CAPITOLO 2
L’UNIONE PER IL MEDITERRANEO: PROGETTI E RISULTATI
Per raggiungere gli obiettivi prefissati, l’Unione per il Mediterraneo ha elaborato una propria
metodologia detta “delle 3P” perché basata sulle tre dimensioni Policy Framework, Regional
Platform, Regional Projects
44
; le caratteristiche principali della metodologia sono l’alto livello di
interrelazione tra le dimensioni e la traduzione di questa relazione in progetti sul campo che abbiano
un impatto effettivo sulla realtà regionale
45
.
POLICY FRAMEWORK
43 Ibid., pp.63-343
44 How the Ufm works?, 2020, https://ufmsecretariat.org/wp-content/uploads/2020/05/HowUfMWorks-
20200528-24.pdf
45 The Union for the Mediterranean: an action driven organisation with a common ambition, Barcellona,
2017
24
La dimensione Policy Framework è essenziale per mantenere il dialogo politico tra i 43 Stati membri
e si concretizza attraverso forum e conferenze a cui partecipano i Ministri degli Affari Esteri degli
Stati membri per adottare delle politiche comuni in aree d’azione strategiche
46
; ad oggi sono state
organizzate quattro conferenze on strengthening the role of women in society: a Istanbul nel 2006, a
Marrakech nel 2009, a Parigi nel 2013 e al Cairo nel 2017, ma poiché la creazione dell’Unione del
Mediterraneo risale al 2008 e solo nel 2012 è stato istituito il Segretariato, si è deciso di approfondire
solo gli ultimi due incontri citati.
A Parigi, il 12 settembre 2018, i Ministri riconoscono che un’equa partecipazione delle donne in tutti
gli ambiti è una precondizione necessaria per lo sviluppo sostenibile e per la democrazia, nonché un
diritto fondamentale il cui godimento è spesso minato da violenza e discriminazione di genere,
problemi che possono essere risolti eliminando gli stereotipi sulle donne e sugli uomini; si
riconoscono quindi tre pilastri sui quali basare il lavoro dell’Unione: diritti uguali per uomini e donne
nella partecipazione alla vita politica, economica, civile e sociale, lotta contro tutte le forme di
violenza e discriminazione contro le donne e le bambine e cambiamento delle attitudini e dei
comportamenti che minano la parità di genere in una prospettiva che promuova l’empowerment delle
donne
47
; in linea con questi pilastri, sono state individuate quattro priorità e creati quattro gruppi di
lavoro moderati da altrettanti Stati membri e organizzazioni:
1. Aumentare la partecipazione delle donne nella vita economica, gruppo moderato dall’Italia e
dall’Organizzazione delle Nazione Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO);
2. Migliorare l’accesso alla leadership e al processo decisionale, gruppo moderato dalla Francia
e dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OECD);
3. Cambiare gli stereotipi attraverso l’istruzione e la cultura, gruppo moderato dal Marocco e
dalla Anna Lindh Foundation;
4. Combattere la violenza contro le donne e la violenza di genere, gruppo moderato dall’Egitto
e da UN Women
48
.
I risultati ottenuti dopo questo incontro sono diversi, ma alla vigilia della conferenza del Cairo del
2017 emergono ancora degli ostacoli rilevanti. Per quanto riguarda il livello politico-istituzionale, gli
Stati hanno adottato delle politiche funzionali al raggiungimento della parità di genere come
l’adozione di un sistema di quote parlamentari, di misure per combattere analfabetismo e
discriminazione, di meccanismi che integrano le donne nelle attività economiche riconoscendo la
parità salariale e i congedi per maternità: queste politiche, aggiunte al raggiungimento di alti livelli
di istruzione femminile, non si sono però tradotte in una maggiore partecipazione femminile nel
sistema economico e finanziario e nel processo decisionale, per cui le donne si ritrovano comunque
a dover fronteggiare un alto rischio di povertà e violenza. In parte ciò è da ricondurre a
un’insufficiente applicazione del gender mainstreaming, fondamentale per evitare disparità di
trattamento e/o discriminazione; a ciò vanno aggiunte la crisi economica che ha colpito il nord del
Mediterraneo e l’instabilità politica e i conflitti del sud, i quali hanno generato un’ingente quantità di
migranti e rifugiati, aumentando la pressione sui governi nazionali e talvolta determinando un
rafforzamento dell’economia informale; le donne sono coloro che più si ritrovano a vivere in
situazioni precarie e vulnerabili, ma al tempo stesso possono avere un ruolo determinante nella
ricostruzione e nella promozione del cambiamento sociale: in Palestina, per esempio, le donne sono
46 How the Ufm works?, 2020
47 Union of the Mediterranean Third Ministerial Conference on Strengthening the Role of Women in
Society, Parigi, 2013
48 4
th
UfM Ministerial Conference on Strengthening the role of women in society. Progress report 2016,
Barcellona,2016, p.6
25
coinvolte nella promozione di leggi e politiche che supportano il coinvolgimento femminile nelle
negoziazioni di pace e nell’ONU. In generale, infatti, dopo la conferenza di Parigi del 2013, più di
metà degli accordi di pace firmati includono tematiche legate alle donne, alla pace e alla sicurezza,
ma meno del 4% hanno delle donne tra i firmatari e meno del 10% delle negoziazioni si sono svolte
con una partecipazione femminile. Per quanto riguarda la crisi economica che ha colpito l’Unione
Europea, l’impatto negativo sulle donne è dovuto alle politiche di austerity adottate e all’erosione dei
servizi pubblici che hanno avuto come conseguenza il perpetuarsi di disuguaglianze, come quella
salariale. Un altro problema della regione sono i gruppi e le organizzazioni estremiste, di per sé basati
su disuguaglianze sociali e attacchi alla dignità umana: in questi contesti la violenza contro le donne
diventa ancora più pervasiva sia perché le donne, più degli uomini, sono vittime di coercizione fisica
e stupri sia perché gli stereotipi di genere diventano uno strumento di arruolamento per gli uomini, ai
quali viene promesso il dominio sull’altro sesso e spesso viene proposto lo stupro di gruppo per
rafforzare la coesione tra i membri del gruppo stesso; gli uomini non sono gli unici ad essere arruolati,
ma ancora non è chiaro quante donne siano parte di gruppi estremisti e che ruoli svolgano al loro
interno, così come ancora non ci sono abbastanza studi sulla lotta per contrastare l’estremismo portata
avanti dalle organizzazioni femminili locali: al momento ancora non è chiaro che impatto abbiano
queste azioni e quante donne siano coinvolte e le uniche certezze sono che queste organizzazioni
seguono diverse strategie, come il contatto diretto con la comunità o la reinterpretazione del Corano
49
.
Un discorso più complesso va fatto circa gli stereotipi: molti Stati dell’Unione per il Mediterraneo
concordano nel sostenere che siano l’ostacolo maggiore da superare per raggiungere la parità di
genere e nella necessità di affrontare il problema in modo diretto perché in quanto fenomeno culturale
caratterizza la società a tutti i livelli influenzando il supporto, le opportunità e il potere decisionale
delle donne nella loro vita quotidiana. Fra gli stereotipi più radicati c’è quello della divisione dei ruoli
tra donne e uomini in ambito familiare, che vede le prime mogli e madri e i secondi lavoratori e
protettori della famiglia: nei media la rappresentazione della donna che si occupa della casa e/o dei
figli è molto più frequente della rappresentazione femminile in contesti lavorativi, così come le
bambine sono solitamente rappresentate mentre giocano con le bambole e i bambini mentre giocano
ai videogiochi o fanno sport; nelle scuole ancora si trasmettono stereotipi di genere che portano gli
alunni e le alunne a non sviluppare lo stesso interesse per tutte le materie, soprattutto per quelle
scientifiche e tecnologiche: in questo modo la diversificazione delle carriere nel mondo del lavoro
viene fortemente limitata e spesso le donne trovano occupazioni meno remunerate e meno prestigiose.
Per quanto riguarda i media, gli Stati hanno seguito strategie differenti: la Francia, per esempio, ha
stabilito delle quote per garantire la presenza delle donne nelle trasmissioni e nelle redazioni; la
Germania ha istituito un premio, il Juliane Bartel, che viene assegnato annualmente a film,
documentari e programmi radio che hanno promosso la parità di genere e analizzato il conflitto di
genere facendo emergere gli stereotipi di ruolo e i loro effetti sulla società; e il Marocco ha vietato
qualsiasi rappresentazione della donna che la faccia risultare inferiore rispetto all’uomo o che ne
promuova la discriminazione e ha incoraggiato gli operatori della comunicazione a portare avanti la
lotta agli stereotipi e promuovere la parità di genere, anche con una maggiore partecipazione
femminile. Per quanto riguarda invece il sistema scolastico, oltre alla revisione dei programmi
secondo una prospettiva di genere, si è dimostrata una buona strategia creare un collegamento tra
sport e tematiche sociali come la tutela dei bambini e la violenza contro le donne. Oltre a queste
politiche, ci sono stati degli altri interventi sul livello culturale che vanno dall’organizzazione di
workshops al coinvolgimento dei leader religiosi per la trasmissione di un messaggio religioso più
49 Ivi, pp. 20-24
26
equilibrato, sia esso cristiano o musulmano; anche l’arte, nella promozione dei lavori di artiste, ha
contribuito alla lotta contro gli stereotipi
50
.
Uno dei settori in cui l’effetto degli stereotipi è più evidente è la leadership: a livello pubblico, per
quanto la partecipazione femminile sia aumentata, ancora non si ha una parità nella rappresentanza:
ciò è dovuto in parte a limitazioni come l’inconciliabilità tra l’ambiente di lavoro e i bisogni delle
donne o il supporto sociale ed economico ridotto, ma gli stereotipi e in particolare l’idea che le donne
non abbiano le capacità necessarie per gestire un ufficio pubblico costituiscono l’ostacolo più difficile
da superare, nonostante sia provato che la parità di genere nella forza lavoro determina una maggiore
qualità dei servizi pubblici offerti. In aggiunta, è necessario tener conto che anche negli esempi più
virtuosi di rappresentanza, le donne sono solitamente impegnate in ambiti più “femminili” e
raramente devono occuparsi per esempio di finanza, difesa e sicurezza: il dato è in miglioramento,
ma finché non sarà raggiunta la parità nella rappresentanza il rischio sarà quello di adottare politiche
che non tengono conto dei bisogni di tutta la società. Una delle strategie per raggiungere l’obiettivo
è l’istituzione di quote prestabilite che hanno innegabilmente aumentato la partecipazione femminile
e che sono diffuse soprattutto nei Paesi dell’Unione Europea e sono state introdotte anche in Tunisia,
Egitto, Giordania, Marocco e Palestina. Il limite delle quote è che, per quanto effettivamente abbiano
un effetto positivo sulla partecipazione, non garantiscono in modo deterministico la modifica della
percezione del ruolo delle donne nella leadership e per questo motivo gli Stati hanno adottato anche
altre misure per espandere la presenza delle donne nella vita pubblica:
• Programmi specifici per incoraggiare le donne e permetter loro di creare una rete di relazioni
sociali, necessarie per ottenere il consenso pubblico;
• Promozione dell’equilibrio tra vita lavorativa e famiglia, necessario per permettere alle donne
di far parte della vita pubblica, da ottenersi incoraggiando il lavoro flessibile, prevenendo la
discriminazione, assicurando incentivi, organizzando gli incontri parlamentari in orari che
permettano di non trascurare le responsabilità familiari, migliorando l’informazione e la
tecnologia per assicurare la possibilità di lavorare a distanza e di votare online;
• Agevolazione dell’impegno politico delle donne attraverso l’uguaglianza economica,
necessaria per evitare che la partecipazione femminile sia ostacolata dalla mancanza di fondi,
e progetti specifici quali percorsi formativi (attivati in Egitto, Libano, Giordania, Tunisia,
Marocco e Palestina), consultazioni con gruppi sociali specifici come donne, uomini, migranti
o anziani (Egitto, Giordania e Marocco), servizi di traduzione (Giordania, Tunisia, Marocco
e Palestina) e risorse in supporto a gruppi impegnati politicamente (Egitto, Giordania e
Marocco);
• Supporto alla ricerca, necessaria per capire i bisogni delle donne e per incoraggiare il
cambiamento sociale, politico e culturale in favore della parità di genere;
• Superamento della crisi economica e politica nella regione, necessaria per disincentivare la
marginalizzazione delle donne dai processi decisionali.
La sottorappresentazione femminile nella leadership non colpisce solo il settore pubblico, ma anche
quello privato: la motivazione va ricercata soprattutto nella limitata partecipazione delle donne alla
vita economica formale e nei sindacati, che suggerisce una difficoltà per le donne ad avere potere e
influenza nel processo decisionale economico. Il fenomeno è conosciuto comunemente come glass
ceiling, metafora usata per far riferimento alla presenza di una barriera invisibile, e quindi di una
difficoltà aggiuntiva, che impedisce alle donne di raggiungere i ruoli più alti della scala gerarchica:
in realtà però le donne si ritrovano a dover fronteggiare non una ma diverse difficoltà aggiuntive,
come la conciliazione tra vita e lavoro, le aziende che non vanno incontro ai loro bisogni e la
50 Ivi, pp.26-31
27
svalutazione del loro potenziale in settori tradizionalmente considerati maschili. Anche in questo caso
diversi Stati, come la Germania, hanno adottato un sistema di quote e misure che prevedono la
formazione delle donne, il supporto a strategie aziendali basate sulla parità di genere, l’assegnamento
alle donne di compiti complessi che possano dar loro visibilità e programmi di formazione; l’ostacolo
maggiore ancora una volta è costituito da una resistenza di tipo culturale che si concretizza in diversi
modi: l’economia informale continua ad essere caratterizzata da un’alta presenza di donne, che non
possono quindi accedere all’economia formale e, di conseguenza, ai ruoli economici più alti; la
divisione patriarcale dei ruoli di genere persiste per cui molte donne ancora vengono educate per
compiere i lavori domestici e diventare mogli e madri e non per partecipare alla vita economica;
l’accesso alla formazione è limitato e quando la formazione avviene comunque non risponde ai
bisogni femminili; la discriminazione perdura, per cui le donne si ritrovano marginalizzate nel
mercato del lavoro, e così pure l’atteggiamento protezionistico, che limita la libertà di movimento
delle donne, soprattutto verso le città e le aree industriali
51
.
I problemi di partecipazione alla leadership nel settore privato si inseriscono nel quadro più ampio
dell’empowerment economico femminile: il quadro generale è caratterizzato da una discrepanza tra
l’alta percentuale di donne con un’alta formazione e il tasso della partecipazione femminile alla forza
lavoro, dall’accesso limitato a ruoli ricoperti prevalentemente da uomini e da un’alta concentrazione
di donne impegnate nel lavoro informale o in piccole imprese e che non possono quindi ambire ad
espandere la loro attività in modo significativo. Questo contesto è generato da un insieme di fattori
come economie deboli o in crisi, crisi politiche, norme sociali, tradizioni culturali, stereotipi sulla
divisione dei ruoli, leggi e regolamenti non sufficientemente rafforzati, assenza di un ambiente
lavorativo gender-friendly (dotato di asilo e/o orario di lavoro flessibile), scarse opportunità,
soprattutto nelle aree rurali, e la genitorialità, che spesso prevede che le donne più degli uomini si
occupino dei figli e che in assenza di servizi dedicati scoraggia il ritorno al lavoro. Tutti gli Stati
dell’Unione del Mediterraneo hanno riconosciuto che l’empowerment economico femminile è
centrale nello sviluppo sostenibile e hanno per questo implementato il proprio sistema legale con
l’istituzione di dipartimenti governativi per promuovere i diritti delle donne, l’adozione di leggi che
sanciscono la parità di genere, il riconoscimento dei diritti delle donne come diritti costituzionali e la
promozione della parità di genere con strategie rivolte sia a contesti generali che specifici; nonostante
ciò però persistono ancora problemi, come quelli relativi ai salari e all’ambiente di lavoro, e ciò
suggerisce la necessità di una protezione legale maggiore. Oltre all’implementazione legale sono state
portate avanti altre azioni relative soprattutto all’accesso all’istruzione e al miglioramento del sistema
scolastico in un’ottica di genere, all’espansione delle ricerche e del monitoraggio e allo sviluppo di
abilità corrispondenti a quelle richieste dal mercato del lavoro e di metodi di supporto. La formazione,
teorica e pratica, è una delle risposte centrali per la promozione dell’occupazione e
dell’imprenditorialità femminile e per la riduzione dell’economia informale, che continua ad essere
un problema per tutta la regione del Mediterraneo e che viene combattuta anche con la microfinanza,
soprattutto al sud, la formalizzazione del lavoro informale, a nord, e il miglioramento delle condizioni
di lavoro; a proposito della microfinanza è bene però evidenziare alcuni aspetti critici: nonostante i
risultati raggiunti, il tipo di imprenditorialità femminile promossa difficilmente si sviluppa su larga
scala, per cui nonostante imprenditrici, le donne comunque non sviluppano una carriera assimilabile
ai percorsi professionali offerti da una grande azienda e talvolta chi ricerca un supporto dalla
microfinanza lo fa per assenza di alternative e non per un’ambizione imprenditoriale consolidata, per
cui le attività avviate non sempre riescono a inserirsi nel mercato e a fronteggiare i tassi d’interesse,
solitamente alti. Un altro aspetto su cui è stata posta l’attenzione è l’equilibrio tra vita privata e lavoro
e, in particolare, sulla questione della cura dei figli che necessita lo sviluppo di un ambiente di lavoro
51 Ivi, pp. 35-45
28
adatto alle donne, incluse quelle che portano avanti una gravidanza, e che le incoraggi a ritornare al
lavoro dopo la maternità garantendo loro il supporto e i servizi di cui hanno bisogno: a tale scopo è
fondamentale che i limiti del settore privato siano compensati dallo Stato attraverso, per esempio,
agevolazioni fiscali per l’impiego femminile, congedi di maternità, paternità e per l’adozione, pause
per l’allattamento, assistenza all’infanzia, lavoro flessibile e/o da remoto e contributi aggiuntivi per
le donne che avuto due o più figli. L’equilibrio tra vita e lavoro e il divario nei salari sono al centro
del dibattito soprattutto in Europa, mentre nei Paesi MENA l’attenzione è focalizzata su quelle misure
finalizzate alle protezione delle donne che finiscono per minarne l’autonomia e per scoraggiare
l’impiego femminile: in Turchia per esempio, le donne non possono lavorare la notte su lunghi turni
di lavoro, sottintendendo la necessità di supervisionarle e quindi la loro incapacità a svolgere la
mansione, e in Egitto anziché incoraggiare i datori di lavoro a fornire servizi di assistenza all’infanzia,
si è stabilita una soglia di impiego femminile oltre la quale è previsto l’obbligo di dotarsi di questo
tipo di supporto, per cui di fatto si è disincentivata la partecipazione femminile al lavoro
52
. A chiudere
il quadro emerso alla vigilia della conferenza del Cairo c’è la questione della violenza contro le donne
e le bambine (VAWG – Violence Against Women and Girls), che continua ad essere un problema
per tutta la regione del Mediterraneo. I Paesi dell’Unione per il Mediterraneo si sono impegnati ad
aumentare il livello di protezione delle vittime e i servizi a loro dedicati, ma la realtà economica,
politica e culturale unita a stereotipi ancora radicati e scarsi fondi economici continua a costituire un
limite. Le aree di intervento sulle quali agire sono diverse e includono abusi domestici, molestie
sessuali, traffico di donne e sfruttamento della prostituzione, stupri, mutilazioni genitali, matrimoni
forzati e precoci e la tutela di particolari gruppi di donne come le donne con disabilità, le donne
anziane e le donne rurali. Fra le misure per combattere la VAWG, centrali sono la protezione delle
vittime, che parte già della prevenzione e dalla condanna della violenza e include supporto, accesso
alla giustizia, consulenze e servizi per la tutela e il benessere delle vittime, e la lotta agli stereotipi,
fondamentale per agire sulla consapevolezza pubblica. È però importante anche considerare gli effetti
sulle donne dei conflitti, delle transizioni politiche, delle politiche economiche basate sull’austerity e
dell’estremismo: durante i conflitti, come quello che colpisce la popolazione palestinese, le donne
corrono il rischio di essere brutalmente uccise, di subire abusi e di diventare schiave o rifugiate,
condizione che le espone alla povertà estrema e le rende particolarmente vulnerabili a varie forme di
abuso e sfruttamento; le transizioni politiche possono costituire un’arma a doppio taglio perché se da
una parte possono portare a un miglioramento della condizione femminile, dall’altra possono
condurre a una rivalutazione in chiave negativa del ruolo della donna, marginalizzandola
ulteriormente; l’austerity, con i tagli ai servizi, mina l’indipendenza economica delle donne e rende
più difficile per le vittime di abusi domestici allontanarsi dal partner violento; l’estremismo, infine,
diffonde stereotipi di genere per reclutare nuovi membri, promettendo agli uomini il potere sotto
forma di dominio sulle donne, e rende le donne, soprattutto le vedove e le figlie dei combattenti
deceduti, facili bersagli da trasformare in spie, messaggere, trafficanti d’armi e combattenti
53
.
In questo contesto si è svolta, il 27 novembre 2017, la conferenza del Cairo durante la quale gli Stati
membri hanno riconosciuto una serie di sfide ancora da superare prima che le donne possano
pienamente godere dei propri diritti e si sono nuovamente impegnati a perseguire l’obiettivo della
parità di genere attraverso la cooperazione regionale e una metodologia pragmatica e inclusiva che
permetta di aumentare la partecipazione delle donne alla vita pubblica, al processo decisionale e alla
52 Ivi, pp. 50-57
53 Ivi, pp.61-68
29
vita economica e di eliminare ogni forma di violenza contro le donne e le bambine e gli stereotipi
ancora diffusi
54
.
54 Union of the Mediterranean Ministerial Conference on the Strenghtening the Role of Women in Society,
Cairo, 2017
30