Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
5
1. Corporate governance: definizioni
L’espressione corporate governance identifica un oggetto di studio molto vasto, da
tempo1 al centro del dibattito politico e scientifico nei maggiori paesi industrializzati2. Gli
scandali finanziari e contabili verificatisi negli ultimi anni hanno portato un’ondata di
interventi volti a regolamentare il sistema di governo delle imprese, nella ricerca di maggiori
garanzie per gli investitori, aumentando obblighi e adempimenti in capo ad amministratori e
manager ed inasprendo le relative pene in caso di accertamento di determinati reati3.
I casi di Enron, WorldCom, Adelphia e Tyco negli Stati Uniti, di Ahold in Olanda, i dissesti
di Parmalat, Cirio, Freedomland in Italia (con tutti gli strascichi giudiziari), la bancarotta
argentina, gli scandali delle Banche dei Laender tedeschi e della casa automobilistica
Volkswagen, seppure con modalità ed intensità differenti, si sono verificati in un arco
temporale estremamente limitato, sensibilizzando ad una profonda riflessione internazionale
sul tema della governance4.
La portata di tali scandali indica con chiarezza che, quello a cui ci si trova di fronte, è un tema
la cui trattazione non può prescindere da una valutazione di carattere globale; nel presente
1
I problemi legati alla corporate governance non sono nuovi tra gli studiosi, Tricker osserva in realtà come tali
tematiche siano “antiche quanto la nascita del commercio”; TRICKER R. (1998), On Ownership and Control, in
Corporate Governance - an International Review, vol. 6, n. 2, pag. 75 – Tra le prime opere che hanno rilevato
l’importanza del problema si ricordano SMITH A. (1776), On the Wealth of Nations, Glasgow; MARSHALL A.
(1920), Industries and Trades, MacMillan, New York.
2
Scrive il Forestieri: “Il problema della corporate governance è importante per diverse ragioni. Da un lato, si
assume che esso costituisca una leva fondamentale della competitività delle aziende; rappresenti cioè una
chiave attraverso cui massimizzare l’efficacia della gestione; più in generale per ottimizzare le performance
[…]. Dall’altro lato, dal modello di corporate governance dipende il livello di accountability delle aziende;
dipende cioè l’ampiezza della responsabilità attribuita ai decisori aziendali e l’efficacia del contributo cui essi
sono sottoposti”; FORESTIERI G. (1998), La corporate governance negli schemi interpretativi della letteratura,
in AIROLDI G., FORESTIERI G. (a cura di) (1998), Corporate governance. Analisi e prospettive del caso
italiano, ETAS, Milano, pag. 3.
3
Negli Stati Uniti, a soli dieci mesi di distanza dal fallimento del colosso energetico Enron, causato dalla
speculazione sui derivati perpetuata con la complicità dei controllori esterni, il congresso ha approvato il
“Sarbanes-Oxley Act”, dal nome dei due senatori uno repubblicano e l’altro democratico che, in un momento di
estrema conflittualità tra i due partiti, hanno comunque ritenuto che l’esigenza di dotare le imprese di nuove
regole per la tutela e l’integrità del sistema economico fosse da mettere al primo posto nell’agenda politica, con
un accordo bipartisan; per un approfondimento si vedano, tra gli altri, BAGELLA M. (a cura di) (2007), I
mercati finanziari hanno un’anima?, Bancaria Editrice, Roma, pp. 62-67 – LANDER, G. (2004) What is
Sarbanes-Oxley, McGraw-Hill, NewYork – REZAEE Z., PANKAJ J.K. (2005), The Sarbanes-Oxley Act of 2002
and Security Market Behavior: Early Evidence, University of Memphis, May – HOLMES M.C., NEUBECKER
D. (2006), The impact of the Sarbanes-Oxley act 2002 on the information systems of Public Companies, in Issues
in Information Systems, vol. 7, n. 2, pp. 24-28.
4
Monks e Minow, in una delle loro opere più celebri sul tema della corporate governance, analizzano in
maniera efficace i dieci maggiori scandali finanziari avvenuti negli Stati Uniti nei dieci anni precedenti,
illustrando le frodi commesse, le perdite che queste hanno comportato per gli azionisti delle rispettive società e
le pene inflitte dagli organismi di vigilanza e dalle Authority; MONKS R., MINOW N. (2004), Corporate
Governance, Blackwell Publishing, Oxford.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
6
lavoro, lo sguardo verso quelle che sono considerate le best practice internazionali in tema di
governo societario sarà costante, ritenendo riduttivo analizzare il sistema di corporate
governance italiano senza uno sguardo comparato.
In relazione all’ampiezza del tema in discussione e alla differente impostazione logica
derivante dalla prospettiva in cui viene analizzato, è opportuno ed utile definire i contorni
della disciplina, in modo da ricondurla all’interno dei confini nei quali si ritiene debba essere
rappresentata, ovvero quelli dell’economia aziendale.
A titolo esemplificativo, è possibile individuare cinque differenti prospettive di osservazione5
(figura 1):
Figura 1 – Prospettive di osservazione della corporate governance
Fonte: Elaborazione propria su PUGLIESE (2008).
Occorre precisare, come si evince anche dall’area ombreggiata all’interno della figura, che le
cinque prospettive di osservazione presentate non sono mutuamente esclusive tra loro, bensì
presentano elementi comuni di riferimento.
Si presentano brevemente i tratti essenziali delle prospettive su rappresentate:
5
PUGLIESE A. (2008), Percorsi evolutivi della corporate governance, CEDAM, Padova, pp. 19-25.
ACCOUNTING
FINANZA
POLITICA
ECONOMICA
ECONOMIA
AZIENDALE
CORPORATE
GOVERNANCE
DIRITTO
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
7
• Corporate governance e accounting: regole contabili e meccanismi di governance per
loro stessa natura possiedono un forte legame, identificabile anche dal processo di
convergenza verso un corpus unico di principi contabili internazionali, guidato dallo
Iasb6. La ricerca al riguardo si è ampiamente interessata al ruolo del bilancio quale
strumento per ridurre le asimmetrie informative esistenti tra i diversi attori del mercato
finanziario e per disciplinare e valutare il management7;
• Corporate governance e finanza: l’influenza della finanza sul dibattito in materia di
governo societario è sempre stata notevole e tuttora presenta un peso importante nei
contributi accademici. Come meglio verrà analizzato nel prosieguo della trattazione, la
separazione tra proprietà e management ed i meccanismi di controllo sull’operato di
quest’ultimo hanno condizionato in maniera significativa la discussione politica sul
tema, producendo interventi normativi di natura rilevante;
• Corporate governance e politica economica: il ruolo della politica economica sul
tema è evidente in tutti i paesi nei quali è sentita la necessità del miglioramento degli
assetti istituzionali e dei meccanismi di controllo dell’operare delle imprese. Al
riguardo, l’aspetto che maggiormente preme sottolineare, anche in relazione al tema
del presente lavoro, è la volontà dello Stato di garantirsi un ruolo importante in settori
strategici per lo sviluppo economico del Paese, anche a seguito di processi di
privatizzazione volti a liberalizzare ed efficientare i mercati8;
• Corporate governance e diritto: gli interventi del legislatore in materia societaria e dei
mercati finanziari hanno un impatto immediato sui sistemi di governo delle imprese,
condizionandone struttura ed equilibri. Non è raro che sistemi giuridici male articolati,
a volte derivanti dal semplice “trasferimento” di modelli presenti in altri paesi, senza
intelligenti adeguamenti al contesto di riferimento, possano incidere negativamente sui
comportamenti dei soggetti destinatari dei provvedimenti stessi, generando l’effetto
inverso a quello desiderato;
6
DI PIETRA R. (2005), Governo aziendale e standard contabili internazionali, CEDAM, Padova.
7
La relazione tra financial statement e corporate governance è stata oggetto di studio di numerosi autori. Per
avere una review esaustiva sul tema è utile consultare BUSHMAN R., SMITH A. (2001), Financial Accounting
Information e Corporate Governance, JAE Rochester Conference April 2000, dove viene presentato un modello
di relazione dinamica tra il livello di protezione degli investitori e il ruolo assunto dal bilancio d’esercizio.
8
Un esempio è il dibattito politico sul tema della privatizzazione di Alitalia, “compagnia di bandiera” nel settore
del trasporto aereo; le contrapposte esigenze di rilancio della Società, attraverso l’apertura al capitale privato, che
dovrebbe essere in grado di migliorare l’efficienza e la profittabilità, e di mantenimento della stessa nella
proprietà di “imprenditori italiani”, ha raggiunto il livello estremo di portare la compagnia sull’orlo del
fallimento, a causa dei lunghi ritardi nelle trattative con i vari interlocutori, con un conseguente notevole
aggravio di costi a carico dello Stato (aumenti di capitale e prestiti ponte).
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
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• Corporate governance ed economia aziendale: appare evidente il legame dei modelli
di governance con le strutture organizzative delle imprese9, con le scelte strategiche da
queste poste in essere e più in generale con il processo volto alla creazione del
valore10.
Risulta difficile presentare una definizione univoca di corporate governance, in grado
di racchiudere tutti gli aspetti e le funzioni che l’espressione raggruppa in sé.
Le innumerevoli definizioni elaborate dagli studiosi in materia dimostrano quanto sia acceso
il dibattito e l’interesse verso il tema del buon governo societario11.
Senza la pretesa di voler essere esaustivi e con i limiti evidenti nel poter offrire una
definizione completa all’oggetto di studio, vengono comunque di seguito evidenziati i
contributi, ritenuti maggiormente significativi a parere di chi scrive, sul tema della corporate
governance. Anzitutto si può osservare come il concetto di “Governare deriva dal latino
gubernator, timoniere, e indica appunto il modo in cui le imprese vengono guidate e in
particolare come vengono regolati i rapporti tra i vari soggetti coinvolti: azionisti (a loro
volta di maggioranza e minoranza), amministratori, dirigenti, finanziatori, lavoratori,
fornitori, ecc. e in cui viene perseguito il fine ultimo dell’azienda”.12
La visione del Coda13 porta a definire il sistema di corporate governance come “l’insieme dei
caratteri di struttura e funzionamento degli organi di governo (Consiglio di Amministrazione,
Presidente del CdA, Comitati) e di controllo (Collegio Sindacale e Revisori esterni) nei
rapporti intercorrenti tra loro e nelle relazioni con gli organi/esponenti della proprietà e con
9
Sui riflessi della governance all’interno dei gruppi aziendali ed i rapporti tra società dipendenti ed indipendenti
si permette il rinvio a DI CARLO E. (2008), I gruppi aziendali tra economia e diritto, Aracne, Roma.
10
La Ferraris Franceschi individua nello scopo di un efficace sistema di corporate governance quello di
“favorire la creazione di ricchezza o di valore per l’intero sistema aziendale, cioè per gli azionisti, ma anche per
i risparmiatori che investono nelle aziende e per gli altri soggetti coinvolti nell’attività: dipendenti, finanziatori,
clienti, fornitori, collettività territoriale e nazionale, garantendo l’equilibrio tra queste tipologie di interessi tra
loro anche molto diversi ed in vista dell’effetto di trascinamento che lo sviluppo di un sistema aziendale induce
sul contesto economico aziendale di riferimento”; CAVALIERI E., FERRARIS FRANCESCHI R. (2005),
Economia aziendale, vol. I, Giappichelli, Torino, pag. 89.
11
In uno studio svolto nel 2002 vengono identificate le motivazioni di tale interesse in alcuni punti essenziali:
l’ondata di privatizzazioni che ha coinvolto i Paesi industrializzati negli ultimi 20 anni, la crescita del risparmio
privato, i frequenti take-over degli anni ’80, l’integrazione del mercato dei capitali, la crisi di fine secolo
dell’Asia orientale, una serie di scandali finanziari che ha coinvolto Stati Uniti e Paesi europei; BECHT M.,
BOLTON P., ROELL A. (2002), Corporate Governance and Control, in Finance Working Paper, n. 2.
12
ONADO M. (2000), Mercati e intermediari finanziari – economia e regolamentazione, Il Mulino, Bologna.
13
CODA V. (1997), Trasparenza informativa e correttezza gestionale: contenuti e condizioni di contesto, in
Scritti di Economia Aziendale in Memoria di Raffaele d’Oriano, Primo Tomo, CEDAM, Padova, pag. 333.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
9
la struttura manageriale”; il Bruni14 al riguardo sottolinea come “la Corporate Governance
concerne il sistema di diritti, processi e meccanismi di controllo istituiti, sia internamente che
esternamente, nei confronti dell’amministrazione di un’impresa al fine di salvaguardare gli
interessi degli stakeholders”. Così anche Kose e Senbet15per i quali “corporate governance
deals with mechanisms by which stakeholders of a corporation exercise control over
corporate insiders and management such that their interest are protected”.
In tema di ritorno dell’investimento, per Shleifer e Vishny16 “corporate governance deals
with the ways in which suppliers of finance to corporations assure themselves of getting a
return on their investments”. Rajan e Zingales17 poi concepiscono la corporate governance
come “the complex set of constraints that shape the ex-post bargaining over the quasi-rent
generated by a firm”.
Airoldi e Forestieri18 inseriscono la nozione di corporate governance all’interno del più vasto
concetto di assetto istituzionale, ovvero di quegli “elementi che portano a configurare il
sistema dei soggetti di un’impresa, dei loro interessi e dei loro fini, delle regole del gioco in
merito a chi ha il diritto e il dovere di governare […]”.
In letteratura spesso il concetto di corporate governance viene collegato a quello di outsider
ed insider, definendola proprio come l’insieme delle regole attraverso le quali gli investitori
(outsider) si proteggono contro il rischio di espropriazione da parte di chi governa l’impresa
che, a seconda dei casi, può essere l’azionista di maggioranza o il management (insider)19.
Numerose definizioni sono state anche formulate da istituzioni e comitati per la
regolamentazione, confermando l’importanza della governance a livello globale.
La prima edizione del Codice di autodisciplina per le società quotate del 1999, noto come
Codice Preda (dal nome dell’allora Presidente di Borsa Italiana S.p.A. Stefano Preda), definì
la corporate governance come “il sistema delle regole secondo le quali le imprese sono
gestite e controllate, risultato di norme, di tradizioni, di comportamenti elaborati dai singoli
14
BRUNI G. (2002), La strategia del valore tra conflittualità ed equilibrio di interessi, in Rivista italiana di
Ragioneria e di Economia Aziendale, n° 1-2.
15
KOSE J., SENBET L.W. (1998), Corporate Governance and Board Effectiveness, in Journal of Banking &
Finance, 22, n. 4, pp. 371-403.
16
SHLEIFER A., VISHNY R.W. (1997), A Survey of Corporate Governance, in The Journal of Finance, 52, n.
2, pp. 737-783.
17
RAJAN R., ZINGALES L. (1998), Power in a Theory of the Firm, in Quarterly Journal of Economics, 113,
pp. 387-432.
18
AIROLDI G., FORESTIERI G. (a cura di) (1998), Corporate governance. Analisi e prospettive del caso
italiano, ETAS, Milano.
19
LA PORTA R., LOPEZ-DE-SILANES F., SHLEIFER A., VISHNY R. (2000), Investor Protection and
Corporate governance, in Journal of Financial Economics, n. 58.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
10
sistemi economici e giuridici, non certamente riconducibile ad un modello unico, esportabile
ed imitabile in tutti gli ordinamenti”.
L’obiettivo principale di un buon sistema di corporate governance viene qui individuato nella
“massimizzazione del valore per gli azionisti, ritenendo che il perseguimento di tale obiettivo,
in un orizzonte temporale non breve, possa innescare un circolo virtuoso, in termini di
efficienza e di integrità aziendale, tale da ripercuotersi positivamente anche sugli altri
stakeholders”.
Sulla stessa linea è la definizione di corporate governance ritrovata nel codice delle best
practice per l’attività dei Consigli di Amministrazione delle società britanniche, noto come
Cadbury Code (1992), dove si parla di “the system by which companies are directed and
controlled”; entrambi gli approcci si basano sul concetto di property rights, che sottolinea il
ruolo centrale dell’insieme di regole alle quali tutti coloro che sono coinvolti devono attenersi.
Un approccio differente è quello seguito dall’OECD, secondo cui il governo societario
coinvolge un insieme di relazioni fra i dirigenti di una società, il suo Consiglio di
Amministrazione, i suoi azionisti e le altri parti interessate; il governo societario ha il compito
di definire la struttura attraverso cui vengono fissati gli obiettivi della società, vengono
determinati i mezzi per raggiungere tali obiettivi e vengono controllati i risultati20.
Sulla stessa linea il California Public Employees Pension Fund (CalPERS), US, secondo cui
il termine si riferisce alla “relazione esistente tra i vari stakeholders nel determinare la
direzione e le prestazioni della società per azioni. I principali stakeholders sono gli azionisti,
la direzione (guidata dal CEO) ed il Consiglio di Amministrazione”.
Differente ancora l’approccio francese, dove il rapporto Viénot afferma che la missione di
un’azienda debba essere l’interesse del Paese piuttosto che quello dei soli azionisti o degli
stakeholders; in una posizione intermedia troviamo la visione tedesca, che pone l’accento su
“un sistema di corporate governance trasparente e comprensibile, il cui scopo è quello di
20
“Corporate governance is one key element in improving economic efficiency and growth as well as enhancing
investor confidence. Corporate governance involves a set of relationships between a company’s management, its
board, its shareholders and other stakeholders. Corporate governance also provides the structure through which
the objectives of the company are set, and the means of attaining those objectives and monitoring performance
are determined. Good corporate governance should provide proper incentives for the board and management to
pursue objectives that are in the interests of the company and its shareholders and should facilitate effective
monitoring. The presence of an effective corporate governance system, within an individual company and across
an economy as a whole, helps to provide a degree of confidence that is necessary for the proper functioning of a
market economy. As a result, the cost of capital is lower and firms are encouraged to use resources more
efficiently, thereby underpinning growth”; OECD (2004), Principles of Corporate Governance, Paris.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
11
stimolare la fiducia da parte degli investitori nazionali ed internazionali, dei clienti, dei
dipendenti e del pubblico nella gestione e controllo delle società quotate in borsa”21.
E’ dunque evidente come, all’interno delle diverse economie di mercato occidentali, i
concetti relativi alla corporate governance e alle finalità che questa deve perseguire nel
sistema delle imprese sia eterogeneo, non essendo possibile individuare una nozione univoca;
da qui l’importanza di contestualizzare i diversi temi affrontati all’interno delle realtà
economiche ed istituzionali nei quali trovano applicazione.
Occorre poi anche tenere presente che la governance non è modellata solo dalle norme22 e dai
codici di autodisciplina23, ma anche dagli usi, dai vincoli informali, dalle consuetudini che
l’organizzazione ha prodotto nel tempo, non essendo dunque sempre agevole far ricadere i
diversi aspetti di indagine all’interno di modelli concettuali prestabiliti.
2. Separazione tra proprietà e controllo: tre modelli di struttura proprietaria
Il problema della separazione dei ruoli tra coloro che assumono le decisioni necessarie
alla vita dell’azienda e i soci/azionisti che di fatto sono i proprietari dell’azienda è sempre
stato il fulcro di tutta la letteratura riguardante la corporate governance.
Bearle e Means, quasi un secolo fa, sono stati i primi a teorizzare la separazione tra proprietà
e controllo tipica dell’impresa capitalistica, notando come nelle imprese il ruolo
dell’investitore sia separato da quello dell’imprenditore24; dalla pubblicazione degli studi di
Jensen e Meckling del 197625 il problema del potere e della discrezionalità del management
21
Nel paragrafo 4 verranno analizzati, per i paesi qui menzionati, i diversi codici di autodisciplina, dai quali sono
state riprese le diverse concezioni sul ruolo e sugli obiettivi della corporate governance.
22
Per un approfondimento consultare ROE M.J. (1994), Strong Manager, Weak Owners: The Political Roots of
American Corporate Governance, in Princeton University Press, Princeton (traduzione italiana, Manager forti,
Azionisti deboli, Il Sole 24 ore Libri, Milano 1997) – ROE M.J. (2003), Political Determinats of Corporate
Governance – Political Context, Corporate Impact, in Oxford University Press, Oxfor (traduzione italiana, La
public company e i suoi nemici, Il Sole 24 ore Libri, Milano).
23
CAROTTI F., SCHLITZER G., VISENTINI G. (a cura di) (2004), La governance dell’impresa tra regole ed
etica, Il Sole 24 ore Libri, Milano.
24
Essi hanno osservato, analizzando le 200 maggiori società degli Stati Uniti, che nel 44% dei casi nessun
azionista possedeva più del 5% del capitale azionario, che i manager erano del tutto autonomi nelle loro
decisioni e che i soci non erano in grado di imporre ad essi il proprio volere. Era questa la manifestazione
evidente di una netta separazione tra proprietà e controllo; BERLE A., MEANS G. (1932), The Modern
Corporation and Private Property, Macmillan Company, New York.
25
JENSEN M., MECKLING W. (1976), Theory of the firm: managerial behavior, agency costs, and capital
structure, in Journal of Financial Economics, 4, pp. 305-360.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
12
comincia ad essere considerato come un problema di agenzia. Si parla di rapporto di agenzia
in quanto vi è un soggetto (agente) che opera e lavora per conto di un altro (principale) e le
complicazioni che ne possono derivare sono enormi (si rimanda al par. 5.1 per la descrizione
dell’Agency Theory).
La separazione tra proprietà e controllo si articola differentemente a seconda del
sistema di assetto proprietario realizzato in concreto all’interno di una società o di un gruppo
di società.
Un filone di studi presente nella teoria economica si concentra proprio sull’analisi comparata
dei diversi modelli di capitalismo che si sono diffusi nei paesi industrializzati (anche con
un’apertura recente verso le economie asiatiche, dell’est europeo e scandinave), con
l’obiettivo di evidenziare le caratteristiche dei “sistemi-paese” sotto il profilo della
governance, considerando una serie di variabili ambientali che possono esulare dalle
specificità della singola impresa26.
Viene presentata di seguito, anche se in maniera semplificata, la tradizionale tripartizione dei
modelli di struttura proprietaria27, nella convinzione che composizione, ruoli, funzioni ed
efficacia degli assetti di governo siano fortemente legati al modello di governance dominante
e pertanto non si possa prescindere da essi28.
È condivisibile l’idea che non sia possibile apporre una netta linea di demarcazione tra questi
sistemi di strutture proprietarie29, ritenendo che i problemi evidenziati come peculiari in un
tipo di struttura possano verosimilmente presentarsi anche in altri30.
Tali modelli di riferimento, descritti nel prosieguo, possono essere così definiti31:
26
GRIFFITHS A., ZAMMUTO R.F. (2005), Institutional governance systems and variations in national
competitive advantage: a integrative framework, in Academy of Management Journal, n. 4, pp. 823-842.
27
Studiosi autorevoli hanno definito le strutture proprietarie come “le forme in cui si manifesta il controllo sulla
gestione sia a livello operativo che di indirizzo strategico”; PIVATO S., GILARDONI A. (2000), Elementi di
economia e gestione delle imprese, EGEA, Milano.
28
TARALLO P. (a cura di) (2000), Corporate Governance – Principi di gestione nell’ottica del valore, Franco
Angeli, Milano; SANGUINETTI A., COSTANZO P. (2003), Il governo delle società in Italia e in Europa,
EGEA, Milano.
29
Ulteriori approfondimenti sui sistemi di corporate governance possono essere effettuati su BIANCO M.,
TRENTO S. (1995), Capitalismi a confronto: i modelli di controllo delle imprese, in Stato e Mercato, n. 43;
ALBERT M. (1991), Capitalismo contro Capitalismo, Il Mulino, Bologna; FRANK J., MAYER C. (1992),
Corporate Control: A Syntesis of the International Evidence, IFA working papers, n. 165; MOERLAND P.
(1995), Corporate Ownership and Control Structure: an Internationa Comparision, in Review of Industrial
organization, n. 10; LA PORTA R., LOPEZ-DE-SILANES F., SHLEIFER A. (1999), Corporate ownership
around the world, in Journal of Finance, n. 54; ZATTONI A. (2006), Assetti proprietari e corporate governance,
EGEA, Milano, pag. 161 e segg.
30
EASTERBROOK F. H. e FISCHEL D. R. (1996), L’economia delle società per azioni, Giuffrè Editore,
Milano.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
13
- Strutture proprietarie diffuse (modelli market oriented);
- Strutture proprietarie ristrette (modelli network oriented),
- Strutture proprietarie chiuse (modelli bank oriented).
2.1 La public company e la contendibilità del controllo
Gli assetti di governo a struttura proprietaria diffusa (definiti anche modelli outsider
system), caratteristici delle realtà capitalistiche anglosassoni, sono quelli in cui è possibile
individuare la massima dissociazione tra proprietà e controllo32; le tipiche strutture associate a
tali assetti di governo sono quelle che vengono comunemente definite “public company”. Il
concetto di “public” qui rappresentato non deve far confondere: non ha il significato di
proprietà statale, bensì descrive come l’azionariato sia polverizzato e diffuso in un pubblico di
investitori privati, i quali non hanno interesse a partecipare alla governance societaria, ma
hanno l’unico obiettivo di vedere accrescere il valore delle proprie azioni.
In particolare, si sottolinea come la quotazione di una parte ingente del capitale di proprietà
dell’impresa sia una condizione necessaria affinché ci si possa trovare dinanzi ad una public
company intesa nel senso classico, non essendo sufficiente la semplice quotazione azionaria.
Data infatti l’alta frammentazione del capitale, tali società sono più facilmente soggette al
fenomeno della “contendibilità del controllo”, che può avvenire attraverso il meccanismo di
take-over33 (scalata), ritenuto una manifestazione efficiente del libero mercato.
L’estrema polverizzazione dell’azionariato ha due conseguenze immediate: il trasferimento
del potere di governo dagli azionisti ad una classe di manager specializzati e la mancanza di
un controllo effettivo sull’operato del management, dal momento che nessun investitore ha un
interesse tale nell’impresa da investire singolarmente in un’attività di monitoraggio i cui
benefici sarebbero diffusi tra tutta la classe di investitori34.
31
Occorre evidenziare che la ripartizione qui presentata è solo una di quelle proposte in letteratura, anche se
quella maggiormente diffusa. In altri testi si trovano classificazioni diverse, ad esempio in uno si legge: “We
divide firms into widely held and those with ultimate owners. We allow for five types of ultimate owners: 1)
family or an individual, 2) the State, 3) a widely held fincial institution such as a bank or an insurance company,
4) a widely held corporation, or 5) miscellaneous such as a cooperative, a voting trust, or a group with a no
single controlling investor”; LA PORTA R., LOPEZ DE SILANES F., SHLEIFER A. (1998), Corporate
Ownership Around the World, in Journal of Finance, n. 54.
32
Proprio da questa massima separazione traggono origine i costi di agenzia, connessi alla delega che i
proprietari non controllanti rilasciano ai manager.
33
Meccanismo tramite il quale un soggetto propone agli azionisti di acquistare le loro azioni della società ad un
prezzo maggiore di quello di mercato, ritenendo che questo sia eccessivamente scontato rispetto al reale valore
che la società potrebbe generare se amministrata in maniera differente.
34
HART O. (1995), Firms, contracts and financial structure, Clarendon Press, Oxford.
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
14
A seguito di tale problema, il sistema si traduce in un controllo esterno sull’operato dei
manager, come rappresentato nella figura 2.
Figura 2 – Meccanismo di controllo del mercato sull’operato dei manager
Fonte: Elaborazione propria.
Partendo da un corso del titolo influenzato dai risultati passati dell’impresa e dalle
aspettative in merito alle remunerazioni future35 (che hanno sicuramente il maggior peso nelle
valutazioni degli investitori), l’insoddisfazione da parte degli azionisti riguardanti il
management (anche a seguito di scandali sul modo di gestione dell’impresa stessa o di altre
ad essa collegata) porterà ad una discesa dei prezzi, fino ad un ipotetico “giusto prezzo”, che
sconti tali inefficienze; a questo punto il titolo sarà maggiormente soggetto ad una scalata da
parte di investitori che ritengono il valore attuale inferiore rispetto a quello che si avrebbe con
la sostituzione del management (pari all’upside evidenziato in figura come “margine di take-
over”).
Tale meccanismo consentirebbe di realizzare quella che viene chiamata la “corporate
governance esercitata dal mercato”36, che incentiva il management verso la correttezza e
l’efficacia della gestione37.
35
VIGANO’ E. (2003), Il valore dell’azienda. Analisi storica e obiettivi di determinazione, CEDAM, Padova.
36
ONADO M. (2000), Mercati e intermediari finanziari – economia e regolamentazione, Il Mulino, Bologna.
€
T
Risultati passati
Aspettative future
(capital gain, dividendi)
Insoddisfazione azionisti
Valore per gli azionisti con l’attuale
management
Valore per acquirenti con cambio management
Margine di
take-over
Capitolo 1 – Corporate governance, assetti proprietari e autodisciplina
15
Quindi la presenza di un mercato ampio ed efficiente, presente per esempio nei Paesi di
stampo anglosassone, è la premessa fondamentale affinché possano esistere le public
company, agevolandone la nascita e la possibilità di controllo sui manager.
Nel modello statunitense un ruolo centrale viene svolto anche da due istituzioni: le banche
d’affari (che erogano finanziamenti, organizzano il collocamento di quote di proprietà,
favoriscono consulenza nelle operazioni di riallocazione), e le law firms (che conducono e
promuovono cause contro la violazione dei doveri fiduciari e tutelano gli stakeholder).
Una critica che viene frequentemente mossa alle public company è di essere un
modello in cui i diversi interessi di amministratori ed azionisti consentono ai primi di
esercitare nei fatti un controllo completo sulla società senza averne la proprietà, approfittando
del loro ruolo per garantirsi una posizione di potere, potendo estrarre di conseguenza i
cosiddetti “benefici privati dal controllo”38.
2.2 Il “nocciolo duro” e il “parco buoi” nell’insider system
I modelli a struttura proprietaria ristretta39 (definiti anche modelli insider system)
presentano un nucleo ristretto di azionisti di riferimento, detto “nocciolo duro”40, ed il resto
della proprietà frammentata; mentre gli azionisti di riferimento sono solitamente costituiti da
investitori istituzionali, che apportano un capitale definito “paziente”, che punta cioè ad una
remunerazione di lungo periodo, l’altra categoria di investitori, definito anche “parco buoi”,
conferisce quote di capitale come forma di investimento temporaneo nell’impresa.
Tali modelli sono particolarmente sviluppati nella realtà tedesca e giapponese, dove è
maggiormente sentita la concezione di impresa come comunità; i soggetti, che a vario titolo
entrano in contatto con la realtà societaria, sono orientati alla continuità aziendale della stessa,
riuscendo in tal modo a soddisfare in maniera completa le proprie aspettative di benessere.
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E’ tuttavia da sottolineare come i takeover ostili negli Stati Uniti e nel Regno Unito rappresentino una bassa
percentuale sul totale dei cambi di proprietà; da ciò si può ipotizzare che o basta la semplice minaccia di un
takeover per rendere più efficiente la gestione oppure che esistono delle barriere all’esercizio di questo
meccanismo a causa di un mercato poco efficiente. Non è ancora stata fornita evidenza empirica che possa
avvalorare l’una o l’altra ipotesi.
38
Nel paragrafo 3.3 del capitolo 2 viene descritto il concetto dei benefici privati del controllo e della loro
espropriazione a danno degli azionisti di minoranza.
39
DONNA G. (1999), La creazione di valore nella gestione dell’impresa, Carocci, Roma.
40
L’espressione deriva dal francese “noyau dur”, perché proprio in Francia questa forma di controllo si è
sviluppata per prima.