6
il 7 dicembre 2000 - ha il compito di esaminare le questioni
essenziali che il futuro sviluppo dell’Unione comporta e ricercare
le diverse soluzioni possibili.
Lo strumento della Convenzione presenta un carattere “sui
generis”, dal momento che vi partecipano rappresentanti sia delle
istituzioni dell’Unione che dei Governi e dei Parlamenti
nazionali.
Con la Convenzione si afferma, con evidente successo, questo
nuovo metodo di revisione dei Trattati, che possiede un carattere
composito in quanto combina il metodo intergovernativo classico
con la dimensione interparlamentare e nel quale possono
intervenire attivamente, a livello europeo e nazionale, tutte le
istanze istituzionali, economiche, sociali e civili interessate.
Attualmente, l’Unione Europea conta ben cinque Trattati
1
in cui
sono “sparsi” gli obiettivi, le competenze e gli strumenti politici
dell’Unione.
In un’ottica di maggiore trasparenza, quale quella che si prefigge
la Convenzione, una semplificazione è imprescindibile.
Più concretamente, la Convenzione si occuperà dei seguenti temi:
- la ripartizione delle competenze tra l’Unione e i singoli Stati
membri;
- la semplificazione dei Trattati;
1
Trattato di Roma, entrato in vigore il 1°gennaio 1958; Atto Unico Europeo, entrato in vigore il 1°
luglio 1987; Trattato di Maastricht, entrato in vigore il 1° novembre 1993; Trattato di Amsterdam,
entrato in vigore il 1° maggio 1999 e Trattato di Nizza, entrato in vigore il 1° febbraio 2003.
7
- la decisione in merito all’inclusione o meno della Carta dei
diritti fondamentali dell’U.E. nel corpo dei Trattati;
- la definizione del ruolo dei Parlamenti nazionali nella futura
architettura istituzionale europea.
Per farsi un’idea appropriata dell’importante strumento della
Convenzione, si può citare una frase del Presidente della
Convenzione Europea, Valérie Giscard d’Estaing, pronunciata al
discorso inaugurale tenutosi a Bruxelles il 28 febbraio 2002,
“non siamo né una Conferenza Intergovernativa né un
Parlamento, siamo una Convenzione. Non siamo una Conferenza
Intergovernativa poiché non abbiamo ricevuto dai Governi il
mandato di negoziare in loro nome le soluzioni che proporremo,
non siamo un Parlamento poiché non siamo un’istituzione eletta
dai cittadini per elaborare testi legislativi. Siamo una
Convenzione […] un gruppo composto di uomini e donne riuniti
all’unico fine di elaborare un progetto comune”
2
.
Quindi, si può definire la Convenzione come un organismo
consultivo, che presenterà delle raccomandazioni alla prossima
Conferenza intergovernativa che inizierà i suoi lavori il 15
ottobre 2003 a Roma (sotto la Presidenza italiana dell’UE) e, per
i punti su cui non ci sarà accordo tra i membri, indicherà le
diverse opzioni emerse nel dibattito.
2
Nota di trasmissione del Segretariato alla Convenzione CONV 4/02 del 5 marzo 2002, allegato 4,
pag. 21.
8
La Convenzione consegnerà alla fine del suo lavoro un progetto
di Costituzione Europea all’attenzione del Consiglio, degli Stati
membri e dei cittadini europei.
Il Consiglio Europeo di Laeken ha dotato la Convenzione di due
strutture: un Presidente affiancato da due Vicepresidenti e un
Praesidium composto di dodici membri.
La prima seduta si è tenuta il 28 febbraio 2002 a Bruxelles.
A giugno 2002, ha presentato un primo rapporto di lavoro, al
summit di Siviglia.
Il rapporto definitivo è previsto a Salonicco (Grecia) il 20 giugno
2003.
Nel presente lavoro saranno illustrate a grandi linee la nascita, la
struttura, i metodi di lavoro della Convenzione Europea,
soffermandosi, in generale, sull’importante progetto di
costituzione dei gruppi di lavoro incaricati di elaborare
documenti di natura politica da sottoporre alla Convenzione
plenaria, ciascuno per le questioni specifiche attribuitegli con
apposito mandato.
In modo particolare, l’analisi avrà per oggetto la descrizione
sistematica di organizzazione strutturale, obiettivi, strumenti
operativi e caratteri giuridici del VI Gruppo di lavoro in seno alla
Convenzione, avente per oggetto la Governance Economica
3
e
3
Nel libro Bianco sulla governance europea, presentato dalla Commissione Europea il 5 agosto 2001
(2001/C 287/01), si afferma che con il termine generico“governance”, si “designa le norme, i
processi ed i comportamenti che influiscono sul modo in cui le competenze sono esercitate a livello
europeo, soprattutto con riferimento ai principi di apertura, partecipazione, responsabilità, efficacia
e coerenza”. Il termine risulta comunque di difficile comprensione per il cittadino medio, il quale
9
incaricato di esaminare tre importanti questioni contenute nel suo
mandato: la politica monetaria, la politica economica e le
questioni istituzionali.
L’introduzione dell’euro, l’esperienza del coordinamento delle
politiche economiche dopo il 1997 con l’adozione del Patto di
Stabilità e crescita e l’arrivo di nuovi membri nell’Unione
europea, impongono di rinforzare la governance economica
dell’Europa, soprattutto della zona euro, al fine di migliorare a
livello comunitario, la crescita e la coesione, preservando nel
contempo la stabilità.
In particolare, si esamineranno i campi (economico, monetario,
istituzionale e sociale) ove è possibile un intervento da parte del
Gruppo di lavoro oggetto del presente studio, per garantire che il
buon funzionamento del mercato interno e della moneta unica
continui a costituire il fondamento del coordinamento dei settori
economico, finanziario e fiscale, senza che per questo sia
compromessa la specificità dei singoli Stati membri.
Sulla base dei dibattiti tenuti dal Gruppo, saranno esaminati,
punto per punto, i vari argomenti trattati, le proposte di riforma
desidererebbe una maggiore trasparenza nella definizione degli obiettivi e nell’azione dell’Unione. Lo
stesso Parlamento europeo nel parere del 6 novembre 2001 riconosce che, “l’espressione governance
europea non è stata incorporata nel linguaggio ordinario dei cittadini europei…sarebbe preferibile
utilizzare un’espressione più comprensibile come governo democratico”. La governance economica
costituisce un argomento molto esteso, che si articola in molteplici tematiche politiche. Letteralmente
il “governo dell’economia” sia con riferimento agli strumenti di intervento che alla ripartizione delle
competenze in materia, comprende tutte le problematiche affrontate dal Gruppo oggetto di questa
analisi e che possono sinteticamente essere ripartite in tre gruppi: questioni istituzionali, modifiche al
coordinamento delle politiche economiche, questioni fiscali. Fonte: Claudio Mandrino, “La
Convenzione europea e le modifiche alla governance economica: lo stato dell’arte”, Ragionpolitica,
settimanale online n. 2 del 24 aprile 2003.
10
significative, gli obiettivi raggiunti e raggiungibili, i temi dove
esiste ancora disaccordo.
Occorre sottolineare che i lavori del Gruppo si sono fondati sulla
prospettiva che la Convenzione si appresti ad elaborare un
Trattato di carattere costituzionale.
Il Gruppo ha pertanto esaminato eventuali elementi da inserire in
una futura costituzione, ma si è anche soffermato su altre
questioni che, pur meritando di costituire oggetto di discussione e
di proposte di riforma, si ritiene opportuno non includere nel
Trattato costituzionale.
Tuttavia, non si può affrontare un tema che intreccia tematiche
politiche, economiche e sociali di indubbio rilievo senza
analizzare quello che rappresenta l’oggetto principale della
riflessione in tema di “governance economica” ovvero i caratteri
e la possibile evoluzione dell’Unione Economica e Monetaria.
Pertanto, prima di affrontare il tema centrale del lavoro, è
apparso opportuno ripercorrere brevemente le tappe significative
della nascita dell’Unione Economica e Monetaria, e
successivamente approfondire l’importante concetto del
coordinamento delle politiche economiche e monetarie e degli
strumenti utilizzati dall’Unione Europea per mantenere il grado
di cooperazione necessaria nella “zona euro”
4
.
4
Il Presidente del VI Gruppo, Klaus Hänsch, nel mandato del Gruppo (CONV 76/02 del 20 maggio
2002, introduzione, punto 2), ha formulato una definizione dell’UEM affermando che essa, “è un
sistema di politica monetaria ed economica fondato su tre elementi: una Banca centrale indipendente
(la BCE) con competenza esclusiva per la politica monetaria nella zona euro; il mantenimento delle
funzioni in materia di politiche economiche nazionali a livello di Stati membri, fermo restando il
11
Inoltre, sono state fornite anche le informazioni necessarie per
comprendere, almeno a grandi linee, quali sono i meccanismi che
la regolano, la loro evoluzione nel tempo, la scelta dei metodi più
efficaci per il suo funzionamento, in vista del delicato passaggio
ad un’Europa “più grande”.
rispetto di determinate norme comunitarie (in particolare, il Patto di Stabilità e Crescita e la
procedura per i disavanzi eccessivi nonché acquis nel settore del mercato interno); e, il
riconoscimento del principio che le politiche economiche nazionali sono una questione di “interesse
comune” e richiedono quindi un coordinamento nell’ambito del Consiglio”.
12
CAPITOLO I
LA CONVENZIONE EUROPEA
1.1 Il trattato di Nizza e la Dichiarazione di Laeken sul futuro
dell’Unione Europea.
Dieci Paesi hanno firmato i Trattati di adesione all’Unione
Europea nell’ambito del Consiglio Europeo informale tenutosi ad
Atene il 16 e 17 aprile 2003.
La Repubblica Ceca, la Repubblica di Estonia, la Repubblica di
Cipro, la Repubblica di Lettonia, la Repubblica di Lituania, la
Repubblica di Ungheria, la Repubblica di Malta, la Repubblica di
Polonia, la Repubblica di Slovenia e la Repubblica Slovacca,
entreranno ufficialmente a far parte della futura “Europa dei
venticinque”, il 1° maggio 2004
5
.
Altri due Stati, Romania e Bulgaria, stanno ancora negoziando
l’adesione all’Unione Europea, in virtù dell’art. 49 del Trattato
di Maastricht, che offre agli Stati europei la possibilità di
diventare membri dell’Unione
6
.
L’obiettivo è quello, quindi, di un Europa a ventisette Stati
membri, e forse a ventotto, nonostante il caso ancora controverso
5
In base all’art. 2, par. 2, del Trattato di adesione, “A condizione che tutti gli strumenti di ratifica
siano stati depositati entro tale data”.
6
L’art. 49 così recita: “Ogni Stato europeo […], può domandare di diventare membro dell’Unione.
Esso trasmette la sua domanda al Consiglio, che si pronuncia all’unanimità, previa consultazione
della Commissione e previo parere conforme del Parlamento europeo, che si pronuncia a
maggioranza assoluta dei membri che lo compongono.
Le condizioni per l’ammissione e gli adattamenti dei trattati su cui è fondata l’Unione, da essa
determinati, formano l’oggetto di un accordo tra gli Stati membri e lo Stato richiedente. Tale accordo
è sottoposto a ratifica da tutti gli Stati contraenti conformemente alle loro rispettive norme
costituzionali”.
13
e dibattuto dell’ammissione della Turchia, Paese ufficialmente
candidato.
Naturalmente un evento di portata storica così rilevante, non
poteva che suscitare la soddisfazione degli “europeisti” più
convinti, ma nello stesso tempo ha gettato di nuovo quell’ombra
di scetticismo che da sempre sovrasta il processo di allargamento
dell’Unione europea.
L’aumento del numero dei membri rappresenta per ogni
organizzazione internazionale una sfida politica di rilevante
importanza, essendo inevitabilmente fonte di complicazione del
processo decisionale e della gestione dei meccanismi di
cooperazione.
Nel caso dell’Unione europea, questo processo “rivoluzionario”
accade proprio in un momento in cui si era giunti ad un elevato
grado di integrazione tra i 15 Stati membri, ben superiore a
quello di un decennio fa.
L’elemento chiave che rende l’attuale fase dell’allargamento
qualitativamente diversa dalle precedenti è il fatto che
l’allargamento in questione ha come protagonisti alcuni Stati le
cui economie sono ancora instabili e privi di una tradizione
comune con quelle dei Quindici.
Unanime è oggi il riconoscimento che, per consentire ad
un’Unione allargata ad un numero così elevato di membri e
diversi tra loro di funzionare efficacemente, occorre realizzare
14
un’ampia riforma delle sue istituzioni e dei suoi meccanismi
decisionali.
Con 25 membri, l’Unione europea rischia, in assenza di incisive
riforme istituzionali, una perdita ulteriore di capacità di azione,
se non una vera e propria paralisi decisionale.
Un notevole passo nella preparazione dell’allargamento
dell’Unione Europea ai paesi dell’Europa centrale, orientale,
mediterranea e baltica, era già stato compiuto grazie al Trattato di
Nizza, firmato il 26 febbraio 2002
7
.
La Conferenza Intergovernativa avviata il 14 febbraio 2000 a
Nizza, sfociata poi nel Trattato, aveva lo scopo di adattare il
funzionamento delle istituzioni europee per consentire loro di
accogliere i nuovi Stati membri.
Benché atteso e presentato con entusiasmo, i risultati del neonato
Trattato sono stati ritenuti deludenti, soprattutto dal punto di vista
delle riforme istituzionali
8
.
Tuttavia, a Nizza sono state varate importanti riforme
9
.
7
Il Trattato di Nizza è frutto dell’ultima Conferenza Intergovernativa avviata il 14 febbraio 2000 e
conclusa con un accordo al Consiglio Europeo di Nizza (7-11 dicembre 2000). La L. 11 maggio 2002
n. 102 ha autorizzato la ratifica italiana. Lo strumento di ratifica del Trattato di Nizza è stato
depositato il 4 luglio 2002. L’atto è entrato in vigore il 1° febbraio 2003 (G.U. n. 15 del 20 gennaio
2003).
8
Secondo Alberto Majocchi, Presidente dell’ISAE – Istituto di Studi e Analisi Economica, nella sua
opera “Il coordinamento delle Politiche Economiche in un nuovo modello di Federalismo Fiscale”,
2002, “A Nizza non è stato possibile garantire una profonda revisione delle norme del Trattato
sull’UE che regolano la gestione della politica economica. In particolare, l’art. 99 si limita ad
affermare il principio che gli Stati membri considerano le loro politiche economiche una materia di
interesse comune e le coordinano all’interno del Consiglio. Inoltre, il Trattato stabilisce i criteri in
base ai quali il Consiglio può stabilire delle guidelines per la gestione della politica economica da
parte di ogni Stato membro e può formulare delle raccomandazioni sulla base delle indicazioni
proposte dalla Commissione. In queste norme appare quindi evidente il ruolo limitato assegnato alla
Commissione e l’impossibilità di gestire in comune un’efficace politica di stabilizzazione in assenza
del potere di imporre un coordinamento reale delle politiche economiche gestite dagli Stati membri”.
9
Commissione europea, “Ruoli e responsabilità nell’ambito dell’Unione – Una guida per il cittadino
15
Innovazioni sostanziali riguardano la ripartizione del numero dei
rappresentati degli Stati membri nelle istituzioni e negli organi
comunitari (Parlamento Europeo, Commissione, Comitato
Economico e Sociale e Comitato delle Regioni), in vista del
futuro allargamento dell’Unione
10
.
Il Trattato ha poi previsto l’ampliamento dei poteri del Presidente
della Commissione Europea; la riduzione dei casi in cui il
Consiglio deve deliberare all’unanimità; alcune modifiche
all’ordinamento giudiziario comunitario; l’introduzione di una
procedura di preavviso nel caso di accertamento di violazioni dei
diritti fondamentali da parte di uno Stato membro ed infine
l’eliminazione della facoltà, attualmente riconosciuta ad ogni
Stato membro, di opporre il veto ad una cooperazione
rafforzata
11
.
europeo - Il contributo del Trattato di Nizza”, a cura dell’Ufficio delle pubblicazioni ufficiali delle
Comunità europee, Lussemburgo 2001. Per un quadro dettagliato delle riforme del Trattato di Nizza,
si può consultare la sua sintesi in appendice (Nota SEC(2001)) 99.
10
Commissione Europea, op. cit. Per il Parlamento Europeo, il numero dei rappresentanti è stato
fissato in 732 membri (attualmente sono 626); per la Commissione 1 cittadino per ogni stato membro
fino ad un massimo di 27 Stati a partire dal 2005; per il Comitato Economico e Sociale in 350
membri; per il Comitato delle Regioni in 350 membri. Fonte: Commissione Europea “Ruoli e
responsabilità nell’ambito dell’Unione” – Una guida per il cittadino europeo – Il contributo del
Trattato di Nizza.
11
Dal sito internet dell’Unione europea (www.europa.eu.int/comm/igc2000). Introdotta con il
Trattato di Amsterdam, ufficialmente firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999,
la “cooperazione rafforzata” prevedeva la possibilità per gli Stati membri di cooperare insieme
nell’interesse dell’Unione anche se non tutti gli Stati fossero disposti o potessero parteciparvi
nell’immediato, lasciando a questi ultimi la libertà di aderire all’iniziativa in un secondo momento. Il
trattato di Nizza, per dare attuazione al meccanismo, elimina la facoltà, attualmente riconosciuta dai
Trattati ad ogni Stato membro di opporre il veto ad una cooperazione rafforzata, imponendo un
minimo di otto Stati membri per avviare tale cooperazione e prevedendo la possibilità di estendere il
meccanismo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC), ma non alla difesa. Inoltre garantisce
che le iniziative di cooperazione rafforzata si situino nel quadro dell’Unione, rispettino il ruolo delle
istituzioni e consentano agli Stati membri non partecipanti nell’immediato di aderire in un momento
successivo.
In uno studio condotto dall’ISAE - Istituto di Studi e analisi economica nel giugno 2002, si afferma
che con il metodo del coordinamento rafforzato, “gruppi di paesi possono “rafforzare” il reciproco
grado di integrazione grazie a un accordo su una specifica materia. […] L’antesignano delle
16
A Nizza è stata, altresì, proclamata la Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione, che riunisce in un unico testo i diritti
civili, politici, economici e sociali del cittadino europeo,
suddividendoli in sei categorie: dignità, libertà, uguaglianza,
solidarietà, cittadinanza e giustizia.
Tali diritti trovano fondamento nei diritti e libertà fondamentali
riconosciuti dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e
nelle tradizioni costituzionali dei paesi dell’Unione Europea
12
.
La proposta di procedere alla sostituzione dei Trattati attuali con
un Trattato-quadro, unico e leggibile, era già contenuta in una
risoluzione adottata dal Parlamento europeo, il 25 ottobre 2000
13
.
In vista del suo ampliamento, gli Stati membri hanno ritenuto
necessario organizzare un dibattito più ampio ed approfondito sul
futuro dell’Unione Europea.
La “Dichiarazione relativa al futuro dell’Europa”, allegata al
Trattato di Nizza, ha rappresentato il punto di partenza di tale
cooperazioni rafforzate può essere considerato l’accordo di Schengen: a una cooperazione nel
campo della circolazione delle persone riservata a un ristretto numero di partner si è sostituita una
collaborazione allargata ad altri paesi comunitari”. Malgrado questo passo avanti, diversi Paesi
hanno espresso la volontà di mantenere il diritto di veto in alcuni settori (il Regno Unito per fisco e
sicurezza sociale; la Germania per asilo e immigrazione, la Spagna per i fondi strutturali e la Francia
per l’audiovisivo).
12
La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali
è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950.
13
Risoluzione del Parlamento Europeo sulla costituzionalizzazione dei trattati, rif. A5-0289/2000
(2000/2160(INI)) del 25 ottobre 2000, capitolo I, art. 4. Il Parlamento europeo, “ritiene che la forma
assunta dai risultati delle varie CIG che si sono succedute, vale a dire un accumulo di trattati lunghi
e complessi, sia divenuta difficilmente utilizzabile sia per gli addetti ai lavori che per i cittadini e che
i trattati attuali vadano pertanto sostituiti da un “trattato quadro”, unico, leggibile e breve che
preveda la fusione dell’Unione europea e delle tre Comunità in un’unica entità; esso conterrebbe
esclusivamente le disposizioni fondamentali di natura costituzionale, segnatamente gli obiettivi
dell’Unione, la protezione dei diritti fondamentali, la cittadinanza, l’attribuzione e la ripartizione dei
poteri e le questioni istituzionali, mentre tutte le altre disposizioni, in particolare quelle che
disciplinano le politiche comuni, figurerebbero nei protocolli allegati al “trattato quadro”.
17
riflessione, che ha visto coinvolte le istituzioni, gli ambienti
politici, economici ed accademici, i rappresentanti della società
civile e l’opinione pubblica
14
.
I punti sui quali occorreva un’attenta riflessione, riguardavano la
semplificazione dei Trattati (raggruppamento delle disposizioni
fondamentali dei cinque trattati in un solo testo), la delimitazione
delle competenze (loro migliore ripartizione in seno all’Unione
europea), lo status della Carta dei diritti fondamentali rispetto ai
Trattati (opportunità del suo inserimento nel Trattato di base), il
ruolo dei parlamenti nazionali nella struttura europea (proposte
per il suo rafforzamento).
Il Consiglio Europeo di Laeken, riunitosi il 14 e 15 dicembre
2001, ha adottato tale Dichiarazione, che indicava temi e metodo
del processo di riforma dell’Unione Europea.
Il nuovo metodo scelto a Laeken ha inteso dare una risposta alle
crescenti difficoltà incontrate dalle ultime Conferenze
Intergovernative, relativamente al problema dell’avvicinamento
delle istituzioni europee ai cittadini.
Infatti, a differenza di una Conferenza Intergovernativa, la
Convenzione, estendendo ad altri soggetti istituzionali, oltre ai
governi, la responsabilità di approntare le riforme e lavorando in
piena trasparenza (le sue sedute plenarie sono pubbliche),
14
Dal sito internet della Convenzione europea (www.european-convention.eu.int).
18
appariva sicuramente più adatta a recepire le proposte da parte
dei vari soggetti partecipanti al dibattito
15
.
Con la “Dichiarazione di Laeken” sul futuro dell’Unione
Europea, approvata dal Consiglio Europeo il 15 dicembre 2001,
si è deciso di affidare ad una “Convenzione” il compito di
dibattere le questioni legate alla prospettiva dell’allargamento e
di pervenire alla stesura di una vera e propria “Costituzione
Europea”.
La Dichiarazione è suddivisa in tre capitoli principali: “L’Europa
ad un crocevia”, “Le sfide e le riforme in un’Unione rinnovata”,
“La convocazione di una convenzione sul futuro dell’Europa”.
La prima parte, “L’Europa ad un crocevia”, ha subìto notevoli
modifiche nella prima stesura, in quanto appariva, nell’elenco dei
punti di forza e di debolezza dell’Unione Europea, troppo
pessimistica e altresì a causa dell’impostazione, fortemente
criticata dalla Gran Bretagna, che la considerava eccessivamente
federalistica.
La seconda parte, “Le sfide e le riforme in un’Unione rinnovata”,
è la più corposa perché tratta oltre 50 quesiti riguardanti le
problematiche sollevate a Nizza, tra cui gli ampi dibattiti relativi
alla ripartizione e definizione delle competenze tra l’Unione
Europea e gli Stati membri, la semplificazione dei trattati, senza
cambiarne i contenuti, il ruolo dei Parlamenti nazionali e
15
Dal sito internet (www.politichecomunitarie.it), Osservatorio sulla Convenzione Europea, “La
Convenzione”.
19
l’opportunità di inserire lo statuto della Carta dei diritti
fondamentali nel Trattato di base e di adesione della Comunità
europea alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
La terza parte, “Convocazione di una convenzione sull’avvenire
dell’Europa”, rappresenta l’elemento centrale della
Dichiarazione, il più rivoluzionario, in quanto contiene una
descrizione della composizione e degli obiettivi della
Convenzione, quale strumento di “costituzionalizzazione”
dell’Unione
16
.
16
Osservatorio Sociale Europeo, “Domani l’Europa”, dicembre 2001, n. 3.