6
che ha subito la politica d’aiuto ai paesi ACP, analizza le motivazioni che
hanno spinto le parti ad impegnarsi in questo nuovo ambizioso accordo.
Queste motivazioni, provenienti da campi diversi, politici, economici,
sociali ed etici, costituiscono il motore che ha condotto le parti a proporre
un sistema nuovo, consapevole della moltitudine di aspetti ai quali era
necessario conformarsi. Ci riferiamo all’esistenza di un contesto economico
internazionale profondamente mutato, caratterizzato dalla presenza dei
regolamenti dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e da un
ambiente politico diverso da quello di soli dieci anni prima, non più
bipolare dopo l’implosione del sistema sovietico.
Il secondo capitolo descrive a questo proposito l’incompatibilità della
cooperazione UE-ACP con l’OMC, proponendo un esempio emblematico,
la “Guerra delle banane”, esso cerca di dimostrare l’indissolubilità delle
relazioni esistenti tra politica d’aiuto allo sviluppo e commercio mondiale.
La descrizione del Libro verde con il quale la Commissione europea, sul
finire del 1996, apre il dibattito sul rinnovo della cooperazione ACP-UE
introduce all’obiettivo principale di questo lavoro: l’analisi delle novità più
interessanti introdotte dell’accordo di Cotonou e la valutazione della loro
efficacia reale una volta rese effettive dall’applicazione dell’accordo. I
capitoli tre e quattro sono infatti totalmente dedicati all’accordo stesso, il
primo ne propone un quadro generale, il secondo attraverso un’analisi più
particolare ed approfondita prova ad evidenziarne qualche aspetto ambiguo
o di dubbia efficacia.
L’accordo di Cotonou si basa su cinque pilastri fondamentali, la
dimensione politica; la partecipazione della società civile; la riduzione della
povertà, obiettivo stesso dell’intera azione; la cooperazione economica e
commerciale; la riforma del sistema finanziario delle precedenti
convenzioni. Tutti e cinque sono senza dubbio elementi di primaria
importanza ed alla loro applicazione simultanea vengono affidate le sorti
7
della cooperazione. In linea con la generale politica di sviluppo europea,
l’accordo è un sistema di decentralizzazione dell’aiuto e di appropriazione
delle politiche di sviluppo da parte dei beneficiari. La cooperazione
finanziaria ed economico-commerciale sono molto indicative in questo
senso. Ai singoli paesi ACP ed ai gruppi regionali esistenti o in via di
formazione è lasciato piena facoltà decisionale relativamente al modello di
sviluppo che ritengano più opportuno, nei limiti di una conduzione politica
ritenuta accettabile dall’Europa. Questi limiti pongono non pochi problemi
derivanti soprattutto da un definizione degli stessi piuttosto imprecisa. Si
parla di “buon governo”, di rispetto dei principi democratici dello stato di
diritto, ma si fatica a riconoscere un limite certamente individuabile per
esempio dei “gravi casi di corruzione” che determinano, come estrema
conseguenza, la sospensione dell’aiuto stesso.
La partecipazione della società civile e l’ampio spazio dato al settore
privato sono altre novità introdotte dall’accordo; quest’ultima in particolare
si lega al suo aspetto probabilmente più innovativo: un quadro economico e
commerciale completamente ristrutturato per adattare i paesi ACP ad un
sistema internazionale caratterizzato da un’apertura al quale difficilmente
potrebbero far fronte senza un inserimento mirato ma progressivo. Il
settore privato è investito di una responsabilità enorme: rendere la
produzione competitiva e diversificata.
Il quinto ed ultimo capitolo analizza alcune problematiche generali al
quale bisognerà far fronte in maniera adeguata. La coordinazione tra aiuto
bilaterale ed aiuto multilaterale, in primo luogo, ma anche la questione
della sicurezza alimentare e della prevenzione e risoluzione dei conflitti.
Partendo da un’analisi del processo di integrazione regionale, peraltro
appoggiato dall’accordo e dall’Unione europea stessa, tenteremo ipotizzare
la forma che prenderà la cooperazione europea allo sviluppo con i paesi
ACP.
9
Capitolo I
La Comunità europea ed i paesi ACP
1.1 Le linee generali della politica di sviluppo della CE
Il primo riferimento a ciò che diverrà la politica di sviluppo della CE
si trova nella dichiarazione Schuman del 1950, ove si manifesta
apertamente la volontà che l’Europa non ancora esistente realizzasse uno
dei “suoi compiti essenziali”: “Lo sviluppo del continente africano”
1
.
Partendo da questo presupposto, una collaborazione europea con i
paesi in via di sviluppo (PVS) nascerà qualche anno dopo,
contemporaneamente all’Europa stessa. Nel trattato di Roma del 1957,
infatti, si crea una forma d’associazione alla CEE dei paesi e territori
d’oltremare (PTOM) dipendenti di alcuni dei suoi membri (Francia, Belgio
ed Olanda).
Sebbene da quel momento i rapporti tra l’Europa e il mondo in via di
sviluppo si siano sempre più intensificati ed estesi, la politica estera e con
1
“Dichiarazione Schuman” 9 maggio 1950: “Questa produzione sarà offerta al mondo intero senza
distinzione né esclusione per contribuire al rialzo del livello di vita e al progresso delle opere di
pace. Se potrà contare su un rafforzamento dei mezzi, l’Europa sarà in grado di proseguire nella
realizzazione di uno dei suoi compiti essenziali: lo sviluppo del continente africano.”
10
essa la cooperazione allo sviluppo ha fatto un’apparizione molto tardiva
nella base del diritto comunitario. Solo nel 1992, infatti, con il trattato di
Maastricht, sarà consacrato alla questione un titolo (il XVII art.130U a
130Y), inserendo definitivamente nel trattato CE la politica di sviluppo.
Il trattato di Amsterdam, ne riconfermerà i contenuti al titolo XX (artt. 177
a 181).
L’azione europea in questo campo è complessivamente molto
importante, sia in termini finanziari che tecnici; essa ha una portata
geografica mondiale.
Possiamo approssimativamente suddividere l’aiuto allo sviluppo
fornito dall’Europa partendo dalle regioni nelle quali essa si svolge: bacino
del Mediterraneo, Europa centrale ed orientale, stati dell’ex URSS, Asia,
America Latina ed Africa.
Mediterraneo. L’Europa è legata alla maggior parte dei paesi
mediterranei. I paesi del Maghreb (Algeria, Marocco, Tunisia), quelli del
Mashrak (Egitto, Giordania, Siria, Territori Palestinesi) e lo stato d’Israele,
mantengono legami con l’Unione europea attraverso accordi di
cooperazione commerciale, industriale, finanziaria e tecnica irrobustiti nel
1995 dalla conferenza di Barcellona e nel 1996 dall’adozione del
regolamento MEDA. Questo è un partenariato euro-mediterraneo che
comprende tutti gli stati costieri del bacino comprendendo quindi anche
Turchia e Cipro ed escludendo solo Libia, Albania ed ex Jugoslavia.
Le linee direttrici di tale collaborazione sono la ricerca di un maggior
dialogo politico finalizzato alla risoluzione pacifica dei conflitti ed
all’intensificazione delle relazione economiche e socio culturali.
11
I rapporti con la zona mediterranea, pur essenziali per motivi economici e
per gli importanti legami storici e culturali, sono accompagnati da notevoli
difficoltà: l’instabilità politica, il rischio di conflitti, gli elevati tassi di
disoccupazione e di crescita demografica, i flussi migratori. Tutto inoltre è
aggravato dalla delicatezza dei rapporti israeliano-palestinesi.
Europa Centrale ed Orientale. E’ oggetto di particolari attenzioni
che, attraverso i finanziamenti del programma PHARE finalizzati all’aiuto
alla democratizzazione, allo stato di diritto ed alle trasformazioni
economiche e sociali, mirano a strategie di pre-adesione all’Unione
Europea.
Il programma TACIS è relativo invece agli stati nati dal crollo
dell’Unione Sovietica, (Asia centrale e Federazione Russa). L’obiettivo in
questo caso è l’incoraggiamento alla democratizzazione, allo stato di diritto
ed alla transizione verso l’economia di mercato.
Asia e America Latina. Le relazioni europee con l’Asia e l’America
Latina si basano soprattutto sul Sistema delle Preferenze Generalizzate
(SPG), ovvero la concessione che permette alle esportazioni di questi paesi
un trattamento preferenziale accompagnata normalmente da una serie di
aiuti finanziari. Più precisamente, i rapporti con l’Asia sono regolati dalla
“Nuova strategia asiatica” tesa ad incrementare lo sviluppo, gli investimenti
e la ricerca.
Le relazioni con l’America Latina si regolano essenzialmente sul
sostegno alle riforme economiche, allo sviluppo democratico, ed alla lotta
alla povertà.
12
Africa. Per quanto riguarda la cooperazione con l’Africa, essa si
estende anche ai Carabi ed al Pacifico in virtù dell’esistenza del gruppo
ACP. Questa collaborazione è la più completa, consolidata da accordi che
risalgono all’associazione dei PTOM alla CEE, costantemente evolutisi fino
a coinvolgere oggi i 15 stati membri dell’Unione Europea e ben 78 del
gruppo ACP.
Oggi questa collaborazione è regolata dall’accordo di Cotonou firmato il 23
giugno del 2000.
L’Unione Europea ed i suoi stati membri sono il partner più
importante per i PVS fornendo il 36% del totale degli aiuti pubblici
mondiali, ed assorbendo il 21,5% delle loro esportazioni.
America Latina ed Asia ricevono mediamente il 18% dell’aiuto fornito, i
paesi del Mediterraneo del Sud circa l’11% ed i paesi del gruppo ACP il
33,8%. Quasi i 2/3 dell’aiuto erogato sono destinati ai progetti di sviluppo,
il restante all’aiuto alimentare, il volume degli aiuti forniti è in ogni caso
molto maggiore di quelli concernenti Giappone e Stati Uniti.
13
Fig. 1.1. L’aiuto pubblico mondiale nel 1997 in milioni di dollari
2
La strategia europea si basa oggi sui principi inseriti nel trattato
istituente la Comunità, ma le modalità applicative sono oggetto di un
dibattito costante. Una delle principali raccomandazioni del Consiglio,
emergenti dalle conclusioni del maggio 1999, indica che la politica
dell’aiuto deve investire tutti i PVS, coinvolgendoli attraverso relazioni di
partenariato.
Il 26 aprile del 2000, la Commissione Europea, in una sua
comunicazione al Consiglio ed al Parlamento, ha proposto un nuovo
orientamento della politica comunitaria di sviluppo
.
2
Fonte: Dati Eurostat, annuire 98/99 : Vue statistique sur l’Europe: Donées 1987/1997. Office
statistique des Communautées européennes : Commission européenne (Statistiques générales). IV
Ed. 1999.
UE+15 31873
USA 6878
Giappone
9358
Canada 2045
Australia 1061
Svizzera 911
N. Zelanda 154
14
I suoi obiettivi sono la riduzione della povertà, in vista della sua futura
eliminazione, la promozione dell’integrazione progressiva dei PVS
nell’economia mondiale e la lotta alle disuguaglianze. Le strategie utilizzate
dalla Comunità per la lotta alla povertà sono il rafforzamento della
democrazia, della pace e della prevenzione dei conflitti.
3
La Commissione
ed il Consiglio ritengono indispensabile per uno sviluppo durevole, una
maggior considerazione delle problematiche sociali, ed ambientali, con
particolare attenzione all’uguaglianza tra uomini e donne e la progressiva
integrazione delle economie dei PVS nel contesto mondiale, basato sul
rafforzamento delle capacità degli attori pubblici e privati.
Sono stati individuati sei campi d’azione fondamentali:
• Legame tra commercio e sviluppo. E’ una tendenza molto forte della
politica di sviluppo europea. Essa cerca di rendersi complementare alle
politiche commerciali e degli investimenti. Le riforme commerciali varate
dagli stati devono essere compatibili con le strategie di sviluppo,
adeguandosi alla liberalizzazione dei mercati con costante attenzione alla
minimizzazione dei costi d’aggiustamento.
La Comunità cerca di migliorare soprattutto l’accesso al mercato per i
paesi meno avanzati (PMA), aiutandoli ad approfittare della
mondializzazione riducendo il più possibile i suoi effetti negativi.
3
Due documenti interessanti sulla politica di sviluppo della Comunità europea sono i discorsi del
presidente della Commissione Romano Prodi fatti a Strasburgo il 14 marzo 2000 (Speech/00/82)
sul programma della Commissione per il 2000 ed al Cairo il 3 aprile 2000in occasione del Summit
Europa-Africa (Speech/00/125).
15
• L’appoggio all’integrazione ed alla cooperazione regionale. Sono
promosse dalla Comunità, in virtù anche della propria esperienza.
L’integrazione regionale favorisce la consolidazione della pace e la
prevenzione dei conflitti, oltre chiaramente, a contribuire allo sviluppo dei
paesi nell’economia mondiale.
• L’appoggio alle politiche macro-economiche. Partendo dal
presupposto che le politiche macro-economiche non hanno effetti durevoli
se non soddisfano anche lo sviluppo sociale, la politica europea da grande
importanza all’equa distribuzione e all’accesso esteso ai servizi sociali.
• I trasporti. L’accessibilità ai servizi sociali determina un’altra
necessità, ovvero la creazione di una rete di trasporti. L’esperienza europea
in questo senso può rivelarsi estremamente efficace, e non va trascurata
l’importanza fondamentale che l’infrastruttura dei trasporti riveste in
materia di sviluppo.
• La sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale durevole. L’impegno
europeo in questo settore, deriva anche dagli impegni presi al Summit
mondiale dell’alimentazione
4
, nel contesto della FAO. La sicurezza
alimentare è una delle priorità della lotta alla povertà. e deve essere ottenuta
attraverso delle strategie di sviluppo rurale durevole. Sono quindi
necessarie delle ristrutturazioni a lungo termine che attraverso politiche
4
Summit mondiale dell’alimentazione del 1996. (Il prossimo è previsto a Roma nel novembre
2001).
16
generali e settoriali soddisfino le esigenze di autonomia alimentare e di
salvaguardi dell’ambiente.
• Rafforzamento delle capacità istituzionali. E’ una condizione
indispensabile dello sviluppo, senza delle istituzioni che governino bene,
democraticamente , secondo i principi dello stato di diritto e non affetti
dalla corruzione che caratterizza numerosi PVS non si può immaginare un
corretta amministrazione dell’aiuto.
Un aspetto piuttosto interessante della dichiarazione del Consiglio e
della Commissione sulla politica di sviluppo,
5
è la particolare rilevanza che
viene data alle linee di condotta da applicare, allo scopo di rendere più
efficaci le azioni. Grande rilievo in questo senso riveste la coordinazione
tra le politiche comunitarie, quelle dei singoli stati membri e quelle di
organizzazioni internazionali comprese le loro agenzie; coordinazione che
va ricercata attraverso l’ampliamento del dialogo e dello scambio reciproco
di informazioni tra tutti gli attori in gioco.
Il rafforzamento della complementarietà sia in seno all’Unione sia con
gli altri donatori, e la coerenza delle diverse politiche europee, sono
elementi altrettanto indispensabile alla ricerca di efficacia dell’intero
sistema d’aiuto allo sviluppo.
L’Unione Europea, applica ora due meccanismi sui quali si può
ragionevolmente porre fiducia, e che sono alla base dell’accordo di
5
Dichiarazione del Consiglio e della Commissione del 10.11.2000 -La politica di sviluppo della
Comunità Europea-.
17
Cotonou, ovvero la programmazione scorrevole e l’approccio basato sui
risultati.
La programmazione scorrevole dovrebbe migliorare la gestione
dell’allocazione delle risorse, basandosi su attente valutazioni dei bisogni e
delle prestazioni dei paesi beneficiari.
L’approccio sui risultati rende stimolante la costante ricerca delle migliori
soluzioni da applicare per ogni paese.
Un esempio della continua evoluzione che caratterizza la politica di
sviluppo comunitaria è la recente iniziativa della Commissione chiamata
“Tutto tranne le armi,” adottata dal Consiglio Affari generali. Questa
iniziativa modifica l’SPG della Comunità estendendo a tutti i PMA il libero
accesso al mercato comunitario, liberando tutti i prodotti originari di questi
paesi da diritti e dazi doganali, ad esclusione delle armi e delle munizioni
6
.
Ormai dunque la quasi totalità dei prodotti agricoli, ma anche le carni ed i
prodotti lattieri, godono di libero accesso al mercato europeo. Ne restano
esclusi solo tre prodotti particolarmente sensibili: le banane fresche, il riso e
lo zucchero, fortemente condizionati dal contesto commerciale mondiale ed
oggetto di un’incessante discussione tra la CE e gli Stati Uniti.
Questa iniziativa, portando dei vantaggi ai PMA, è in linea con la politica di
sviluppo comunitaria.
6
Emendamento adottato dal Consiglio Affari generali il 26.2.2001,regolamento 416/2001
pubblicato nella gazzetta ufficiale n. L60 del 1.3.2001 ed applicabile a partire dal 5.3.2001
18
1.2 Cronologia dei rapporti CE-ACP:
La nascita dell’aiuto europeo ai PVS può datarsi 25 marzo 1957, data
della firma del Trattato di Roma. Il trattato, costitutivo della Comunità
Europea, considera l’associazione dei PTOM nel titolo IV agli artt. 131-136
istituendo un fondo per lo sviluppo, il “Fondo Europeo per lo Sviluppo”
(FES).
Il trattato prevedeva oltre alla dotazione finanziaria del FES, che
verrà costituito l’anno seguente, alcuni finanziamenti da parte della Banca
Europea per gli Investimenti (BEI) ed una zona di libero scambio tra la
CEE ed i Paesi Associati. L’altro aspetto dell’aiuto era quello alimentare,
fornito in natura utilizzando l’eccesso di prodotti generato dalla Politica
Agricola Comune i cui costi venivano assorbiti dal bilancio della CEE
senza esser oggetto di un particolare fondo.
La reale cooperazione europea allo sviluppo, sorge il 20 luglio 1963
con la prima convenzione di Yaoundé (Capitale del Camerun), nel 1960,
infatti, la maggior parte dei PTOM sono divenuti stati indipendenti, e
dall’associazione si passò al partenariato. La convenzione di Yaoundé sarà
rinnovata per un altro quinquennio nel 1969. L’obiettivo perseguito con
queste convenzioni era la promozione della collaborazione tra CEE e 18
stati EAMA (Associazione degli Stati Africani e Malgasci) allo scopo di
sviluppare le relazioni commerciali, l’indipendenza economica e le strutture
industriali di questi ultimi contribuendo con ciò al commercio
internazionale.
Oltre al libero scambio, ed all’aiuto finanziario, viene costituita una
rete di trasmissione di informazioni e sostegno tecnico, e per quanto
19
concerne l’aspetto istituzionale del rapporto si crea il Consiglio
d’Associazione, formato dai ministri dei vari paesi. Il Consiglio è la prima
istituzione paritaria nei rapporti tra CEE e stati associati.
Con l’entrata della Gran Bretagna nella CEE ed il conseguente
allargamento del gruppo dei paesi associati ad alcuni paesi del
Commonwealth, le convenzioni Yaoundé furono rimpiazzate nel 1975 dalla
convenzione di Lomé (Capitale del Togo). Il gruppo degli stati associa ora
oltre all’Africa sub sahariana anche paesi della zona caraibica e dell’oceano
pacifico che si istituzionalizzano in gruppo nel 1975 attraverso l’accordo di
Georgetown; il segretariato generale dei paesi ACP contava a quell’epoca
46 stati membri.
La convenzione di Lomé venne in seguito rinnovata caratterizzando
venticinque anni di storia delle relazioni tra CE e ACP. Il profilo
commerciale dell’accordo piega verso il sistema delle preferenze non
reciproche per le esportazioni verso la CEE, e viene trasmesso dal
Commonwealth il protocollo sullo zucchero, per favorirne gli stati
esportatori. Per tentare di proteggere gli stati ACP dalle estreme fluttuazioni
dei prezzi mondiali dei beni non minerari viene ideato ed applicato un
meccanismo di stabilizzazione delle entrate da esportazioni basato su un
sistema di compensazioni:
lo STABEX (STAB-ilizzazione dell’EX-port).
All’intensificarsi degli aspetti economici della cooperazione,
corrisponde un equivalente consolidamento istituzionale, con
l’instaurazione definitiva dell’uguaglianza dei partner. A poco a poco si
diffondono però dubbi sull’efficacia dell’aiuto seguiti da una crisi di
legittimità della stessa politica di aiuto allo sviluppo. In questo clima di
diffidenza e di ricerca d’efficacia e credibilità si svolgono comunque i
20
difficili negoziati che sfoceranno il 31 ottobre 1979 nella firma della
seconda convenzione di Lomé che riuniva 58 ACP e 9 paesi membri della
CE.
Venne varato il SYSMIN, (SYS-stem MIN-eral) un meccanismo
simile allo STABEX relativo però ai prodotti minerari. E’ un sistema a
beneficio soprattutto di quei paesi le economie dei quali dipendono quasi
esclusivamente dalle esportazioni minerarie,
parallelamente vengono
studiate ed applicate una serie di misure per sviluppare il potenziale
minerario ed energetico di tali paesi.
Con l’applicazione di STABEX e SYSMIN, il FES si sdoppia, in
• Aiuto programmato (sovvenzioni e capitali a rischio).
• Aiuto non programmato (STABEX, SYSMIN ed aiuti d’urgenza).
L’intero FES è comunque autonomo poiché svincolato dal budget
comunitario e dipendente dalle sovvenzioni nazionali dei singoli stati
membri.
La convenzione di Lomé II è un passo importante dei rapporti CE–
ACP perché dà inizio al dialogo politico ed al rispetto della sovranità degli
stati ACP, liberi di scegliere il modello di sviluppo più adatto alla loro
situazione.
Le negoziazioni per la convenzione di Lomè III si svolgono durante
una congiuntura economica mondiale sfavorevole.