione verso quelle tematiche
sociali particolarmente sensibili all’opinione pubblica.
Da un punto di vista teorico, il libro “Social Responsability of the
Businessman” di Howard Bowen (1957) è considerato il primo testo dedicato
al tema, al quale poi seguiranno le successive e numerose trattazioni in
materia. Bowen ha identificato le aziende non più come delle organizzazioni
esclusivamente impegnate a realizzare un profitto, ma come dei luoghi in cui
si concentra il potere e le decisioni che vanno ad influenzare direttamente i
clienti e, nel complesso, gli individui. Secondo Bowen la responsabilità
sociale d’impresa si riferisce alla necessità che gli imprenditori seguano delle
politiche, attuino delle decisioni, implementino delle linee d’azione coerenti
con dei valori sociali
9
. Tale definizione non si può considerare esaustiva,
semplicemente permette di iniziare a valutare i manager e le aziende sotto un
profilo di responsabilità nei confronti del contesto più ampio in cui operano,
9
H.R. BOWEN, "Social Responsibility of the Businessman", Harper & Row, New York,
1953.