5
Introduzione.
Il presente elaborato ha come oggetto di studio la “Corporate Governance” quale
strumento di regolazione dei rapporti all’interno degli enti del terzo settore alla luce della
recente riforma contenuta nel d.lgs. 117/2017 “Codice del Terzo Settore” (CTS).
La scelta di tale delicato argomento è motivata da una decennale attività passata
all’interno di alcune associazioni no profit (Unione Italiana Ciechi, Stamperia Regionale
Braille, Associazione Nazionale Vittime Civili di Guerra) che hanno consentito di maturare
alcuni spunti di riflessione sulle possibili evoluzioni della loro governance.
Il tema trattato è di vitale importanza per il mondo del terzo settore, del quale fanno
parte anche le associazioni sopra citate, in quanto la normativa pur innovando sotto un aspetto
riformatore e unificatore il variegato mondo del no profit, fornisce indicazioni poco chiare circa
le modalità di governance e di coinvolgimento degli attori in campo.
I quesiti ai quali il presente lavoro tenta di dare una risposta soddisfacente, riguardano
gli statuti societari ed in particolare la loro correttezza e adeguatezza sotto il profilo
giuridico/formale alla luce della normativa vigente in tema di diritto societario e del nuovo
codice del terzo settore.
In particolare, si indagherà sul corretto e legittimo funzionamento degli organi di
Governance (assemblea dei soci, cda, collegio dei sindaci, probiviri, presidenza) dimostrando
che uno statuto formalmente e giuridicamente corretto, aggiornato e al passo con la vigente
normativa del terzo settore, conferisce all’ente no profit oltre che un maggiore appeal nei
confronti degli attori istituzionali che lo finanziano anche una stabilità economica e
amministrativa oltre che un’autonomia più robusta rispetto a quegli enti che non hanno
provveduto, nel corso degli anni, a compiere lo stesso lavoro.
D’altronde il CTS imponeva entro il 30 giugno u.s. l’adeguamento degli statuti alla
nuova normativa la quale regolamenta i vari organi essenziali per un ente ETS tra cui, ad
esempio, l’assemblea.
Si dimostrerà che la mancanza di alcuni organi, come l’assemblea dei soci o il collegio
dei probiviri, in un ente privato di tipo associativo, priva lo stesso di organismi di Governance
fondamentali che lo legittimano ad operare e lo pongono in difetto oltre che giuridico anche
amministrativo.
Inoltre, affronteremo i temi del Potere e della Leadership quali strumenti di regolazione
dei rapporti. Questi due aspetti, infatti, risultano fondamentali ai fini della gestione interna e
dell’organizzazione amministrativa di un ente.
6
Vedremo infatti come, una leadership autorevole e partecipativa possa meglio
coinvolgere gli attori che gravitano attorno all’ente rispetto a una leadership autoritaria fine a
sé stessa.
Il lavoro si articola in quattro capitoli, il primo tratterà il tema introduttivo della
Corporate Governance, delineandone le linee guida e gli studi intrapresi nel corso degli anni,
il secondo entrerà nel vivo della problematica trattata, spiegando le differenze, tra aziende for
profit e no profit nei meccanismi di Corporate Governance evidenziandone le specificità; il
terzo e quarto capitolo, daranno, attraverso due case studies, uno spaccato di come sono
governate oggi alcune associazioni no profit appartenenti al terzo settore, rimarcando le
differenze tra i statuti e la formale e corretta impostazione aziendale.
Infine, si trarranno le conclusioni del lavoro, motivando con accurata analisi quali sono
i punti di forza di quei enti i cui statuti sono stati adeguati, negli anni, alle varie evoluzioni
normative.
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La Corporate Governance
I.1 Premessa
Fornire una chiara ed esaustiva definizione di Corporate Governance non è semplice,
in quanto i sistemi di produzione e le varie forme organizzative si sono evolute in maniera
rapida e repentina nel corso degli ultimi anni ed è diventato via via sempre più complicato
identificare obiettivi, strategie e una gerarchia chiara ed univoca.
È evidente quindi come è fondamentale circoscrivere il campo di azione e definire
chiaramente il significato al fine di evidenziare in modo chiaro ed esaustivo quali siano le
fondamenta a base dell’argomento trattato.
Con il termine “Corporate Governance” si vuole indicare in senso stretto quell’insieme
di “istituzioni e regole (giuridiche e tecniche) finalizzate ad assicurare un governo d'impresa
efficiente e allo stesso tempo corretto nei confronti di tutti i soggetti interessati alla vita
dell'impresa stessa, con particolare attenzione alla tutela degli azionisti di minoranza; in senso
più ampio, si fanno rientrare nella Corporate Governance anche le condizioni che si creano
nel sistema economico nel quale le imprese si trovano a operare
1
.” Se si vuole
analizzare la Corporate Governance in maniera più approfondita e sistemica non ci si può
limitare solo a definirla ma bisogna evidenziarne i caratteri salienti e soprattutto delinearne i
confini.
In un modello molto semplicistico di impresa, la ditta individuale, tale problema non si
pone in quanto essa, essendo controllata da un solo soggetto, riunisce sotto di sé le funzioni di
“proprietario, imprenditore e gestore”
2
; le maggiori criticità sorgono invece in contesti
aziendali con un grado di complessità maggiore come ad esempio gli E.T.S. (Ente del Terzo
Settore), ove gli interessi sono diversificati e gli stakeholder attivi sono numerosi.
Proprio a causa di questa complessità descrittiva dei meccanismi di Governance,
vengono delineati quattro fondamentali criteri che aiutano nell’identificare dei criteri per il
corretto governo dell’impresa.
1
F. Fortuna. “Corporate Governance: soggetti, modelli e sistemi.” Franco Angeli, 2001 - Business &
Economics
2
D. Baglieri, G.B. Dagnino, R. Faraci “Economia e Gestione delle imprese. Capacità, Processi, Competitività.”
Torino, Isedi, 2013, p.73.
8
Questi criteri sono:
• Gli assetti istituzionali dell’impresa;
• l’efficace funzionamento degli organi di governo;
• il mercato del controllo societario;
• il mercato del lavoro manageriale.
Il tema della Corporate Governance può anche essere affrontato sotto altri profili, ad
esempio la letteratura giuridica e gli studi giurisprudenziali si concentreranno su temi relativi
ai ruoli formali delle strutture di Governance interessandosi più agli accordi ed ai contratti che
alla gestione vera e propria dell’impresa, tipica invece degli economisti i quali tendono un focus
più sull’efficace gestione manageriale e sull’efficienza organizzativa.
Ruolo importante investe la struttura comportamentale
3
la quale indaga sui
comportamenti e sulle relazioni all’interni del board (C.d.A.) perché seppur è vero che il ruolo
del presidente è quello più importante resta da chiarire l’ordine gerarchico degli altri membri.
Ci si interroga infatti su chi occupa il ruolo più importante all’interno del board se i
dirigenti di lungo corso e navigati oppure quelli che hanno legami con il presidente o ancora
coloro i quali detengono la maggioranza delle azioni.
Diversi studi di settore approfondiscono queste dinamiche e studiano come possono
variare le decisioni del board al variare di queste dinamiche comportamentali, tale aspetto
riguarda il processo comportamentale che indaga sulle linee di azione del manager.
Risulta quindi abbastanza evidente come le teorie sulla Corporate Governance che
affrontano la tematica solo sotto il profilo dei contratti e degli agenti sono incomplete e non
esaustive e vanno quindi necessariamente integrate, come ad esempio, con la teoria
dell’approccio Multistakeholder che coinvolge, all’interno della Governance, tutti gli attori
istituzionali e non.
3
Donald C. Hambrick, Edward J. Zajac, Axel V. Werder. “New Directions in Corporate Governance Research”
Organization Science, Vol. 19, n. 3, maggio-giugno 2008, pp. 381–385
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Oggetto dei successivi paragrafi sarà quindi l’approfondimento degli assetti istituzionali e
degli organi di governo, tenendo conto, entro il ragionamento, del ruolo fondamentale assunto
dagli stakeholder.
Si proseguirà lo studio entrando nel merito del funzionamento, all’interno degli enti del
terzo settore, degli organi di governo anche alla luce della recente riforma del terzo settore d.lgs.
117/2017.
II.1 Assetti Istituzionali e Organi di governo
Gli assetti istituzionali o anche definiti configurazione istituzionale si riferiscono al
metodo di aggregazione degli interessi assoluti nei sistemi aziendali, ai privilegi delle entità
governative e ai metodi per esercitare tali privilegi.
L’assetto istituzionale può quindi essere definito come “la configurazione degli interessi
nei confronti dell’istituto, dei contributi che tali soggetti forniscono all’azienda, delle
ricompense e dei benefici che ne ottengano, del soggetto di istituto, dei fini istituzionali e delle
strutture di governo che regolano le correlazioni fra portatori di interessi, i contributi e le
ricompense combinandoli in un equilibrio dinamico di lungo periodo.”
4
Diviene quindi fondamentale, per il corretto esercizio del governo dell’impresa,
delineare correttamente tale configurazione e operare tre insiemi di scelte fondamentali:
• decidere a quali insieme di soggetti assegnare sia il titolo che il dovere di governare
l’impresa in maniera diretta o per tramite di loro rappresentanti;
• chiarire quali sono gli obiettivi e a quali finalità si ispira l’esercizio del governo di
impresa;
• configurare correttamente gli organi e i meccanismi che consentano in maniera efficace
l’esercizio del potere.
4
G. Airoldi, G. Brunetti, V. Coda “Corso di Economia Aziendale” Il Mulino, Milano, 2005, p.122
10
Ne consegue che l’analisi dell’assetto istituzionale di un ente è fondamentale, ai fini della
continuità temporale dello stesso; in altre parole più un istituto è duraturo più il governo di
quell’impresa sarà unitario.
Tale unità scaturisce da due fattori determinanti, ovvero che:
- i contributi dei soggetti siano combinati secondo un disegno unitario;
- le decisioni vengano attribuite ad un solo organo secondo il principio dell’unità di
comando.
5
È quindi fondamentale, per una corretta e chiara definizione, identificare gli interessi che
gravitano attorno a ciascun soggetto, siano essi di natura economica, sociale o morale.
Tali interessi in alcune circostanze, però, si trovano in competizione tra loro, infatti le
condizioni di scambio tra i vari attori non sempre si trovano in condizione di simmetria, in
alcuni casi infatti vi è asimmetria funzionale tra ciò che il soggetto da’ e ciò che riceve.
Le varie relazioni sono disciplinate da contratti e norme, che dipendono dal grado di
concentrazione della domanda e dell’offerta, dagli investimenti specifici eventualmente in atto
e dall’asimmetria informativa tra le parti; molte delle attese dei soggetti in gioco sono implicite
e non dichiarate, bensì sottintese ai valori e alle consuetudini già presenti.
Quindi il punto di partenza per una efficiente analisi degli assetti istituzionali è
l’individuazione dei portatori di interessi.
Essi sono:
- Soci fondatori e finanziatori cioè coloro che tutelano il patrimonio, conferiscono mezzi
monetari e personali;
- Volontari;
- Istituti bancari e/o enti erogatori di finanziamenti;
- Fornitori di beni privati;
- Altri istituti non-profit;
- Lo Stato, il quale fornisce beni pubblici in forma ad esempio di comodato d’uso;
- Collettività in generale: fruisce del patrimonio ambientale e artistico.
5
G. Bonazzi “Storia ragionata di Sociologia dell'Organizzazione” Franco Angeli, 1987, p.287
11
Per la corretta gestione di un istituto è quindi necessario un governo unitario e che i
contributi di tutti i soggetti siano combinati secondo un disegno univoco; requisito
fondamentale è che ad un solo organo deve essere attribuita la responsabilità delle decisioni
ultime, ovvero al soggetto d'istituto.
A tale soggetto d'istituto faranno quindi capo due insiemi di diritti-doveri:
- il diritto-dovere di governare;
- il diritto di godere dei risultati residuali economici positivi e di farsi carico delle
eventuali perdite.
Ne consegue che l'insieme di persone che portano gli interessi istituzionali economici
costituiscono il Soggetto Economico il quale esercita prerogative di governo economico, fissa
gli obiettivi, le strategie e le politiche di istituto, sceglie i soggetti che faranno parte dell'istituto,
progetta e attua le strutture di governo e di controllo e sorveglia il funzionamento dell'istituto.
Chiarita l’importanza degli assetti istituzionali diventa primario identificare quali sono
gli organi di governo e come si muovono all’interno di questo quadro mutevole degli interessi
collettivi.
Sin dal contributo di Bearle e Means
6
le criticità inerenti al governo delle imprese sono
state il focus del dibattito mondiale. Temi fondamentali sono stati la tutela della proprietà non
controllante ed il diverso funzionamento delle aziende non guidate direttamente dagli azionisti
ma da manager stipendiati.
Vi è infatti una netta distinzione tra società controllate direttamente dagli azionisti e
quindi prive di separazione tra proprietà e manager e società (o enti) in cui proprietà e manager
sono in netta distinzione; in quest’ultimo caso però vengono alla luce due macro-problemi: uno
legato all’analisi e all’interpretazione del funzionamento dell’azienda l’altro invece inerente
alla tutela degli azionisti non coinvolti nel governo dell’impresa
7
.
È quindi evidente come nel tempo si siano strutturati meccanismi di regolazione che
mettessero al riparo la proprietà da scelte imprudenti o avventate dei manager, dai più quotati
strumenti del mercato manageriale e azionario per arrivare al più efficiente meccanismo di
accountabilty
8
che meglio garantisce la tutela della proprietà non controllante.
6
Berle A., Means G., “The Modern Corporation and Private Property”, MacMillan, New York, 1932.
7
F. Denozza. “Spettri del mitico “ordo”: diritto e mercato nel neoliberalismo (Ghosts of mytical ‘ordo’: Law
and markets in neoliberalism)” V. 72, N. 288 (2019)
8
A. Perbonnetti “Corporate Governance. Problemi di configurazione dell'organo di governo e riflessi sugli
andamenti aziendali” Giuffrè, 2006, p.5
12
Ma il punto di domanda focale rimane, ci si interroga infatti su quale sia l’oggetto del
governo di impresa.
Per meglio identificarlo occorre partire preliminarmente dalle scelte attraverso le quali
esso si manifesta, bisogna anche strutturare e identificare i centri decisionali aziendali
differenziandoli e imbrigliandoli all’interno di una scala gerarchica in modo da imputare ad
ogni centro la decisione a lui gerarchicamente spettante.
Solo in questo modo si riesce a risalire la scala gerarchica creata ed arrivare all’organo
di governo centrale.
Proseguendo con questo ragionamento è utile differenziare i processi decisionali in
modo da imputarli al corretto centro di comando.
Ogni decisione va quindi distinta in:
- decisione strategica;
- decisione amministrativa/organizzativa;
- decisione operativa.
Appare quindi evidente come nonostante questi tre livelli sono in stretta connessione tra
loro dal punto di vista sequenziale, il potere effettivo del governo di impresa spetta al centro
decisionale deputato a prendere le decisioni strategiche con la conseguenziale definizione degli
obiettivi e delle finalità aziendali.
Tale centro, e quindi le persone che lo costituiscono e ne assumono la responsabilità,
detengono la titolarità del potere di governo dell’impresa; ne consegue che le decisioni assunte
a questo livello vincolano le scelte effettuate dai livelli inferiori.
Tornando ai meccanismi di regolazione ed agli studi effettuati su di essi la letteratura, come
abbiamo già evidenziato, differenzia le due linee di azione diversificando le strategie in base al
tipo di organizzazione che abbiamo di fronte, sia essa una società capitalistica tradizionale o sia
essa una società manageriale.
I maggiori problemi si presentano lì dove è presente una netta distinzione tra capitale di
rischio e effettivo governo dell’impresa; il rischio si palesa sempre più frequentemente in
quanto fenomeni come: competizione globale, investitori istituzionali, processi di
privatizzazione, scalate ostili aumentano la frammentazione dei soggetti portatori di interessi
all’interno di un ente o di un’impresa.