- 6 -
Questo studio si propone di esaminare, alla luce degli strumenti giuridici
internazionali che hanno portato all'odierna concezione di minore, il contenuto della
Convenzione e tenterà di verificare le difficoltà applicative che la stessa potrà
incontrare una volta che sia entrata in vigore. Attualmente essa, infatti, non ha ancora
ottenuto la terza ratifica necessaria per poter essere attuata e l'Italia è tra i numerosi
Stati che hanno già firmato la Convenzione ma che attendono di ratificarla. Lo studio
di tale applicazione avrà come punto di riferimento proprio l'ordinamento giuridico
italiano dato che ogni Stato ha caratteristiche peculiari proprie che determineranno, di
volta in volta, modalità (e difficoltà) di attuazione diverse.
Più specificatamente tenteremo di individuare se nel nostro ordinamento già esistano
principi generali tendenzialmente assimilabili a quelli contenuti nella Convenzione,
con la conseguenza di rendere molto semplice l'applicazione della stessa. Nel caso in
cui non si riesca a verificare la presenza di tali principi, o addirittura si ravvisi la
presenza di orientamenti contrari, si cercherà d'individuare le ragioni di tale assenza o
di tale contrarietà; in effetti è solo attraverso l'individuazione delle motivazioni che
stanno alla base dell'attuale legislazione o degli attuali orientamenti giurisprudenziali
o dottrinali, che si può verificare se l'applicazione della Convenzione abbia
comunque delle possibilità di riuscita e, in questo caso, quali e quante modifiche,
all'ordinamento attualmente vigente, si renderanno necessarie.
- 7 -
CAPITOLO I FONDAMENTI DEL DIRITTO MINORILE NELL’ORDINAMENTO
INTERNAZIONALE
1. NASCITA DELLA TUTELA DEL MINORE NELL’ORDINAMENTO INTERNAZIONALE
L’attenzione all’infanzia e ai suoi diritti è un’acquisizione relativamente recente. Solo
alla fine del secolo scorso e all’inizio di quello attuale, infatti, le scienze umane – la
pedagogia, la psicologia, la sociologia – hanno preso coscienza ed affermato che
questa fase della vita è d’estrema importanza nello sviluppo dell’uomo e che anche il
bambino è una persona umana. Il termine persona oggi ha una rilevanza giuridica ma
non va dimenticato che nella storia linguistica esso nasce nel linguaggio teatrale: è la
maschera latina. Indica il ruolo entro una società che non riconosceva diritti
personali, in quanto l’unico soggetto giuridico era la famiglia e il Pater – familias che
la rappresentava.
1
Per molti secoli la posizione occupata dal minore è stata la stessa
occupata dalle donne, dai malati, dai carcerati: i “soggetti deboli” della società. Basti
pensare che nella rivoluzione francese e nella Declaration del 1789 l’idea di uomo era
tutt’altro che universalistica: l’uomo libero della Rivoluzione era un cittadino
maschio e proprietario, in questo contesto i “soggetti deboli” non potevano godere di
diritti e di libertà in quanto esclusi dalla proprietà.
1
Il potere del pater – familias, su cui il diritto romano incardinava la famiglia, configurava il padre come unico titolare
di diritti: “Ius vitae et necis,” diritto di vita e di morte, quindi con conseguente facoltà di esporre i neonati, di alienare i
“filii familias,” fino a venderli o a cederli in locazione; solo a partire dal 374 d. c. l’uccisione di un bambino fu
considerata come omicidio. La famiglia romana originaria si presentava in sostanza come un vero e proprio organismo
governato da un capo che aveva sui membri del gruppo il supremo potere coercitivo, punitivo e sovrano. Queste
informazioni sono tratte dall’intervento della Dott.ssa MARIA GRAZIA SPADA in Minori, bioetica e norme
standards, a cura di MARIA RITA SAULLE, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1995, p. 98.
- 8 -
La storia precedente dell’infanzia è una storia di violenze continue, di gravi abusi
perpetrati dagli adulti sui bambini. La Bibbia ci narra di stragi di bambini; ad esempio
nel Vangelo di Matteo si narra che Erode, vedutosi beffato dai Magi, si adirò
gravemente, e mandò ad uccidere tutti i maschi dall’età di due anni in giù che erano
in Betlemme e in tutto il suo territorio.
2
Sino al secolo scorso l’abbandono dei figli
era un fenomeno molto diffuso e moralmente accettato e tale pratica, insieme con
quella delle punizioni corporali, era comune a tutti i ceti sociali: il futuro re di Francia
Luigi XII cominciò ad essere frustato dall’età di due anni. Nelle famiglie borghesi era
diffuso l’allontanamento del neonato per essere dato a balia, anche se così
diminuivano le sue possibilità di sopravvivenza. E’ noto l’impiego dei bambini nel
lavoro dei campi e nelle fabbriche nel XVII e XVIII secolo.
3
Per secoli e secoli
migliaia di bambini sono stati mutilati e storpiati per essere impiegati
nell’accattonaggio e sino al 1878 era consentita e diffusa in Europa la castrazione dei
ragazzi per ottenere le “voci bianche”.
Nella società attuale la considerazione degli adulti rispetto all’infanzia è
profondamente mutata e, almeno a parole, si è tutti disposti a riconoscere che anche il
bambino, come l’adulto, è persona e come tale è titolare di diritti. A partire dal secolo
scorso si comincia a parlare della necessità di tutelare i diritti dei fanciulli e di
tutelarli, in maniera più specifica, a livello internazionale (in precedenza difatti
questo compito ricadeva nell’ambito esclusivo dell’ordinamento di ciascuno Stato).
Più specificatamente il problema della tutela dei minori nell’ambito dell’ordinamento
internazionale è stato affrontato per la prima volta soltanto nel periodo
dell’industrializzazione, essendo strettamente collegato con quello concernente lo
sfruttamento dei bambini nel mondo del lavoro. Da questo momento in poi il minore
è stato il punto di riferimento di atti politici degli organismi internazionali, siano essi
regionali o planetari, attraverso i quali si può ricostruire un percorso estremamente
2
Matteo, II, 16.
3
Lo storico Laurence Stone a proposito del lavoro infantile in Inghilterra riferisce che per essere sicuri che le bambine
di 5 – 6 anni impiegate nel ricamo e nella creazione di oggetti di paglia lavorassero sodo s’imponeva loro “ di tenere
scoperti il collo e le braccia per poterle schiaffeggiare più facilmente.”
- 9 -
lento, faticoso e contrastato con cui i minori hanno visto progressivamente
riconosciuta la propria soggettività di fronte al diritto. La figura del cittadino minore
d’età, infatti, è sempre stata collocata in una zona d’ombra, sia per ciò che concerne
la sua tutela, sia per ciò che afferisce alla sua personalità: il minore è colui che non è
capace di agire autonomamente per la tutela dei suoi diritti.
4
Tale situazione era
ovviamente legata alla condizione familiare. Si presumeva, infatti, che il minore
vivesse all’interno della famiglia, verso la quale aveva moltissimi doveri cui
rispondere, legati soprattutto al suo rapporto con l’adulto, in particolare con il
capofamiglia, che doveva educarlo in modo conveniente alle aspettative della società.
“L’educazione era un progressivo disciplinamento, e la sua tutela non riguardava mai
la sua personalità ma era sempre riflessa, ovvero conseguente all’adempimento degli
obblighi che gli adulti avevano nei suoi confronti.
E’ interessante notare come il linguaggio internazionalistico degli strumenti giuridici
e politici realizzati dalle varie organizzazioni durante questo secolo, rispecchi proprio
questo passaggio, questa progressiva emersione del cittadino minore d’età, dal cono
d’ombra della soggezione.”
5
Prima di procedere all’analisi degli strumenti internazionali adottati nel corso degli
anni a tutela del minore è bene sottolineare come questo percorso corra parallelo, e a
volte s’identifichi, con il percorso di internazionalizzazione dei diritti umani. Anche
tale processo è relativamente recente poiché fino a poco tempo fa tali diritti erano
rimasti “appannaggio del processo di civilizzazione interna agli Stati, cioè restavano
elemento tipico dell’espressione della sovranità di ciascuno Stato ed avevano una
scarsissima rilevanza nelle relazioni interstatuali. Attraverso il processo
d’internazionalizzazione dei diritti umani questo percorso si rovescia quasi
imponendo agli Stati nuovi standards di tutela e nuovi impegni di implementazione.”
6
4
“Traditionally a child has been defined as a comparative negative: a child is an individual who is not yet an adult. It
is a definition which is laden with religious, cultural, physical and psychological practices and beliefs,” GERALDINE
VON BUEREN, The international law on the rights of the child, London, Martinus Hijoff Publishers, 1995, p. 33.
5
FRANCESCO MILANESE, La tutela non giurisdizionale del minore, Padova, CEDAM, 1999, p. 29.
6
F. MILANESE op. cit., p. 15
- 10 -
Non può essere negato che per molti aspetti tutt’oggi la realtà delle relazioni
internazionali è ancora condizionata dai limiti e dalle insufficienze della prevalente
rilevanza che mantengono le relazioni interstatuali improntate ai principi di sovranità,
reciprocità, non ingerenza negli affari interni e via dicendo, anche se sicuramente
molto è stato fatto.
7
All’interno del percorso evolutivo che ha portato, a livello
internazionale, alla nascita e alla tutela dei diritti umani, possono essere individuate
tre fasi.
8
Nella prima fase si riconosce da parte della comunità internazionale che tutti
gli individui, inclusi i bambini, sono oggetto di leggi internazionali e richiedono una
protezione giuridica internazionale. Nella seconda fase, che si sta ancora sviluppando,
si cominciano a concedere all’individuo, compresi i minori, alcuni specifici diritti
sostanziali. Infine nella terza fase, anch’essa ancora in evoluzione, si riconosce
all’individuo la possibilità di esercitare direttamente i diritti fondamentali a lui
riconosciuti e di agire a loro tutela a condizione che possieda la necessaria capacità
procedurale.
Il percorso d’internazionalizzazione dei diritti del bambino non può essere
identificato con quello sopra descritto per ciò che concerne la seconda e la terza fase.
Benché infatti si riconosca, in linea di principio, che i minori sono titolari dell’intera
gamma dei diritti civili, questi nella pratica non sono sempre stati concessi loro dai
singoli Stati o dai tribunali internazionali. Una simile riluttanza della comunità
internazionale deriva soprattutto dall’idea che il minore non possiede una capacità
procedurale sufficiente per agire a tutela del proprio interesse. Quest’impostazione,
che potremmo definire tradizionale, ha iniziato a dare i primi cenni di cedimento
soprattutto a partire dall’elaborazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui
diritti dei fanciulli del 1989 che ha tentato di saldare il divario esistente fra teoria e
prassi; in tale filone si colloca anche l’oggetto del nostro studio.
7
“L’internazionalizzazione dei Diritti Umani è un processo di amplissima portata i cui effetti di trasformazione in
radice, più che di innovazione, sono destinati a prodursi contemporaneamente nel sistema delle relazioni internazionali
ed all’interno dei singoli Stati. Le costituzioni nazionali e gli ordinamenti di qualsiasi comunità umana a cominciare da
quella politiche, vanno oggi riletti sulla base del diritto internazionale dei diritti umani,” F. MILANESE, op. cit., p. 15,
nota 10.
8
Così riferisce G. VON BUEREN, op. cit., p. 1.
- 11 -
2. ATTI INTERNAZIONALI RILEVANTI IN MATERIA DI DIRITTO UMANITARIO
In uno studio improntato all’analisi di quelli che sono stati, nel corso del tempo, gli
strumenti internazionali a tutela del bambino, è importante esaminare le iniziative
assunte tramite le organizzazioni internazionali a favore dei diritti umani, come tali,
applicabili anche ai minori.
2.1 La Carta delle Nazioni Unite del 1945
Il primo documento rilevante in tal senso è La Carta delle Nazioni Unite, elaborata
nel 1945 in seno alla Conferenza di San Francisco e rappresentante lo statuto delle
Nazioni Unite. Ovviamente essa non costituisce uno strumento specifico a tutela dei
diritti umani né contiene espresse previsioni a favore del minore, tuttavia introduce
nel sistema, oltre ai principi di organizzazione che consentono all’ONU di
funzionare, alcuni caratteri teleologici, identificando in particolare nella Pace e nel
rispetto dei Diritti Umani lo scopo del patto stesso.
9
2.2 La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo
Pochi anni dopo, precisamente il 10-12-1948, viene approvata dalle Nazioni Unite La
Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo. I diritti espressi nella Dichiarazione
possono essere ricondotti a tre fondamentali sfere di interesse umano che vengono
riconosciute e protette.
10
I diritti della persona fisica: ossia il diritto alla vita, ad un
livello di vita adeguato alle esigenze di benessere e salute (diritto a nutrirsi, alla casa,
9
Dal Preambolo della Carta Di San Francisco 26/6/1945: “Noi popoli delle Nazioni Unite, decisi a salvare le future
generazioni dal flagello della guerra, (…) a riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo, nella dignità e nel
valore della persona umana, nell’eguaglianza dei diritti degli uomini e delle donne delle nazioni grandi e piccole, (…)
abbiamo risoluto di unire i nostri sforzi per il raggiungimento di tali fini. (…) ART: 1 I fini delle Nazioni Unite sono: 1.
Mantenere la pace e la sicurezza nazionale (…) 3. Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei
problemi internazionali di carattere economico, sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il
rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso, di lingua o di
religione (…)."
- 12 -
alle cure mediche…) nonché il diritto a non essere torturato e a non subire altre forme
di minaccia al benessere fisico o alla libertà; i diritti della persona morale: il diritto
all’educazione, a partecipare alla vita culturale della comunità, alla libertà di
pensiero, coscienza, religione, espressione, il diritto all’informazione; i diritti della
persona sociale e politica: il diritto a formarsi una famiglia, ad associarsi, a riunirsi
pacificamente, a partecipare al governo tramite il voto e l’attività sindacale etc.
Queste previsioni si applicano “a tutti gli individui”
11
e quindi, implicitamente, anche
ai bambini. Ci sono però due articoli che fanno espresso riferimento ai minori:
12
l’art.
25(2) e l’art. 26.
L’art.25(2) afferma: “La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed
assistenza. Tutti i bambini nati fuori o dentro il matrimonio hanno diritto di godere
della stessa protezione sociale.”
13
La Dichiarazione quindi sottolinea il diritto del
bambino alla salute e al benessere proprio, e provvede alla sua tutela direttamente
attraverso la protezione del minore e indirettamente attraverso la protezione della
madre. Il riferimento “to special care and assistance” riecheggia i principi contenuti
nella Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1924. Fin da ora si può osservare come
non ci sia alcun riconoscimento del ruolo della paternità; in tutto il diritto
internazionale risuona questo ruolo esclusivo riservato al minore e alla madre.
La seconda menzione del minore è contenuta nell’art.26 concernente il diritto
all’istruzione che deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari
e fondamentali. “Proprio nell’ambito del diritto all’istruzione si riconosce che quella
elementare deve essere obbligatoria e quella tecnica e professionale deve essere alla
portata di tutti; inoltre l’articolo da ultimo citato prevede che l’istruzione sia
10
In tal senso si esprime F.MILANESE, op. cit., p.16.
11
Art. 1.
12
Vanno tuttavia ricordati quegli articoli che, pur non riferendosi espressamente al minore, sono, nonostante questo,
rilevanti nel settore. Ad esempio: l’art. 12, concernente il divieto di interferenze arbitrarie nella vita privata e familiare;
l’art. 16, riguardante il diritto di fondare una famiglia e quello di manifestare il proprio consenso per il matrimonio
(particolarmente importante con riferimento alle legislazioni degli Stati nei quali i genitori manifestano il consenso al
matrimonio per i figli qualunque ne sia l’età), riconoscendo, altresì, alla famiglia il ruolo di “nucleo naturale e
fondamentale della società” che ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato; l’art. 18 sulla libertà di pensiero,
di coscienza e di religione; l’art. 19 che contempla la libertà di opinione e di espressione.
- 13 -
indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dovendo inoltre promuovere la
comprensione, la tolleranza, l’amicizia tra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi
e favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. Sempre
secondo tale articolo, i genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di
istruzione da impartire ai loro figli.”
14
Con riferimento al carattere di obbligatorietà posseduta o meno dalle norme
contenute nella Dichiarazione Universale va detto che la questione è tutt’oggi molto
dibattuta.
15
Il problema nasce dal fatto che nel preambolo della Dichiarazione si
afferma che essa vuole essere “un normale standard di riferimento per tutti i popoli e
tutte le nazioni,”
16
essa, tuttavia, è stata adottata attraverso una Raccomandazione
dell’Assemblea Generale che, in base alla Carta delle NU, non ha il potere di adottare
decisioni vincolanti.
17
L’opinione maggioritaria oggi è quella secondo la quale, al momento in cui fu redatta
la Dichiarazione, le sue norme erano prive di valore obbligatorio e fornite
esclusivamente di valore programmatico, tipico di ogni Dichiarazione di diritto
internazionale. Le stesse – o almeno alcune di esse, concernenti i diritti fondamentali,
quali il diritto alla vita, il diritto alla libertà, il divieto di discriminazione, il divieto di
schiavitù, etc. – sono venute acquistando nel tempo, nei confronti degli Stati ai quali
13
"Motherhood and childhood are entitled to special care and assistance. All children whether born in or out of
wedlock shall enjoy the same social protection.”
14
MARIA RITA SAULLE, La Convenzione dei diritti del minore e l’ordinamento italiano, Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 1994, p.14.
15
“This dispute over the precise legal status of The Universal Declaration of Human Rights has important
consequences for the international rights of the child,” G. VON BUEREN, op. cit., p.18.
16
" (…) a common standard of achievement for all peoples and all nations.”
17
“L’Assemblea generale delle NU non ha poteri legislativi mondiali; l’atto tipico che essa può emanare è la
Raccomandazione, cioè un atto avente mero valore di esortazione. (…) Quali i rari casi di decisioni vincolanti? (…)
Una caso molto importante è dato dall’art.17 che le attribuisce il potere di ripartire tra gli Stati membri le spese
dell’Organizzazione, ripartizione che, approvata a maggioranza di due terzi, vincola tutti gli Stati. A tale caso deve
aggiungersi quello della competenza dell’Assemblea a decidere circa le modalità e tempi per la concessione
dell’indipendenza ai territori sotto dominio coloniale; siffatta competenza non trova il suo fondamento nella Carta ma
in una norma consuetudinaria,” BENEDETTO CONFORTI, Diritto internazionale, Napoli, Editoriale Scientifica,
1997, p.58 ss.
- 14 -
si indirizzano, il valore di norme cogenti
18
(jus cogens) che le ha rese tali da non
poter essere derogate se non da altre norme, vertenti sullo stesso oggetto, createsi
come tali nella coscienza dei consociati.
Non si può dire in quale preciso momento sia avvenuta la trasformazione riguardante
la natura delle norme concernenti i diritti fondamentali: trasformazione che, peraltro,
non necessita dell’elemento della diuturnitas proprio, invece, delle norme
consuetudinarie. “E’ tuttavia possibile oggi darne atto attraverso vari sistemi di
rilevazione che vanno dall’indagine nella coscienza dei consociati della Comunità
Internazionale alla prevalenza, sempre crescente, delle norme sui diritti fondamentali
rispetto alla norma sulla c.d. competenza nazionale.
19
Tale prevalenza si desume, tra
l’altro, attraverso la realizzazione di controlli all’interno degli Stati in merito
all’osservanza, da parte di ciascuno di essi, delle norme sui diritti fondamentali sul
proprio territorio nonché sulla base della crescente disponibilità, da parte degli Stati
stessi – anche di quelli un tempo più gelosi della propria competenza, considerata in
questo settore addirittura come esclusiva – a sottostare a siffatti controlli e ad offrire
opportuni elementi di valutazione.”
20
18
“ (…) norma accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati nel suo insieme come norma alla
quale non può essere apportata nessuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto
internazionale generale avente il medesimo carattere,” Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati 1969, art. 53. Per
CONFORTI “La Convenzione di Vienna parla di diritto cogente ma non indica quale esso sia. (…) A nostro avviso tale
gruppo di norme va individuato facendosi leva sull’art. 103 della Carta delle Nazioni Unite, secondo il quale in caso di
contrasto tra gli obblighi contratti dai membri delle NU con il presente Statuto e gli obblighi da essi assunti in base a
qualsiasi altro accordo internazionale prevarranno gli obblighi derivanti dal presente Statuto,” B. CONFORTI, op.
cit., p.181.
19
La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo ha costituito il fondamento anche di altri atti internazionali. Al
riguardo si citano, fra gli altri, la Dichiarazione sui diritti dei disabili mentali del 1970 e quella sui diritti dei disabili del
1975, entrambe rilevanti con riferimento alla tematica qui considerata perché applicabili specificatamente ai minori.
20
M. R. SAULLE, op. cit., p.15.
- 15 -
2.3 I Patti delle Nazioni Unite del 1966
Proprio nella fase di trasformazione delle norme sui diritti fondamentali da norme
aventi carattere programmatico in norme cogenti, sempre nell’ambito delle NU sono
stati conclusi nel 1966 i Patti sui diritti civili e politici ed i Patti sui diritti sociali,
economici e culturali,
21
destinati, entrambi, a rafforzare la Dichiarazione. Tale
rafforzamento sarebbe avvenuto attraverso, da una parte, la creazione di norme
giuridiche dirette a porre in capo agli Stati contraenti, sulla base della reciprocità,
diritti ed obblighi, aventi per oggetto il trattamento degli individui e, dall’altra,
attraverso la previsione di adeguati sistemi di controllo sulla loro applicazione. Con
riferimento a tali Patti vale l’osservazione sopra svolta in relazione alla Dichiarazione
Universale, per la quale le norme in essi contenute, per il fatto stesso di avere per
oggetto il trattamento degli “esseri umani,” nei vari ordinamenti, contemplano anche
quello dei minori.
22
Fra i due il primo ad entrare in vigore
23
è il Patto sui diritti economici, sociali e
culturali. Esso si riferisce espressamente al minore in due articoli: l’art. 10 e l’art. 12.
L’art. 10(1) attribuisce alla famiglia, “nucleo naturale e fondamentale della società”,
la protezione e “l’assistenza più ampia.” Lo stesso articolo prevede, art.10(2),
l’obbligo per gli Stati di assicurare una protezione speciale alle madri per un periodo
di tempo ragionevole prima e dopo il parto e, nel paragrafo 3, speciali misure di
assistenza e di protezione in favore di tutti i fanciulli e gli adolescenti senza alcuna
21
“La contrapposizione ideologico – politico – militare che ha diviso il mondo in due blocchi per più di 40 anni, ha
influito su molti trattati successivi dividendo, se non contrapponendo ai diritti civili e politici cari alla tradizione
liberale, quelli economici sociali più consoni all’ideologia socialista. Solo nel 1966 perciò a conclusione di estenuanti
lavori diplomatici vengono approvati due Patti internazionali che entreranno in vigore nel 1976,” F. MILANESE, op.
cit., p.17.
22
“Ovviamente, valgono anche con riferimento ai Patti le osservazioni svolte circa la natura di norme inderogabili
propria delle norme sui diritti fondamentali contenute nella Dichiarazione Universale. In effetti alcune norme
contenute nei Patti riproducono pressoché fedelmente alcune norme della Dichiarazione Universale; inoltre tali norme,
proprio perché inserite nei Patti, hanno acquistato il carattere obbligatorio tipico delle norme contenute in un accordo
di diritto internazionale,” M. R. SAULLE, op. cit., p.16.
23
Questi Patti sono entrati in vigore a livello internazionale il 3 gennaio 1976. L’Italia li ha ratificati entrambi ed ha
dato loro esecuzione con legge 25 ottobre 1977 n. 881; sono pertanto fonte di diritto per il nostro ordinamento giuridico.
- 16 -
discriminazione di filiazione o di altre ragioni.
24
Sempre l’art. 10(3) rafforza gli
obblighi assunti dagli stati che hanno ratificato le convenzioni OIL
25
e li prevede per
quelli che non le abbiano ratificate poiché impone agli Stati di fissare limiti di età al
di sotto dei quali il lavoro salariato di manodopera infantile sia vietato dalla legge.
L’art. 12(1) concerne il diritto di ciascun individuo “a godere delle migliori
condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire” (questa prima
parte riguarda tutte le persone, sebbene essa abbia una particolare incidenza nei
confronti dei minori proprio in relazione allo stato connesso con la loro età). Nel n. 2,
lettera a), l’art. 12 si riferisce espressamente ai minori laddove contempla le misure
dirette a “far diminuire il numero dei nati – morti e della mortalità infantile e a
favorire il sano sviluppo dei fanciulli."
26
Questo Patto prevede inoltre, nell’art. 13 (richiamandosi a quanto già espressamente
sancito nell’art. 26 della Dichiarazione Universale),
27
il diritto all’istruzione che, a
livello primario, deve essere resa obbligatoria e accessibile a tutti.
28
Sempre in tale
articolo è statuito l’obbligo di rispettare la libertà dei genitori, o dei tutori legali, di
scegliere le scuole pubbliche o private, curare l’educazione religiosa e morale dei
figli in conformità alle proprie ideologie.
29
Il Patto sui diritti civili e politici contiene una serie di disposizioni che attribuiscono
al minore, innanzitutto una tutela penale: in base all’art. 14 la procedura, applicabile
ai minorenni di fronte ai tribunali, dovrà tenere conto della loro età e dell’interesse a
promuovere la loro riabilitazione.
30
Il Patto inoltre obbliga gli Stati a separare i
24
“Tali misure riguardano, in particolare, la protezione contro ogni forma di sfruttamento economico e sociale; il
divieto di impiego in lavori pregiudizievoli per la loro moralità e la loro salute, pericolosi per la loro vita o tali da
nuocere al loro normale sviluppo,” M. R. SAULLE, op. cit., p. 17.
25
Infra, p. 20.
26
Art. 12(2) a): “The provision for the reduction of the still – birth rate and infantility mortality and for healthy
development of the child.”
27
Retro, p. 11.
28
Questo art., che si occupa anche dell’istruzione secondaria e superiore, è strettamente legato all’art. 14 che contiene
una norma diretta a rendere obbligatoria e gratuita in ogni parte del mondo l’istruzione primaria.
29
Una previsione analoga è contenuta nel Patto sui diritti politici nell’art. 18, infra, p. 16.
30
Come viene chiaramente espresso da G. VON BUEREN, op. cit., p. 20 ss., grazie alla proposta avanzata dal
Giappone il Patto proibisce la pronuncia di una sentenza capitale per i crimini commessi dai minori di 18 anni, art. 6(5);
inoltre, grazie alla proposta avanzata dallo Sri Lanka il patto obbliga gli Stati a separare gli imputati minorili dagli
adulti e di giudicare il loro caso il più rapidamente possibile, art. 10(2) b).
- 17 -
minori delinquenti dagli adulti e ad accordare loro un trattamento consono alla loro
età e al loro stato giuridico.
31
Come già visto per il Patto sui diritti economici, sociali
e culturali anche qui la famiglia è vista come “nucleo naturale e fondamentale della
società”
32
e gli Stati sono obbligati non solo a dare ai figli la protezione necessaria in
caso di scioglimento del matrimonio dei genitori ma anche a “rispettare la libertà dei
genitori e, ove del caso, dei tutori legali di curare l’educazione religiosa e morale dei
figli in conformità alle proprie convinzioni.”
33
Tuttavia l’aspetto forse maggiormente
interessante di questo Patto sta nell’art.24; questo è un articolo totalmente rivolto,
espressamente, al minore: “1. Ogni bambino ha diritto, senza discriminazioni di
razza, colore, sesso, lingua, religione, nazionalità o origini sociali, a quelle misure
protettive che richiede il suo stato minorile da parte della famiglia, della società,
dello stato. 2. Ogni bambino ha diritto ad essere registrato subito dopo la nascita e
ad avere un nome. 3. Ogni bambino ha diritto ad acquistare una cittadinanza.”
Tuttavia benché ci fosse una generale unanimità sull’idea che il fanciullo dovesse
essere oggetto di una speciale protezione, non tutti gli Stati erano d’accordo circa
l’inclusione nel Patto di un articolo specifico in tal settore.
34
Gli Stati a favore di una
sua inclusione sostenevano che i diritti garantiti dal Patto non potevano essere
“praticamente” esercitati dal bambino e quindi il minore aveva bisogno di ulteriore
speciale protezione; inoltre, essi, richiamavano l’attenzione degli altri Stati sul fatto
che anche il Patto sui diritti economici conteneva alcune menzioni in materia
minorile.
Gli Stati che si opponevano all’inclusione di questo articolo argomentavano che i
diritti del Patto avrebbero avuto automatica applicazione a causa del divieto di
discriminazione contemplato nell’art. 2
35
e, quindi, non c’era motivo di una
31
Art. 10(3).
32
Art. 23(1).
33
Art. 18(4). Questa previsione, analoga a quella contenuta nel Patto sui diritti economici (art. 13), è più ampia di quella
contenuta nella Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1924 in cui l’art. 14 tutela la libertà di religione ma non ne
richiama la libera scelta (da parte dei genitori) sancita, invece, in questo Patto.
34
Il testo originale del Patto non conteneva un articolo di tal tipo. Fu la Polonia, supportata della ex – Yugoslavia, che
propose il testo originale dell’art. 24 che fu adottato con pochi emendamenti. Si veda UN Doc. CCPR/C/21/Rev. 1.
35
L’art. 2 stabilisce che il Patto si applica a tutti gli esseri umani e, quindi, anche ai bambini.
- 18 -
specificazione per la tutela dei minori. Inoltre questi Stati ritenevano che
l’introduzione di un articolo di tal fatta, relativo a una particolare “categoria di
individui” (in questo caso i bambini), avrebbe sollevato dei dubbi circa l’universale
applicabilità del Patto. Col passare degli anni queste paure si sono rivelate infondate.
Va ricordato che questo Patto ha previsto l’istituzione di un Comitato per i diritti
dell’uomo. Esso, in funzione dal 1977, “può prendere in esame reclami presentati
contro uno Stato contraente da altri Stati o da individui, se lo Stato accusato ha, per i
reclami statali, dichiarato di accettare la competenza del Comitato in materia oppure,
per i reclami individuali, ratificato un Protocollo opzionale ad hoc. Nell’uno e
nell’altro caso la procedura non sfocia mai in atti vincolanti, ma in rapporti e in
tentativi di amichevole composizione.”
36
Dal 1966 si sviluppa una progressiva opera di codificazione dei diritti umani che ha
prodotto una massa notevole di strumenti giuridici internazionalistici a tutela
dell’uomo. Per questo motivo oggi c’è chi parla di Codice internazionale dei diritti
dell’uomo,
37
laddove con tale espressione si deve intendere “l’insieme delle norme
giuridiche internazionali mediante le quali gli Stati si sono obbligati a riconoscere i
diritti umani ed a sottoporsi a forme di controllo e, in determinati casi, a forme di
giurisdizioni internazionali.”
38
36
B. CONFORTI, op. cit., p. 174.
37
F. MILANESE, op. cit., p. 17.
38
F. MILANESE, op. cit., p. 17.