5
quotidiana di ciascun cittadino, ma anche alla conseguente crisi dello
Stato nazionale, all’ avanzamento della dimensione locale e delle
comunità più prossime e vicine all’individuo. Con la cooperazione
decentrata si ha il superamento, inoltre, delle tradizionali categorie, di
cooperazione governativa e cooperazione non governativa, che,
precedentemente, strutturavano lo studio e l'analisi della materia. I
vecchi attori non governativi, come le ONG, si trovano, perciò, oggi
ad interpretare un nuovo ruolo, anche politico, divenendo migliori
intermediarie tra istituzioni e società civile e facendosi portatrici delle
battaglie ideali di quest’ultima emergente, seppur non ancora ben
definita, categoria di soggetti.
Nel primo capitolo pertanto procederemo all'analisi dell'evoluzione
storico-giuridica che ha determinato l'attuale assetto normativo, nel
settore della cooperazione allo sviluppo, configurando il fenomeno
della cooperazione decentrata. A tal proposito possiamo dire che la
lotta alla povertà rappresenta, oggi, una delle sfide fondamentali
dell’Europa, che ha maturato, attraverso un percorso graduale, la
consapevolezza del ruolo chiave che essa può svolgere in tal senso.
Partendo dunque dallo studio dell’iniziale prospettiva, quasi post
coloniale, in cui l’interesse primario del vecchio continente era quello
di mantenere una serie di relazioni commerciali ed economiche con le
ex colonie, passeremo all’analisi della definizione, prima generica e
poi via via sempre più precisa nei suoi contenuti, della nozione di
cooperazione allo sviluppo. Strumento fondamentale, attraverso il
quale osserveremo quest’evoluzione, saranno gli accordi di
associazione stabiliti tra la Comunità europea e gli stati dell’Africa dei
Carabi e del Pacifico, che hanno costituito un vero e proprio
6
laboratorio di concetti giuridici e posizioni politiche sul tema.
Inizialmente la nozione di cooperazione allo sviluppo, che il
legislatore europeo fa propria, si concretizza nell’idea di un naturale
contributo alla reciproca crescita economica, messo in atto
semplicemente attraverso liberi rapporti commerciali e di scambio.
Successivamente, durante gli anni ’70, constatando il permanere di
determinati squilibri, si comprese che le strategie portate avanti fino a
quel momento non avevano assolto la loro funzione e che si sarebbero
dovuti compiere degli sforzi in una nuova direzione. Nasceva allora la
definizione di cooperazione allo sviluppo intesa come “aiuto allo
sviluppo”, riconosciuta cioè come impegno nel sostegno al progresso
economico dei paesi in via di sviluppo, attraverso forme di prestito o
sovvenzioni, ma anche attraverso la definizione di rapporti
commerciali caratterizzati da una maggiore apertura nei confronti dei
prodotti provenienti da questi paesi, secondo un principio di non
reciprocità
1
.
Tuttavia siamo ancora di fronte ad una concezione della cooperazione
allo sviluppo in cui quest’ultimo termine assume un significato
meramente economico, in cui, cioè, la Comunità promuove il
progresso tecnologico ed industriale dei paesi in via di sviluppo,
esportando cultura scientifica e disinteressandosi invece degli aspetti
sociali, etnici e politici della vicenda .
Solo con la terza convenzione li Lomè, del 1984, iniziò a maturare
un’idea più articolata del fenomeno, che da sistema indirizzato alla
mera armonizzazione delle economie diviene strumento diretto al
conseguimento di obiettivi, anche politici, di condivisione e diffusione
1
Vedi cap 1.2.1
7
di valori fondamentali come il rispetto diritti dell’uomo, la
divulgazione dello standard di democrazia fondata sullo stato di diritto
ed di un sistema di governo trasparente e responsabile. Questi fattori
vengono riconosciuti come elementi imprescindibili di uno sviluppo
durevole. Per contro, a livello di disciplina dei rapporti economici tra
Comunità e paesi Acp si ritorna, invece, alla logica del normale
sistema di libero scambio. Le innovazioni così introdotte sono state
approfondite attraverso un’esperienza ventennale che ha condotto per
un verso alla configurazione di un assetto definitivo del rapporto CE-
ACP mediante l’accordo di Cotonou del 2000, per altro verso alla
ricezione di nuovi concetti sia nell’ambito dei principi generali della
politica di cooperazione allo sviluppo, riportati nei trattati, sia in
quello degli strumenti attuativi utilizzati dalla Comunità per il
perseguimento degli obiettivi enunciati.
Oggetto d’analisi del secondo capitolo sarà proprio questo tema.
Esamineremo le misure necessarie alla realizzazione degli obiettivi
della cooperazione e riprendendo la tradizionale classificazione degli
strumenti giuridici di attuazione, spiegheremo il loro superamento
realizzato con la cooperazione decentrata. In particolare andremo a
vedere l’evoluzione del meccanismo di programmazione delle risorse
provenienti dal Fondo europea di sviluppo, nel contesto delle relazioni
CE-ACP, sottolineando l’importanza delle innovazioni introdotte dalla
terza convenzione di Lomè, grazie alla quale si manifesta la centralità
e l’importanza che deve necessariamente assumere la “concertazione”
delle risorse, umane e materiali, disponibili ed il ruolo chiave che la
Commissione deve svolgere a tal proposito. Vedremo come,
parallelamente all’evoluzione del concetto di cooperazione all’interno
8
del quadro dei rapporti CE-ACP, si avrà un mutamento del contenuto
della programmazione delle risorse provenienti dal FES, prima diretta
a promuovere una concertazione di tipo settoriale e poi tesa al
conseguimento di un obiettivo, più complesso, di adeguamento
strutturale delle aree geografiche in questione.
La ricezione dei concetti maturati tramite quest’esperienza si riflette
sulla disciplina degli strumenti finanziari e dei regolamenti attuativi,
facendo emergere il fenomeno della cooperazione decentrata, che
trova in questi atti una base giuridica più specifica rispetto ai generici
richiami fissati per via convenzionale. Osserveremo, dunque, i
caratteri fondamentali della cooperazione decentrata, ma anche i suoi
aspetti più peculiari determinati dall’inserimento di questo tipo di
approccio nel sistema comunitario.
Infine nel terzo capitolo scopriremo quali sono i protagonisti
principali del nuovo metodo partecipativo con cui l’Unione europea
sviluppa le proprie politiche di cooperazione, soffermandoci, in modo
particolare, sulla species dei così detti “attori non statali”, di cui parla
la Commissione nelle sue più recenti relazioni.
L'Unione Europea persegue gli obiettivi illustrati al 177 TCE,
mediante il coinvolgimento dei soggetti della società civile nelle
proprie strategie di sviluppo, attuando politiche di cooperazione che
operando dal basso verso l’alto, secondo un principio di sussidiarietà
di tipo orizzontale, risultano maggiormente incisive, determinando un
più forte senso di appartenenza nei confronti dei processi di sviluppo
avviati.
Il significato del termine “società civile”, più volte riportato nei
documenti relativi alla cooperazione, è stato recentemente oggetto di
9
dibattito in seno alla Commissione europea, che a causa della
genericità di questa nozione ha infine preferito concentrare la propria
attenzione su una diversa definizione di questi soggetti, oggi pertanto
riconducibili ad un'unica categoria di “Attori non statali”.
La nostra riflessione si spingerà, infine, a considerare il contributo
offerto dalle Organizzazioni non governative in tale contesto: un
vecchio attore che si trova a svolgere un nuovo ruolo.
10
CAPITOLO PRIMO
Cooperazione allo sviluppo e cooperazione decentrata nell'unione
europea: evoluzione legislativa e norme di riferimento
1.1 la cooperazione allo sviluppo nell’Unione europea: quadro
generale
La cooperazione decentrata è una modalità di attuazione della
cooperazione allo sviluppo. Oggi la cooperazione allo sviluppo,
attraverso la quale l’UE manifesta il proprio impegno nella lotta
contro la povertà, rappresenta una delle sfide fondamentali per
l’Europa. Essa è divenuta uno dei principali attori nel settore,
accrescendo negli ultimi anni, sia gli sforzi economici in tal senso, che
la gamma dei beneficiari. Attualmente l’insieme dell’aiuto
dell’Unione europea e dei suoi Stati membri rappresenta circa il 55%
dell’aiuto pubblico internazionale allo sviluppo e più di due terzi degli
aiuti non rimborsabili. Da sola la Commissione europea, organo
esecutivo dell’Unione, fornisce il 10% dell’ aiuto pubblico allo
sviluppo (APS) nel mondo. Ciò la rende un partner privilegiato dei
Paesi in via di sviluppo (PVS)
2
. Inoltre, in un contesto mondiale
2
Paesi in via di sviluppo (PVS):La definizione, che risale agli anni Sessanta, fu scelta dalle
istituzioni internazionali per indicare i paesi non facenti parte dell'area caratterizzata da uno
sviluppo industriale molto avanzato. Tale sigla escludeva anche i Paesi ad economia pianificata
(ex blocco comunista).
Le caratteristiche che contraddistinguono il sistema economico di tali Stati sono:
prodotto nazionale lordo pro-capite inferiore alla media mondiale;
basso livello del tasso di alfabetizzazione della popolazione;
scarsa incidenza del settore industriale nella formazione del prodotto nazionale.
11
marcato dalla notevole riduzione del volume degli aiuti, le risorse
destinate dall’Unione alla cooperazione allo sviluppo rimangono
apprezzabili.
3
Ad un simile impegno sostanzialmente sostenuto dal colosso europeo,
corrisponde un’equivalente esplicita dichiarazione di principi a livello
normativo ed una conseguente disciplina degli aspetti operativi.
L’attuale assetto è il risultato di una lunga evoluzione, seguendo la
quale sarà possibile comprendere fino in fondo il significato delle
odierne disposizioni in materia.
Intanto sarà utile sottolineare che la cooperazione allo sviluppo
rappresenta solo uno dei molteplici aspetti attraverso i quali l’UE
articola la propria attività esterna.
L’assetto indipendente che il trattato di Maastricht sembra voler
attribuire alla materia, dedicandole un intero capitolo, come se si
trattasse di un fenomeno autonomo e non riconducibile al quadro di
altri settori già disciplinati precedentemente, non deve trarre in
inganno
4
: essa rimane pur sempre uno strumento della politica esterna
U.E.
Il più recente trattato istitutivo della costituzione europea, infatti, a
testimonianza di quanto suddetto, pone le disposizioni sulla
cooperazione con i paesi terzi e aiuto umanitario all'interno del Titolo
V dedicato all'azione esterna dell'Unione.
La denominazione di PVS si è tuttavia rivelata alquanto generica poiché non tutti i paesi che vi
sono compresi presentano un medesimo grado di sviluppo, struttura sociale, demografica ed
economica simile.
3
Per le seguenti informazioni vedi www.europa.eu.int
4
A.Tizzano, “ Codice dell'Unione europea : con la Carta dei diritti fondamentali e il Trattato di
Nizza”,Padova , CEDAM, 2002.
12
Il rapporto tra cooperazione allo sviluppo e politica esterna dell'U.E. è
caratterizzata dalla strumentalità della prima alla seconda.
Nelle proprie relazioni esterne l'U.E. promuove i propri interessi e
obiettivi orientando funzionalmente la cooperazione allo sviluppo.
Infatti sotto il profilo politico la tutela degli interessi europei richiede
relazioni pacifiche, cui la cooperazione contribuisce in modo
determinante; sotto il profilo economico la cooperazione allo
sviluppo, contribuendo all'aumento del reddito dei paesi
sottosviluppati, tende ad accrescere la loro domanda di prodotti
provenienti dai paesi esportatori, cioè dei paesi industrializzati tra cui i
paesi U.E..
5
Ciò è confermato anche dall'art 3, comma 4 e 5 del trattato istitutivo
della costituzione europea,in base al quale il successo delle politiche
di cooperazione allo sviluppo nell'ambito dell'azione esterna U.E.
trova il suo fondamento per un verso in motivi solidaristici e per altro
verso nella percezione che lo sviluppo dei paesi del terzo e del quarto
mondo presenta, nel medio-lungo periodo, vantaggi politici ed
economici anche per gli stati europei.
6
Diverse regioni del mondo sono beneficiate dall’aiuto comunitario: il
gruppo principale dei beneficiari è quello dei paesi dell’Africa, dei
5
in tal senso A.Raimondi-G.Antonelli, “manuale di cooperazione allo sviluppo,linee
evolutive,spunti e prospettive”,Torino,ed. SEI,2001,pag. 85-86
6
CIG 87/2/2004 REV2 avente oggetto:“trattato che istituisce una Costituzione per l’Europa”, parte
I, titolo I, art3 comma 4-5: “Nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove i
suoi valori ed interessi. Contribuisce alla pace,alla sicurezza, allo sviluppo sostenibile della Terra,
alla solidarietà ed al rispetto reciproco tra i popoli, al commercio libero ed equo,all’eliminazione
della povertà ed al rispetto dei diritti umani, in particolare i diritti del minore, e alla rigorosa
osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della
Carta delle Nazioni Unite.
L’Unione persegue i suoi obiettivi con i mezzi appropriati, in ragione delle competenze che le
sono attribuite nella costituzione”. E’ da evidenziare come l’art 3 comma 4 si ribadisce che
l’Unione nelle relazioni esterne promuove non solo i propri valori ma anche i propri interessi.
13
Caraibi e del Pacifico (ACP 48 stati africani, 15 dei carabi, 14 del
pacifico
7
).
Altre regioni interessate sono quelle del mediterraneo meridionale e
del medioriente (Algeria, Egitto, Israele, autorità palestinese,
Giordania, Cipro,Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, che
sono anche detti paesi terzi del mediterraneo cui si rivolgono i
programmi MEDA) e quelle dell’Asia e dell’America latina (cui si
rivolgono i programmi ALA).
Infine sono coinvolti in particolari rapporti di cooperazione anche i
paesi dell’europa centrale e orientale (PECO: Bulgaria, Repubblica
Ceca, Estonia, Lituania, Lettonia, Romania, Slovacchia, Slovenia,
Ungheria)
8
.
Nei paragrafi seguenti analizzeremo in particolare i rapporti dell’U.E.
con i paesi ACP, principale partner della Comunità prima e
7
Repubblica popolare d'Angola,Antigua e Barbuda,Commonwealth delle Bahamas,Barbados,
Belize,Benin,Botswana, Burkina Faso,Burundi, Camerun,Capo Verde,Repubblica
centrafricana,Repubblica del Ciad,Repubblica federale islamica delle Comore,Repubblica
democratica del Congo,Repubblica del Congo,Governo delle Isole Cook, Repubblica della Costa
d'Avorio, Repubblica di Gibuti,Governo del Commonwealth della Dominica,della Repubblica
dominicana,Stato di Eritrea,Repubblica della Guinea equatoriale,Repubblica federale democratica
di Etiopia,Repubblica democratica sovrana di Figi,Repubblica gabonese,Repubblica della
Gambia,Ghana,Grenada,Repubblica di Guinea, Repubblica della Guinea Bissau,Repubblica della
Guyana,Repubblica di Haiti,Giamaica,Repubblica del Kenya,Repubblica di Kiribati, Regno di
Lesotho,Repubblica di Liberia,Repubblica del Madagascar,Repubblica del Malawi,Repubblica del
Mali, Repubblica delle Isole Marshall,Repubblica islamica di Mauritania,Repubblica di
Maurizio,Stati federati di Micronesia,Repubblica del Mozambico,Repubblica di Namibia,
Repubblica di Nauru, Repubblica del Niger, Repubblica federale di Nigeria,Stato indipendente di
Papua-Nuova Guinea,Repubblica del Ruanda,Saint Kitts e Nevis,Saint Lucia,Saint Vincent e
Grenadine,Stato indipendente di Samoa,Repubblica democratica di São Tomé e
Príncipe,Repubblica del Senegal,Repubblica delle Seychelles, Repubblica di Sierra Leone,Isole
Salomone,Repubblica sudafricana,Repubblica del Sudan,Repubblica del Suriname,Regno di
Swaziland,Repubblica unita di Tanzania,Repubblica del Togo,Taufa'ahau Tupou IV di
Tonga,Repubblica di Trinidad e Tobago,Tuvalu,Repubblica dell'Uganda, Repubblica di
Vanuatu,Stato delle Samoa occidentali, Repubblica di Zambia,Repubblica dello Zimbabwe,
8
per approfondimenti sul contenuto di tali programmi vedi OICS, CeSPI La piazza della
cooperazione- le nuove opportunità della cooperazione decentrata. Progetto formativo sull’aiuto
pubblico allo sviluppo e la cooperazione decentrata, manuale didattico su CD ROM ipertestuale e
in rete( la piazza della cooperazione)
14
dell’Unione oggi, evidenziando i passaggi fondamentali che hanno
portato all’ attuale situazione. In particolare vedremo come attraverso
i vari accordi, che hanno disciplinato nel tempo tali relazioni, si sia
passati da un concetto di sviluppo quale crescita economica
considerata solo nella sua dimensione “produttivistica” di breve/medio
periodo ad una nozione in cui diviene centrale l’interazione con la
tutela dei diritti umani , dell’ambiente, con i processi di
democratizzazione e di pace, andando a vedere anche le conseguenze
che tali mutamenti hanno comportato con riferimento agli strumenti di
sostegno alle politiche di cooperazione allo sviluppo.
15
1.2: Evoluzione legislativa
1.2.1 dal trattato di Roma alla seconda convenzione di Lomè
La politica comunitaria per lo sviluppo ha acquisito ruolo e
fisionomia propri solo dopo la fine della guerra fredda. La caduta del
muro di Berlino ha accelerato il processo d'integrazione europea,
generando quel meccanismo grazie al quale oggi si è giunti
all'esplicita proclamazione nelle fonti primarie dei principi di
cooperazione allo sviluppo e alla istituzionalizzazione degli assetti e
strumenti operativi.
Inizialmente la politica estera comunitaria in generale fu caratterizzata
dalla volontà manifestata dagli stati della vecchia Europa , soprattutto
dalla Francia, di proseguire, nel contesto della nascente Comunità, le
relazioni economico-commerciali con paesi e territori d’oltre mare già
alle loro dipendenze.
Il trattato di Roma non prevedeva, perciò, l’instaurazione di una vera e
propria politica comune volta alla promozione dello sviluppo dei paesi
poveri, era solo previsto un particolare rapporto d’aiuto con i paesi e
territori d’oltre mare, all’epoca aree ancora soggette alla dominazione
coloniale. In applicazione dell’art. 131
9
del suddetto atto, fu dunque
conclusa una convenzione di durata quinquennale per l’associazione
9
“Trattato che istituisce la Comunità Europea” Art 182 (ex articolo 131) “ gli stati membri
convengono di associare alla Comunità i paesi e territori d’oltre mare che mantengono con la
Danimarca, con la Francia, i Paesi Bassi e il Regno Unito delle relazioni particolari. Questi paesi e
territori, qui di seguito chiamati paesi e territori, sono enumerati nell’elenco che costituisce
l’allegato II del presente trattato. Scopo dell’associazione è di promuovere lo sviluppo economico
e sociale dei paesi e territori e l’instaurazione di strette relazioni economiche tra essi e la Comunità
nel suo insieme. Conformemente ai principi enunciati nel preambolo del presente trattato,
l’associazione deve in primo luogo permettere di favorire gli interessi degli abitanti di questi paesi
e territori e la loro prosperità, in modo da condurli allo sviluppo economico , sociale e culturale
che essi attendono”