5
il Progetto LAB.net, finanziato proprio all’interno del PIC
INETRREG IIIA, che ha visto coinvolte, oltre la Sardegna e la
Corsica, anche la Toscana, con l’Isola d’Elba, progetto che ha
ricevuto importanti riconoscimenti sia a livello nazionale ed
europeo che internazionale, e che potrebbe avere importanti
sviluppi con la programmazione in corso proprio all’interno del PO
Marittimo.
6
1. LA COOPERAZIONE TRANSFRONTALIERA
1.1 Nozione di cooperazione transfrontaliera
La cooperazione transfrontaliera è un campo degli studi giuridici
relativamente nuovo che si è sviluppato principalmente in Europa
grazie anche all’azione incisiva e alle politiche condotte nell’ambito
del processo di integrazione europea.
L’Unione Europea, infatti, attribuisce alla cooperazione
transfrontaliera un’importanza particolare poiché essa è in grado
di perseguire un duplice obiettivo: l’eliminazione delle frontiere
interne all’Unione stessa, permettendo così di realizzare l’obiettivo
principale della creazione di uno spazio unico europeo, e, d’altro
lato, stabilire ai propri confini una fascia di “Paesi amici”, con i
quali intrattenere rapporti di collaborazione per la creazione di
vaste zone di prosperità e di pace.
La cooperazione transfrontaliera è una pratica di collaborazione
territoriale tra regioni geografiche, determinata da due peculiarità
fondamentali, la prima delle quali ha un carattere di tipo geografico
dato dalla necessità che i territori che partecipano a tale attività di
cooperazione siano confinanti, ma appartenenti ad almeno due
Stati differenti; la seconda caratteristica è data dalla condivisione
di problematiche simili che interessano le popolazioni che si
trovano a vivere e ad operare a cavallo della frontiera.
Col termine “frontiera” si indica una linea ideale di demarcazione
tra due Stati, sia essa terrena o marittima, che suddivide due
territori, spesso caratterizzati da omogeneità geografiche e spesso
anche economico-sociali, dal punto di vista amministrativo e
legislativo.
Le frontiere, dunque, si sono talvolta trovate a separare luoghi
che, in precedenza, erano per loro natura una unità culturale,
sociologica ed economica.
7
La cooperazione transfrontaliera permette, pertanto, di ritrovare
questa unità originaria, artificialmente violata dalle linee di frontiera
imposte dagli Stati in un determinato periodo storico, attraverso il
perseguimento di obiettivi comuni.
Il maggiore interesse mostrato negli ultimi decenni nei confronti
della cooperazione territoriale in generale, e della cooperazione
transfrontaliera in particolare, ha a che fare con due fenomeni che
interessano il sistema economico e sociale globale della nostra
epoca.
Da un lato vi è la crescente globalizzazione che, nel corso degli
ultimi decenni, ha spinto gli Stati a forme di collaborazione sempre
più strette, sia attraverso la creazione di organismi internazionali a
vocazione universale (quali ad esempio le Nazioni Unite e gli
organismi ad essa collegate), sia attraverso forme di associazione
più ristretta, cui gli Stati possono aderire, ad esempio, in virtù del
possesso di determinate caratteristiche oggettive, quali quelle di
natura geografica (come ad esempio l’Unione Europea, l’Unione
degli Stati Africani, etc.).
In secondo luogo, assistiamo al fenomeno della glocalizzazione
1
,
legato al maggior riconoscimento delle particolarità locali, che
porta via via a un accresciuto ruolo delle entità territoriali che
compongono gli Stati e che, per certi versi sembrerebbe essere in
controtendenza rispetto a quello della globalizzazione, ma che,
invece, si pone in assoluta sintonia con esso.
In modo particolare, se si focalizza l’attenzione sulla storia
dell’integrazione europea nel suo complesso, e su quella dei
singoli Stati Membri, emerge chiaramente che il fenomeno di
delocalizzazione delle competenze prima saldamente nelle mani
del potere centrale, si fa via via più intenso portando a un maggior
1
Per una definizione concettuale del termine ”glocalizzazione”, si rimanda a: Bauman Zygmunt,
Globalizzazione e glocalizzazione, Armando Editore, 2005
8
ruolo delle entità locali nella partecipazione alla gestione del
proprio territorio.
La globalizzazione dei mercati ha svolto, dunque, un ruolo
fondamentale nell’enfatizzare, da un lato, l’importanza del
radicamento territoriale e dall’altro nel ridurre la capacità dello
Stato nel controllare tutti i processi che avvengono al suo interno,
con il conseguente rafforzamento del ruolo delle Regioni
2
.
A partire dagli Anni Ottanta, le autonomie territoriali assumono un
ruolo sempre maggiore nella definizione delle politiche territoriali e
nella gestione del proprio territorio.
Ciò avviene anche in virtù di due importanti atti che vengono
elaborati in seno al Consiglio d’Europa: la Convenzione di Madrid
del 1980
3
e la Carta Europea delle Autonomie locali del 1985.
La Convenzione di Madrid, in particolare, rappresenta, ancora
oggi, la principale base giuridica della cooperazione
transfrontaliera e tratteggia, inoltre, la definizione più condivisa di
tale attività, affermando che si considera “cooperazione
transfrontaliera” ogni comune progetto che miri a rafforzare e a
sviluppare i rapporti di vicinato tra collettività o autorità territoriali
dipendenti da due o da più Parti contraenti, nonché la conclusione
di accordi e intese utili a tal fine (art. 2, Convenzione di Madrid,
1980).
2
Raffaele Caso, Il ruolo internazionale delle Regioni: il contributo della Ue, in ISPI Policy Brief n.
68/2007
3
Convenzione Quadro europea sulla cooperazione transfrontaliera delle collettività territoriali o
autonomie locali, firmata a Madrid il 21.05.1980, ratificata in Italia con l. n. 948 del 19.11.1984
9
1.2 La Convenzione di Madrid del 1980 e la sua
applicazione in Italia
Il processo che ha condotto alla firma della Convenzione di Madrid
prese il suo avvio nel settembre 1966 quando l’Assemblea
Parlamentare del Consiglio d’Europa adottò la Raccomandazione
n. 470
4
relativa alla cooperazione tra le autorità locali, nella quale
si dava mandato al Comitato dei Ministri affinché procedesse
all’elaborazione di una bozza di convenzione europea, da
elaborasi con l’assistenza di un comitato di esperti sulla base delle
indicazioni fornite nella raccomandazione stessa.
A tale richiesta inizialmente non fece seguito alcuna azione da
parte del Comitato dei Ministri, tuttavia solo qualche anno più tardi
lo stesso chiese al Congresso dei poteri locali e regionali di
predisporre uno studio sulla cooperazione tra le autorità locali
nelle regioni frontaliere.
Tale studio, venne esaminato nel febbraio del 1974 e fu solo allora
che il Comitato dei Ministri adottò una nuova risoluzione sulla
cooperazione tra le comunità locali nelle aree di frontiera
5
,
all’interno della quale si auspicava, tra le altre cose, di promuovere
la cooperazione tra le autorità locali in alcuni specifici settori,
introdurre all’interno delle legislazioni nazionali i meccanismi
necessari per favorire la cooperazione transfrontaliera tra le
autorità locali e rendere più flessibili i procedimenti amministrativi,
agevolare l’insediamento di comitati regionali transfrontalieri,
nonché fornire le entità locali degli strumenti appropriati per
favorire la cooperazione transfrontaliera.
4
Recommendation no 470 (1966) adopted by the Parliamentary Assembly, Draft Convention on
European co-operation between local authorities
5
Resolution no 74 (8) adopted by the Committee of Misnisters on co-operation between local
communities In frontier areas
10
La predisposizione della convenzione fu proposta nel 1975 e fu
supportata da una serie di Raccomandazioni dell’Assemblea
Parlamentare
6
e della Conferenza delle autorità locali e regionali
7
.
La prima bozza fu sottoposta all’attenzione del Comitato dei
Ministri nel marzo del 1977, ma per giungere alla stesura definitiva
del testo fu necessario trovare un accordo su diversi punti,
soprattutto in relazione alla forza giuridica degli schemi di accordo
che si decise di allegare alla convenzione stessa e che di essa
costituiscono parte integrante.
Dopo averne approvato il testo, il Comitato dei Ministri chiese
all’Assemblea Parlamentare di pronunciarsi in merito, e fu con il
parere n. 96 del 1979
8
che tale organo manifestò entusiasmo per il
raggiungimento dell’accordo sul testo e diede il suo pieno
appoggio alla proposta di Convenzione che, secondo la sua
opinione, avrebbe posto importanti basi per una nuova dottrina nel
diritto internazionale in relazione al governo delle relazioni
transfrontaliere.
Con lo stesso parere, inoltre, l’Assemblea Parlamentare chiese al
Comitato dei Ministri di adoperarsi su alcune questioni:
innanzitutto chiese di far circolare le informazioni sulla
cooperazione transfrontaliera tra gli Stati membri e le autorità
locali e regionali, inoltre, chiese espressamente che, entro tre
anni, si giungesse all’adozione di un protocollo aggiuntivo
all’interno del quale fosse chiaramente riconosciuto il diritto delle
6
Raccomandazione n. 784 (1976), Conclusions of the 2nd European Symposium on Frontier
Regions (Innsbruck, 11-13 September 1975) e Raccomandazione n. 802 (1977), Regional planning
in Europe - conclusions of the European Conference of Ministers responsible for Regional Planning
(Bari, 21-23 October 1976) and the Conference of European Ministers responsible for Local
Government (Athens, 25-27 November 1976)
7
Resolution no 90 (1977) on frontier regions and action of the European Ministers responsible for
Local Government
8
Opinion No. 96 (1979) on the draft European Outline Convention on Transfrontier Co-operation
between Territorial Communities or Authorities
11
autorità e delle comunità territoriali a instaurare pratiche di
cooperazione transfrontaliera.
Alla luce di quanto espresso dall’organo parlamentare del
Consiglio d’Europa, il Comitato dei Ministri decise di aprire la
Convenzione alla firma e lo fece in occasione della IV Conferenza
dei Ministri responsabili per il governo locale, tenutasi a Madrid tra
il 23 e il 25 maggio 1980.
Essa, a tutt’oggi
9
, è stata ratificata da 36 Stati e sono solamente
due quelli che, nonostante abbiano apposto la propria firma, non
hanno successivamente provveduto a ratificarla: si tratta
dell’Islanda e di Malta.
La Convenzione di Madrid non solo fornisce, come detto sopra, la
definizione maggiormente condivisa del concetto di cooperazione
transfrontaliera, ma rappresenta, ancora oggi, a quasi trent’anni
dalla sua firma, il solo strumento giuridico multilaterale relativo a
tale argomento.
Il testo si compone di soli 12 articoli a cui si aggiungono 25 schemi
di accordi: 9 schemi relativi agli accordi interstatali che, in base
all’art. 3. comma 1, possono essere utilizzati quali esempi al fine di
definire con maggior dettaglio i campi di applicazione della
cooperazione, e 16 schemi relativi ai rapporti tra le autorità locali.
La Convenzione fornisce una serie di indicazioni esemplificative e
non vincolanti circa i contenuti e le forme della cooperazione
transfrontaliera, rinviando alla sede bilaterale la definizione degli
ambiti di tale cooperazione, sulla base delle esigenze e delle
competenze degli enti locali di ciascuno degli Stati che sono parti
contraenti della Convenzione stessa.
In modo particolare, introduce in capo alle Parti contraenti una
serie di obblighi generali, di natura programmatica e talvolta dal
contenuto piuttosto vago.
9
Dati al 25.11.2008, sul sito www.coe.int
12
Gli obiettivi fondamentali sono quelli di facilitare ed incoraggiare la
cooperazione transfrontaliera delle collettività o autorità territoriali
in materie quali lo sviluppo regionale urbano e rurale, la protezione
dell’ambiente, il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi
offerti ai cittadini e l’aiuto reciproco in caso di sinistri, al fine di
realizzare una più stretta unione tra le Parti contraenti e
promuovere la cooperazione tra esse.
Tali obiettivi sono perseguiti attraverso la conclusione di accordi e
intese, che devono essere stipulate nel rispetto delle norme
dell’ordinamento interno di ciascuna parte.
Quindi, ciascuna Parte contraente si impegna ad agevolare e
promuovere la cooperazione transfrontaliera tra le collettività
territoriali e a promuovere la conclusione di accordi e intese che si
rendano necessari a tal fine (art. 1), nonché ad adoperarsi per
risolvere le difficoltà di ordine giuridico, amministrativo o tecnico
che possano in qualche modo ostacolare lo sviluppo e il buon
funzionamento della cooperazione transfrontaliera (art. 4).
Ulteriori disposizioni impegnano genericamente le Parti contraenti
ad agevolare le iniziative delle collettività territoriali che prendano
in considerazione gli schemi di intesa già citati e previsti dall’art. 3
della Convenzione.
Gli ambiti di riferimento degli schemi, a titolo esemplificativo, sono
relativi a:
- creazione di gruppi di concertazione;
- creazione di associazioni di diritto privato;
- contratto di fornitura e prestazione di servizi;
- cooperazione intercomunale in materia di gestione del
territorio;
- creazione di parchi;
- protezione civile;
- scuole;